L’Inquietudine dell’Essere e le Fragilità Umane

La vita è un mistero che si svela con il passare del tempo.

Ma ci sono domande che restano senza risposta, come ombre che ci seguono.

Perché è successo? è una di queste, una pietra miliare dell’esistenza umana, che ci costringe a riflettere sulla precarietà della vita e sulle scelte che compiamo.

Ogni giorno, ovunque nel mondo, si registrano atti estremi, gesti disperati che sembrano gridare il dolore di un’anima in tormento.

Cosa porta l’uomo moderno ad attentare alla propria vita? La risposta è complessa e sfumata.

In un’epoca dominata dalla tecnologia e dalla comunicazione globale, ci troviamo spesso isolati in mezzo a una folla di volti anonimi.

Come scriveva Virginia Woolf:

Non si può trovare pace in un mondo che non si ferma mai.

La pressione sociale che ci circonda, la competizione incessante per il successo e l’apparenza, possono condurre anche le menti più forti a un punto di rottura. La fragilità, in questo contesto, non è solo una condizione individuale, ma un riflesso di una società che tende a premiare l’apparenza piuttosto che la sostanza.

Le colpe della società moderna sono molteplici: il culto del successo, il consumismo sfrenato e la superficialità delle relazioni umane.

La poetessa Alda Merini, che ha vissuto sulla propria pelle il dolore della malattia mentale, scriveva:

La vita è una malattia mortale trasmessa per via sessuale.

Queste parole ci ricordano che, in un certo senso, la vita stessa può essere vista come un peso insopportabile per coloro che si sentono abbandonati o incompresi.

Ma chi, oggi, si può definire “fragile”?

La fragilità non è solo una questione di salute mentale, ma un concetto che abbraccia la condizione umana in tutta la sua complessità. I giovani, spesso schiacciati da aspettative irrealistiche, le persone anziane, che si sentono dimenticate, e chiunque si trovi ai margini della società, sono tutti esempi di quella vulnerabilità che ci unisce.

Come diceva Rainer Maria Rilke:

La vera patria dell’uomo è l’essere amato.

Eppure, in un mondo che sembra correre sempre più veloce, è proprio l’amore e il sostegno reciproco a mancare.

È interessante notare come i picchi di fragilità siano registrati in concomitanza delle festività. Questi momenti, che dovrebbero essere di gioia e condivisione, spesso evidenziano la solitudine di chi non ha un posto in quella cornice festosa. La pressione sociale, amplificata dai social media, crea un’illusione di felicità e successo che può risultare insopportabile per chi vive una realtà ben diversa.

In questo senso, le parole di Fëdor Dostoevskij risuonano come un monito:

La bellezza salverà il mondo.

Ma è una bellezza che deve essere inclusiva, capace di abbracciare le nostre fragilità.

Cosa potrebbe fare il mondo culturale, divenuto ormai globale, per aiutare i soggetti più fragili? La risposta risiede nella consapevolezza e nell’educazione.

La cultura deve tornare a essere un luogo di incontro, di dialogo e di sostegno. Le storie raccontate nei libri, nei film, nelle arti visive devono riflettere la diversità delle esperienze umane, abbattendo le barriere che isolano e dividono.

Come scriveva Paulo Coelho:

Non smettere di credere nei tuoi sogni. I sogni sono la nostra vera realtà.

Dobbiamo imparare a sognare insieme, a costruire una comunità in cui la fragilità non sia stigmatizzata, ma accolta e valorizzata.

La vita è un viaggio ricco di sfide e di domande senza risposta. La fragilità è parte integrante di questa esperienza e riconoscerla è il primo passo verso un mondo più umano e solidale. Dobbiamo imparare a guardare oltre le apparenze, a costruire relazioni autentiche e a sostenere chi, in questo cammino, si trova in difficoltà. Solo così potremo sperare di rispondere, almeno in parte, a quella domanda inquietante, Perché è successo?, e, nel contempo, rendere il nostro mondo un luogo più accogliente per tutti.

Cina, crisi porta crisi: popolazione in calo (per la prima volta dopo 60 anni)

La Cina è nota per essere, forse ancora per poco, la Nazione più popolosa del Mondo. Detiene il primato grazie ai suoi 1 miliardo e 426 milioni abitanti ed è in “esiguo” vantaggio rispetto all’India, che con 14 milioni di persone in meno potrebbe presto scavalcarla. A far ipotizzare il cambio di posizioni è una notizia, neanche troppo straniante: la popolazione nella Terra del Dragone è per la prima volta in calo dal 1961.

Cerchiamo di capire il motivo della crisi, la sua misura attuale e la misura della sua proiezione.

Cina, a cosa è dovuta la contrazione demografica?

È probabile che vi sia più di una causale all’origine del cambio di rotta. I fattori considerati sono specialmente tre: c‘è chi, per spiegare il fenomeno, fa principalmente riferimento alla depressione economica; chi alla collaterale emergenza sanitaria; chi, infine, riconduce il perché agli effetti tardivi della politica abbandonata del “figlio unico”. È plausibile che la verità, come altri ancora sostengono, risulti dalla combinazione di più motivazioni.

L’incidenza del Covid-19

Di certo, il Sars-Cov-2 in Cina è stato (ed è) un potente agente funereo. Più che altrove. Il Paese asiatico è la patria del virus, l’incubatrice che per prima ne ha fertilizzato e sofferto l’incidenza. Il suo governo, tra l’altro, con poco buon senso, senza poter guardare ad esempi, ne ha mal gestito la propagazione.

Il vaccino Sinovac, prodotto e distribuito in valenza autarchica, sembra aver guarnito ben poco gli asiatici. Le ferree restrizioni, praticate a oltranza dalla fine del 2019 sino a poco tempo fa, hanno sì ridotto al minimo il numero di contagi, ma non hanno permesso l’immunizzazione naturale della popolazione.

Ed ecco che il leader cinese Xi Jinping si troverà a fare i conti con la situazione disastrosa ed, eventualmente, a rispondere delle conseguenze.

Sars-Cov-2
Sars-Cov-2. Fonte: 3M Science. Applied to Life.

Disastro economico-sanitario-demografico

L’amministrazione cinese ha spesso occultato o disordinato i dati sull’andamento della pandemia nel proprio Stato. Tuttavia, stime occidentali adducono che si dovrebbero calcolare nei milioni le vittime da Sars-Cov-2 dall’inizio della pandemia.

Come già scritto: una bassa percentuale della popolazione dispone di una protezione contro l’agente patogeno a causa dell’inefficienza del vaccino e dell’eccessiva politica “di chiusura”. Ora, quindi, la sanità è al collasso. Gli ospedali sono affollati oltremisura, i mezzi di contenimento scarseggiano, la sicurezza sanitaria svanisce nel valore di un’utopia.

Dal punto di vista finanziario… Durante il lungo periodo di filosofia “zero Covid”, quasi tutte le classi di lavoratori hanno sofferto le restrizioni di libertà. Nel momento attuale, in cui, in teoria, si sarebbe dovuta rilevare una ripresa, la forza lavoro sta subendo la frusta del Sars-Cov-2.

In definitiva: moltissimi deceduti hanno provocato un decremento nella popolazione; l’instabilità monetaria dissuade le famiglie dall’idea di allargarsi.

La politica del “figlio unico” come elemento

Introdotta nel 1979 per rallentare la crescita della popolazione, la politica “un solo figlio” è stata abbandonata nel 2016 e parallelamente sono stati introdotti incentivi a sostegno delle famiglie con due figli.

C’è ancora chi ritiene che le conseguenze di tale misura siano visibili solo oggi, a distanza di sette anni, e che in concorso con gli altri elementi abbiano dato origine al deficit demografico.

Cina, il crollo: nel presente e nel futuro

Secondo l’ufficio di statistica di Pechino, citato dal Sole 24 ore, la Cina avrebbe concluso il 2022 con 850mila abitanti in meno e sarebbe entrata “in un’era di crescita negativa della popolazione“. Sarebbe in aumento il tasso di mortalità, poiché i decessi avrebbero superato per la prima volta le nascite. Si individuano 7,37 morti ogni mille abitanti, diversamente dai 7,18 dell’anno precedente.

A detta di un studio, condotto delle Nazioni Unite, curato dal Dipartimento degli Affari Sociali ed Economici, l’India supererà la Cina nel 2023 diventando il Paese più popoloso del mondo. 

Il Presidente cinese, affrontando di petto la previsione, aveva già dichiarato lo scorso ottobre di voler adottare «una strategia nazionale pro-attiva» per incalzare il processo di natalità.

Gabriele Nostro

 

 

Manovra finanziaria 2023 del governo Meloni: stanziati 35 miliardi

Dopo poco più di un mese dall’insediamento del nuovo governo guidato da Giorgia Meloni iniziano i primi bilanci sul futuro del nostro paese. Lo scorso 21 novembre il Consiglio dei ministri si è riunito a Palazzo Chigi per approvare, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti, il disegno di legge recante il bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e il bilancio pluriennale per il triennio 20232025.

Il testo del decreto ancora non è presente per intero, però possiamo cogliere alcune delle tematiche  trattate tramite le parole pronunciate in conferenza stampa dalla premier Meloni, che ritiene questa manovra economica «importante e coraggiosa» affinché l’Italia possa «tornare a correre». Il documento deve essere ancora approvato da ambo le camere prima della fine dell’anno; da quel momento capiremo in che direzione i nostri rappresentanti vorranno condurre il paese.

Dalla teoria alla pratica: STOP al reddito di cittadinanza dal 2024

Fonte: Money.it

«Lo Stato si deve occupare delle persone aiutandole a trovare un lavoro, non mantenendole all’infinito nella loro condizione».

Queste le parole della Meloni su una delle più centrali tematiche nei programmi di riforma dei partiti di centro-destra, ovvero il Reddito di cittadinanza. Tale misura, voluta dal Movimento 5 Stelle durante il primo governo Conte, per una politica attiva nel lavoro per il contrasto della povertà e disuguaglianza, tra poco più di un anno sarà totalmente abolita.

Infatti, dal primo gennaio 2024 chi potrà lavorare, i cosiddetti “occupabili”, perderà completamente questo beneficio. Mentre per chi non potrà lavorare come disabili, anziani e donne in gravidanza, verrà rivisto. Ci sarà per loro un sussidio economico ma con diverse modalità.

«Noi abbiamo sempre detto che il Reddito di cittadinanza era una misura sbagliata, perché uno Stato giusto non mette sullo stesso piano dell’assistenza chi può lavorare e chi non può farlo».

Il Reddito sarà abolito per chi è in condizioni di lavorare alla fine del 2023. Quindi, la paura per molti è che venga tolto senza offrire un’alternativa. Ma sembrerebbe che ancora nell’imminente nuovo anno, chi non potrà lavorare, in quanto soggetto fragile, continuerà a riceverlo come in questi ultimi anni. Per tutti coloro definiti “abili al lavoro tra i 18 e i 59 anni”, che non hanno nel nucleo familiare disabili, minori o persone a carico con almeno 60 anni d’età, entreranno in vigore alcune modifiche. Infatti, il Reddito non potrà essere percepito per più di otto mesi e salterà al primo rifiuto di un’offerta di lavoro. Inoltre, per agevolare fino al 2024 l’ingresso nel mondo del lavoro, sono stati previsti corsi di formazione e altre iniziative.

Allarme caro energia: stanziati 21 miliardi 

La crisi energetica incombe sullo scenario nazionale e internazionale e la guerra in Ucraina è una delle cause. Ad esempio, nel nostro paese circa il 46% del gas utilizzato arriva dalla Russia, per poi produrre circa il 60% dell’energia. È chiaro che questa dipendenza ha portato a delle forti conseguenze, come il caro dei costi sulle bollette.

La premier Meloni in conferenza, Fonte: Leggo.it

«Come avevamo promesso la voce maggiore di spesa di questa manovra di bilancio riguarda il tema del caro bollette. Su una manovra complessiva di 35 miliardi, i provvedimenti destinanti al caro energia sono circa 21 miliardi di euro».

Sul versante delle imprese è stata confermata l’eliminazione degli oneri impropri delle bollette. Si prevede un rifinanziamento fino al 30 marzo 2023 del Credito d’imposta per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale. «Noi confermiamo e aumentiamo i crediti d’imposta- dichiara la Meloni- che passano dal 40% al 45% per le aziende energivore e gasivore», mentre per bar, ristoranti ed esercizi commerciali  «passeranno dal 30% al 35%». Per il comparto sanità e per gli enti locali, compreso il trasporto pubblico locale, vengono stanziati circa 3,1 miliardi.
Sempre su questo tema a sostegno delle famiglie, lo Stato vuole intervenire con un “bonus sociale bollette”. La platea si allarga e la misura si concretizza sui nuclei più bisognosi, così viene innalzata la soglia ISEE da 12.000 euro a 15.000 euro.

La legge di bilancio e le decisioni d’impatto fiscale 

Questo disegno di legge per il 2023 riporta tre misure che riguardano prettamente le tasse:

  1. Espansione del tetto per il regime forfettario delle partite IVA 
  2. Taglio al cuneo fiscale
  3. Tregua fiscale, condono che prevede la cancellazione di cartelle esattoriali inviate prima del 2015.

Nella manovra si parla di Flat tax come l’equivalente di “tasse piatte”. La più dibattuta è quella che riguarda l’aumento della soglia di ricavi o compensi per i beneficiari del regime agevolato della partita IVA. Quel regime che attualmente permette di versare le tasse con una quota fissa o piatta del 15%. Ad oggi, la soglia sta a 65 mila euro annui, ma con la legge di Bilancio verrebbe alzata a 85 mila euro, per giungere a 100 mila euro nel 2025. Sarà così?

Per quanto riguarda la tregua fiscale, le cartelle esattoriali (atti con i quali la pubblica amministrazione intima ai contribuenti di pagare cifre non ancora pagate) saranno cancellate a due condizioni:

  • In primo luogo, queste devono risalire ad un periodo antecedente al 2015
  • In secondo luogo, devono essere di un importo di massimo mille euro 

Per la riduzione del cuneo fiscale, ovvero delle tasse che il singolo lavoratore paga allo Stato ogni mese in detrazione dal proprio stipendio, la manovra stanzia 4,2 miliardi per aumentare le buste paga dei dipendenti con redditi medio-bassi.

Aiuti mirati con Quota “103” per le pensioni, famiglie e natalità  

In materia di pensioni il decreto prevede l’avvio di un nuovo schema di anticipo pensionistico, che possa consentire di andare in pensione con 41 anni di contributi e 62 anni di età anagrafica e non gli attuali 67. Da “Quota 100” si lasserebbe a “Quota 103”, un punto caro al vicepremier e ministro delle infrastrutture, Matteo Salvini, il quale ha aggiunto che “chi rimarrà a lavoro beneficerà del 10% in più di stipendio”.

Il ministro dell’Economia Giorgetti insieme alla premier, Fonte: QuiFinanza

Il ministro dell’Economia Giorgetti ha dichiarato anche che «la più grande riforma delle pensioni è quella che premia la natalità». Infatti, per le famiglie sono previste maggiorazioni sull’assegno unico per i figli, l’aggiunta di un mese di congedo parentale facoltativo retribuito all’80% e utilizzabile fino al sesto anno di vita del bambino.

Queste certo sono solo alcune delle tematiche affrontate in conferenza stampa. «In tanti si aspettavano- dichiara il ministro Giorgetti- che facessimo un po’ di follie, mega-scostamenti di bilancio, così non è stato. Anzi abbiamo avuto coraggio anche su scelte impopolari». In un paese come l’Italia in cui l’economia è stagnante, i tassi di disoccupazione sono esorbitanti, queste scelte saranno quelle giuste? Verranno portate a termine?

Marta Ferrato

Ucraina nell’Ue: una strada difficile, ma possibile

Lunedì la Verchovna Rada (il Parlamento ucraino) ha pubblicato un tweet dichiarando che il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha firmato la domanda di adesione dell’Ucraina all’Unione Europea.

La domanda è stata seguita dall’approvazione, da parte del Parlamento Europeo, di una risoluzione in cui l’istituzione europea ha dichiarato di essersi assunta l’impegno (più politico che giuridico, dal momento che l’atto in questione non risulta vincolante) di permettere una tale adesione.

Il Presidente ucraino è poi intervenuto durante una plenaria straordinaria dell’Europarlamento dedicata al conflitto russo-ucraino. Dalle sue parole è emerso un desiderio di incoraggiamento ed inclusione dell’Ucraina negli ambienti europei, oltre i semplici rapporti di vicinanza:

Vogliamo essere membri a pari diritti dell’Ue. Stiamo dimostrando a tutti che questo è quello che siamo.

D’altronde, la richiesta – pur giungendo in un momento particolarmente difficile per l’Europa intera – si cala all’interno di una politica coerente perseguita da Zelensky sin dalla sua elezione, a partire dal 2019, quando la Verchovna Rada ha legalmente incluso nella Costituzione dell’Ucraina il percorso per l’adesione alla NATO e all’Unione Europea. La riforma dell’articolo 102 ha inoltre ampliato i poteri del Capo di Stato in tal senso, rendendone «il garante dell’attuazione».

Ucraina nell’Ue: i possibili scenari

Il percorso di adesione all’Unione Europea è spesso lungo e tortuoso e può durare molti anni. Per questa ragione la Presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, oltre ad accettare di buon grado la richiesta dell’Ucraina, ha fatto riferimento al fattore tempo:

Abbiamo un processo con l’Ucraina che consiste, ad esempio, nell’integrazione del mercato ucraino nel mercato unico. Abbiamo una cooperazione molto stretta sulla rete energetica, per esempio. Così tanti argomenti in cui lavoriamo a stretto contatto e in effetti, nel tempo, ci appartengono. Sono uno di noi e li vogliamo dentro.

(fonte: frontnews.eu)

Sembra difficilmente apprezzabile, invece, un percorso di adesione facilitata in vista delle condizioni che affliggono attualmente l’Ucraina, sebbene auspicata da Paesi come la Slovacchia, Slovenia e Repubblica Ceca.

Ma anche supponendo un’entrata immediata dell’Ucraina nell’Unione Europea, ci si chiede quali conseguenze una tale decisione assumerebbe. Come già affermato anche dalla Presidente von der Leyen, innanzitutto inclusione nel mercato unico. A tal proposito, uno dei requisiti fondamentali di adesione è l’esistenza di un’economia stabile che sia in grado di far fronte alla concorrenza e alle esigenze di mercato interne ed esterne all’UE.

Dal punto di vista militare, gli Stati dell’Unione sono legati da una clausola di difesa reciproca introdotta dal Trattato di Lisbona che li obbliga ad intervenire in aiuto dello Stato membro vittima di un’eventuale aggressione nel proprio territorio. Ciò significherebbe – nel breve termine – coinvolgere l’Unione nel conflitto con le forze russe.

Una conseguenza più sul lungo termine sarebbe quella di mettere a rischio la sostanziale funzione pacificatrice dell’Unione Europea, che, come affermava Giorgio Amendola nel 1974, «può avere solo una politica di neutralità, non di rivalità con le due potenze [Russia e Stati Uniti]».

Infine, libertà di movimento in tutto il territorio dell’Unione, soprattutto per le centinaia di migliaia di cittadini ucraini sfuggiti al conflitto. A tal proposito, Reuters ha riportato che la Commissione Ue sarebbe al lavoro per approvare la proposta di concedere ai rifugiati ucraini dei diritti di residenza temporanei senza dover passare attraverso lunghi iter burocratici per le richieste d’asilo.

Michel: «attenzione all’allargamento»

L’adesione è una richiesta di vecchia data dell’Ucraina, ma ci sono opinioni e sensibilità diverse sull’allargamento.

Così il Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel ha commentato la richiesta di adesione dell’Ucraina, esprimendo alcune perplessità. Da anni si è palesata la contrarietà di molti Stati Ue all’allargamento – dal momento che includere nuovi Stati significa includere anche nuove opinioni sensibilità, quindi anche nuovi possibili contrasti. Già nel 2005 l’allora Commissario per la Politica europea di vicinato e negoziati di allargamento Olli Rehn aveva affermato che bisognava «consolidare l’agenda di allargamento dell’Unione, ma anche essere cauti coi nuovi impegni».

Zelensky e Michel (fonte: consilium.europa.eu)

Inoltre, Nel marzo 2016, l’allora Presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker ha dichiarato che «ci vorranno almeno 20-25 anni perché l’Ucraina aderisca all’UE e alla NATO».

Draghi: «Putin ascolti i suoi cittadini e abbandoni i piani di guerra»

Anche il Premier italiano Mario Draghi si è rivolto nei confronti del Capo di Stato russo con parole molto dure, durante un discorso tenuto in Parlamento circa l’approvazione della proposta di invio di armi all’Ucraina. La proposta in Parlamento ha incontrato alcune perplessità a cui il Presidente del Consiglio ha risposto:

Mandare aiuti militari, un sostanziale inedito anche per il nostro Paese, non significa, essere “rassegnati” alla guerra. Chi ha più di 60 chilometri di carri armati davanti le porte di Kyiv non vuole la pace in questo momento.

Intanto, l’Esecutivo si impegna ad approvare un piano contro la crisi energetica che colpirà l’Europa – specialmente l’Italia – ora che i rapporti di scambio con la Russia sono stati tagliati. A tal proposito il Governo ha deciso di dichiarare lo stato di emergenza per intervento all’Estero.

Valeria Bonaccorso

Crisi Ucraina: continua la tensione nel Donbass. Nella notte, colloquio Macron-Putin

La crisi che oppone il Cremlino all’occidente sembra propendere sempre più verso lo scoppio della guerra. Nonostante gli sforzi diplomatici di Macron nelle vesti di paciere, gli Usa lasciano intendere che l’invasione dell’Ucraina non sia più imminente, ma praticamente già avviata. Tuttavia, una luce fioca alla fine del tunnel lascia aperto lo spiraglio della risoluzione diplomatica della crisi che da settimane tiene il mondo con il fiato sospeso.

Gli sforzi di Macron 

Gli sforzi dell’inquilino dell’Eliseo sembrano generare i primi frutti: dopo due telefonate al presidente Putin, l’ultima nella notte appena trascorsa, quest’ultimo sembra aver accettato di partecipare ad un vertice con Joe Biden. Per il momento, nulla è ancora, però, deciso, i due presidenti hanno “accettato il principio” di incontrarsi in un summit.

Tuttavia, nelle scorse ore, il Cremlino ha definito prematura l’organizzazione di un vertice Biden-Putin sull’Ucraina, pur lasciando aperta la possibilità di un incontro tra i leader qualora lo “riterranno opportuno“. Al momento, vi è chiara comprensione sulla necessità di continuare il “dialogo a livello di ministri”. Macron ha, però, sottolineato che il verticesi potrà tenere solo se la Russia non invaderà l’Ucraina“.

Per la preparazione bisognerà attendere questo giovedì, giorno in cui è in programma l’incontro tra il segretario di Stato degli Stati Uniti, Antony Blinken, e il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov. La priorità per la Francia è ristabilire il cessate il fuoco nell’Ucraina orientale, teatro di un conflitto tra l’esercito ucraino e le milizie filorusse.

“Ogni giorno che passa senza guerra è un giorno guadagnato per la pace”

Civili ucraini durante un addestramento militare in una foresta di Kiev (foto Getty, fonte: fanpage.it)

La tensione nel Donbass 

La situazione nella regione del Donbass, controllata dai separatisti filorussi, “è estremamente tesa” e “non c’è alcun segnale di allentamento di queste tensioni“, ha dichiarato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov.

I separatisti accusano le forze di Kiev di avere ucciso due civili, i primi dalla ripresa dei combattimenti nella regione. I civili, secondo le fonti dei ribelli, sarebbero morti in un bombardamento di artiglieria nel villaggio di Pionerskoye, nell’autoproclamata Repubblica di Lugansk, a sette chilometri dal confine russo.

Civili di Donetsk, nel Donbass, diretti nella regione russa di Rostov

Ogni incidente come questo rischia di portare a “conseguenze irreparabili“, continua il portavoce del Cremlino Peskov. Come riporta Repubblica, continuano le evacuazioni nel Donbass. Al momento, circa 61.000 tra donne, anziani e bambini provenienti dall’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk, sono arrivati in treno nella città sud-occidentale di Voronezh, in Russia.

La profezia di Boris Johnson 

Il primo ministro britannico Boris Johnson, al momento al centro del party-gate durante il primo lockdown, come riporta la Bbc, in merito alla crisi Ucraina-Russia si è espresso con una profezia catastrofica:

“Il piano della Russia di invadere l’Ucraina porterebbe al più grande conflitto in Europa dalla seconda guerra mondiale.”

Secondo il primo ministro, le prove suggeriscono che “il piano è già iniziato“, ha dichiarato Johnson ai margini della Conferenza sulla sicurezza a Monaco. Basandosi sui dati fornisti dagli 007 britannici e statunitensi, secondo il Premier inglese, Putin addirittura avrebbe già dato il via libera al piano di invasione dell’Ucraina da mettere in atto a un suo ordine. Sempre secondo Johnson, le truppe russe, oltre a entrare in Ucraina da est, attraverso il Donbass, avrebbero pianificato un’invasione attraverso l’alleata Bielorussia e la parte centrale del Paese, con l’obiettivo di arrivare persino alla capitale Kiev.

La lista

Gli Usa sostengono che la Russia abbia una “lista neracontenente l’elenco di persone da uccidere o deportare in caso di invasione dell’Ucraina. L’agenzia stampa Afp sostiene che gli Stati Uniti siano sinceramente preoccupati della conseguenza catastrofica “per i diritti umani che si verificherebbe in caso di attacco all’Ucraina“. Washington sostiene di avere informazioni affidabili, che indicano che le forze russe stanno stilando liste di ucraini da assassinare o inviare in campi dopo un’occupazione militare, ma il Cremlino tramite il proprio portavoce ha definito l’ accusa “menzogna assoluta“.

 

 

Elidia Trifirò 

Crisi Russia-Ucraina: espulso il viceambasciatore americano da Mosca, tensioni fortissime nel Donbass

Le speranze del mondo intero convergono verso una “de-escalationnella crisi Russia-Ucraina. Dei precedenti sviluppi ne abbiamo parlato qui. Ora, passiamo agli ultimi aggiornamenti, i quali sembrano suggerire tutt’altro che passi in avanti, verso una pacifica risoluzione della questione.

Vecchia foto di un incontro tra Biden e Putin, alcuni mesi fa (fonte: startmag.it)

Una mappa con gli obiettivi sensibili in Ucraina

Come gli Stati Uniti continuano a ritenere vicina un’invasione dell’Ucraina, la Russia non crede che gli Usa vogliano aiutare solo a ristabilire l’equilibrio geopolitico. Dopo la smentita della presunta data del 16 febbraio per un attacco, ipotizzata dai primi, l’allarme resta alto per i prossimi giorni.

Dall’Estonia, peraltro, arriva una notizia clamorosa: ci sarebbe una cartina che segnalerebbe i punti sensibili puntati dal presidente russo Vladimir Putin in Ucraina. A dichiararlo il ministero degli Esteri estone, su Twitter: “Sono gli obiettivi individuati dall’intelligence russa che, se neutralizzati, possono interferire con il comando, il recupero e l’approvvigionamento delle forze armate ucraine e l’approvvigionamento energetico dell’Ucraina”.

 

La lettera di Mosca in risposta a Washington e le accuse

Continua, intanto, la corsa della diplomazia: il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha proposto al ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, un ulteriore vertice Usa-Russia.

Mosca, negli ultimi giorni, ha risposto a Washington con una lettera di undici pagine alle pretese degli Usa: il ritiro dei militari statunitensi dall’Europa orientale e dal Baltico e il non avanzamento della Nato a Est, sono per la Russia necessarie per dei passi indietro da parte sua. Quest’ultima si è detta pronta al dialogo con l’Occidente e a una cooperazione con gli Stati Uniti per realizzare “una nuova equazione di sicurezza“. Però, ha anche sottolineato che, dall’altra parte, la Nato stia da tempo ignorando la necessità di mantenere l’area cuscinetto costituita dall’Ucraina, così come gli Stati Uniti, ma anche che l’Ucraina in sette anni non abbia rispettato gli accordi di Minsk.

«È stata ignorata – accusa Mosca – la natura del pacchetto delle proposte russe, da cui sono stati estrapolati deliberatamente argomenti convenienti che, a loro volta, sono stati distorti per creare vantaggi agli Stati Uniti e ai loro alleati.».

 

 

Il ritiro delle truppe russe: gli Usa non ci credono e ricordano a Mosca il rischio di sanzioni

Il 15 febbraio, il presidente russo ha incontrato, presso il Cremlino, il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Quest’ultimo ha dimostrato una grande apertura al dialogo e ha dichiarato che la sicurezza dell’Europa “non può essere costruita contro la Russia ma in cooperazione con la Russia”. Il leader russo si è detto contento di questa apertura, ma ha ribadito che la Russia non crede che l’Ucraina rinuncerà effettivamente al suo ingresso nella Nato.

Finalmente, in seguito all’incontro, Putin ha dichiarato chiaramente di aver autorizzato l’inizio del ritiro delle truppe dal confine, assicurando di non volere la guerra. Eppure, la Nato ha espresso ancora dubbi su una reale de-escalation.

Putin ha voluto dare un segnale di distensione con il ritiro, pur insistendo nelle sue richieste. Anche da parte sua la diffidenza è tanta. Gli Usa non hanno dichiarato chiaramente di non voler entrare a Kiev.

Dalla Casa Bianca sono poi giunte voci di una forte diffidenza al riguardo, secondo le quali la ritirata non sarebbe avvenuta, anzi, che sarebbe stato predisposto lo schieramento di altri 7mila militari russi e la costruzione di un ponte galleggiante in Bielorussia, a 6-7 km dalla frontiera ucraina. Il ponte, successivamente smantellato, non è ancora chiaro se sia stato costruito dalla Russia o dai suoi alleati nella regione.

Immagini satellitari del ponte, poi smantellato, come dimostrano successive acquisizioni (tg24.sky.it)

Il presidente americano Joe Biden continua a dirsi pronto a qualsiasi eventualità, anche ad a ricevere cyber-attacchi. Con tono duro ha avvertito chiaramente la Russia delle sanzioni che verrebbero applicate contro di essa, in caso di invasione dello Stato confinante:

«Se la Russia attacca l’Ucraina, sarà una guerra frutto di scelta. Le sanzioni sono pronte».

 

Espulsione del viceambasciatore americano da Mosca

Nella giornata di ieri, 17 febbraio, la via diplomatica si è fatta più difficilmente percorribile. La Russia ha espulso il viceambasciatore americano a Mosca, Bart Gorman.

Questo ha spinto ancor di più Biden verso la convinzione di un attacco imminente e ha aggiunto altre dichiarazioni forti: la Russia starebbe cercando un alibi falso per giustificare l’invasione dell’Ucraina, potrebbe stare architettando persino “un’operazione sotto falsa bandiera” (“false flag“). Blinken sostiene che potrebbe inventare attacchi terroristici, inscenare attacchi con droni contro i civili o attacchi con armi chimiche – ma anche compierli veramente – rivelare false fosse comuni, nonché convocare teatralmente riunioni di emergenza per rispondere a operazioni sotto falsa bandiera e poi cominciare l’attacco contro obiettivi già identificati e mappati.

 

La grave situazione in Donbass potrebbe divenire il casus belli

Cartina del Donbass (fonte: Wikipedia)

A sostegno delle accuse, gli americani avevano fatto circolare anche un documento all’Onu in cui la Russia rievocacrimini di guerra” e un “genocidiocontro la popolazione russofona del Donbass. In questa regione ormai indipendente, sul confine russo-ucraino, ieri, è stato condotto un attacco ad un asilo, da parte dei separatisti filo-russi. Ferite due maestre, ma nessuna vittima e nessun bambino colpito. Poi intorno alle 10.25 di mattina, durante il bombardamento del villaggio di Vrubivka, un colpo è stato sparato nel cortile di un liceo.

L’asilo colpito durante le tensioni con i ribelli filo-russi (fonte: www.cbsnews.com)

Nelle ultime ventiquattro ore, ci sarebbero state sessanta di violazioni al cessate il fuoco da entrambe le parti. Si credeva che quello potesse essere la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso. La regione, in passato, fu teatro dello scontro tra russi e nazisti durante la Seconda guerra mondiale, poi zona sempre sotto controllo da parte di Kiev per le tensioni createsi da quando essa si è dichiarata, nel 2014, unilateralmente indipendente dall’Ucraina, e i separatisti costituirono la Repubblica Popolare di Doneck e la Repubblica Popolare di Lugansk.

 

Tutti, compresa l’Italia, lavorano a un incontro tra Putin e Zelensky

Nelle suddette undici pagine, Mosca, oltre a dimostrarsi aperta alla collaborazione, ha rimarcato anche la sua fermezza in un vero e proprio aut aut:

«In assenza della disponibilità da parte americana a concordare garanzie giuridicamente vincolanti della nostra sicurezza, la Russia sarà costretta a rispondere, anche attuando misure di natura tecnico-militare.».

La prossima settimana si svolgerà in Europa un altro vertice. Prenderà parte anche il premier italiano Mario Draghi, che di ritorno dal Belgio, ieri ha dichiarato con preoccupazione: “Per il momento episodi di de escalation sul terreno non si sono visti”.

«L’obiettivo – ha detto il presidente del Consiglio- è ora far sedere al tavolo il presidente russo Vladimir Putin e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. L’Italia sta facendo il possibile per sostenere questa direzione».

L’Italia ci tiene al sostegno della diplomazia. Non solo la classe politica, nelle persone di Draghi e il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ma anche i cittadini sono molto preoccupati. La Comunità di Sant’Egidio ha persino promosso delle manifestazioni in strada, a Roma, contro la possibilità della guerra, poiché in tal caso, a rimetterci, come sempre durante le guerre, è soprattutto la gente comune.

Corteo manifestazione promossa dalla Comunità di Sant’Egidio. Striscioni “No war” (Fonte: rainews.it)

 

Rita Bonaccurso

Il discorso di Conte al Senato: le sorti di un Paese

Dopo aver ottenuto la maggioranza alla Camera con ben 321 sì, il Presidente del Consiglio Conte sta affrontando oggi la fase maggiormente decisiva a Palazzo Madama, dove gli equilibri sono diversi.

(fonte: open)

È durato circa un’ora l’atteso discorso del premier, tenuto stamattina in Senato e scandito da 31 applausi, più numerosi dei 14 ricevuti ieri a Montecitorio. Un intervento che ricalca in gran parte quello fatto ieri: “Con la pandemia, con la sua sofferenza, il Paese si è unito. Si è elevato il senso di unità del governo, si sono elevate le ragioni dello stare insieme”.

Al Senato, il presidente del Consiglio conta sul voto di Liliana Segre, tornata a Roma appositamente per confermare la fiducia, e del gruppo Maie-Italia23, formatosi per sostenerlo.

Dure ancora le opposizioni. Ieri Giorgia Meloni ha attaccato tutto il Governo alla Camera, accusando Conte di “poltronismo” e chiedendo il voto.

Attesissimi gli interventi di Matteo Renzi che, dopo la vicenda che lo ha avuto come antagonista, promette “la verità”. Si aspetta anche quello di Matteo Salvini.

Il discorso di Conte in Senato

Conte ha iniziato, alle 9:30 circa, dai banchi del Senato. Siedeva insieme ai ministri Franceschini, Speranza, Gierini, Bonafede, Di Maio, Lamorgese, D’Incà e Amendola; ad ascoltarlo un’aula quasi al completo, sotto gli occhi anche di Salvini e Renzi.

Prima osservato un minuto di silenzio in memoria di Emanuele Macaluso, lo storico dirigente Pci morto a 96 definito – a prescindere dai propri ideali – un grande protagonista della vita politica e culturale italiana”.

Subito dopo, ha ricordato le difficoltà derivate dalla alla pandemia, dove il governo ha dovuto “operare delicatissimi, faticosissimi, bilanciamenti dei princìpi e dei diritti costituzionali.”.

In questi mesi così drammatici, pur a fronte di una complessità senza precedenti, questa maggioranza ha dimostrato grande responsabilità, raggiungendo – certamente anche con fatica, convergenza di vedute e risolutezza di azione, anche nei passaggi più critici.” – ha detto per poi attaccare l’opposizione – “In questi giorni ci sono state continue pretese, continui rilanci concentrati peraltro non casualmente sui temi palesemente divisivi rispetto alle varie sensibilità delle forze di maggioranza. Di qui le accuse a un tempo di immobilismo e di correre troppo, di accentrare i poteri e di non aver la capacità di decidere. Vi assicuro che è complicato governare con chi mina continuamente un equilibrio politico pazientemente raggiunto dalle forze di maggioranza”

(fonte: ilMattino)

Nel suo discorso – accompagnato da brusii ed applausi ironici, cori “Bravo, bravo!” – il premier ha toccato anche altri punti fondamentali del progetto di governo: rilancio del Sud, digital divide, riforma meditata del titolo V della Costituzione, piano vaccinazioni, ma anche la necessità di un governo e di forze parlamentari che riconoscano l’importanza della politica indirizzata al benessere dei cittadini.

La richiesta di “un appoggio limpido, che si fondi sulla convinta adesione a un progetto politico” perché “questo è un passaggio fondamentale nella vita istituzionale del nostro Paese ed è ancora più importante la qualità del progetto politico”

Ha poi concluso usando le stesse parole dell’intervento alla Camera:

“Costruiamo questo nuovo vincolo politico, rivolto alle forze parlamentari che hanno sostenuto con lealtà il Governo e aperto a tutti coloro che hanno a cuore il destino dell’Italia. Io sono disposto a fare la mia parte. Viva l’Italia”

A seguire un lungo e caloroso applauso finale, durante il quale, addirittura i parlamentari del Pd e del M5s si sono alzati in piedi.

Subito dopo, non è mancato un acceso mormorio in Aula. La presidente del Senato Elisabetta Casellati ha dovuto chiedere silenzio per poter dare avvio al dibattito.

Il dibattito

Concluso l’intervento del premier, è iniziata la discussione generale. Risultano essere 45, almeno per ora, i senatori iscritti a parlare, tra cui il senatore a vita Mario Monti, Emma Bonino, Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega, e Matteo Renzi, leader di Italia viva. Otto gli interventi previsti per le dichiarazioni di voto. Per Italia viva interverrà Teresa Bellanova, ex ministro dell’Agricoltura, Andrea Marcucci, presidente dei senatori del Pd, e Matteo Salvini, segretario della Lega.

Un lungo applauso ha accompagnato la senatrice a vita Liliana Segre, accolta dal saluto di Pier Ferdinando Casini.

“Conte – ha detto – ha dimostrato in queste vicende una sua solidità e una capacità”, annunciando il suo voto a favore.

Tendente a essere positivo si è detto anche Mario Monti del Gruppo Misto:

 “Annuncio il mio voto di fiducia nel modo che mi è proprio. Non le porto voti, se non il mio. Il mio un voto di fiducia è libero e condizionato ai provvedimenti, se corrisponderanno alle mie convinzioni.”.

(fonte: flipboard)

Tra i senatori già in maggioranza, si segnala oggi l’assenza per Covid di Francesco Castiello del M5s.

Sono 153 ritenuti certi – finora – a favore della maggioranza, ma il pallottoliere viene continuamente aggiornato. C’è chi confida che l’asticella a sostegno di Conte salga fino ad almeno 158.

L’obiettivo, secondo alcune fonti, sarebbe quello di lasciare più di 18 senatori di margine tra i Sì e i No, per dimostrare che Italia Viva non è essenziale alla maggioranza.

Dopo l’abbandono del governo, la suddetta aveva annunciato che si asterrà nel voto finale, come confermato dal senatore umbro Leonardo Grimani. Questo consentirà all’esecutivo di ottenere la fiducia con una maggioranza relativa, per la quale non è richiesto un quorum minimo ed è sufficiente superare l’opposizione anche di un solo voto.

Considerata, Iv, responsabile della “crisi assurda e incomprensibile” da parte di Franco Mirabelli, vicepresidente del gruppo dem a Palazzo Madama, questo ha aggiunto ai microfoni:

“E’ necessario sostenere l’azione del governo per aiutare il Paese, con le risorse del Recovery, a superare la pandemia, a fare ripartire l’economia e fare le riforme. Per questo il Partito democratico appoggia l’impegno del presidente Conte a un nuovo patto di legislatura”.

Netta l’opposizione del centro-destra, che chiede le dimissioni del presidente del Consiglio anche al Senato. Il testo, uguale a quello presentato ieri alla Camera, è firmato dai capigruppo di Lega, Massimiliano Romeo, di Forza Italia, Annamaria Bernini, di Fratelli d’Italia, Luca Ciriani e da Paolo Romani di ‘Cambiamo’.

Alle 16:30 la seduta sarà sospesa per un’ora per consentire la sanificazione dell’Aula. Per le 17:30 si attende, invece, la replica del premier che precederà le dichiarazioni di voto sulla fiducia e la chiama, prevista per le 18.

L’esito dello scrutinio resta ancora totalmente incerto ma dovrebbe essere annunciato circa alle 20:30.

Manuel De Vita

Il discorso del premier Conte per la fiducia: “Qui senza arroganza, ma a testa alta.”

Il discorso del premier Conte (fonte: corriere.it)

Dopo la rottura causata da Italia Viva e il suo leader Matteo Renzi, il presidente del Consiglio Conte ha scelto la strada più rischiosa, ma che potrebbe anche portarlo alla riconferma del suo incarico. Oggi, lunedì 18, ha tenuto il suo discorso in Parlamento, proprio per la verifica della maggioranza. Domani, invece, cercherà di conquistare, al Senato, una fiducia che si avvicini il più possibile ai 161 voti necessari.

Sono stati diversi i punti dibattuti dal premier, iniziando dai presupposti su cui è stato formato il governo basato sull’alleanza M5S-Pd, “un governo nato per un disegno riformatore ampio e coraggioso”. Nel marzo 2020, con lo scoppio della pandemia, questo stesso governo sarà messo davanti ad una sfida senza precedenti negli ultimi anni.

 

Il presidente ha sottolineato tutto il suo impegno “fisico e psichico” nel riuscire ad operare un piano che potesse salvaguardare il bene della comunità nazionale.

Riconosce l’importanza della maggioranza in questi mesi di sgomento anche nei passaggi più critici, rivendicando di aver impostato l’azione del governo col solo fine di far fronte alla sfida a cui tutti noi siamo stati sottoposti, stanziando oltre 100 miliardi di euro per dare assistenza ai cittadini e alle categorie professionali.

(fonte: repubblica.it)

Ha parlato dell’importanza dell’Italia per il Recovery Fund, che, citando le parole di Conte stesso, potremmo definirlo: “un fondo per la ripresa con titoli comuni europei per finanziare la ripresa di tutti i Paesi più colpiti, tra cui l’Italia”.

“Abbiamo posto le basi per un deciso rilancio della crescita” ha detto, con per poi fare un elenco di tutti gli interventi realizzati dall’insediamento ad oggi, anche a prescindere da quelli emergenziali. Ha proceduto fino ad esprimere il forte imbarazzo e dissenso per una crisi definita senza fondamento:

“Confesso di avvertire un certo disagio per questa crisi che si consuma mentre molti cittadini ancora soffrono per la perdita di qualcuno e per la quale non ravviso alcun plausibile fondamento”.

(fonte: fanpage.it)

Una crisi che ha giudicato ormai comunque incancellabile, dalla quale non si può più tornare indietro, citando anche la storica frase di Giulio Cesare “il dado è tratto”. Non nasconde tutta la sua perplessità e il giudizio negativo, verso questa situazione che ritiene dannosa per il Paese, gettandolo nello scompiglio.

«Ora si volta pagina, il Paese si merita un governo coeso che lavori a un’incisiva ripresa della nostra economia»

Ha, poi, spiegato come il suo sia stato uno dei governi che hanno cercato di coinvolgere sempre tutto il Parlamento, nonostante non siano mancati disappunti dall’opposizione.

Non rinuncia a definire gli attacchi mediatici a lui rivolti, come aspri e inadeguati.

Nonostante la pacatezza dei suoi toni e la decisione di non scagliarsi apertamente contro Renzi, di cui il nome non pronuncerà per tutto il discorso, evitando un atto d’accusa diretto, rimane chiara la chiusura rivolta a quest’ultimo:

“Non si può pensare di recuperare quella fiducia che serve per lavorare nell’interesse del paese”.

In ultimo, ha parlato apertamente della necessità di dar vita a una nuova maggioranza europeista e contro i sovranisti. Ha espresso il bisogno di “persone in grado, ma soprattutto con la voglia, di mantenere alta la dignità della politica.”

“Aiutateci”, questa la richiesta del premier, rivolgendosi alle forze parlamentari, volenterose di salvare il Paese e la politica italiana. Ha chiesto il contributo politico di “formazioni che si collegano alle migliori tradizioni democratiche, liberali, popolari, socialisti“.

Si è rivolto alle Istituzioni, affinché sappiano ripagare la fiducia dei cittadini italiani, che hanno sopportato e continuano a sopportare i sacrifici richiesti.

Eleonora Genovese

 

 

 

 

Lockdown Israele, inferno a Gaza. Azaiza: “è sempre più difficile sopravvivere”

 

(HAZEM BADER / AFP)

 

Non molti giorni fa è stata comunicata al mondo la notizia del secondo lockdown per Israele e tutti i suoi territori (Vedi articolo), compresa la famosa Striscia di Gaza, sede di un climax di tensioni ormai da decenni. Ma il territorio è già isolato dall’interno dal 24 agosto, quando si sono verificati alcuni casi di coronavirus dovuti alla diffusione della comunità. La situazione è devastante: lo comunicano alcuni attivisti come Mohammed Azaiza, coordinatore sul campo dell’organizzazione non-profit Gisha – Legal Center for Freedom of Movement, che da anni si occupa della protezione dei palestinesi ed, in particolare, dei residenti di Gaza.

Un appello straziante

La diffusione del virus sta costringendo tutti noi a confrontarci con la terribile realtà di Gaza. Siamo estremamente consapevoli della condizione del sistema sanitario, qui. Teniamo conto del numero di ventilatori disponibili, dei test e dei risultati. Siamo anche ben consapevoli della disastrosa situazione economica che abbiamo raggiunto con questa crisi, e della debole situazione dell’infrastruttura. A metà agosto Israele ha chiuso di nuovo l’accesso al mare per due settimane ed ha costretto migliaia di persone le cui vite dipendono dalla pesca a ritornare a riva. Senza la pesca, non c’è nulla da mangiare. Un pescatore con quattro figli ha osato sfidare la decisione. ‘Mi sono messo in mare, a circa un miglio e mezzo dalla costa, anche se ho un braccio rotto per via di un alterco con la marina israeliana,’  ha detto, ‘per sfamare la mia famiglia. Mi sono sentito un ladro’.”, scrive Azaiza all’inizio della propria lettera, pubblicata sul giornale online Haaretz.com il 16 settembre. Ma non finisce qui.

La centrale elettrica è stata spenta perché Israele ha impedito la spedizione di carburante a Gaza. La fornitura di elettricità è precipitata proprio nei giorni più caldi. ‘Per tutta la notte ho strofinato le facce dei miei figli con un panno bagnato,’ mi ha detto il pescatore, che vive con la propria famiglia vicino la costa. ‘Dormono accanto alla porta, nella speranza di una piccola brezza.’ La scorsa settimana, la centrale ha ripreso ad operare ed ora abbiamo elettricità per otto ore al massimo, seguite da otto ore prive. Non è abbastanza.

(aa.com.tr)

Una previsione che si avvera

Un rapporto dell’ONU risalente al 2012, denominato “Gaza nel 2020: un luogo vivibile?” ipotizzava che, nelle medesime condizioni in cui si trovava allora, Gaza sarebbe diventata invivibile. La conferma arriva proprio oggi, dalla gente che tra il virus letale, la guerra civile ed il taglio delle risorse fatica a vedere la fine del tunnel.

Quella previsione si è avverata”, dice Mohammed, e continua: “Il 70% di noi non supera i trent’anni. Centinaia, se non migliaia, di cittadini di Gaza si sono spostati in altri paesi. Alcuni hanno raggiunto le loro destinazioni. Altri hanno perso le loro vite nel tragitto. Ed alcuni hanno poi scelto di togliersela. Immaginate come si saranno sentite quelle persone – scegliere la morte perché è più semplice che far fronte a ciò che la vita qui ha da offrire. E quando i giovani sono insorti per protestare contro la situazione disperata, abbiamo visto le proteste alla recinzione di confine, dove dozzine di persone hanno perso la vita per via dei cecchini israeliani. Abbiamo una generazione che non sa cosa sia la libertà. Questi giovani non si sentono considerati umani a sufficienza da rispettare i loro diritti, i diritti che tutti meritiamo.

(dailysabah.com)

I dati

“I due milioni di abitanti di Gaza necessitano disperatamente di soluzioni sostenibili e a lungo termine. L’embargo via mare e via terra, che Israele impone da tredici anni, ha condotto la principale economia di Gaza e le attività commerciali ad un freno totale. Come risultato diretto, più del 38% della popolazione vive in povertà; il 50% è disoccupato e più del 90% delle acque sono imbevibili. La decisione dello scorso mese di vietare le entrate di carburante a Gaza ha creato maggiori fardelli umanitari. Con l’aumento dei casi di COVID-19 a Gaza, il sistema sanitario deve far fronte ad un crollo totale, a meno che l’embargo – che contravviene al diritto internazionale – non venga abolito. E’ necessario ed urgente che venga eliminato.” (unric.org)

Afferma Michelle Bachelet, Alto Commissario per i Diritti Umani alla 45esima sessione del Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU.

Le parole degli abitanti di Gaza, ma ancor di più i dati, dimostrano la sussistenza di una situazione critica tuttavia sconosciuta a molti. Benché il mondo sia ormai consapevole del conflitto centenario che intercorre tra le due nazioni – Israele e Palestina- sembra che sempre più si stia decidendo di lasciarle al loro destino, non tenendo in considerazione le vite dei civili.

“Noi, popolo di Gaza, non abbiamo influenza o controllo sul nostro destino. Mi chiedo spesso, e sono certo che se lo chiedano anche altre persone: cos’altro dobbiamo fare affinché il mondo comprenda la criticità della nostra disperazione?

Conclude Azaiza appellandosi a chiunque, là fuori, sia disposto a porgere un orecchio e mettersi all’ascolto di questa gente abbandonata a sé stessa.

 

                                                                                                                                                                                                              Valeria Bonaccorso

Resto al Sud: come uscire dalla crisi delle crisi

É da tempo sulle pagine dei quotidiani, nei servizi televisivi ed in cima ai programmi elettorali dei nostri cari politici. É invisibile, ma i suoi effetti si vedono eccome. É silenziosa, ma causa crolli e cadute di colossi che fanno rumor(e). Conviviamo con essa da anni, un malessere generale riassumibile con due parole: la crisi. Quando si parla di crisi si sottende necessariamente quella economica che dal 2008 sino ad oggi ha causato un esponenziale incremento del tasso di disoccupazione, del livello di povertà e dell’indebitamento. Oltre a causare falde finanziarie non rimarginabili, fatto saltare posti di lavoro, aziende ed imprese, aumentando la pressione fiscale, la crisi ha causato esiti negativi per quanto riguarda la psiche dell’individuo. Alla crisi economica si affianca quella della psiche. Le conseguenze di questa commistione di crisi sono: depressione,  insoddisfazione e smarrimento. Ci si sente fuori luogo, inadeguati. E si emigra in cerca di fortuna. Eppure una soluzione a tutto questo c’è, ed é il lavoro.

Secondo il Briefing Document for the National Governors Association possedere un’occupazione rappresenta un fattore rilevante che segna la routine quotidiana, fornisce obiettivi significativi, aumenta le finanze individuali e familiari allontanando il rischio di povertà. Ottenere un impiego è anche correlato con l’aumento del benessere personale, la “self efficacy”, il miglioramento della gestione delle relazioni ;rappresenta inoltre, un’opportunità di instaurare amicizie, ottenere supporto sociale e contribuisce a definire se stessi come lavoratori. Dunque avere un lavoro rende liberi, indipendenti, e ci si scrolla di dosso tutte quelle preoccupazioni sopraindicate. Il lavoro é la soluzione! Ma qualcuno potrebbe anche dire: <<Scusa giovane – mi domanda un qualsiasi abitante del Meridione – qui al Sud “non c’è nenti”, in più c’è la crisi, chi ce lo dà il lavoro?>>.

Di certo il nostro conterraneo non ha tutti I torti. Il lavoro non cade dal cielo, ma su una cosa sbaglia di grosso. Al Sud, c’é molto più di niente. Migliaia e migliaia di risorse inutilizzate o in mano ad individui che voglion tutto fuorché il bene della nostra terra. C’è bisogno di arrotolarsi le maniche, cambiare ciò che manda a rotoli il nostro paese, estirpare quella “mala pianta”. Ed un’opportunità ci viene data proprio da quelle istituzioni che spesso e volentieri latitano da queste parti. “Resto al Sud”, un bando istituito dal decreto Mezzogiorno n. 91-2017 a sostegno dell’autoimprenditorialità giovanile. Invitalia ha attuato un nuovo regime di aiuto per incoraggiare la costituzione di nuove imprese nelle Regioni meno sviluppate e in transizione, cioè Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, da parte di giovani imprenditori.

Le richieste di agevolazioni possono essere presentate dai soggetti di età compresa tra i 18 e i 35 anni che siano in possesso, al momento della presentazione della domanda, dei seguenti requisiti: che siano residenti in una delle regioni sopraindicate;  e che non risultino già titolari di attività di impresa in esercizio alla data del 21 giugno 2017!

Le risorse disponibili stanziate sono pari a un miliardo e 250 milioni di euro ed i finanziamenti sono concessi fino ad un massimo di 50mila euro, o di 50mila euro per ciascun socio nel caso in cui l’istanza sia presentata da più soggetti già costituiti o che intendano costituirsi in forma societaria, fino ad un ammontare massimo complessivo di 200mila euro.

Il finanziamento è così articolato: 35% come contributo a fondo perduto erogato dal Soggetto gestore; 65% sotto forma di finanziamento bancario, concesso da istituti di credito in base alle modalità ed alle condizioni economiche definite dalla Convenzione. Dunque il finanziamento bancario deve essere rimborsato entro otto anni dall’erogazione del finanziamento, di cui i primi due anni di pre-ammortamento.

I settori nei quali le aziende si possono specializzare sono: industria, turismo, costruzione, audiovisivo, ICT, servizi, trasporti, energia, sanità, cultura, farmaceutico ed alimentare.

Dallo scorso 15 gennaio é possibile inviare la propria idea di azienda. Circa 6 mila le domande presentate e quasi 900 i progetti già presi in analisi da Invitalia. Se dovessero andare in porto questi progetti, momentaneamente si stima un incremento del lavoro di circa 4 mila posti, con un investimento pari a 55 milioni di euro. Le regioni con maggior numero di domande presentate sono: Campania(49,3%) , Sicilia (15,8%) e Calabria (13,2%).

Il settore turistico-culturale è il più rappresentato con quasi il 43% dei progetti, al secondo posto le attività manifatturiere (27%), quindi i servizi alla persona (13%). Il 37% dei proponenti si colloca nella fascia d’età 30-35 anni e il 38% di essi ha un elevato livello di istruzione (laurea, master, dottorato di ricerca). Significativa la quota di under 25, che arrivano al 32% del totale.

Un vero e proprio incentivo del governo per sviluppare economia e lavoro nel meridione limitando la famigerata fuga di cervelli. Il sud c’è , e risponde a gran voce presente. “Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere ‘superato’.” Questo era Albert Einstein, il quale tirando le somme, e non era molto bravo a farlo, ci fa capire a noi terroni che la crisi tra le crisi, la più grande e la più difficile da combattere é la questione meridionale. Ed esiste dall’unità d’Italia, non dal 2008. Dopo un secolo e mezzo non si può più far finta di niente, dobbiamo mettere in crisi i meccanicismi mafiosi e classisti che ci hanno portato a questo punto. Dobbiamo restare. Dobbiamo tornare. Solo così avverrà la crisi delle crisi.  

Vincenzo Francesco Romeo