Sars-Cov-2 nelle acque reflue di Milano e Torino da Dicembre 2019: studio in fase di pubblicazione

Secondo le varie fonti scientifiche i primi casi di Covid-19 si sono verificati in Cina tra ottobre e novembre 2019, per poi aumentare esponenzialmente intorno agli inizi di gennaio e diffondersi nel resto del mondo.
Ma è proprio questo il nodo cruciale: quando esattamente è iniziato il contagio negli altri Paesi?
Si sarebbe potuto evitare?
Il sospetto che il nuovo coronavirus fosse arrivato nel nostro Paese prima del famoso “paziente zero” ha più volte sfiorato le menti dei ricercatori, ma all’atto pratico ancora nessuno è riuscito a venire a capo di questo enigma.
Una risposta potrebbe arrivare dallo studio della presenza del virus nelle acque reflue di alcune delle città più colpite.

Lo studio

Tra i primi a effettuare queste analisi sono stati i ricercatori spagnoli, con il prelievo e lo studio delle acque reflue di due impianti di trattamento di Barcellona.
I risultati dimostravano la presenza di materiale genetico del Sars-Cov-2 già in campioni risalenti al 12 marzo 2019. Se la scoperta si rivelasse attendibile, potrebbe essere molto utile per tracciare il percorso che il virus ha seguito nella sua diffusione.
Questo vorrebbe inoltre dire che molti contagiati avrebbero potuto avere i sintomi della Covid-19 ma essere scambiati per semplice influenza.
Casi passati in sordina ma che adesso potrebbero pesare come macigni.

Veniamo a noi

Secondo uno studio in fase di pubblicazione, nelle acque reflue di Milano e Torino sono state ritrovate tracce del virus a dicembre 2019.
Lo studio ha previsto l’analisi di alcuni campioni prelevati tra dicembre 2019 e gennaio 2020 e altri di controllo, prelevati in un periodo antecedente al presunto inizio della pandemia.
I risultati, hanno evidenziato presenza di RNA di SARS-Cov-2 nei campioni prelevati nelle suddette città, così come a Bologna.
Nelle stesse città sono stati trovati campioni positivi prelevati nei mesi seguenti, mentre i campioni di ottobre e novembre 2019, come pure tutti i campioni di controllo, hanno dato esito negativi.

Le dichiarazioni dei ricercatori

“Dal 2007 con il mio gruppo portiamo avanti attività di ricerca in virologia ambientale e raccogliamo e analizziamo campioni di acque reflue prelevati all’ingresso di impianti di depurazione” spiega Giuseppina La Rosa del Reparto di Qualità dell’Acqua e Salute del Dipartimento di Ambiente e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità, che ha condotto lo studio in collaborazione con Elisabetta Suffredini del Dipartimento di Sicurezza Alimentare, Nutrizione e Sanità pubblica veterinaria. “Lo studio – prosegue La Rosa –  ha preso in esame 40 campioni di acqua reflua raccolti da ottobre 2019 a febbraio 2020, e 24 campioni di controllo per i quali la data di prelievo (settembre 2018 – giugno 2019) consentiva di escludere con certezza la presenza del virus. I risultati, confermati nei due diversi laboratori con due differenti metodiche, hanno evidenziato presenza di RNA di SARS-Cov-2 nei campioni prelevati a Milano e Torino il 18/12/2019 e a Bologna il 29/01/2020

Questo cosa comporta?

Ovviamente il ritrovamento del virus non implica che le catene di trasmissione principali che hanno portato all’epidemia nel nostro Paese si siano originate proprio da questi primi casi.
Adesso non è ancora il momento delle certezze, tuttavia, una rete di sorveglianza sul territorio può rivelarsi preziosa e questo studio che è stato condotto ha posto le basi per mettere in atto degli interventi di controllo dell’epidemia.
Come afferma Luca Lucentini, direttore del Reparto Qualità dell’Acqua e Salute “Passando dalla ricerca alla sorveglianza sarà indispensabile arrivare ad una standardizzazione dei metodi e dei campionamenti poiché sulla positività dei campioni incidono molte variabili quali per esempio il periodo di campionamento, eventuali precipitazioni metereologiche, l’emissione di reflui da attività industriali che possono influire sui risultati di attività ad oggi condotte da diversi gruppi”.
Attendiamo dunque fiduciosi nuovi sviluppi nel campo della ricerca, poiché il tempo al momento è l’unico che potrà dirci in che direzione andrà questa seconda parte del 2020.

Maria Elisa Nasso

Usa, ultime stime Coronavirus: probabili 23 milioni di contagiati

Gli Stati Uniti affermano di star riaprendo in sicurezza e in maniera responsabile, nonostante un’impennata dei casi in alcune aree del sud del Paese.

Lo ha detto il vicepresidente americano Mike Pence, quasi un messaggio inviato a Bruxelles e all’Europa nelle ore in cui la commissione UE sta decidendo se riaprire i propri confini ai turisti americani.

Per Pence l’aumento dei casi è proporzionale al numero elevato di test condotti, tesi condivisa da Donald Trump, smentita solo in parte dagli esperti, perché le stime allarmanti di queste ore dove sarebbero in realtà 10 volte maggiori i contagi negli Usa si basano sui campioni di sangue raccolti su scala nazionale, provette che rivelano la presenza di anticorpi, come spiegato dal Cdc.

Anthony Fauci, il virologo a capo della task force organizzata della Casa Bianca, ha espresso grande preoccupazione per quello che è diventato “un grave problema”, così ha definito il boom di contagi in alcuni Stati.

Le parole arrivano, stridenti, subito dopo la tentata rassicurazione sulla situazione.

“Indossate la mascherina per non diffondere il virus”, ha ribadito con vigore l’epidemiologo Fauci, affinchè venga contrastata la diffusione del Covid.

Tutte alte sfere della Casa Bianca hanno espresso la ferma volontà che il Paese riapra e che l’economia riparta, ma tutto ruota attorno alla grave e destabilizzante possibilità che si possa propagare il virus in modo inconsapevole.

In un suo tweet Donald Trump ha fatto riferimento al tasso di mortalità come “uno dei più bassi del mondo”, richiamando il dato dei decessi da Covid in netto calo.
Il cinguettio è stato poi concluso col solito spirito provocatorio:

 La nostra economia sta ripartendo e non sarà chiusa di nuovo.

Il comunicato social di Donald Trump suona come un monito a quegli stati Usa che, travolti da un’ondata di contagi stanno cominciando a frenare sul ritorno alla normalità.

Le parole del capo della White House sono apparse subito in contrasto con le stime promulgate dal direttore del Centers for Disease Control and Prevention: per ogni caso di Coronavirus accertato ci sarebbero almeno altre dieci persone infette, questo l’allarme lanciato da Robert Redfiled, massima autorità federale in materia di salute pubblica.

Anthony Fauci, il massimo esperto ingaggiato come consulente medico gestionale dal governo americano, ha ammesso che dal punto di vista strategico qualcosa non sta funzionando.

Timore confermato del resto dai numeri usciti questo week-end che ha fatto registrare 400 mila nuovi casi e 2.500 vittime.

Le autorità sanitarie stanno dunque vagliando un nuovo approccio, quello dei “pooltesting”: fare i test su più persone contemporaneamente per individuare più rapidamente i casi di contagio e procedere con il conseguente ed immediato isolamento.

La task force guidata dal VP Mike Pence starebbe lavorando all’abolizione dell’ObamaCare, la riforma sanitaria di Barack Obama ritenuta incostituzionale, con l’amministrazione Trump che ha chiesto alla Corte Suprema americana di cancellarla. Un colpo basso con finalità elettorale, che significherebbe privare dell’assicurazione sanitaria milioni di americani in piena pandemia, quello che è stato definito come un vero e proprio “atto di incomprensibile crudeltà”.

La situazione si fa sempre più drammatica in Florida e Texas, dove sono scoppiati un boom di 9000 nuovi contagi ed oltre 16 mila casi in tre giorni nella zona texana; rimane invece critico il contesto newyorkese, con la metropoli letteralmente in ginocchio.

L’America, apparentemente grande e invincibile, soffre e combatte un nemico invisibile ed un Presidente che pare essere più interessato alle elezioni che alla salute del suo paese.

Antonio Mulone

Il comizio di Trump è flop. Sospetto sistema di boicottaggio partito da TikTok

A Tulsa, in Oklahoma, doveva andare in scena il ritorno in pompa-magna del Presidente Trump ai comizi, con 1 milione di persone registrate (secondo il suo staff). Ma se ne sono presentate molto meno, anche per l’ingegnosa trovata di alcuni utenti di TikTok

Tenendo fede al suo stile, il Presidente degli Stati Uniti ce l’aveva messa tutta per fare del suo ritorno in campo un momento di tensione: oltre alle parole incendiarie e provocatorie delle scorse settimane sulle manifestazioni contro il razzismo, c’era stata la scelta della data per il primo comizio dall’inizio della crisi coronavirus, e cioè il 19 giugno, che era parso uno sfregio al movimento Black Lives Matter e agli afroamericani, poichè proprio il “Juneteenth” – ovvero il giorno che commemora la liberazione degli schiavi dopo la Guerra civile – e proprio a Tulsa, nel 1921 una folla di suprematisti bianchi avevano massacrato dozzine di neri nel quartiere di Greenwood.

Troppe le polemiche, alle quali il presidente col ciuffo bizzarro c’ha da sempre abituato, che hanno fatto sì che l’evento venisse spostato al 20, il giorno seguente.

Brad Parscale, il manager della campagna di Donald Trump, aveva annunciato raggiante che per la convention di Tulsa erano arrivate un milione di prenotazioni virtuali, sebbene i contagi fossero in aumento sensibile in tutto lo stato ed ai partecipanti non fosse richiesto né il distanziamento fisico né le mascherine.

Sembrava la serata perfetta per l’inizio della riscossa trumpiana dopo mesi durissimi. E invece Trump non è neanche riuscito a riempire l’arena indoor da 19mila posti: la parte superiore delle tribune era completamente vuota. Un flop, ammesso anche dai repubblicani, che l’ha costretto ad annullare il discorso programmato su un grande palco allestito all’esterno, predisposto per i 40 mila partecipanti che non ce l’avrebbero dovuta fare a entrare.

L’episodio ha del sorprendente se lo si considera alla luce del fatto che l’Oklahoma è uno degli stati americani più conservatori e, dunque, un territorio chiave in vista delle elezioni di novembre.

Fattore scatenante dell’accaduto sarebbero giovanissimi utenti di TikTok –la piattaforma social più in voga al momento tra la generazione 2.0- che avrebbero fatto incetta di prenotazioni gratuite per l’evento, scegliendo poi di non presentarsi sabotando l’attesissimo comizio.

Un’azione boicottatrice, nei confronti di colui che viene appellato proprio sulle piattaforme social come “incitatore all’odio”, coordinata da adolescenti che a colpi di like avrebbe ridotto i 100mila partecipanti attesi al Bank of Oklahoma Center a poco di meno di un quinto, per la gioia dei giornali anti-Trump entusiasti per questo scacco matto al re.

L’unica cosa certa è che molti utenti di TikTok, nei giorni antecedenti al comizio di Tulsa, hanno iniziato a pubblicare video in cui confessavano con toni beffardi di essersi iscritti all’evento, invitando altri follower a fare altrettanto. Post simili su Instagram e Twitter hanno registrato migliaia di like e di condivisioni. All’indomani dello scherzo, mentre questi messaggi sobillatori sono spariti per non lasciare traccia, diverse testate hanno riferito di adolescenti che si sarebbero uniti a quest’azione di trolling.

C’è però un fatto da precisare su quanto successo a Tulsa: i biglietti prenotati dagli utenti, essendo gratuiti e illimitati, non hanno di fatto impedito a nessuno di entrare fisicamente nell’arena, in quanto rappresentano soltanto un sistema di monitoraggio che le campagne usano per tastare i flussi delle folle che potrebbero partecipare all’evento.

Dallo staff di Trump hanno fatto sapere di aver già scremato le prenotazioni da quelle giudicate false, eppure qualcosa è andato storto.

Un presunto ruolo decisivo nella campagna di disturbo l’avrebbero giocato anche gli ascoltatori del pop sudcoreano: una vera forza sui social network coinvolta anch’essa nel blitz virtuale a favore della giustizia sociale contro Trump.

All’inizio del mese, ad esempio, i fan del K-pop avevano fatto proprie le battaglie antirazziste, attraverso meme e slogan.
È vero anche che per ora i dati certi sull’efficacia di questa azione collettiva non esistono, ma di certo un qualche impatto c’è stato.

Uno dei primi video di TikTok che invitava a prenotare i biglietti per il comizio e lasciare Trump “in piedi da solo sul palco” è stato realizzato dalla Alexandria Ocasio-Cortez, deputata dei Democratici:

“Ti sei appena beccato una sberla dagli adolescenti su TikTok”, ha twittato al presidente..

Lo staff del presidente ha scaricato la colpa sui media, rei di aver spaventato i suoi supporter con i rischi di contagio, che peraltro erano reali, ed inoltre sui dimostranti accusati infondatamente di aver impedito l’accesso ai sostenitori politici.

I repubblicani trumpiani comunque respingono categoricamente l’ipotesi di una rivolta a colpi di Tik Tok. Parscale, ha evidenziato che i troll di sinistra “non sanno di cosa stanno parlando o come funzionano i nostri comizi”, perché in realtà ogni partecipante sarebbe stato contattato sul suo numero di cellulare dopo un’accurata cernita di iscrizioni e che il vero deterrente che avrebbe causato la mancata partecipazione di massa, come ha sostenuto Tim Murtaugh – il portavoce della campagna di Trump – sarebbe stato il timore di proteste violente.

La dinamica della vicenda dunque non è ancora chiara, ma l’unico dato certo è che: TikTok 1 – Donald Trump 0.

Antonio Mulone

Il PEPP e i primi passi per salvare l’economia. Ecco come l’Ue reagisce al Covid-19

In questi mesi di lockdown tra le pagine di giornale, le notizie d’ultima ora in TV, le ricerche Google, le news riguardo gli strumenti adottati dall’UE per fronteggiare il Covid-19 ci hanno inondato di informazioni. La timeline di interventi è ricca di euro, clausole e principi. Su Twitter, il profilo della presidente della BCE Christine Lagarde cinguettava “Tempi straordinari richiedono azioni straordinarie”.

Ripercorrendo l’iter dall’inizio dell’emergenza, uno dei primi strumenti adottati è stato il PEPP- Pandemic Emergency Purchase Programme –, programma straordinario di acquisto di titoli pubblici e privati, stanziato il 24 marzo dalla BCE, per un valore di 750 miliardi di euro poi quasi raddoppiato per arrivare ad oltre 1350 miliardi di euro.

Dobbiamo definirlo straordinario perché, in realtà, costituisce un’aggiunta all’APP – Asset Purchase Programme – il famoso Quantitative Easing della BCE che ha stanziato dal 2016 un range tra 15 mld e 80 mld al mese. Questo prevede, oltre agli acquisti di titoli pubblici, acquisti di diverse tipologie di titoli, tra cui obbligazioni bancarie garantite, obbligazioni private, titoli emessi con cartolarizzazione, etc.

Insomma: la BCE ha iniziato ad acquistare titoli in tutti i Paesi europei.

Com’è costituito il PEPP?

Da ciò che dispone la BCE, il PEPP ha le stesse regole previste per l’APP. Difatti, è costituito dal 10% di titoli emessi da organizzazioni internazionali e banche specifiche dell’Eurozona, il 90% di titoli di Stato o obbligazioni.

Concentrandoci sui titoli di stato per comprendere cosa siano, ogni mese il Ministero delle Finanze emette titoli ad una cifra, che restituirà successivamente ed in cambio offre un coupon – una cedola – di solito semestrale, che è il tasso d’interesse. Ogni anno, chi acquista il titolo, riceve una cedola della cifra sottoscritta.

Il PEPP è un “bene di tutti”?

C’è da fare chiarezza: questo bazooka carico di miliardi di euro prevede che il 90% dei titoli sia ripartito nell’Area Euro in base alla regola della capital key, cioè la quota di capitale della BCE detenuta da ogni banca centrale nazionale (di solito in relazione al PIL nazionale). Perciò è un bene di tutti in relazione al peso di ciascun Paese nel grande salvadanaio d’Europa.

Quale effetto avrà?

Il principale effetto di questo intervento della BCE riguarda lo spread. 

Lo spread – ovvero la differenza tra il rendimento dei titoli di stato italiani e tedeschi con scadenza a dieci anni- ci indica come varia l’interesse che dobbiamo pagare sul nostro debito. In Europa lo misuriamo con i titoli tedeschi, considerati i più stabili. 

In un momento di crisi come questo, dove le attività produttive sono rimaste congelate per mesi, il governo è dovuto intervenire indebitandosi molto per evitare che le conseguenze della crisi fossero più gravi. Il sostegno della BCE con il PEPP ha permesso che l’interesse si mantenesse ad un livello basso. L’interesse diminuisce poiché, quando la BCE interviene sul mercato dei titoli di stato per acquistare dei bond, la domanda di questi titoli aumenta, ma se c’è una maggior richiesta di un qualsiasi bene nel mercato allora il prezzo aumenta ed il tasso d’interesse diminuisce. 

La nuova dotazione di 1350 mld di euro per questo programma di emergenza garantisce un’estrema liquidità al mercato dei titoli di Stato, impedendo l’innescarsi del circolo vizioso che ha reso ancora più drammatica la grande recessione per alcuni Paesi dell’Eurozona (tra cui l’Italia).

Per capire con dei dati l’intensità e l’importanza di questo intervento, grazie al PEPP, infatti, il totale di debito pubblico italiano detenuto da istituzioni europee, a fine 2020, dovrebbe ammontare al 37,8% del PIL (Osservatorio CPI), la sola BCE dovrebbe detenerne circa il 30%. Numeri importantissimi, ma non è tutto oro ciò che luccica ed è doveroso domandarsi se non siamo troppo dipendenti dalla BCE. 

Cosa succederebbe se la BCE dovesse intervenire per ritirare liquidità dal sistema a causa di una fiammata inflazionistica (ipotesi veramente improbabile nel breve periodo)? Quando andranno a scadenza questi titoli e la BCE nel 2021 terminerà il suo programma, quanto ci costerà rifinanziare questa quota di debito senza l’aiuto della BCE?

Possiamo comprendere l’urgenza di effettuare delle politiche economiche che rendano maggiormente sostenibile il debito pubblico in futuro, futuro nel quale non potremo pretendere di essere ancora fortemente dipendenti dall’intervento delle istituzioni europee. 

Contenuto in collaborazione con Starting Finance:

Marco Amato
Rossana Arcano

Accordo vaccino Oxford-Pomezia: 400 milioni di dosi per la popolazione europea entro fine anno

In attesa dei risultati finali della sperimentazione, ormai alle soglie della fase II-III, l’Italia, insieme a Francia, Germania e Olanda, ha firmato un accordo con AstraZeneca che distribuirà il candidato vaccino elaborato dalla collaborazione Oxford-Pomezia.

L’annuncio è arrivato dalla pagina Facebook del ministro della Salute, Roberto Speranza che ha espresso molto entusiasmo per la potenziale cura, che in tempistiche così ridotte sembrava impossibile.

Il contratto con AstraZeneca, multinazionale svedese del settore farmacologico, prevede l’approvvigionamento di circa 400 milioni di dosi di vaccino da destinare a tutta la popolazione europea.

La soluzione vaccinica potenziale nasce dagli studi dell’Università di Oxford , che coinvolgerà nella fase di sviluppo e produzione anche importanti realtà italiane.

Il vaccino sviluppato dallo Jenner Institute-Università di Oxford consiste in un adenovirus (il virus del raffreddore degli scimpanzé) svuotato del suo patrimonio genetico, quindi privato della capacità di infettare, e riempito della proteina Spike sintetizzata, cioè prodotta chimicamente in laboratorio. La Spike è indispensabile per il Sars-CoV-2 in quanto gli permette di entrare nella cellula umana. Il vaccino ha la funzione di stimolare nell’organismo attaccato dal Sars-CoV-2 la produzione di anticorpi contro la proteina e di prevenire la malattia. (fonte Corriere.it) 

L’impegno prevede che il percorso di sperimentazione, già in stato avanzato, si concluda in autunno con la distribuzione della prima tranche di dosi entro la fine del 2020.

Arriva dunque un primo promettente passo avanti per l’Italia e per l’Europa nella corsa al vaccino, unica risposta definitiva al Covid-19.

“All’Italia, che è stata la prima in Europa a conoscere da vicino questo virus, oggi è stato riconosciuto di essere tra i primi Paesi a dare una risposta adeguata. Dimostriamo che vogliamo essere in prima linea nella ricerca di un vaccino  e nelle terapie che allo stato attuale risultano essere più promettenti”, così ha commentato con la consueta pacatezza il Premier Conte.

Il candidato vaccino in questione, sperimentato sui macachi e già inoculato a volontari tra cui alcuni ricercatori, sarà testato in Brasile, oltre che in Inghilterra.

Il composto, al quale sta lavorando l’Università di Oxford in collaborazione con l’azienda Advent Irbm di Pomezia, coinvolge 5000 volontari sani nel Regno Unito, già selezionati, ed altrettanti nel paese sudamericano.

Allo Jenner Institute della Oxford University sono in corso i test al momento più avanzati in Europa.
Secondo il protocollo, la seconda e terza fase di sperimentazione prevedono la somministrazione ad un campione molto più ampio, per un totale di circa 10.000 volontari sani.

Dell’importanza di sviluppare uno o più vaccini per prevenire Covid-19 si sta parlando ormai da mesi; sarebbe sicuramente importante averne la disponibilità nel caso in cui dovesse arrivare la temuta seconda ondata.

I primi a ricevere il vaccino saranno i lavoratori della sanità e le persone a rischio, per età o perché colpite da certe patologie, e le forze dell’ordine.

Lo afferma il consulente del ministero della Salute Walter Ricciardi che in una intervista a Repubblica traccia la strategia per immunizzare il paese dopo l’annuncio dell’accordo con AstraZeneca per la produzione del vaccino.

La campagna di vaccinazione, infatti, verrà organizzata dal ministero della Salute e sarà gratuita, un po’ come succede con il vaccino antiinfluenzale che viene offerto alla categorie a rischio (over 65 e malati cronici).

Gli occhi preoccupati del mondo, e non solo, da mesi sono puntati su Oxford e sulla azienda AstraZeneca che nelle settimane scorse ha annunciato una capacità di produzione di 1 miliardo di dosi nel 2021 e che avrebbe avviato le prime consegne a Settembre, periodo nel quale sono attesi i risultati finali della fase III.

I primi a stipulare un accordo erano stati i britannici con la prelazione di 30 milioni di dosi; la compagnia aveva reso noto che stava lavorando ad accordi in parallelo con altri governi europei, per assicurare una ampia ed equa fornitura del vaccino nel mondo in risposta all’emergenza pandemica.

La società riconosce che il vaccino potrebbe anche non funzionare, ma che ha sicuramente contribuito nel progresso rapido del programma clinico e dell’avanzamento scientifico nella lotta al Covid-19.

L’Azienda ha fatto sapere che starebbe incrementando ulteriormente la sua capacità produttiva e che è aperta alla collaborazione con altre aziende al fine di rispettare l’impegno di sostenere l’accesso al vaccino senza alcun profitto durante la pandemia.

Grandi speranze scientifiche che nei prossimi mesi si potrebbero tradurre in importante realtà.

Antonio Mulone

Aggiornamento Sussidio per emergenza Covid-19

Il 6 giugno avevamo riportato la pubblicazione dell’elenco con i nominativi di tutti gli studenti che hanno presentato domanda (qui il bando) per i sussidi straordinari stanziati a seguito dell’emergenza Covid-19.

Ebbene, a seguito di una rettifica emanata dall’ERSU dovuta ad un problema tecnico, riscontrato nell’invio della posta elettronica dello stesso ente di Messina, che non ha consentito di recapitare la richiesta di chiarimenti e/o integrazione documentale inviata a diversi studenti partecipanti al concorso, si invitano gli studenti soggetti dello stesso problema a integrare la documentazione entro la data del 15/06/2020.

L’elenco definitivo dei partecipanti al bando di concorso sarà invece pubblicato sul sito istituzionale www.ersu.me.it in data 24/06/2020.

Ornella Venuti

Arriva l’app “Sicilia SiCura”: la Regione dice sì al turismo ma con la salute a portata di smartphone

La Sicilia non segue l’isola gemella sulle restrizioni per gli arrivi turistici in vista della stagione estiva e prova ripartire e rilanciarsi puntando sul tracciamento a portata di smartphone.

Abbandonata dunque l’idea, che sarebbe stata si complessa realizzazione, del passaporto sanitario per chi arriverà sull’isola.
Al passaporto è stata preferita una app da scaricare volontariamente che permetta un contatto più diretto con il sistema sanitario regionale.
Un servizio di cooperazione (su base informatica) ed ausilio per le autorità sanitarie al fine limitare la temuta seconda ondata.

Nello specifico si tratta della app “Sicilia SiCura”, che mediante un monitoraggio veloce ed efficace permetterà a chi arriva nell’isola siciliana di poter essere assistito dal personale medico dell’Unità sanitaria turistica in caso di bisogno, come ha dichiarato il presidente Nello Musumeci.

L’app sarà scaricabile gratuitamente, con poche e semplici mosse direttamente sul proprio smartphone o su qualunque device personale, da una piattaforma web dedicata messa a disposizione dalla Regione Sicilia.

Sono oltre 3.000 i download di “SiciliaSiCura” registrati dalla Regione siciliana in appena 48 ore dal lancio dell’applicazione che rientra all’interno del protocollo sicurezza, pianificato grazie al supporto della Protezione Civile.

Un sistema informatico discreto ed invisibile per i turisti, ma che garantirà serenità e tutela anche ai siciliani.

All’inizio del soggiorno turistico in Sicilia, l’applicazione invierà un SMS di promemoria per invitare l’utente, che abbia preventivamente scaricato l’app e che si sia correttamente registrato, ad informare le autorità sanitarie sul suo stato di eventuale malessere respiratorio e febbrile. 

Il funzionamento dell’app richiede l’inserimento dei dati relativi al proprio stato di salute, agli spostamenti, all’eventuale presenza di casi di Covid-19 all’interno del proprio nucleo familiare, ed alla segnalazione di sintomi o insorgenza di febbre durante la permanenza in Sicilia.

Fondamentale evidenziare la facoltatività di download dell’applicazione, già utilizzata da tutti coloro che avevano ricevuto l’obbligo di auto-quarantena una volta rientrati in Sicilia.

L’app, poi convertita dai tecnici addetti alle nuove modalità di funzionamento ed alle nuove esigenze di fruizione, stando alle prime analisi di monitoraggio ed operatività, pare funzioni bene.

I dati e le previsioni che arrivano dalla regione evidenziano che l’app Sicilia SiCura lavorerà a pieno regime dal 1° Luglio e verrà utilizzata con ogni probabilità fino alla fine di Settembre.

Non ci saranno né test né limitazioni all’ingresso dei flussi turistici, ma soltanto verifiche della temperatura corporea (attraverso i termoscanner) nelle stazione ferroviarie e negli aeroporti, come dichiarato negli ultimi giorni dal governatore siciliano Nello Musumeci.

La situazione sanitaria in Sicilia, che intanto si appresta ad accogliere turisti da tutte le parti d’Italia, continua ad essere sotto controllo; ciò chiaramente incoraggia le autorità regionali alla spinta ed alla ripresa più o meno totale delle attività e dell’economia legate al turismo isolano.

Tutti i siciliani sperano che l’estate, da sempre sinonimo di libertà, faccia tornare un po’ di normalità nel quotidiano anche e soprattutto attraverso il turismo.

Antonio  Mulone

Polemica dopo le dichiarazioni di Zangrillo: ” Il Coronavirus clinicamente non esiste più”

È aspra polemica dopo le parole del direttore della terapia intensiva del San Raffaele di Milano, Alberto Zangrillo. Il medico, intervenuto in collegamento durante un programma tv, aveva affermato che

“In realtà il virus dal punto di vista clinico non esiste più, questo lo dice l’università Vita e Salute San Raffaele, lo dice uno studio del direttore dell’Istituto di virologia Clementi, lo dice il professor Silvestri della Emory University di Atlanta”.

Parole dal peso specifico sicuramente rilevante, soprattutto in questa fase di ripresa zoppicante ed incerta, dalle quali sia il ministero della Salute che il Comitato tecnico scientifico hanno subito preso le distanze, affermando con rigore scientifico che “il virus circola ancora”.

Anche il viceministro Sileri ha commentato l’intervento, seppur in modo molto più cauto:

“Zangrillo ha detto che chi è sul campo non vede più malati gravi in terapia intensiva. Ma dobbiamo continuare a usare prudenza”

Massimo Clementi – chiamato in causa come direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia del San Raffaele e professore all’Università Vita-Salute – ha voluto però precisare che lo studio da lui coordinato avesse evidenziato il fatto che la capacità replicativa del virus a Maggio sia fortemente indebolita rispetto a quella che rilevata a Marzo nei pazienti ricoverati affetti da Covid-19.

Più che una malattia diversa, un cambiamento della carica virale che non implica necessariamente la mutazione patogena del virus.

“Possiamo dire, in base ai risultati dell’indagine e a quello che vediamo in ospedale, che è cambiata la manifestazione clinica forse anche grazie alle condizioni ambientali più favorevoli”, ha precisato Clementi.

Una tesi quella di Zangrillo subito considerata fuorviante e pericolosa dallo pneumologo Richeldi, componente del Comitato tecnico-scientifico, il quale ha accusato il direttore di diffondere messaggi che potrebbero confondere gli italiani e che non invitano alla prudenza, necessaria come non mai in questi primi giorni di ponderato rilancio.

Ha espresso durezza e dissenso anche il Presidente del Consiglio Superiore di Sanità Locatelli, che si è detto sorpreso e sconcertato per le dichiarazioni rese dal professor Zangrillo, gravi perchè provenienti da un rappresentante della comunità medico-scientifica.

Zangrillo, durante l’intervista, aveva anche sostenuto che ci sono tutte le dimostranze affinché l’Italia potesse tornare a condurre una vita normale.

Dunque secondo il direttore della terapia intensiva del San Raffaele continuare inutilmente a “terrorizzare” il Paese è da irresponsabili. Ciò non vuol dire – ha precisato- avere espresso consenso ad assembramenti e piena normalità, ma che il “terrore” promosso dalla comunità scientifica va bene solo per un determinato periodo di tempo.

E’ indubbiamente vero e rassicurante il fatto che la pressione sugli ospedali si sia drasticamente ridotta nelle ultime settimane, non va però assolutamente scordato che questo è il risultato delle decisive misure di contenimento della circolazione virale adottate con coraggio dall’Esecutivo guidato da Conte.

Confondere le idee e conseguentemente gli atteggiamenti degli italiani, potrebbe risultare rischioso per la nostra salute ed inoltre potrebbe minare gli sforzi compiuti finora.

E’ chiaro, anche a occhi non esperti, che la gestione clinica dei malati oggi è certamente facilitata dal minor numero di casi rispetto a quelli osservati nei giorni di picco e dal maggiore numero di posti di terapia intensiva.

La parola chiave rimane, dunque, prudenza, nell’attesa che la comunità scientifica produca la soluzione vaccinica.

Antonio Mulone

 

Progetto spiagge sicure: si cercano figure interessate alla realizzazione di un’app che gestisca la balneazione

L’estate, si sa, in Sicilia anticipa sempre il suo arrivo.

Ed anche in questo particolare – per non dire angusto – anno sembra aver mantenuto fede al suo trend. Di pari passo con il progredire della fase 2 e l’allentarsi delle misure restrittive, la bella stagione avanza e le spiagge diventano sempre più meta fissa per i siciliani, che cercano così di scaricare ansie e paure accumulate in ben 70 giorni di quarantena.

Gli spazi all’aperto e i paesaggi naturali sembrerebbero quelli meno esposti al contagio, peccato che lo spettro dell’assembramento è sempre più realtà anche al mare e all’atto pratico ancora nessuna soluzione è stata trovata per ovviare al problema senza privare i cittadini dello svago balneare che per i prossimi mesi, probabilmente, per molti sarà anche l’unico concetto di vacanza.

Se agli stabilimenti balneari privati sono state dettate diverse disposizioni dagli esecutivi delle regioni costiere per allontanare il più possibile il pericolo degli assembramenti, per le spiagge cosiddette libere, invece, sembra ancora vigere solo la regola aurea del distanziamento che, come sappiamo, lascia spazio a considerazioni aleatorie e, dunque, pericolose.

Un altro spettro è, poi, quello economico: la stagione estiva, infatti rappresenta una componente essenziale per l’economia della Regione Sicilia. Solo nel capoluogo di Messina sono presenti ben sessanta lidi, che si traducono in circa sei milioni di euro di fatturato, cifra che raggiunge quota venti milioni se si considera anche l’intera provincia messinese.

Ad ogni modo, come abbiamo potuto constatare negli ultimi anni e soprattutto negli ultimi mesi, laddove le lacune normative dilagano e la deregulation regna, interviene la tecnologia e, soprattutto, lo spirito d’iniziativa e la creatività dei più giovani.

Ed proprio è in questo spazio lasciato libero dall’amministrazione locale di Messina che nasce l’idea di Marco Bavastrelli, ventitreenne messinese laureato in Marketing Internazionale e attualmente studente in Direzione e Consulenza Aziendale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e collaboratore occasionale per UniVersoMe, il quale ha analizzato la situazione economica della sua città e ha capito che bisognava fare qualcosa per salvarla, ma in sicurezza.

Per farlo, ha chiesto a noi di UVM di parlare un po’ della sua idea, in modo da intercettare qualcuno che, con il know how giusto, possa contribuire alla sua realizzazione.

Per non fermare il turismo, occorre garantire ai bagnanti la possibilità di usufruire in totale sicurezza delle spiagge libere attraverso la regolarizzazione degli accessi, ovvero dilazionando i flussi di persone nelle spiagge di Messina.

L’idea del giovane messinese, dunque, si estrinseca nella creazione di un servizio digitale usufruibile tramite una web app che, attraverso le segnalazioni degli utenti, permetta di controllare il livello di affluenza nelle singole spiagge direttamente dai dispositivi mobili, cosicché gli indicatori (divisi per bassa, media o alta affluenza) inducano cittadini e turisti ad optare per la spiaggia che risulta meno affollata e con postazioni ancora disponibili così da poter prenotare il proprio posto in una fascia oraria specifica.

Nello specifico, secondo il progetto, ogni spiaggia dovrà essere identificata da un QR-CODE, tramite un pannello posto ad ogni accesso alla spiaggia stessa. Ogni bagnante dovrà scannerizzare il codice con il proprio smartphone al momento dell’arrivo così da segnalare la propria presenza, in maniera del tutto anonima. Allo stesso modo, al momento del rientro, dovrà poi segnalare l’uscita dando così la possibilità a chi è a casa di vedere la disponibilità del posto ed eventualmente procedere con la prenotazione.

Il sistema, ovviamente, nasce come semplice supporto alla scelta dei cittadini, i quali dovranno essere guidati – oltre che dalle segnalazioni della piattaforma – anche dal loro senso civico, agendo per il benessere collettivo e dimostrandosi responsabili delle proprie scelte per il raggiungimento dell’obiettivo comune, ovvero quello di rendere le spiagge messinesi dei luoghi sicuri.

Non è da dimenticare, inoltre, che sarà necessario una coordinazione con l’amministrazione locale che dovrà garantire controlli da parte della polizia locale oltre che un servizio di monitoraggio per la fruizione delle spiagge tramite personale apposito.

L’obiettivo, adesso, è creare un team di lavoro ad hoc, attingendo in particolare al pozzo di conoscenze della comunità accademica e ricercando tra gli studenti universitari dei profili professionali necessari, in modo tale da rendere questo progetto fruibile, facendo, al contempo, del bene alla collettività messinese.

Sono necessarie le seguenti figure:

  • sviluppatori che si dedichino allo sviluppo della struttura della piattaforma, e al suo funzionamento (back-end)
  • web designer che si occupino di curare la grafica dell’app al fine garantire la migliore user experience possibile agli utenti (front-end)

Se pensi di rientrare in una di queste due categorie di competenze o vuoi contribuire con una tua idea al progetto, invia la tua candidatura alla nostra e-mail:

universomessina@gmail.com

Martina Galletta

Spostamenti fra regioni dal 3 Giugno: linee guida e criticità

Il 3 Giugno è una data chiave nella calendarizzazione e nell’organizzazione della Fase 2 che prevederà, se tutto andrà bene, la riapertura dei confini tra le Regioni.

È un traguardo importante ed allo stesso tempo delicato, che allarma il governo ed i governatori delle regioni.

Il margine d’errore è davvero minimo, bisognerà arrivare preparati e con tutti i dati del monitoraggio in ordine.

I presidenti delle Regioni continuano ad esprimere preoccupazione per le riaperture, disposte dal 18 maggio, che potrebbero innalzare tragicamente la curva dei contagi.

Le linee guida per le regioni sono state approvate all’unanimità nella Conferenza della Regioni e ponderate insieme al premier Giuseppe Conte e ai ministri Roberto Speranza e Francesco Boccia.

L’obiettivo prefissato e tanto auspicato da governo e cittadini è la libera circolazione inter-regionale prevista da lunedì 3 giugno, cruciale per il rilancio dell’economia e del turismo.

In queste ore vige l’assoluto riserbo, nessun Ministro infatti si è sbilanciato nel confermare il “liberi-tutti”.

Affinché la ripresa degli spostamenti tra confini regionali possa essere ristabilita senza rischi è indispensabile che l’indice di contagio rimanga controllato e stabile in tutte le zone d’Italia, ovvero che il livello Rt – non salga sopra lo 0,8.

L’indice di trasmissibilità (RT) rappresenta il numero medio delle infezioni prodotte da ciascun individuo infetto dopo l’applicazione delle misure di contenimento della pandemia di Covid-19.

ome ha confermato il Ministro agli Affari Regionali Boccia:

Il criterio per la riapertura sarà il numero dei contagi.  Finora stiamo ottenendo risultati straordinari grazie ai sacrifici fatti dagli italiani. Noi ci auguriamo che ci sia un basso rischio in tutta Italia altrimenti sarà inevitabile prendere il tempo che serve. Mercoledì, giovedì e venerdì il ministro Speranza farà le sue valutazioni e poi ci sarà un Cdm per un’ultima valutazione sulla mobilità tra le regioni.

L’Esecutivo guidato dal Premier Conte continua a valutare l’andamento dei dati, forniti dalle aziende sanitarie, per intervenire tempestivamente ed evitare di creare squilibri importanti fra regioni.

Si rinnovano gli appelli volti ad evitare assembramenti o comunque contesti sociali che possano far nuovamente aumentare i contagi.

In relazione all’evoluzione dello scenario epidemiologico le misure prescrittive potranno essere rimodulate, anche in senso restrittivo; a comunicarlo è stato il Comitato tecnico scientifico che dovrà analizzare e valutare quanto accaduto sino ad ora, esaminare i dati relativi ai vari settori commerciali che hanno riaperto e stabilire se ci siano «correzioni» da fare.

La giornata decisiva in termini decisionali ed organizzativi sarà Venerdì 29 Maggio, quando arriveranno i dati sui contagi e sullo stato delle strutture regione per regione elaborati dal Ministero della Salute.

Tre le opzioni che Conte e i Ministri stanno vagliando: aprire su scala nazionale mediante un’azione programmatica; differenziare la riapertura fra regioni; qualora dovesse essere necessario, creare delle “zone rosse”; oppure impedire l’ingresso a chi transita da Regioni che non hanno livello di contagio pari o consentirlo solo a quelle confinanti.

L’ipotesi di consentire spostamenti  solo tra regioni con lo stesso livello di contagio (indice Rt) appare  probabilmente la più complessa da mettere in piedi.

Un puzzle complicato da incastrare se, ipotizziamo, da una regione a rischio alto o moderato, per esempio, non ci si potrà spostare in una a rischio basso.

Le criticità nel caso di una scelta del genere sono dietro l’angolo e peraltro il numero di forze dell’ordine da mettere in campo sui confini regionali per i controlli stradali in tal caso sarebbe eccessivo.

Insomma pare che la Fase 2 si stia rivelando ben più complessa, nell’approccio e nella conseguente gestione, rispetto alla Fase 1 sicuramente dura, ma facile da interpretare.
 
Antonio Mulone