L’Erasmus ai tempi del Coronavirus

Due settimane. Sono appena trascorse le mie prime due settimane di esperienza Erasmus. Mi sento in un vortice di emozioni, sensazioni. È tutto nuovo, e allo stesso tempo conosciuto, come se avessi dato conferma alle “fantasticherie” che hanno preceduto la partenza. Si, è inevitabile riempirsi di domande, e di paure. Diceva mia nonna <<quando lasci la strada vecchia per la nuova, sai quello che lasci e non sai quello che trovi>>.
Eh beh, per l’Erasmus è proprio vero: tutti coloro che l’hanno vissuto possono dispensare consigli e pareri, ma fino a quando non ci si è dentro non esiste un vero termine di paragone. È un’esperienza personale, faccia a faccia con se stessi ed il mondo. Poi, aggiungiamoci un’epidemia che minaccia l’intera popolazione globale ed il quadretto di “Erasmus unico nel suo genere” si completa. Il Coronavirus non lascia indietro nessuno, ed anche l’Agenzia Erasmus+ INDIRE ha comunicato che per le mobilità degli alunni, degli studenti e dello staff, che operano negli ambiti dell’istruzione scolastica, dell’istruzione superiore e dell’educazione degli adulti, nell’ambito del programma Erasmus+ potrà applicarsi il principio di “causa di forza maggiore”. Sarà possibile richiedere all’Agenzia Nazionale, nelle forme e con le modalità che saranno successivamente comunicate, di applicare la clausola di “forza maggiore”, relativamente alle attività e ai costi per tutte quelle mobilità che vengano annullate in ragione della situazione di emergenza e dei provvedimenti delle competenti autorità. Qui presente il Vademecum per la gestione di_progetti_Ereasmus+:Gioventu_e Corpo europeo di solidarietà – Emergenza COVID_19 

Sono partita per la mia esperienza il 23 febbraio verso la Nazione che mi avrebbe ospitato. Attualmente, infatti, mi trovo a Maribor, in Slovenia, in cui, se tutto va bene, dovrò trascorrere i prossimi quasi 5 mesi prima delle vacanze estive. Facendo due calcoli, noterete che sono “fuggita” giusto in tempo, quando il focolaio era distante da me ma la sua forza espansiva era più forte del previsto, tanto che nel giro di pochissimi giorni integralmente il Bel Paese si è bloccato. Coloro che sono partiti dopo di me sono stati messi in quarantena, soprattutto i provenienti dall’Italia. Una quarantena un po’ sui generis comunque, non dovuta né ad una negligenza del Paese Sloveno – il quale si è mobilitato immediatamente ad installare in ogni dove, senza nemmeno accorgersene, disinfettanti ed igienizzanti – ma forse dovuta alle caratteristiche del virus che principalmente attacca anziani e adulti, quindi gli under 25 sono stati poco salvaguardati senza ricorrere al tampone. È vero anche che ancora i casi presenti nel territorio sloveno, nonostante la stretta vicinanza con il nord Italia, si limitano a due anch’essi isolati e tenuti sotto controllo.

Ironica è la situazione creatasi per le condizioni meteorologiche che hanno attaccato gli studenti di ogni nazionalità con raffreddori, tossi, lievi stati febbrili e mal di gola. Il panico è dilagato in un secondo. Tra qualche risata volta a camuffare la preoccupazione interiore, abbiamo svaligiato le farmacie ed iniziato a scambiarci farmaci con costanti aggiornamenti dei nostri medici che in Italia non hanno più gli occhi per piangere. Fortunatamente, come anticipato, lo stato influenzale generale è stato principalmente dovuto ai costanti sbalzi termici che abbiamo incontrato (15 gradi, il giorno dopo neve con -2 gradi, pioggia, di nuovo sole) solo chi abituato a queste temperature si è fatto una grossa risata per smorzare l’occhio sinistro che naturalmente si faceva ad ogni colpo di tosse

I luoghi comuni vengono sfruttati per rompere il ghiaccio il più delle volte: se prima all’estero Italia = Mafia, oggi è Italia = Coronavirus. E se Erasmus è l’acronimo di EuRopean Community Action Scheme for the Mobility of University Student dal 1987 ha definito la parola “globalizzazione” anche per gli under 30, il 2020 vorrebbe tutto tranne che ulteriori spostamenti. L’università ospitante, infatti, seguendo le direttive europee ed internazionali, ha inviato una mail a tutti gli studenti in mobilità indicando i luoghi più critici (italiani e non) consigliando di non spostarsi dalla propria abitazione se non si sentono bene, di informare immediatamente i propri coordinatori, mettere al corrente della propria condizione il proprio medico e di contattare immediatamente il numero di emergenza evitando trasporti pubblici. Nota più importante a fine mail: se si ha la necessità di ritornare nelle zone critiche, non è permesso rientrare per continuare la propria mobilità.

 

Veduta della Piramida innevata, Maribor, Slovenia – Febbraio 2020

Come per chi è bloccato in Lombardia, anche io non posso “né scendere né salire”. Il gruppo italiano si sente un po’ in esilio dalla patria, quasi il desiderio di rientrare si è intensificato: tutti i propri cari si trovano in una situazione di estrema emergenza e noi che, per coincidenze, ci troviamo in questo momento lontani, abbiamo un enorme punto interrogativo sopra la testa. C’è chi già programmava l’arrivo di genitori e fidanzat*, chi voleva visitare anche qualche zona del nord italia più vicina adesso che quando si sta nell’isola sicula. Certo, non possiamo né dobbiamo lamentarci, al contrario, forse, dovremmo sentirci fortunati di avere scampato per poco il pericolo, ma come per tutti non sappiamo come continuerà questa matassa che si aggroviglia sempre più.

Per ulteriori aggiornamenti il servizio informativo Viaggiare Sicuri del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale fornisce informazioni online costantemente aggiornate sui singoli Paesi. All’indirizzo http://www.viaggiaresicuri.it/find-country sono disponibili una Scheda Informativa e un Avviso in evidenza aggiornati sulla situazione corrente in ogni Paese nel mondo. È consigliato controllare il sito anche poco prima della partenza, all’indirizzo http://www.viaggiaresicuri.it/aggiornamenti. È inoltre utile, prima di partire, che i cittadini italiani registrino il proprio viaggio sul sito www.dovesiamonelmondo.it .

 

 

Giulia Greco

Studio italiano all’Oms: Coronavirus in circolo già da Ottobre

A distanza di circa dieci giorni dalla prima diagnosi di Coronavirus in Italia, si contano oltre 2000 contagiati, dislocati su tutto il territorio nazionale.
Di fronte alla crescita esponenziale dei contagi, vacilla l’ipotesi dell’esistenza di un vero e proprio “paziente zero” e ci si chiede a quando risalga effettivamente l’inizio della diffusione del virus, in Cina e nel nostro Paese.

L’inizio e l’evoluzione del contagio

L’epidemia di SARS-CoV-2 è unica nella storia delle malattie infettive umane non solo perché è causata da un nuovo virus, ma anche per la disponibilità immediata di dati epidemiologici e genomici, che sono presenti su piattaforme accessibili a tutti.

Proprio grazie all’elaborazione di questi dati, un gruppo di ricercatori italiani del Dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche dell’Ospedale Sacco di Milano e del Centro di Ricerca di Epidemiologia e Sorveglianza Molecolare delle Infezioni dell’Università Statale del capoluogo lombardo ha ricostruito la filogenesi del virus lavorando sulle “variazioni del genoma virale”. 

Il loro lavoro, che verrà pubblicato sul Journal of Medical Virology, ha consentito di stabilire il periodo in cui il virus ha cominciato a circolare e di ricostruire la diffusione dell’infezione nei primi mesi dell’epidemia in Cina.

Gli autori hanno condotto un’ indagine epidemiologico-molecolare, basandosi sull’analisi di 52 genomi completi del Coronavirus SARS-Cov-2 depositati nelle banche internazionali di dati genetici fino al 30 gennaio 2020.

I risultati di questo studio mostrano che il Coronavirus sarebbe presente in Cina già da metà ottobre, diverse settimane in anticipo rispetto ai primi casi di polmonite virale. La sua diffusione avrebbe registrato una vera e propria accelerazione nel mese di dicembre.

Un’analisi matematica

E’ stato possibile ricostruire l’andamento del contagio analizzando parametri epidemiologici fondamentali.
Uno di questi è il numero riproduttivo di base (R con zero) che indica il numero di persone che, in media, ogni individuo infetto contagia a sua volta. La situazione ideale si ha quando R0 è inferiore a 1: se ogni infetto non contagia almeno un’altra persona, la diffusione si arresta da sola. Se, al contrario, R0 è maggiore di 1, anche di poco, siamo in presenza di un principio di epidemia. 

Da questa analisi è emerso che da un numero riproduttivo inferiore a 1, a dicembre il virus è passato a 2.6, oggi tra 2.2 e 2.9. Secondo i ricercatori, le cause dell’aumento di questo parametro potrebbero risiedere nei cambiamenti genomici che hanno permesso al virus di trasmettersi in modo più efficace da uomo a uomo oppure nelle caratteristiche della popolazione colpita.

I primi casi anomali

Quando si cerca di risalire al periodo in cui un nuovo virus può aver iniziato a circolare in una popolazione, un campanello d’allarme è rappresentato dalla comparsa localizzata e simultanea di un numero anomalo di casi delle manifestazioni patologiche che il virus può causare.

In Cina, per esempio, a destare i primi sospetti sulla presenza di un nuovo patogeno è stata la registrazione di molti casi di polmonite virale nel giro di pochi giorni.

Similmente, in Italia, si è scoperto che nell’ultima settimana di dicembre, nell’ospedale di Piacenza, a pochi km da Codogno e Casalpusterlengo, i primi focolai italiani, si sono avuti oltre 40 casi di polmonite, un picco assolutamente anomalo. Tuttavia, i sintomi dei pazienti sono stati confusi e curati come quelli delle influenze di stagione o di polmoniti comuni. La maggioranza è guarita, ma nel sangue sono rimaste le tracce degli anticorpi contro il Covid-19, a dimostrazione del fatto di essere stati già infettati.

Sulla base di questi accertamenti, si deduce che il virus è presente in Italia da molto prima della diagnosi del “paziente uno” e abbia avuto un’iniziale diffusione silente.

Come evolverà l’epidemia in Italia

Secondo un’analisi tecnica della diffusione del nuovo Coronavirus in Italia, realizzata dal biologo Enrico Bucci e da due fisici, Enzo Marinari e Giorgio Parisi, l’epidemia si troverebbe ancora nella sua fase iniziale. Considerando soltanto i casi gravi (in terapia intensiva ed i decessi) dal 24 febbraio al 1 marzo, i tre esperti hanno dimostrato che il tempo in cui i casi raddoppiano è di 2,4 giorni. La rapida crescita del numero dei casi critici, dei pazienti ospedalizzati e dei positivi al nuovo Coronavirus registrata negli ultimi giorni, potrebbe rallentare entro una o due settimane.

Grafico tratto dall’analisi di Enrico M. Bucci insieme a Enzo Marinari e Giorgio Parisi

L’evoluzione della situazione del nostro Paese dipenderà da quanto si dimostreranno efficaci le misure di contenimento adottate, dal rispetto da parte di ciascuno delle ordinanze istituzionali e delle regole di igiene.

Negli ultimi giorni si è aperta una faglia tra chi accetta quanto viene disposto dalle istituzioni e chi grida alla «psicosi collettiva». In realtà, proprio l’analisi matematica dell’andamento di questa epidemia, ci aiuta a capire che le misure restrittive messe in atto non sono affatto «esagerate».
Nel momento in cui queste misure venissero allentate o disattese è probabile che i valori di R0 tornerebbero ad innalzarsi nuovamente e il contagio ricomincerebbe a diffondersi.

I prossimi giorni saranno quindi cruciali per capire se si andrà verso una crescita incontrollata di casi oppure se saranno rilevati i primi segni di un rallentamento.

Federica Nuccio

 

Possibile vaccino contro il nuovo coronavirus?

Negli ultimi giorni l’infezione da coronavirus ha scatenato il panico nel nostro Paese: da un lato l’aumento dei contagi, dall’altro il diffondersi sui social di informazioni fuorvianti o del tutto fasulle, che mettono in ombra addirittura i canali ufficiali.
Arriva però una buona notizia, riportata inizialmente dal Wall Street Journal, riguardante il possibile inizio di un trial clinico in America per un vaccino, con un gruppo di volontari sani.

Il vaccino


La sintesi era iniziata lo scorso 7 febbraio e adesso alcune fiale di questo siero, denominato mRNA-1273, sono state inviate dalla società biotecnologica Moderna all’Istituto Nazionale delle Allergie e Malattie Infettive di Bethesda.
L’idea, secondo quanto comunicato stanotte dalla società stessa, è di far partire lo studio entro fine aprile, per verificare la risposta dei soggetti e l’eventuale immunizzazione nei confronti di Covid-19.

Per sintetizzare il vaccino, gli scienziati hanno utilizzato gli RNA messaggeri, molecole che trasferiscono informazioni genetiche all’interno delle cellule.
In particolare mRNA-1273 codifica per una forma stabilizzata di prefusione della proteina Spike del coronavirus.  
Questo siero dovrebbe simulare un’infezione naturale, stimolando una risposta più potente da parte dell’organismo e la produzione degli anticorpi.
Inoltre, rispetto ai vaccini tradizionali, quelli che utilizzano gli mRNA sono più rapidi nella loro azione e meno costosi da produrre, caratteristica fondamentale visti i tempi ristretti della ricerca.

Cosa accadrà?


Secondo Juan Andres, direttore delle operazioni tecniche e del controllo qualità presso Moderna, l’azienda “ha fatto uno sforzo immane, da record, per sintetizzare il vaccino” .
Dal sequenziamento del genoma virale sono infatti trascorsi circa 42 giorni e se il trial andasse a buon fine, sarebbe un traguardo incredibile.
I risultati, tuttavia, si avranno tra agosto e luglio, e in caso di riuscita ci vorranno mesi prima che il vaccino possa essere prodotto in massa.


Nei giorni scorsi, altre nazioni si sono prodigate nella ricerca di un modo per contrastare il Covid-19.
La
Cina ha dichiarato di aver iniziato a testare un vaccino sugli animali, mentre l’Australia ha terminato la fase di sperimentazione in laboratorio e sta per procedere nella stessa direzione.
In attesa di altre notizie dal mondo, ricordiamo ai nostri lettori di attenersi alle direttive del ministero e alle fonti di informazione ufficiali, senza cedere alle facili lusinghe della paura.

 

 

Maria Elisa Nasso

Aggiornamenti Coronavirus: l’Italia è in pericolo?

Si tratta del primo caso di un italiano positivo al Covid-19 senza essere stato in Cina. Il 38enne lombardo, abitante di Codogno, è attualmente ricoverato in terapia intensiva in prognosi riservata all’ospedale della sua città nel Lodigiano.

Il contagio

L’uomo avrebbe cenato con un collega rientrato da poco dal Paese asiatico. In seguito alla comparsa dei primi sintomi, si è presentato al pronto soccorso la sera di mercoledì 19 febbraio, con febbre molto alta e insufficienza respiratoria. Il personale medico ha subito ritenuto molto grave la sua condizione e ha immediatamente effettuato i test previsti dal protocollo che, purtroppo, hanno confermato il contagio. 

Da quel momento in poi, sono stati fatti tutti gli accertamenti diagnostici necessari anche su medici e infermieri della struttura ospedaliera, distribuite le mascherine, gli accessi al pronto soccorso sono stati interrotti e sono stati dimessi tutti i pazienti in condizioni stabili. Sono stati inoltre predisposti i kit diagnostici per tutti i familiari, i colleghi e le persone entrate in contatto con il 38enne infettato.

 

Secondo quanto riporta l’Ansa, altre due persone hanno sicuramente contratto il virus: si tratta della moglie incinta del 38enne e del collega, il “paziente zero” con cui l’uomo aveva cenato, entrambi ricoverati in isolamento all’ Ospedale Sacco di Milano. Per quest’ultimo si ritiene che si possa trattare di un contagio asintomatico, ma sono in corso accertamenti che possano confermarlo. 

La possibile diffusione del contagio

Dopo aver ricostruito gli spostamenti del 38enne lodigiano, risultano essere circa settanta le persone certe di essere entrate in contatto con lui e per le quali è stata disposta la quarantena. Tuttavia, questo numero è destinato ad aumentare poiché, prima del ricovero, il paziente contagiato avrebbe incontrato diverse persone durante varie cene, un corso di primo soccorso della Croce Rossa, una partita di calcetto, una gara podistica oltre ad aver continuato ad andare a lavoro.

Non è ancora stato definito dove verranno trascorsi i giorni di quarantena, se nelle proprie abitazioni o in una struttura ad hoc. Il ministero della Difesa ha previsto la possibilità di adibire strutture militari a centri per salvaguardare la salute dei cittadini. Nel frattempo gli abitanti di due interi paesi, Codogno e Castiglione d’Adda, sono stati invitati dall’assessore alla salute Giulio Gallera a rimanere in casa e ad evitare contatti sociali a scopo precauzionale.

Inoltre, tutti i controlli sanitari necessari sono stati avviati anche sul territorio emiliano per verificare gli eventuali contatti del “paziente zero” con i dipendenti dell’azienda di Fiorenzuola d’Arda, nel Piacentino, per cui l’uomo lavora.

La situazione attuale in Italia

Oltre al 38enne di Codogno, alla moglie e al collega, sono altri tre i connazionali contagiati: il ricercatore 29enne emiliano, rientrato da Whuan lo scorso 3 febbraio e i due passeggeri della nave da crociera Diamond Princess, rimasta in quarantena a Yokohama in Giappone. Sulla nave sono oltre 600 i contagiati, ma per gli altri 30 italiani a bordo della nave i primi test sono risultati negativi: se anche il secondo test confermasse il risultato potranno essere rimpatriati.

Probabilmente alloggeranno nella cittadella militare di Cecchignola, dove è appena finito il periodo di quarantena dei 55 italiani rientrati dalla Cina, durato 18 giorni, durante i quali sono stati sotto stretta osservazione. Restano ricoverati all’Istituto Spallanzani di Roma il 17enne di Grado rientrato da Wuhan e risultato negativo ai test e la coppia di turisti cinesi in lieve miglioramento.

E’ inevitabile che, in seguito ai casi accertati di positività al Covid-19 della giornata odierna, nel Lodigiano, e non solo, cresca l’apprensione dei cittadini che, preoccupati di sapere come agire, quali presidi utilizzare per scongiurare qualsiasi possibilità di contagio, si rivolgono ai loro medici o a chi di competenza possa aiutarli.

Il Governo rassicura gli italiani, affermando di aver adottato fin da subito una linea di massima precauzione al fine di evitare qualsiasi allarmismo sociale e panico generale, invitando a riporre fiducia nelle indicazioni del Ministero della Salute.

Le notizie positive

In un clima di allarmismo, di continue notizie su nuovi casi, di numeri che spaventano, non mancano i segnali di speranza e le notizie che, di fronte ad una minaccia globale come quella del Coronavirus, meritano di essere diffuse e conosciute.

Come dichiarato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, per la prima volta da fine gennaio, in Cina è stato registrato un calo del numero dei contagi: solo 349 nuovi casi nella giornata di mercoledì, ben sei volte in meno rispetto ai 1749 del giorno prima. Inoltre, le guarigioni dal Covid-19 hanno superato per la prima volta il numero di nuovi contagi.

Il bilancio mondiale attuale è di 2.247 morti e 75.498 contagiati, ma la situazione resta complessa. Proprio l’OMS ha parlato di “punta dell’iceberg” per i casi constatati all’estero, non facendo mistero sul possibile acceleramento dell’epidemia nelle prossime settimane.

La prima mappa 3D del virus

Le buone notizie arrivano anche dal mondo della scienza. E’ stata ricostruita la prima mappa 3D del coronavirus SarsCoV2 che riproduce la struttura molecolare di una delle proteine della superficie, definite “spike”, che il virus usa come arma per entrare nelle cellule del sistema respiratorio umano e moltiplicarsi. Conoscerla è importante per mettere a punto farmaci e vaccino. Questo dimostra la celerità con cui si muove la macchina mondiale della ricerca e della sanità ai fini di trovare al più presto una soluzione efficace a preservare la salute dell’intera popolazione mondiale.

Federica Nuccio