Tampone molecolare, test sierologico e tampone rapido: quale fare?

Sin dall’inizio di questa pandemia sono tante le notizie che si sono accavallate. Prima teorie sulle cause, poi ipotesi sulle varie terapie, tanti anche i trial (ancora in corso) per lo sviluppo di un vaccino efficace.

Purtroppo la disinformazione ha sempre causato tanta confusione ed alimentato paure e false credenze. Il dottor Google, se non supportato dalle giuste fonti, non ha sempre le risposte puntuali.

Altro argomento molto dibattuto è stato sin dall’inizio quello della diagnosi, eppure questo è il primo step e non dovrebbe affatto essere misconosciuto.

Sappiamo oramai fin troppo bene come il maggiore veicolo di questo SARS-CoV-2 siano i soggetti asintomatici, perché, inconsapevoli di essere stati contagiati, continuano le loro attività routinarie e lavorative senza il dovuto autoisolamento. È proprio per questo che scegliere il giusto tipo di test è importante.

Quali opzioni sono disponibili?

Quando ci sottoponiamo ad un esame diagnostico ciò che vogliamo è che sia sensibile e specifico. Con il primo termine intendiamo una metodica che riesca con quanta più affidabilità possibile a dare un esito positivo quando il soggetto è “affetto”. Il secondo, invece, ci aiuta ad evitare i falsi positivi, identificando correttamente i soggetti “sani”.
Sul Coronavirus ne abbiamo sentite di tutti i colori, ma al momento le metodiche più conosciute ed utilizzate sono: il test molecolare, il test antigenico ed il test sierologico. Scopriamoli assieme uno ad uno!

Metodiche diagnostiche in relazione alle settimane – Fonte: doi: 10.1001 / jama.2020.8259

Test molecolare

Per Test molecolare si intende l’ormai noto “tampone“. Fastidioso per alcuni, è sicuramente il metodo più affidabile per effettuare diagnosi di infezione.

Con l’ausilio di un bastoncino cotonato, si preleva un campione dalla mucosa naso-faringea (in presidi ospedalieri è possibile eseguirlo anche su espettorato o broncolavaggio o broncoaspirato). A questo punto si utilizza la PCR (Polymerase Chain Reaction – Reazione polimerasica a catena), una metodica che permette, amplificando la quota di genoma repertata, di dimostrare la presenza del virus nelle secrezioni raccolte con il tampone.

Il vantaggio del tampone è che, una volta effettuato, non necessita di ulteriori analisi e nella maggior parte degli individui con infezione clinicamente evidente l‘RNA virale è già rilevabile dal primo giorno dei sintomi e raggiunge il picco entro la prima settimana. Proprio per questo motivo si utilizza principalmente nei soggetti sintomatici per confermare il sospetto diagnostico di positività, nei soggetti asintomatici entrati in contatto con soggetti positivi e nel follow up, per assicurarci della remissione della malattia con un esito negativo.

Tampone nasofaringeo vs orofaringeo – Fonte: scienzainrete.it

Test antigenico

Se in apparenza può sembrare molto simile al tampone molecolare, il test antigenico o “tampone rapido” in realtà condivide con il precedente solo le modalità di prelievo. In questo caso infatti non si va a ricercare il genoma del Coronavirus, bensì la presenza di antigeni, proteine di superficie specifiche del virus (da qui la definizione di Test antigenico). L’aggettivo “rapido” invece si riferisce proprio alla velocità con cui sono disponibili gli esiti, circa 15 minuti, a discapito però della sensibilità e dell’affidabilità che risultano inferiori rispetto al tampone classico. Proprio per questo necessita, in caso di positività, di un ulteriore approfondimento con PCR. Anche in questo caso l’obbiettivo è il riconoscimento di malattia in fase attiva.

Per i suoi pregi può essere sfruttato per grandi screening di popolazione in categorie asintomatiche come passeggeri di mezzi pubblici o scolari e dipendenti.

Fonte: biomedicalcue.it

Test sierologico classico

I test sierologici sono relativamente più facili da eseguire. La loro utilità però, risente fortemente della presentazione tardiva degli anticorpi durante il decorso della malattia, il che non li rende determinanti di fase attiva. A differenza dei tamponi, qui si va a ricercare nel sangue la presenza degli anticorpi specifici contro il SARS-CoV-2.

Il test sierologico classico permette l’identificazione dei tipi di anticorpi (test qualitativo) e la loro quantità. Si tratta di un semplice prelievo di sangue venoso, analizzato poi con tecniche di immunoenzimatica (ELISA) o elettro-chemiluminescenza (ECLIA). In sintesi, sono due le classi anticorpali di nostro interesse:

  • IgM: sono le prime immunoglobuline (anticorpi) ad essere prodotte. Sono dosabili solitamente a partire dal 4°-6° giorno dalla comparsa dei sintomi (nei soggetti asintomatici non è possibile stabilire una data di inizio precisa) e scompaiono dopo qualche settimana.
  • IgG: sono gli anticorpi simbolo dell’immunità acquisita e di memoria (nel caso della Covid-19 diversi studi attestano una durata pari a circa 6 mesi, lasciando spazio a possibili reinfezioni oltre questo termine) e sono prodotti in una fase tardiva (vedi grafico a fine articolo sull’Andamento anticorpale).
Fonte: ilmessaggero.it

Test sierologico rapido

Il test sierologico rapido invece, pur basandosi sullo stesso principio del classico, dà informazioni solo sull’eventuale presenza o meno di anticorpi anti-Coronavirus. Con un pungidito si preleva una goccia di sangue capillare (solitamente dal polpastrello) che viene poi depositata su uno specifico dispositivo di rilevazione. In circa 15 minuti comparirà una banda colorata che indicherà la positività anticorpale o meno.

Si tratta chiaramente di un test poco affidabile, il cui impiego dovrebbe essere attentamente valutato.

Fonte: freepik.it

È bene ricordare che un soggetto positivo al test sierologico potrebbe non avere un’infezione in corso, viceversa un soggetto negativo potrebbe rivelarsi poi positivo, ma avere effettuato il test sierologico in una fase in cui ancora gli anticorpi non sono stati prodotti. Per questo si tratta di metodiche usate prevalentemente come screening di massa soprattutto a fini statistici ed epidemiologici.

Andamento anticorpale in relazione al tempo – Fonte: clinisciences.com

Fondamentale resta dunque la giusta scelta del test diagnostico in base alle esigenze, all’eventuale presenza di sintomatologia correlata alla Covid-19 e nel caso di venuta in contatto con un soggetto positivo (si consiglia il tampone se il contatto è avvenuto nelle 78 ore precedenti).

Giusto spazio anche alle metodiche di prevenzione, perché come sempre: prevenire è meglio che curare (e diagnosticare)!

Claudia Di Mento

Bibliografia:

Immagine in evidenza – Fonte: https://www.disabili.com/

https://www.nature.com/articles/s41591-020-0897-1

https://www.who.int/emergencies/diseases/novel-coronavirus-2019/technical-guidance-publications

https://jamanetwork.com/journals/jama/fullarticle/2765837

https://journals.plos.org/plosmedicine/article?id=10.1371/journal.pmed.1003358

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32245835/

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32342927/

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32621814/

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32798514/

 

Un anticorpo monoclonale per la lotta al coronavirus

Recentemente la corsa al vaccino anti-SARS-CoV2 sembra aver ricevuto un’accelerata decisiva: in studi di fase tre, i due sieri delle case farmaceutiche americane Pfizer e Moderna sono risultati efficaci in più 90% dei casi. Ma, oltre al vaccino, ci sono altre vie che ci potranno aiutare ad uscire una volta per tutte da questa pandemia globale? La risposta è sì: il 28 ottobre è stato pubblicato sul New England Journal of Medicine uno studio sull’utilizzo dell’anticorpo monoclonale LY-CoV555 (sempre di una casa farmaceutica americana, Ely Lilly). Questo riuscirebbe a ridurre l’ospedalizzazione dei malati Covid dal 70 al 90%.

Sede centrale di Eli Lilly ad Indianapolis (USA)

Prima di tutto: cos’è un anticorpo monoclonale?

Gli anticorpi o immunoglobuline sono glicoproteine prodotte normalmente dei nostri linfociti B, attivati a plasmacellule, in risposta all’incontro con antigeni patogeni. Gli anticorpi monoclonali hanno lo stesso obiettivo, ma li produciamo in laboratorio attraverso metodiche di ingegneria genetica.

Si tratta di una tecnologia nuova? No, tutt’altro. Dobbiamo la loro scoperta a Georges Koheler e Cesar Milner, che nel 1984 vinsero il Nobel per la medicina. La prima tecnica utilizzata per produrli è stata quella dell’ibridoma, che sfrutta cellule di origine murina e conta una serie di passaggi:

  1. Immunizzazione del topo attraverso l’iniezione dell’antigene verso cui vogliamo produrre gli anticorpi.
  2. Prelievo delle plasmacellule murine dalla milza.
  3. Fusione di queste cellule con cellule neoplastiche in coltura: si ottiene una cellula detta ibridoma, che produce una quantità elevata del nostro anticorpo.
  4. Quindi moltiplicazione dell’ibridoma in coltura.

Oggi esistono anticorpi monoclonali totalmente umani, così da superare completamente il rischio di immunogenicità.

Tipologie di anticorpi monoclonali in base alla composizione prevalentemente murina o umana

 

Alcuni esempi

Prima di parlare dello studio che ha dimostrato l’efficacia di LY-coV555 nei pazienti affetti da Covid-19, vediamo alcuni degli anticorpi monoclonali oggi utilizzati.

  • Omalizumab è un anticorpo monoclonale umanizzato diretto contro le IgE, ovvero le immunoglobuline coinvolte nelle reazioni allergiche. È indicato nel trattamento dell’asma allergico grave e dell’orticaria, quando le altre terapie non si sono dimostrate valide per il controllo della malattia.
  • Trastuzumab, anch’esso un anticorpo umanizzato, è rivolto contro il dominio extracellulare del recettore HER-2, utilizzato nei carcinomi mammari che lo iper-esprimono. Il settore oncologico è probabilmente quello in cui gli anticorpi monoclonali stanno portando le migliori innovazioni.
  • Infliximab è invece un anticorpo chimerico, il suo bersaglio è il fattore di necrosi tumorale e la FDA (Food and Drug Administration) lo ha approvato per alcune malattie autoimmuni, come il morbo di Crohn, la colite ulcerosa, la spondilite anchilosante, la psoriasi e l’artrite psoriasica.

Altro esempio è il Tocilizumab: questo agisce da immunosoppressore bloccando l’azione di una delle citochine chiave della risposta infiammatoria, ovvero l’interleuchina 6 (IL-6). È il gold standard nell’artrite reumatoide e, nel mese di aprile ad inizio della pandemia, era stato utilizzato con discreti risultati anche per il trattamento di alcuni pazienti affetti da Covid-19.

Il trial sull’anticorpo monoclonale LY-CoV555

LY-CoV555 ha un meccanismo d’azione molto semplice da spiegare, si tratta di un potente anticorpo anti-spike. Lega ad alta affinità il dominio della spike di SARS-CoV-2 che gli permette di penetrare nelle nostre cellule e lo neutralizza.

https://www.dailymail.co.uk/sciencetech/article-8285333/Antibody-prevents-COVID-19-virus-infecting-human-cells.html

Il trial della Ely Lilly ha coinvolto 452 pazienti provenienti da 41 centri degli Stati Uniti, tutti testati positivi al nuovo coronavirus e presentanti sintomi lievi o moderati. La popolazione in studio è stata suddivisa in due bracci: uno riceveva un’infusione endovenosa di LY-CoV555, mentre l’altro un placebo. Nel primo braccio possono essere distinti anche tre sottogruppi in base alla dose di farmaco ricevuta, rispettivamente 700 mg, 2800 mg e 7000 mg.

L’outcome primario dello studio era quello di calcolare la variazione della clearance virale all’undicesimo giorno rispetto al giorno dell’infusione. Entrambi i gruppi hanno mostrato un miglioramento, con una diminuzione media di -3,81 nell’intera popolazione dal valore basale. Coloro che avevano ricevuto il farmaco hanno mostrato un maggior decremento del gruppo “placebo”. In questo il sottogruppo ottimale è risultato essere quello con il dosaggio intermedio di LY-CoV555, ovvero 2800 mg.

Quali effetti su ricovero e sintomi? E quali effetti indesiderati?

Per quanto riguarda l’ospedalizzazione, al 29esimo giorno soltanto l’1,6% dei pazienti trattati era ancora in ospedale e di questi la maggioranza aveva un’età superiore a 65 anni ed un BMI superiore a 35, considerati comunque fattori di rischio aggiuntivi. Nel gruppo placebo il tasso di ospedalizzazione alla stessa data era invece del 6,3%.

Ulteriore risultato positivo riguarda i sintomi. Questi sono stati valutati clinicamente mediante uno score: ognuno stimato da 0 (nessun sintomo) a 3 (sintomi severi). Il punteggio totale raggiungibile era di 24 ed i principali sintomi considerati erano: tosse, perdita del respiro, febbre, fatica, mal di gola, mal di testa e perdita dell’appetito. LY-CoV555, a qualsiasi dosaggio, ha dimostrato di ridurre la durata del periodo sintomatico, come evidente nel grafico seguente.

Nel trial non si sono verificati effetti avversi gravi nei pazienti del gruppo “farmaco”, mentre per quanto riguarda gli effetti avversi non considerati gravi questi si sono manifestati nel 22,3%. Il più frequente riportato era la nausea (3,9%), seguita da diarrea (3,2%) e vertigini (3,2%).

Lo studio non ha coinvolto gravi ammalati e solo uno degli arruolati, appartenete al gruppo “placebo”, è finito in terapia intensiva. Altro punto a svantaggio di questa terapia è il costo degli anticorpi monoclonali e, come detto dalla virologa Ilaria Capua in una recente intervista, “è illusorio pensare che questa cura possa arrivare a tutte le persone in pochi mesi”Nel frattempo rispettiamo le regole, utilizzando le mascherine e mantenendo il distanziamento sociale.

Antonio Mandolfo

 

 

Bibliografia

https://www.infomedics.it/servizi/biotecnologie/la-storia.html

https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa2029849

http://www.informazionisuifarmaci.it/omalizumab

Covid-19: ipotesi virus in Italia già da settembre 2019. Si confrontano i dati

(fonte: fondazioneveronesi.it)

Uno studio italiano per la ricerca a favore della prevenzione del cancro ai polmoni ha, inaspettatamente, rivelato dettagli sconvolgenti sul Covid-19. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista “Tumori Journal” pochi giorni fa e riaprono il dibattito sulle origini del virus e sulla fase iniziale della sua diffusione nel mondo.

Lo screening per il tumore ai polmoni che ha rivelato dettagli sul Covid-19

La Fondazione Airc  (Associazione italiana ricerca sul cancro) ha promosso il progetto “Smile”, per il quale da settembre 2019 a marzo 2020, sono stati reclutati 959 volontari sani per sottoporli a Tac spirale ai polmoni e analisi del sangue.

“Uno studio sostenuto dalla Fondazione Airc, al centro del quale c’è lo screening per il tumore al polmone su persone sane con l’obiettivo di verificare se con la Tac spirale toracica e l’analisi di alcuni marcatori nel sangue, è possibile anticipare la diagnosi di un carcinoma polmonare” ha raccontato Ugo Pastorino, direttore della Struttura Complessa di Chirurgia Toracica dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano (Int).

Il lockdown ha fatto interrompere lo screening, ma, nell’attesa, i ricercatori hanno deciso di usare i dati già raccolti. Così, controllando le immagini delle Tac di alcuni dei volontari, sono stati riscontrati deboli segni di lesioni subsolide, scoperti esser compatibili con gli effetti del Covid-19. Questo dettaglio ha spinto gli studiosi ad andare più a fondo.

(fonte: inail.it)

I dati

Nel laboratorio di Siena, è stata, dunque, effettuato il sierologico sui campioni di sangue. 111 sono risultati positivi, 16 all’immunoglobulina G e 97 all’immunoglobulina M. Di questi, la positività di 23 risale a settembre, 27 a ottobre, 26 a novembre, 11 a dicembre, 3 a gennaio e 21 a febbraio. I positivi provengono da 13 regioni italiane diverse, ma la metà dalla Lombardia, seguita da Piemonte, Lazio, Emilia-Romagna, Toscana, Veneto. 6 sono risultati positivi anche agli anticorpi neutralizzanti il virus, 4 dei quali già a inizio ottobre.

Perciò i sintomi dell’infezione, non così espliciti, hanno in molti casi fatto pensare ad un’influenza o un banale raffreddore. I primi campioni con positività risalente a settembre appartengono ad abitanti del Veneto (3), Emilia Romagna (1), Liguria (1), Lombardia (2) e Lazio (1). Dalla fine di settembre il 56,5% dei campioni sono della Lombardia (13), seguita da Veneto (3), Piemonte (2), e 1 ciascuno in Emilia Romagna, Liguria, Lazio, Campania e Friuli Venezia Giulia. Gli altri soggetti con anticorpi per il virus sono persone della Sardegna, Sicilia, Toscana, Val d’Aosta e Puglia. Due i picchi di positività riscontrati: il primo tra la fine di settembre e tra la seconda e terza settimana di ottobre; il secondo nella seconda settimana di febbraio.

Covid-19 in Italia già da settembre 2019, ma i dati sono attendibili?

Lo studio ora apre, però, una contraddizione con altre ricerche, comprovanti il passaggio del Sars-Cov2 dall’animale all’uomo ad ottobre 2019, quindi un mese dopo rispetto agli anticorpi più “vecchi” riscontrati, dimostrando che il virus ha iniziato a circolare in Italia in modo asintomatico, molto prima che venisse identificato il famoso Paziente 1, Mattia, a febbraio a Codogno.

“Già da novembre 2019, molti medici di medicina generale hanno iniziato a segnalare la comparsa di gravi sintomi respiratori in persone anziane e fragili con bronchite bilaterale atipica, che è stata attribuita, in assenza di notizie sul nuovo virus, a forme aggressive di influenza stagionale” si legge nello studio.

Le date fornite da molte indagini sarebbero a rischio confutazione, come quella indicata da uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità, realizzato sull’analisi delle acque di scarico, raccolte prima che il virus si manifestasse esplicitamente in Italia. Anche i Giochi Mondiali militari, svoltisi in Cina ad ottobre 2019, i quali sono stati al centro di numerosi sospetti, sembrerebbero, alla luce di ciò, passare in secondo piano come prova utile alla ricostruzione delle prime fasi.

Il parere degli esperti

Per alcuni dottori ed esperti del settore, c’è da considerare la considerevole “imprecisione” del test sierologico.

Dottor Galli (fonte: ilfattoquotidiano.it)

Questo produce falsi positivi, come emerso da mesi di utilizzo, dimostrando positività anche nel caso di contatto con altri coronavirus. E’ stato, inoltre, provato che alcune persone sviluppano gli anticorpi contro Sars-CoV2 dopo essere state infettate da un altro coronavirus responsabile di raffreddori. Ciò renderebbe la positività dei volontari per lo studio, un dato potenzialmente inutile. Massimo Galli, direttore di Malattie infettive del Sacco di Milano, crede veramente difficile pensare che il virus sia così “vecchio”, non spiegandosi l’assenza di focolai prima di marzo e considerata l’esplosività del virus, che “quando arriva in ospedale fa decine di infezioni se non lo gestisci”. Una cosa è certa: mancano ancora alcuni tasselli e ci vorrà forse molto tempo per ritrovarli e metterli al giusto posto. Inoltre, le difficoltà nel reperire notizie dalla Cina, soprattutto nella fase iniziale della diffusione pandemica, desta sospetti, ma soprattutto crea nuove incertezze potenzialmente dannose per la ricerca sul vaccino.

 

Rita Bonaccurso

Vaccini COVID-19: non solo Pfizer, ma necessari tempo e cautela

Immagine tratta da Società Italiana di Farmacologia

Una soluzione semplice ad un fenomeno così complesso, come la pandemia da SARS-nCOV-2, farebbe gola a molti. Il vaccino, talvolta figlio di un profondo scetticismo, ma fondamentale strumento della sanità pubblica moderna, potrebbe permettere di dimenticare un virus che non conosce confini o classi sociali. Ciò garantirebbe un pieno e completo ritorno alla normalità. Ma il vaccino non è affatto una soluzione semplice, al contrario di come si potrebbe pensare: infatti, dietro ogni formulazione farmaceutica, ci sono anni di tentativi e ricerca scientifica. Nonostante gli annunci positivi che si susseguono non si tratterà probabilmente neanche di una soluzione immediata, con buona pace di chi pensava di impostare un conto alla rovescia.

Ad ogni modo, mai come in questo periodo, l’attività di ricerca scientifica e farmaceutica sta convergendo verso lo stesso obiettivo: ovvero il trattamento e la prevenzione dell’infezione da parte del Coronavirus. Sono infatti in corso oltre 3000 studi per il trattamento e la gestione della malattia. Per quanto riguarda la prevenzione si contano undici vaccini in fase finale di sperimentazione e cerca 150 in fase di valutazione preclinica. Stupiscono in particolare gli sforzi che si stanno compiendo per rendere i percorsi di approvazione più rapidi, a fronte dei circa dieci anni normalmente richiesti affinché un farmaco venga messo in commercio.

Sviluppo di un farmaco: come si sta tentando di accelerare il percorso di approvazione

NEJM – Accelerating Development of SARS-CoV-2 Vaccines

Normalmente, come rappresentato nell’immagine, lo sviluppo, la sperimentazione, l’approvazione e la produzione in larga scala di un farmaco richiedono tempi difficilmente compatibili con una pandemia che può sconvolgere la società in tempi, invece, molto brevi. Lo sviluppo preclinico, ovvero quello che si fa in laboratorio, può richiedere, da solo, anni. A ciò si aggiunge lo studio del farmaco sull’uomo (che si articola in tre diverse fasi), l’approvazione da parte degli enti regolatori (FDA in America, EMA in Europa) e la produzione e distribuzione commerciale. Tutto ciò può richiedere normalmente anche più di dieci anni.

Come gestire quindi la pandemia da Coronavirus? Le parole chiave sono idee collaudate, sovrapposizione e anticipazione. Riguardo al vaccino, infatti, tutte le formulazioni si basano su un’idea di base già nota che permette di ridurre la durata della fase preclinica, come vedremo successivamente.

Lo sviluppo clinico, che vien effettuato sull’essere umano, è anch’esso più breve. A ciò si sovrappone, in caso di risultati incoraggianti, un inizio anticipato della produzione in larga scala che permetterà una distribuzione immediata dopo l’approvazione da parte degli enti regolatori. Questi ultimi, una volta conclusi gli studi, possono impiegare anche svariati mesi per approvare definitivamente la commercializzazione: è lecito attendersi che nel caso della pandemia COVID-19 anche tale fase risulterà molto più rapida.

Analizziamo le tappe che hanno condotto alcuni dei vaccini più promettenti ad essere molto vicini all’approvazione e alla successiva commercializzazione.

Moderna: un vaccino ad RNA per sconfiggere il Coronavirus

Uno dei vaccini giunti ad una fase molto avanzata di sperimentazione è quello di Moderna, azienda biotecnologica statunitense. Impegnata dal 2010 nello sviluppo di farmaci e successivamente, dal 2014, nella progettazione di vaccini. L’azienda basa la sua ricerca su particolari molecole. chiamate RNA messaggeri, che entrano all’interno delle singole cellule, rendendole capaci di esprimere delle proteine virali. Il sistema immunitario del paziente riconosce queste proteine , immunizzandosi anche nei confronti del virus.

La tecnologia utilizzata, in studio già da molti anni, ha permesso di ridurre la durata delle fasi precliniche. Dal prototipo prodotto a Febbraio, già a Luglio i primi risultati hanno evidenziato l’effetto positivo del vaccino nel controllare l’infezione in 24 esemplari di macaco rhesus, un primate non umano. Anche i primi risultati su esseri umani sani (fase 1) sono ottimistici, con una risposta immunitaria ottenuta in tutti i partecipanti ed effetti collaterali definiti come moderati o lievi (dolore nel sito di inoculo, mialgie, spossatezza, febbre). Non sono stati segnalati gravi effetti collaterali.

Ad Ottobre è stato completato il reclutamento di 30000 partecipanti per la terza e ultima fase di sperimentazione, i cui risultati preliminari sono attesi in un periodo prossimo. L’approvazione potrebbe avvenire entro la fine del 2020, con una campagna vaccinale che si svolgerebbe nel corso del 2021.

Ad ogni modo l’azienda non ha mai, in passato, ottenuto risultati importanti con la tecnologia ad RNA: il vaccino rappresenterebbe, infatti, il primo successo di Moderna. Le premesse ci sono tutte, attendiamo la conferma da parte dei dati preliminari.

Pfizer & BioNTech: altro vaccino a RNA dai risultati preliminari incoraggianti

Il progetto condiviso tra Pfizer, multinazionale farmaceutica, e BioNTech, azienda biotecnologica tedesca, si concretizza nel mese di Maggio. Nella prima fase clinica vengono messe alla prova due formulazioni contenti RNA messaggeri, sfruttando la stessa strategia biologica di Moderna. I primi risultati hanno identificato nella versione BNT162b2 del vaccino il principale candidato per le fasi successive della sperimentazione. Nel mese di Luglio è stato annunciata l’inizio della fase 3 dello studio clinico che prevedeva il reclutamento di 30.000 partecipanti, successivamente ampliati a 43.000. In seguito alla somministrazione di due dosi di vaccino, si sarebbe dovuto attendere che un numero statisticamente sufficiente di partecipanti si infettasse casualmente col virus per valutarne l’efficacia.

Nel mese di Settembre Pfizer annuncia che dei risultati preliminari significativi si sarebbero avuto entro il mese di Ottobre. L'(ex) presidente Trump sfrutta la notizia affermando che un vaccino sarebbe stato approvato entro il mese di Novembre. Affermazione presto smentita da uno dei responsabili dello studio.

Qualche giorno fa, l’8 Novembre, l’azienda pubblica un’analisi dei primi 94 casi di infezione, di cui soltanto nove su soggetti vaccinati, e 83 su non vaccinati. Questo porta l’efficacia di protezione al 90%, con un numero di casi significativo per presentare i risultati agli enti regolatori per un’iniziale valutazione. Gli effetti collaterali segnalati sono stati soltanto moderati o lievi (mal di testa, dolore al sito di inoculazione, mialgie, o febbre), senza nessun effetto collaterale grave.

Gi enti regolatori, in un periodo di tempo variabile ma auspicabilmente breve, valuteranno in maniera indipendente l’efficacia e il profilo di sicurezza del vaccino. Nel frattempo lo studio proseguirà (fino al 2022) per ottenere dati statisticamente significativi, cosa che potrebbe accadere in breve tempo (servono poco più di 150 infezioni). Il vaccino dovrebbe raggiungere la popolazione nel corso del 2021. L’accordo iniziale prevede una fornitura iniziale di 200 milioni di dosi per l’Unione Europea, 100 milioni per gli Stati Uniti e 120 milioni per il Giappone.

Sfortunatamente i vaccini ad mRNA tendono ad essere instabili, infatti dovrà essere conservato a -70 °C fino al momento prima dell’inoculazione. Questo potrebbe determinare dei problemi logistici, ma si stanno già cercando di costruire delle “catene del freddo” che possano garantire la distribuzione.

AstraZeneca e Università di Oxford: un virus ingegnerizzato che protegge dal Coronavirus

La scienza alla base di questo vaccino, come abbiamo visto già per altri, non è frutto di una scoperta recente ma risale a due decenni fa. Negli anni 2000 gli scienziati della Merck (altra multinazionale farmaceutica) lavoravano ad un vaccino basato su un virus di scimpanzé (nello specifico, un adenovirus). Il progetto fu abbandonato e ripreso proprio ad Oxford, dove fu brevettato allo scopo di sviluppare vaccini in futuro.

Dopo l’isolamento del Coronavirus gli scienziati dell’Università lavorarono fin da subito ottenendo un risultato chiamato ChAdOx1, candidato agli studi clinici. La strategia biologica prevede di rendere innocuo l’adenovirus e modificarlo aggiungendo dei “frammenti” di SARS-CoV-2 che stimolano il sistema immunitario del paziente a produrre una risposta antivirale.

L’università realizza trova la soluzione per lo sviluppo commerciale attraverso un accordo con l’azienda AstraZeneca. Nel mese di Maggio vengono pubblicati i risultati iniziali relativi alla somministrazione del vaccino su scimmie macaco rhesus che dimostrano l’efficacia nel prevenire la polmonite da SARS-CoV-2.

I dati su essere umano non tardano ad arrivare: nel mese di Luglio 2020 vengono pubblicati i risultati dello studio di fase 1/2 su 1077 partecipanti di cui la metà hanno ricevuto il vaccino. C’è la conferma di una risposta antivirale con lo sviluppo di anticorpi (molecole che legano il virus riducendone le capacità infettive) e anche di una risposta cellulare del sistema immunitario.

I risultati sono positivi anche per le persone più anziane, inclusi gli over 70. Questo dettaglio è di fondamentale importanza in quanto la risposta immunitaria è generalmente più facile da ottenere in soggetti giovani.

Lo studio di fase 3 è in corso in varie parti del mondo, con 30.000 partecipanti. Nel mese di Settembre l’azienda ha interrotto tutti i test relativi al vaccino per approfondire un potenziale effetto collaterale insorto in uno dei partecipanti. In studi clinici così estesi non è raro avere delle battute di arresto per effetti avversi. Tuttavia un comitato di scienziati indipendenti ha analizzato l’evento ed è emerso che il volontario aveva ricevuto il placebo. Nel mese di Ottobre tutti gli studi sono ripresi e in attesa dei primi risultati entro il mese di Dicembre.

Già a Giugno l’Italia, insieme a Francia, Germania e Olanda, ha firmato un accordo con AstraZeneca che garantirà 400 milioni di dosi da fornire gratuitamente ai cittadini.

Johnson & Johnson: l’unico vaccino in fase avanzata che prevede una sola dose

Anche la Johnson & Johnson, azienda farmaceutica statunitense, sfrutta un sistema simile a quello di AstraZeneca. Si tratta infatti di un adenovirus ingegnerizzato, il cui sviluppo iniziò già una decade fa da parte dei ricercatori del Beth Israel Deaconess Medical Center di Boston.

Gli studi iniziali con singola dose su scimmie dimostrano l’immunogenicità del vaccino che garantisce una protezione quasi completa nei confronti dell’infezione polmonare da SARS-CoV-2.

I primi risultati nell’uomo sembrerebbero essere altrettanto promettenti, con una risposta immunitaria potenzialmente efficace già dopo due settimane dalla singola dose.

Nel mese di Luglio inizia la fase 3, che prevede 60.000 partecipanti. Il trial è stato momentaneamente sospeso nel mese di Ottobre e poi successivamente ripreso. L’Unione Europea ha recentemente siglato un accordo per assicurare fino a 400 milioni di dosi di vaccino disponibili.

Una volta approvato il vaccino non otterremo “tutto e subito”

Approvare e commercializzare il vaccino non significherà comunque raggiungere e immunizzare tutta la popolazione in tempi brevi. I problemi sono vari: ci sono, per esempio, limiti logistici relativi alla capacità delle stesse aziende di produrre una sufficiente quantità di dosi in breve tempo. Anche la distribuzione potrebbe essere difficoltosa: basti pensare, come detto prima, alle formulazioni che devono essere mantenute a basse temperature per garantirne la stabilità.

Ci sono anche limiti di natura politica ed economica: non tutti gli stati avranno la capacità di assicurarsi il vaccino in tempi brevi. Inoltre, data per scontata l’efficacia, potrebbero crearsi delle zone nel pianeta in cui la popolazione non avrà la possibilità di essere vaccinata (Paesi più poveri o remoti) che potrebbero fungere da “incubatori naturali” del virus. L’iniziale fase di distribuzione sarà comunque probabilmente dedicata a soggetti fragili e agli addetti ai lavori. Ciò potrà garantire una riduzione della mortalità e dei ricoveri, e contenere il fenomeno dei contagi in ambito ospedaliero e sanitario.

Sarà da valutare anche la durata dell’immunizzazione. Il virus ha infatti un comportamento subdolo e sembrerebbe avere la capacità di reinfettare soggetti che hanno contratto la malattia precedentemente. La scienza dietro ai vaccini ha come obiettivo quello di garantire un’immunizzazione più duratura che possa proteggere almeno per tutta la stagione invernale. I soggetti che hanno ricevuto le dosi nelle prime fasi cliniche sono costantemente monitorati per ottenere dati temporali sull’immunità acquisita.

Altro limite potrebbe essere dettato anche dall’aderenza della popolazione alla campagna vaccinale. A Giugno l’Università Cattolica pubblica uno studio in cui si stima che il 41% della popolazione si dichiara poco o per niente propensa a ricevere una futura vaccinazione. Saranno necessarie campagne di sensibilizzazione al fine di ottenere percentuali di copertura sufficienti a limitare la circolazione del virus.

Sebbene la ricerca medica e farmaceutica sia riuscita a raggiungere traguardi impensabili in periodi di tempo così brevi ad oggi non è comunque possibile fornire date o scadenze certe. Il vaccino rischia di essere strumentalizzato economicamente e politicamente, ma una cosa è certa: soltanto una distribuzione equa che raggiunga l’intera popolazione lo renderà efficace. Nel frattempo, senza farsi troppe illusioni, seguiamo l’evoluzione del fenomeno che ci riserverà sicuramente delle sorprese positive.

Antonino Micari

Il musicale dell’Ainis in protesta. L’intervista: “Vogliamo quel 25%. La videocamera uccide la musica.”

(fonte: gazzettadelsud.it)

Arrivano nuove reazioni alle misure restrittive imposte, a partire dal 24 ottobre, dall’ultimo DPCM e dalle ordinanze dei vari consigli regionali. Avevamo già parlato qui delle proteste dei lavoratori; oggi sono le scuole a prendere la parola.

In particolare, gli studenti dell’indirizzo musicale del Liceo Emilio Ainis di Messina si sono assentati per due giorni, 26 e 27 ottobre, dalle lezioni in via telematica in segno di protesta contro la D.A.D. (Didattica a Distanza). Hanno inoltre emesso un comunicato, firmato da 87 degli studenti in questione, che è stato pubblicato da diverse testate giornalistiche.

Per approfondire meglio la questione, abbiamo deciso di ascoltare i pareri di alcuni dei diretti interessati.

Come nasce l’iniziativa

“Tengo a sottolineare che è un iniziativa degli studenti del musicale e non sono stati affatto indirizzati dai docenti. Dal punto di vista logistico, ci sono delle discipline che presuppongo il contatto diretto con lo strumento, della presenza dell’insegnante che fa strumento o musica d’insieme, forme laboratoriali per cui hanno delle difficoltà in più.”

Afferma il professore Cesare Natoli, insegnante di storia e filosofia presso l’indirizzo musicale del Liceo Ainis.

“Noi viviamo di musica e fare una lezione di strumento in D.A.D. non è la stessa cosa. In primo luogo perché sarebbe necessaria una strumentazione costosissima, dal momento che le classiche attrezzature tendono a ‘tagliare’ frequenze, sia alte che basse, per comprimere il suono. Dunque, non si sentirebbe allo stesso modo. Le materie che più ne risentono, oltre Strumento, nell’ambito musicale sono – ad esempio – tecnologie musicali. Anche Teoria di analisi e composizione è una materia che necessita di un approccio di presenza.”

Aggiunge lo studente Emanuele Arena, rappresentante degli studenti del Liceo Emilio Ainis.

Le richieste degli studenti

Quando gli abbiamo chiesto a cosa mirasse la loro iniziativa, la risposta è stata secca:

“Noi puntiamo tutto su quel 25%. Uno schermo, una videocamera uccidono la musica.”

Ed in effetti, il 25% è la percentuale che il DPCM aveva concesso per le lezioni in presenza. Gli istituti superiori siciliani si sono tuttavia dovuti conformare all’ordinanza regionale del presidente Musumeci che prevede un 100% di D.A.D. fino al 13 novembre. La richiesta è proprio quella di adeguarsi alla normativa nazionale. D’altro canto, una recente comunicazione del Presidente Regionale prevede che, per motivi logistici di particolare esigenza (e potrebbe rientrarvi il caso del liceo musicale) e per gli studenti con gravi disabilità sia possibile svolgere la didattica in presenza. Sarebbe per loro un risultato già significativo.

Alla protesta dei ragazzi si sono uniti anche molti genitori e professori, che continuano ad accompagnarli in questa situazione di criticità. A tal proposito, il professor Natoli, portavoce del gruppo ‘Scuola in presenza’, assieme ai colleghi intende organizzare una manifestazione di protesta che si svolgerà – nel rispetto delle misure anti-covid – giorno 7 novembre presso Piazza Unione Europea (Municipio). I dettagli sono reperibili sull’omonimo gruppo Facebook. Essa intende coinvolgere il mondo della scuola (docenti, studenti, personale ATA, genitori), dell’università e gli operatori culturali del teatro e della musica (ricordiamo le associazioni concertistiche messinesi come l’Accademia Filarmonica, la Filarmonica Laudamo e l’Associazione Bellini. Questi ultimi settori, colpiti dall’ultimo DPCM, sono stati costretti a chiudere dopo aver compiuto molti sacrifici per adattarsi alle misure anti-virali promosse negli ultimi mesi dal Ministero della Salute e dal comitato tecnico scientifico.

“Il fatto che siano stati minati i centri di cultura come i teatri, per noi che amiamo la musica e lo spettacolo e tutto ciò che è annesso, è stato un colpo. Noi rendiamo di questo, dopotutto.”

Continua Emanuele, tenendo in considerazione anche i risvolti che tali misure potrebbero avere sul futuro lavorativo di questi studenti.

(fonte: tg24.sky.it)

Il futuro della società e l’importanza dell’arte

Il professore si abbandona poi ad una riflessione: “Quale umanità stiamo difendendo?”, si domanda, prendendo spunto dalla riflessione di uno dei maggiori filosofi italiani, Giorgio Agamben.

“Il bios, il restare in vita, è senza dubbio sacrosanto. Tuttavia, non possiamo limitarci solo a questo poiché l’umano eccede il bios, va oltre il semplice restare in vita. Se tutto il resto viene trascurato, allora ci stiamo degradando. Il covid, probabilmente, ha semplicemente scoperchiato la questione. Ma si tratta di un processo che affonda le proprie radici lontano nel tempo.”

(fonte: stateofmind.it)

Nell’esprimere la propria preoccupazione per il futuro della cultura e dell’uomo come animale sociale, il professore ha offerto anche una propria visione di quelli che potranno essere i possibili scenari di una società post-covid. Ad una visione (considerata ‘idilliaca’) del ritorno alla normalità si accosta la possibilità che, da scelte così drastiche e necessarie, derivino conseguenze altrettanto importanti anche per la vita in società.

“Bisogna fare in modo che l’emergenza rimanga emergenza”

Ossia che non si trasformi in normalità. Fondamentale è ben soppesare i rischi derivanti da un non adeguato controllo dell’epidemia ai rischi derivanti da altre cose, come le questioni legate allo sviluppo relazionale dell’individuo.

Ed in tal senso, si sa, l’arte ha la straordinaria capacità di unire oltre ogni barriera.

“L’arte è libertà d’espressione.”

Afferma, infine, Emanuele alla domanda su cosa essa rappresenti per un qualsiasi ragazzo.

Guai a dimenticare il valore dell’arte, linguaggio universale capace di unire i popoli laddove l’incomprensione li divide.

 

Valeria Bonaccorso

Proroga stato di emergenza e nuovo decreto devono aspettare: troppi assenti alla camera e slitta il Cdm

Ormai certo lo slittamento, senza tuttavia alcuna comunicazione ufficiale, del Consiglio dei ministri previsto originariamente per oggi, martedì 6 ottobre, e convocato per l’approvazione del DPCM in merito a quanto discusso ieri in seno al consiglio dei Ministri su un prolungamento dello stato d’emergenza fino al 31 gennaio 2021, ossia ad un anno esatto dalla sua prima emanazione, e sulle nuove misure restrittive da adottare.

Il comitato tecnico scientifico a seguito di un’analisi sull’andamento dei contagi in Italia e nei Paesi vicini ha reputato opportuno un prolungamento dello stato d’emergnza, attualmente in vigore fino al 15 ottobre.

Lo slittamento a domani del Consiglio si lega alla sospensione della seduta parlamentare di oggi dovuta all’assenza di ben 41 deputati della maggioranza posti in quarantena fiduciaria e da una decisione di destra e centrodestra di non prendere parte al voto, non appena appresa tale assenza.

L’evento è stato accompagnato da pungenti osservazioni, fra cui in primis anche Matteo Salvini 

Maggioranza allo sbando, litigiosa e assente, perfino quando si parla di virus

A tal punto al Governo restano due opzioni:

  1. aspettare il termine del periodo di isolamento e slittare di diversi giorni tale approvazione, con il potenziale probelam di resare per qualche giorno privati dei poteri garantiti da uno stato di emergenza
  2. avvalersi della clausola prevista dal “decreto COVID” la quale prevede la possibilità di approvare un DPCM qualora sussistano comprovato ragioni d’emergenza

Cosa comporta lo stato d’emergenza

Medici – Fonte:AssoCareNews.it

Lo stato di emergenza indica la possibilità di emanare DPCM, decreti della presidenza del Consiglio dei ministri, rappresentata da Giuseppe Conte, in deroga a numerosi aspetti della vita pubblica, essendo infatti emanabili SOLO in stato d’emergenza, e ordinanze del ministro per la Salute, ad oggi Roberto Speranza.

  • Consente sia ai dipendenti pubblici sia a quelli privati, condizioni permettendo, di ricorrere al telelavoro, o come ormai conoscuto in Italia smart working, ossia un lavoro da casa al fine di limitare i contatti tra le persone e garantire il distanziamento sociale.
  • Le Regioni possono continuare a firmare ordinanze ma nel rispetto delle linee guida stabilite dal governo, a cui dunque è affidata una funzione direttiva, e solo con misure anti contagio più restrittive, al fine di operare secondo una linea comunque, ma differenziandola tenendo conto della differente situazione epidemiologica nelle diverse aree.
  • Proseguirà il monitoraggio settimanale del ministero della Salute in base ai dati forniti dalle Regioni, al fine di gestire eventuali focolai e di regolare le aperture e le chiusure, nonchè particolari misure di restrizioni, in queste zone.
  • Sarà possibile prendere provvedimenti sulla limitazione dell’ingresso nel Paese di soggetti provenienti da altri Stati.

Cosa prevederà il nuovo DPCM

Mascherine all’Aperto- Fonte: Castelfranco Piandiscò

Utilizzo obbligatorio delle mascherine anche all’aperto con sanzioni i caso di violazione dai 500 ai 3000 euro; obbligo già vigente in diverse Regioni, tra cui anche la Sicilia.

  • Al fine di assicurare il massimo rispetto saranno effettuati ingenti controlli, specialmente nei luoghi di assembramento, da parte delle forze dell’ordine e delle forze armate, quali l’esercito.
  • No alla chiusura anticipata di locali, palestre e ristoranti entro le 22 o le 23 ( come si era ipotizzato) ma resta in vigore l’obbligo di garanzia del rispetto del distanziamento sociale, per evitare potenziali assembramenti; inoltre gli ingressi nei negozi saranno regolati in base alla disponibilità di spazi; chiusura assoluta per le discoteche.
  • Confermata la limitazione al pubblico fino ad un numero di 200 persone per gli eventi al chiuso quali cinema, teatro, concerti e matrimoni mentre un limite di 1000 partecipanti per gli eventi all’aperto; tetto massimo di 1000 spettatori per i più importanti eventi sportivi all’aperto, quali incontri di Serie A, escluse invece le categorie minori; fissato il limite di passeggeri all’80% di capienza massima nei mezzi di trasporto pubblici.
  • Maggior tempo concesso ai commercianti, tramite il decreto agosto, approvato qualche giorno fa, per mettere sul mercato la merce invenduta a causa del lockdown tramite una “vendita in liquidazione“, ossia scontata, per i beni non alimentari immagazzinati.

Elemento sul quale si vuole far leva risulta l’app Immuni; dal capodelegazione M5S Alfonso Bonafede è stata lanciata l’idea di sensibilizzare i cittadini italiani tramite una maratona televisiva per discutere ed esporre riflessioni sull’utilità di quest’ultima.

Conte sul Dereto – Fonte: corriere.it

l premier Conte da Assisi afferma: “Il nemico non è stato ancora sconfitto, siamo consci che non possiamo disperdere i sacrifici compiuti”. Dichiarazione che esprime la necessità di ulteriore sforzo.

Manuel De Vita

Prenotazione e accesso in UniMe: ecco le linee guida

La Covid-19 ha messo in difficoltà tutta l’Italia, compreso il comparto universitario. UniMe, sempre dalla parte dello studente, si aggiorna informatizzandosi, permettendo così la ripresa delle attività in presenza e nel rispetto delle dovute precauzioni, con relativo plauso del Ministro dell’Istruzione e della Ricerca Gaetano Manfredi.

Nell’attesa della famosa app Student Booking, sono state predisposte le piattaforme per:

  • la prenotazione del posto in aula,
  • l’accesso alle sedi universitarie,
  • la rilevazione frequenza in aula.

Di seguito la guida dettagliata.

Prenotazione posto in aula – Student Booking

Link alla piattaforma: https://unime.sbk.cineca.it

Accesso alla piattaforma:

Utilizzate le vostre credenziali di Esse3 per accedere:

Esempio:

Nome utente: TNTSMP95H28F158G
Password: passwordesempioESSE3

  1. Richiesta di partecipazione alla materia

    Nella sezione “Richieste” è possibile effettuare una richiesta per partecipare alle lezioni di vostro interesse. Basterà cercare il nome della materia da seguire, oppure cliccare sul bottone “Cerca solo nel mio corso di studi” e successivamente su “Cerca” per visualizzare tutte le materie disponibili per il proprio Corso di Laurea. Cliccare dunque sulla materia di interesse e poi su “Invia richiesta”

  2. Prenotazioni alle lezioni delle materie

    Possiamo prenotare la nostra presenza alle lezioni in aula in due modi:
    Prenota per materia:
    Selezionando una materia troveremo i giorni e gli orari delle lezioni della settimana corrente
    Prenota per data:
    Selezionando un giorno sul calendario, troveremo le materie e gli orari delle lezioni che si terranno in quella data.
    Attenzione: Alcune materie che riportano la dicitura “Evento online” non sono prenotabili in quanto le lezioni non si terranno in aula.

  3. Stato delle prenotazioni

    Nella sezione “Le mie prenotazioni” possiamo visualizzare le prenotazioni effettuate per le varie materie ed i relativi stati: Accettata, In attesa, Rifiutata.

Accesso alle sedi universitarie – Unime Pass

Link alla piattaforma: https://accessi.unime.it
Per accedere ai locali dell’Università, ogni studente dovrà mostrare il QRCode al personale in modo da tener traccia della propria presenza nelle sedi universitarie.

  1. Accesso alla piattaforma:
    Utilizzare le credenziali dei servizi Microsoft (es. Microsoft Teams, Office 365)
  2. QRCode:
    Cliccando sul pulsante verde verrà generato un QRCode giornaliero.
  3. Lista degli accessi
    Cliccando su “Mostra lista accessi” potremo visualizzare lo storico delle nostre visite alle sedi universitarie.

Rilevazione frequenza in aula

Link alla piattaforma: https://unime.appmobile.cineca.it

  1. Accesso alla piattaforma:
    Utilizzare le credenziali di ESSE3 per accedere
  2. Segnala presenza:
    Nella sezione “Marcatura” inserire il codice comunicato dal docente e cliccare sul bottone “Segui”
  3. Stato marcatura
    Nella Home dell’App verrà visualizzata la materia con il relativo stato della marcatura.

Ricordiamo cheprenotare il proprio posto in aula equivale a dichiarare di aver preso piena conoscenza e di accettare di rispettare le norme contenute all’interno dei protocolli anticontagio adottati dall’Università di Messina, consultabili anche online all’indirizzo https://www.unime.it/it/ateneo/sapp/ disposizioni-materia-di-emergenza-covid e di impegnarsi a rispettare tutte le disposizioni contenute nei protocolli adottati dall’Università, relativi all’accesso e alla permanenza nei locali, ed in particolare al rispetto delle norme igienico-sanitarie, all’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale (DPI) e al rispetto delle distanze di sicurezza. Inoltre si dichiara ai sensi degli artt. 46 e 47 DPR 445/2000, di:

  • NON provenire da zone ritenute a rischio epidemiologico come identificate dall’OMS:
  • NON aver avuto contatti, nei 14 giorni precedenti all’accesso, con soggetti risultati positivi al COVID-19;
  • NON aver riscontrato, prima dell’accesso, una temperatura corporea superiore a 37,5°C, altri sintomi influenzali o COVID correlabili.

In caso di presenza di sintomi di infezioni respiratorie acute, cioè febbre, tosse o raffreddore, o se si è in attesa dei risultati di un eventuale tampone, è necessario disdire la prenotazione e non recarsi in Ateneo o in altri luoghi pubblici.”

In attesa dell’app definitiva, siamo a vostra disposizione per chiarimenti!

Livio Milazzo, Gianluca Carbone

Per link utili clicca qui.

La Cina anticipa la vaccinazione sperimentale sulla popolazione. Vaccinate già decine di migliaia di persone

In Cina decine di migliaia di persone sono state sottoposte ad una vaccinazione di massa, nonostante siano ancora in corso test clinici necessari per verificarne la sicurezza e l’efficacia. Gli esperti temono potenziali effetti collaterali.

Vaccini sperimentali cinesi Fonte:corriere.it

La distribuzione su larga scala di vaccini sperimentali, secondo le autorità cinesi, diventa essenziale per evitare i rischi di una nuova emergenza sanitaria. Questo approccio è ritenuto rischioso da parte degli esperti, i quali si preoccupano delle reazioni avverse. Tuttavia la Cina è il primo paese al mondo ad avere inoculato a migliaia di persone vaccini sperimentali, al di fuori dei normali test che in condizioni controllate ne verificano l’efficacia.

Come si sviluppa un vaccino

I vaccini prima di essere somministrati sulla popolazione, devono essere testati in laboratorio, sugli animali e infine su un numero ristretto di volontari tramite appositi test clinici. Lo sviluppo del vaccino si articola in 3 fasi. La fase 1 e la fase 2 dei test sugli esseri umani ne verificano la sicurezza, la fase 3 invece abbraccia un maggior numero di partecipanti per stabilirne l’efficacia e la risposta immunitaria.

“Potrebbero essere necessari dai tre ai sei mesi prima di avere i risultati della fase 3, e ormai non bisogna più aspettare così tanto”

Così ha spiegato Raina MacIntyre della University of New South Wales a Sidney, chiarendo il rischio che si correrebbe per l’uso, in emergenza, di vaccini prima della conclusione della fase 3. Nonostante ciò i governi esercitano pressioni sulle aziende farmaceutiche affinché possano velocizzare i tempi di verifica.

Da chi sono stati prodotti?

Sono due le grandi aziende farmaceutiche cinesi che hanno somministrato i vaccini sperimentali, Sinopharm e Sinovac.  Sinopharm è uno dei più grandi gruppi del paese e di proprietà dello stato, mentre Sinovac è un’azienda biofarmaceutica specializzata nella produzione e sviluppo dei vaccini.

 

Sinopharm, sperimentazione di nuovi vaccini – Fonte:Millionaireweb.it

A chi è stato somministrato?

La fase 3 per testare l’efficacia dei vaccini sperimentali cinesi ha coinvolto circa 100 mila persone, le quali in prevalenza vivono in aree la cui diffusione del coronavirus è più marcata e i contagi sono elevati.  L’azienda Sinopharm ha fornito il suo vaccino a centinaia di migliaia di persone tra cittadini cinesi e paesi come Emirati Arabi, Perù, Marocco e Argentina. Sinovac, invece lo ha diffuso in un’area geograficamente più ristretta, a circa 10 mila persone nella zona di Pechino e ai propri 3mila dipendenti includendo le loro famiglie.

Secondo quanto riferito da Zheng  Zhongwei della China’s National Health Commission, le autorità della sanità cinese avrebbero sostenuto di avere “comprensione e sostegno” da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per l’utilizzo di vaccini sperimentali su individui che appartengono a programmi di emergenza. L’OMS però può solo fornire delle linee guida, non dispone della facoltà di permettere l’uso dei vaccini, la cui scelta ricade sui singoli governi.

Sperimentazione dei vaccini negli Stati Uniti e in Russia

La sfrenata corsa da parte degli Stati Uniti raggiunge livelli da record. Il presidente Donald Trump sostiene che il vaccino sarà pronto prima dell’inizio di novembre e spinge le aziende farmaceutiche affinché possano fare più in fretta. Le sollecitazioni di Trump sono determinate dalla campagna elettorale in vista delle elezioni presidenziali che si terranno il 3 novembre. Contrariamente alle richieste del presidente, la comunità scientifica esige dalle aziende farmaceutiche statunitensi, il massimo rigore che richiede la fase 3 per testarne l’efficacia.

In Russia benché un vaccino sperimentale avesse ottenuto l’approvazione dalle autorità di controllo ancor prima che fosse terminata la sua verifica clinica, la sua diffusione è stata contenuta rispetto alle numerosissime somministrazioni avvenute in Cina.

A che punto siamo in Italia?

Un risultato importante è stato ottenuto dalla collaborazione tra l’Università di Oxford e l’azienda Advent-Irbm di Pomezia, grazie allo sviluppo del vettore virale, ora prodotto da Astrazeneca.  Il Candidato vaccino ha già raggiunto sia in laboratorio che negli esami preclinici sugli animali esiti positivi avviando così  la fase 3. Sono invece tutti italiani il vaccino prodotto dall’azienda ReiThera che grazie ai fondi ottenuti, ha ricevuto il consenso dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) per la sperimentazione clinica della fase I, che avverrà presso l’Istituto Spallanzani di Roma e il Centro di ricerche cliniche di Verona. L’altro vaccino italiano nasce dalla collaborazione tra società di biotecnologie Takis e la Rottapharm Biotech di Monza. In cui incoraggianti risultati sono stati registrati dopo la prima somministrazione su studi preclinici che hanno rivelato un’importante risposta immunitaria che aumenta dopo la seconda somministrazione.  Bisognerà ancora attendere l’autorizzazione per la sperimentazione clinica che dovrebbe partire il prossimo inverno con test sull’uomo presso l’Istituto Pascale di Napoli e al San Gerardo di Monza.

Vaccino Oxford- Advent-Irbm – Fonte: avvenire.it

Giovanna Sgarlata

Lockdown Israele, inferno a Gaza. Azaiza: “è sempre più difficile sopravvivere”

 

(HAZEM BADER / AFP)

 

Non molti giorni fa è stata comunicata al mondo la notizia del secondo lockdown per Israele e tutti i suoi territori (Vedi articolo), compresa la famosa Striscia di Gaza, sede di un climax di tensioni ormai da decenni. Ma il territorio è già isolato dall’interno dal 24 agosto, quando si sono verificati alcuni casi di coronavirus dovuti alla diffusione della comunità. La situazione è devastante: lo comunicano alcuni attivisti come Mohammed Azaiza, coordinatore sul campo dell’organizzazione non-profit Gisha – Legal Center for Freedom of Movement, che da anni si occupa della protezione dei palestinesi ed, in particolare, dei residenti di Gaza.

Un appello straziante

La diffusione del virus sta costringendo tutti noi a confrontarci con la terribile realtà di Gaza. Siamo estremamente consapevoli della condizione del sistema sanitario, qui. Teniamo conto del numero di ventilatori disponibili, dei test e dei risultati. Siamo anche ben consapevoli della disastrosa situazione economica che abbiamo raggiunto con questa crisi, e della debole situazione dell’infrastruttura. A metà agosto Israele ha chiuso di nuovo l’accesso al mare per due settimane ed ha costretto migliaia di persone le cui vite dipendono dalla pesca a ritornare a riva. Senza la pesca, non c’è nulla da mangiare. Un pescatore con quattro figli ha osato sfidare la decisione. ‘Mi sono messo in mare, a circa un miglio e mezzo dalla costa, anche se ho un braccio rotto per via di un alterco con la marina israeliana,’  ha detto, ‘per sfamare la mia famiglia. Mi sono sentito un ladro’.”, scrive Azaiza all’inizio della propria lettera, pubblicata sul giornale online Haaretz.com il 16 settembre. Ma non finisce qui.

La centrale elettrica è stata spenta perché Israele ha impedito la spedizione di carburante a Gaza. La fornitura di elettricità è precipitata proprio nei giorni più caldi. ‘Per tutta la notte ho strofinato le facce dei miei figli con un panno bagnato,’ mi ha detto il pescatore, che vive con la propria famiglia vicino la costa. ‘Dormono accanto alla porta, nella speranza di una piccola brezza.’ La scorsa settimana, la centrale ha ripreso ad operare ed ora abbiamo elettricità per otto ore al massimo, seguite da otto ore prive. Non è abbastanza.

(aa.com.tr)

Una previsione che si avvera

Un rapporto dell’ONU risalente al 2012, denominato “Gaza nel 2020: un luogo vivibile?” ipotizzava che, nelle medesime condizioni in cui si trovava allora, Gaza sarebbe diventata invivibile. La conferma arriva proprio oggi, dalla gente che tra il virus letale, la guerra civile ed il taglio delle risorse fatica a vedere la fine del tunnel.

Quella previsione si è avverata”, dice Mohammed, e continua: “Il 70% di noi non supera i trent’anni. Centinaia, se non migliaia, di cittadini di Gaza si sono spostati in altri paesi. Alcuni hanno raggiunto le loro destinazioni. Altri hanno perso le loro vite nel tragitto. Ed alcuni hanno poi scelto di togliersela. Immaginate come si saranno sentite quelle persone – scegliere la morte perché è più semplice che far fronte a ciò che la vita qui ha da offrire. E quando i giovani sono insorti per protestare contro la situazione disperata, abbiamo visto le proteste alla recinzione di confine, dove dozzine di persone hanno perso la vita per via dei cecchini israeliani. Abbiamo una generazione che non sa cosa sia la libertà. Questi giovani non si sentono considerati umani a sufficienza da rispettare i loro diritti, i diritti che tutti meritiamo.

(dailysabah.com)

I dati

“I due milioni di abitanti di Gaza necessitano disperatamente di soluzioni sostenibili e a lungo termine. L’embargo via mare e via terra, che Israele impone da tredici anni, ha condotto la principale economia di Gaza e le attività commerciali ad un freno totale. Come risultato diretto, più del 38% della popolazione vive in povertà; il 50% è disoccupato e più del 90% delle acque sono imbevibili. La decisione dello scorso mese di vietare le entrate di carburante a Gaza ha creato maggiori fardelli umanitari. Con l’aumento dei casi di COVID-19 a Gaza, il sistema sanitario deve far fronte ad un crollo totale, a meno che l’embargo – che contravviene al diritto internazionale – non venga abolito. E’ necessario ed urgente che venga eliminato.” (unric.org)

Afferma Michelle Bachelet, Alto Commissario per i Diritti Umani alla 45esima sessione del Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU.

Le parole degli abitanti di Gaza, ma ancor di più i dati, dimostrano la sussistenza di una situazione critica tuttavia sconosciuta a molti. Benché il mondo sia ormai consapevole del conflitto centenario che intercorre tra le due nazioni – Israele e Palestina- sembra che sempre più si stia decidendo di lasciarle al loro destino, non tenendo in considerazione le vite dei civili.

“Noi, popolo di Gaza, non abbiamo influenza o controllo sul nostro destino. Mi chiedo spesso, e sono certo che se lo chiedano anche altre persone: cos’altro dobbiamo fare affinché il mondo comprenda la criticità della nostra disperazione?

Conclude Azaiza appellandosi a chiunque, là fuori, sia disposto a porgere un orecchio e mettersi all’ascolto di questa gente abbandonata a sé stessa.

 

                                                                                                                                                                                                              Valeria Bonaccorso

Coronavirus, il Ministro Speranza valuta il TSO per i trasgressori dell’isolamento

Dopo la rabbia manifestata da diversi governatori delle regioni italiane, che a gran voce e con forza polemica e fattiva, hanno chiesto misure più dure e restrittive per impedire che si ripetano casi di rifiuto arbitrario dell’isolamento, anche il Ministro della Salute, Roberto Speranza, sta vagliando l’eventualità del ricovero coatto per tutti coloro che si rifiutano di sottoporsi alla quarantena obbligatoria in caso di contagio.

Dunque, per i trasgressori che mettono a serio rischio l’incolumità di tutti, tolleranza zero.

Il risultato che si deduce dalla lettura degli ultimi dati a disposizione del Ministero della Salute è che il virus circola ancora, finché sarà così non potremo considerare superato il dramma del contagio.

A tal proposito il ministro Speranza ha manifestato grande accortezza: “Lavoriamo ogni giorno perché non si torni mai più al livello di sofferenza di marzo, per questo, su ogni atto, seguo il principio della massima prudenza”.

Nonostante il tema della prudenza evocato dal ministro responsabile della tutela della pubblica, perdura il dubbio circa l’efficacia delle pene per chi trasgredisce alle disposizioni governative atte a garantire il rispetto delle regole.

Oggi, la legge, per una persona positiva al Covid-19 che non resta in isolamento prevede una sanzione penale da 3 a 18 mesi di carcere, ed una multa fino a 5.000 euro.

Speranza ha citato il caso del focolaio di Vicenza “come un comportamento inaccettabile”, al quale è opportuno rispondere con estrema durezza e velocità.
Negli uffici legislativi del Ministero della Salute si sta discutendo concretamente dell’ipotesi di effettuare trattamenti sanitari obbligatori (TSO) nei casi di persone che pur dovendosi curare non lo fanno.

Alla fine del lockdown si è percepito un rilassamento da parte di tutta la popolazione, atteggiamento che, se diffuso, potrebbe esporre il Paese a nuovi rischi in vista della seconda ondata prevista per l’autunno.

“Ho il terrore di vanificare gli enormi sforzi fatti durante il lockdown”, queste le sintetiche ma eloquenti parole del Ministro Speranza.

In tal senso Speranza si è detto orgoglioso dell’incremento delle risorse (3 miliardi e mezzo) sulla sanità attuato dal decreto Rilancio.

Ad essere premiate dalle queste nuove potenzialità finanziarie saranno la rete territoriale e l’assistenza domiciliare, la velocità d’esecuzione dei test, E per l’aumento dei posti in terapia intensiva.

C’è fiducia negli ambienti del Ministero riguardo il rientro in sicurezza nelle classi a settembre, tema che è stato definito dal Governo come “prioritario”.

“La mia proposta è di ricostruire un rapporto organico tra scuola e sanità”, ha detto con convinzione Speranza, che ha poi precisato “ci saranno test sierologici-molecolari sulla popolazione scolastica, un monitoraggio costante”.

Antonio Mulone