Musumeci: la Sicilia in zona gialla. Arriva una proposta di San Valentino

La Sicilia sembra intravedere all’orizzonte la zona gialla. Lo lascia sperare la richiesta di oggi, presentata da Nello Musumeci al governo, di una diminuzione delle restrizioni a partire dalla prossima settimana.

Musumeci ieri in conferenza stampa – Fonte: www.ansa.it

Far ripartire la ristorazione dalla festa degli innamorati

Il presidente della regione ha osato avanzando una proposta anche per il giorno di San Valentino: tenere i ristoranti aperti fino alle 22 per consentire di festeggiare la festa degli innamorati. Un modo per far ripartire col botto i ristoratori che da giorni fanno pressing sulla Regione per “il giallo”. Anche Confcommercio ha espresso la necessità della riapertura di tutte le attività. Ha detto Patrizia Di Dio, presidente di Confcommercio Palermo: “Siamo allo stremo! Abbiamo bisogno di certezze. Fare presto e fare bene devono essere le parole d’ordine! Chiediamo responsabilità a tutte le parti politiche perché non si giochi con le vite delle imprenditrici e degli imprenditori, con le nostre aziende, con il nostro futuro e soprattutto il futuro del nostro Paese”.

Con questa proposta Musumeci mette da parte la politica di prudenza che nelle ultime settimane lo aveva reso  bersaglio di critiche da parte di alleati e oppositori. “Mentre tutto il settore del food and beverage della Sicilia ha già iniziato organizzare il giorno della riapertura facendo provviste, aprendo le prenotazioni al pubblico e soprattutto mettendo in condizioni di sicurezza le proprie attività, assistiamo a un balletto isterico di dichiarazioni dal governo regionale che provocano ancora una volta incertezza sul passaggio alla zona gialla”, ha detto il deputato di Forza Italia Francesco Scoma.

Cosa prevede la zona gialla

In attesa dell’assenso del governo, vediamo cosa potrebbe cambiare da lunedì.

Saranno consentiti gli spostamenti senza autocertificazione entro e fuori dai comuni.

Sarà possibile recarsi in visita di parenti o amici, ma una sola volta al giorno, spostandosi verso un’abitazione privata della stessa Regione o Provincia autonoma, in massimo due persone oltre quelle conviventi nell’abitazione di destinazione. Minori di 14 anni e persone disabili o non autosufficienti conviventi sono escluse dal conteggio.

Gli spostamenti fuori dalla regione continueranno ad essere vietati almeno fino al 15 febbraio, data di scadenza del decreto legge Covid di gennaio. Tuttavia, negli ultimi giorni si sta valutando l’idea di prorogare il divieto fino al 5 marzo.

Riapriranno i musei dal lunedì al venerdì con ingressi contingentati e nel rispetto di tutte le norme anticovid. Cinema e teatri resteranno chiusi.

Dalle 5 alle 18 si ritornerà a consumare cibi e bevande all’interno di bar e ristoranti. Dopo le 18 saranno consentiti l’asporto e la consegna a domicilio.

Ancora deludenti le notizie per gli sportivi: palestre e piscine continueranno a restare chiuse. In attesa del nuovo dpcm di marzo, lo sport sarà consentito esclusivamente all’aria aperta tra le 5 e le 22.

Così come in zona arancione, anche nella zona gialla i negozi resteranno aperti, con delle limitazioni per i centri commerciali e i mercati che resteranno chiusi nei giorni festivi e prefestivi.

Resterà in vigore il coprifuoco alle 22. Uscire tra le 22 e le 5 sarà consentito solo per esigenze lavorative, motivi di salute o altre necessità da attestare con autocertificazione.

Situazione Covid in Sicilia

Musumeci visita l’area no covid dell’ aeroporto di Palermo – Fonte: www.ansa.it

Il cambio di rotta di Musumeci rispetto alla prudenza delle ultime settimane è motivato dai nuovi dati che lasciano sperare. Stando a quanto detto ieri in conferenza stampa dal governatore siciliano, i ricoveri e i contagi stanno diminuendo e l’indice Rt è attorno allo 0,60.   Nella giornata di ieri sono stati registrati 760 nuovi positivi su 21.602 tamponi processati, con una incidenza di positivi di poco più del 3,5%. La regione è ottava nel contagio di oggi e scende di una posizione rispetto a due giorni fa.

Intanto la campagna vaccinale per gli over 80 procede grazie al sistema di prenotazione online. Inoltre, nei prossimi giorni potrebbe arrivare l’ok dal governo per l’acquisto autonomo delle dosi da parte della Regione.

Non abbiamo difficoltà ad assumere l’impegno ad acquistare vaccini”, ha dichiarato Musumeci con l’obiettivo di far fronte ai ritardi e accelerare la vaccinazione.

La cautela del Cts

A bilanciare sconsiderati entusiasmi e ottimismo ci pensa il comitato tecnico scientifico siciliano che si è riunito ieri per affrontare il tema dei tamponi e soprattutto quello delle nuovi varianti in circolazione che, già fra qualche settimana, potrebbero accelerare i contagi come sta accadendo in Umbria e in Abbruzzo. Cautela resta la parola d’ordine.

Chiara Vita

COVID e adolescenti: la pandemia oltre il virus

L’Italia non è un Paese per giovani, e la pandemia in corso ne da ulteriore conferma.
Scarsa considerazione è stata data a chi rappresenta il futuro, generando una pandemia silenziosa tra i giovanissimi. Affrontiamo insieme la questione! Continua a leggere “COVID e adolescenti: la pandemia oltre il virus”

Varianti del nuovo coronavirus: quanto dobbiamo preoccuparci?

  1. Le varianti
    1. La variante inglese
    2. La variante brasiliana
    3. La variante sudafricana
  2. Perché è importante tenerle sotto controllo?
  3. E i vaccini?
  4. Quanto dobbiamo preoccuparci?

I virus mutano.
Questa è una realtà con cui la comunità scientifica è stata costretta a confrontarsi sin dagli albori della loro scoperta.
Ma mai come adesso quelle piccole variazioni nella sequenza genetica fanno tremare le ginocchia.
Quando il vaccino è stato annunciato, il mondo è entrato in una nuova fase, fatta di speranze e desiderio di scrollarsi di dosso questa interminabile pandemia.
L’ombra delle varianti di SARS-CoV-2 però si è presto abbattuta sulle campagne vaccinali, smorzando l’allegria generale e seminando incertezza.
Molti si sono chiesti, a giusta ragione: quanto dobbiamo preoccuparci?

Le varianti

Ad oggi le varianti saltate agli onori della cronaca sono tre. Cercheremo di riassumerne brevemente le caratteristiche:

  • La variante inglese, B.1.1.7, con un numero inusuale di mutazioni, in particolare nel dominio che lega il recettore (RBD) della proteina spike in posizione 501.
    Si diffonde molto più velocemente delle altre, ma non c’è alcuna evidenza (supportata da uno studio) della sua maggior letalità. Questa variante è stata scoperta a settembre 2020 ed ha già infettato un cospicuo numero di individui.
  • La variante brasiliana chiamata P.1, scoperta in due viaggiatori all’aeroporto di Haneda in Giappone. Ha un set di mutazioni che potrebbero inficiare il suo riconoscimento da parte degli anticorpi.
  • La variante sudafricana chiamata B 1.351, scoperta intorno a ottobre, ha alcune mutazioni in comune con quella inglese pur essendo insorta indipendentemente.

Queste varianti di coronavirus si diffondono molto più velocemente rispetto alle altre e si teme possano provocare una impennata dei casi, così come successo in Gran Bretagna nelle prime settimane di gennaio.
Ripetiamo, non è tuttavia chiaro se queste varianti siano correlate a una maggiore mortalità o morbilità.

Perché è importante tenerle sotto controllo?

Le conseguenze dell’insorgenza di nuove varianti sono ben intuibili, prima tra tutte una maggior rapidità di penetrazione all’interno della popolazione generale.
Maggior penetranza significa nuovi casi e più si allarga il bacino di pazienti, più probabilità ci sono che aumenti la pressione sugli ospedali.
Un’altra, giusta, preoccupazione degli scienziati è che il virus mutato riesca ad evadere la risposta anticorpale dell’organismo, montata in seguito al vaccino o ad una precedente infezione.
La prudenza non è mai troppa, vista la natura a volte aggressiva della malattia.

E i vaccini?

Chiaramente non ci sono ancora trial clinici che possano verificare l’efficacia al 100% degli attuali vaccini sulle nuove varianti.
Le case farmaceutiche stanno cercando di capire se queste mutazioni, a volte minime, a volte più corpose, come nel caso della variante inglese, possano inficiare l’immunizzazione di massa.
Moderna in particolare è fiduciosa sull’efficacia del proprio vaccino sia nei confronti di B.1.1.7 che di B 1.351, mentre Pfizer ha per ora rilasciato dati solo riguardo B.1.1.7.

Quanto dobbiamo preoccuparci?

Tendere l’orecchio alle notizie che arrivano dalla comunità internazionale non è mai sbagliato, ma farsi prendere dal panico è controproducente.
Come già affermato, le mutazioni attuali del SARS-CoV-2 sono troppo esigue per mettere davvero a repentaglio la funzionalità di questi nuovi vaccini.
Nel caso peggiore, avendo già alle spalle un anno di studi e conoscendo l’intera sequenza genetica sia del ceppo originario che delle varianti, non dovrebbe essere un problema sintetizzare, se necessario, dei nuovi vaccini.
Tutto questo avviene già per il virus dell’influenza stagionale, che ogni anno protegge contro i ceppi più frequenti e virulenti, sempre diversi tra loro.
Importante sarà certamente la ripresa, il prima possibile, della campagna di vaccinazione di massa, una volta risolti i problemi con le case farmaceutiche, ma lasciamo questa discussione ad altre sedi.

 

Maria Elisa Nasso

Si conclude la zona ultrarossa a Messina. Ecco cosa aspettarsi da domani

(fonte: palermo.repubblica.it)

Si conclude oggi 29 gennaio la zona “ultrarossa” su Messina, istituita con ordinanza del sindaco Cateno De Luca una settimana prima che l’intera regione diventasse rossa.

L’ordinanza, che prevedeva un’ulteriore restrizione delle misure previste per la comune zona rossa, non sarà più valida a partire da domani, sabato 30 gennaio. A tal proposito rimarranno in vigore le ordinanze regionali volute dal presidente Musumeci – con zona rossa ancora fino al 31 gennaio.

Il sindaco di Messina, che alcune settimane fa ha dichiarato di voler rassegnare le dimissioni nel caso in cui la sua ordinanza non venisse approvata, ha deciso dunque di cedere la gestione dell’emergenza agli organi regionali e nazionali e lo annuncia tramite un video sulla pagina Facebook ufficiale:

Si conclude la fase della mia ordinanza e da sabato si applicheranno le regole e le limitazioni stabilite dal Ministero della Salute e dal Presidente della Regione Musumeci sia per le attività economiche che per le scuole.

La mancata proroga

Nei giorni scorsi il primo cittadino aveva proposto una proroga dell’ordinanza anche per l’ultimo weekend di gennaio, ma immediato è stato il no dei commercianti e delle imprese:

Chiediamo pertanto al Sindaco di non emanare ulteriori provvedimenti restrittivi e di attenersi a quelle che saranno le disposizioni messe in atto dal Governo Nazionale e dalla Regione (Tempostretto.it)

Molto ha fatto parlare la lettera dell’imprenditore Lino Santoro Amante, titolare del celebre bar Santoro di Piazza Cairoli, che ha esplicitamente bocciato la proroga delle restrizioni. Così scrive nella lettera l’imprenditore messinese:

Siamo a rischio chiusura e, ogni giorno che passa, la situazione va sempre più peggiorando.

Cosa cambia nel weekend

A partire dalla mezzanotte del 30 gennaio rimarranno in vigore esclusivamente le misure previste dall’ordinanza regionale. Rimangono chiuse le scuole e niente visite ai parenti, ma torna l’asporto. Rimarranno aperti tutti i negozi previsti dal DPCM del 14 gennaio 2021: tornano barbieri e parrucchieri e le librerie.

La circolazione rimane limitata alle comprovate esigenze di lavoro.

(fonte: messinaoggi.it)

Le dimissioni del sindaco

Nel frattempo, De Luca sembra irremovibile sulle dimissioni: dal 5 febbraio entrerebbero in vigore ed il primo cittadino cadrebbe dal ruolo in un momento assolutamente intenso per l’amministrazione locale. Non sono mancati gli appelli dei consiglieri comunali già pochi giorni dopo l’annuncio delle dimissioni.

Il 26 gennaio il consigliere Nello Pergolizzi ha presentato la mozione per richiedere il ritiro delle dimissioni. La motivazione sarebbe proprio la gestione dell’emergenza da COVID-19, che diverrebbe impossibile sotto commissariamento.

Ma il fronte del consiglio sembra dividersi: oggi altri 7 membri, tra esponenti del PD e di Libera Me (a cui appartiene anche Pergolizzi) hanno preso le distanze dal consigliere, ribadendo l’incapacità del Sindaco nel gestire dell’andamento epidemico. Ed affermano:

Se De Luca vuole realmente dimettersi, cosa che sarebbe anche auspicabile, lo faccia subito e passi la mano a chi dopo di lui può meglio affrontare e gestire la crisi pandemica, altrimenti faccia marcia indietro, come peraltro è già capitato parecchie altre volte, e cerchi di assumere un profilo consono al ruolo che riveste e al momento storico la città sta vivendo. (Tempostretto.it)

(fonte: gazzettadelsud.it)

Da febbraio possibile zona arancione su tutta la Sicilia

Intanto, sul territorio regionale si prevede il ritorno della Sicilia alla zona arancione a partire da lunedì 1 febbraio.

Si aspettano i risultati dell’Istituto superiore della sanità sull’indice Rt in Sicilia: sotto l’1.25 il rischio potrebbe abbassarsi fino a moderato, mentre appena una settimana fa l’indice rt della regione si trovava a 1,27. Tuttavia il calo dei contagi constatato questa settimana fa sperare a molti la zona arancione.

Cosa aspettarsi dalla zona arancione? Quanto alla mobilità, si potrebbe circolare dalle 5 alle 22 all’interno del proprio comune; le scuole superiori adotterebbero la presenza alternata fino al 75%, mentre l’apertura delle Università rimarrebbe alla discrezione dei rettori. Rimane l’asporto da tutti i locali dalle 5 alle 18; per i ristoranti fino alle 22. Riaprirebbero anche i centri commerciali, ma non nei giorni festivi e prefestivi.

Valeria Bonaccorso

“La guerra dei vaccini”: l’UE contesta le dichiarazioni del Ceo di AstraZeneca

È in corso una vera e propria “guerra dei vaccini’’, che vede impegnate le potenze mondiali in una frenetica corsa per l’accaparramento delle forniture di antidoti contro il Covid. Di recente è stata inasprita dalle accuse, fatte negli ultimi giorni dalla Commissione Europea, contestate da Pascal Soriot, amministratore delegato (CEO) dell’azienda farmaceutica britannico-svedese AstraZeneca, in un’intervista a Repubblica.

Azienda farmaceutica AstraZeneca. Fonte: Sky TG24

Bruxelles lo rimprovera per i ritardi annunciati e le insufficienti consegne del vaccino prodotto dalla sua azienda;  chiede, inoltre, lo svincolo dalla clausola di segretezza per la pubblicazione del contratto.

Alle 18.30 di questo pomeriggio era prevista una riunione del comitato direttivo sui vaccini Ue con AstraZeneca, in cui si sarebbe insistito sulla consegna delle dosi, ma la società ha fatto slittare l’incontro a domani.

AstraZeneca non è all’altezza della celerità pretesa dall’Ue 

Lo scorso venerdì, l’azienda aveva annunciato tagli alle consegne delle dosi vaccinali del 60% nel primo trimestre di quest’anno, riconoscendo di non poter produrre le dosi richieste dalla Commissione nei tempi concordati. In Italia, dunque, si prospetta un ritardo di almeno un mese nella campagna vaccinale: entro marzo dovrebbero arrivare circa 3,4 milioni di dosi, contro le 16 milioni previste inizialmente.

Le autorità europee, di fronte ad un simile scenario, hanno accusato i dirigenti dell’azienda farmaceutica di privilegiamento delle consegne ad altri Paesi, ai quali avrebbero venduto il vaccino, anche a prezzi più alti. Il principale indiziato sembra essere il Regno Unito, che ha già autorizzato la produzione delle dosi vaccinali.

Soriot nega le accuse 

Il CEO di AstraZeneca, Pascal Soriot. Fonte: Il Post

Durante l’intervista ai giornali del consorzio Leading European Newspaper Alliance – tra cui Repubblica – Soriot ha fornito la sua versione sulle circostanze, ricordando che il Regno Unito aveva stretto accordi tre mesi prima dell’Unione Europea. Uno scarto di tempo significativo per consentire all’azienda un’adeguata organizzazione per la disposizione della produzione nei propri impianti britannici. Ha inoltre ribadito che AstraZeneca ha promesso di non trarre profitti dal proprio vaccino nella prima fase di distribuzione:

‘’Come detto, Regno Unito e Unione Europea hanno due catene produttive diverse e al momento quelle britanniche sono più efficienti perché sono partite prima. In ogni caso, sia chiaro: non c’è alcun obbligo verso l’Unione Europea. Nel nostro contratto c’è scritto chiaramente: “best effort”, ossia “faremo del nostro meglio”. In quella sede abbiamo deciso di utilizzare questa formula nel contratto perché all’epoca l’Unione Europea voleva avere la stessa capacità produttiva del Regno Unito, nonostante il contratto fosse stato firmato tre mesi dopo. Così noi di AstraZeneca abbiamo detto: “OK, faremo del nostro meglio, faremo il possibile, ma non possiamo impegnarci contrattualmente perché abbiamo tre mesi di ritardo rispetto al Regno Unito”. Non è dunque un obbligo contrattuale, ma un impegno a fare il massimo. Perché sapevamo che sarebbe stato difficile e difatti ora abbiamo un po’ di ritardo.’’

La versione non è parsa tuttavia convincente agli occhi delle autorità europee, data la mancanza di prove e ulteriori dettagli che dimostrerebbero i problemi produttivi riscontrati dalla società, giustificandone il ritardo.

Mamer ribadisce i doveri di AstraZeneca

Il portavoce della Commissione Europea, Eric Mamer è intervenuto, in risposta all’intervista, ribadendo che l’azienda deve rispettare gli obblighi contrattuali e ha il dovere di fornire dettagliate spiegazioni circa l’impedimento nella consegna delle quote vaccinali promesse:

“Quando hanno firmato l’accordo, lo hanno fatto sulla base della capacità di produrre” ha detto.

Fonte: Repubblica.it

Mamer aveva anche ricordato che, in precedenza, negli accordi si parlava di una capacità di produzione che avrebbe consentito di poter rispettare gli impegni presi, senza alcun riferimento ad eventuali tagli alle forniture o ad un sito produttivo nello specifico. L’Europa reclama, quindi, una produzione delle dosi richieste anche nel Regno Unito (fino ad ora non impiegate altrove), oltre quella che viene fatta nell’impianto in Belgio.

Gaia Cautela

Dimissioni Conte: cosa succede adesso e tutti possibili scenari del Governo italiano

Stamattina Giuseppe Conte ha annunciato le sue dimissioni durante il Consiglio dei ministri, per poi formalizzarle davanti al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

L’annuncio era già stato anticipato ieri, dovuto alle ulteriori difficoltà incontrate dal governo per trovare una solida maggioranza in Parlamento dopo l’uscita di Italia Viva -in Senato, infatti, sarebbe bastato un solo voto negativo in più per sancire la caduta del governo- e, dunque, al rischio di non avere i voti necessari per l’approvazione della relazione annuale sulla giustizia.

È stata formalmente aperta la crisi di governo: quella complicata fase politica e costituzionale che avrà termine solo quando un nuovo presidente del Consiglio, assieme ai suoi ministri, presterà giureranno davanti al presidente della Repubblica.

(fonte: Huffingpost)

I passaggi per arrivare alla formazione di un nuovo esecutivo

Innanzitutto, bisogna precisare che questa crisi di governo è di natura extraparlamentare, in quanto Conte ha ottenuto la fiducia al Senato martedì 19 gennaio; dunque, è una crisi nata da contrasti fra i partiti della coalizione di governo, non sancita da un voto di sfiducia.

In questo secondo caso, infatti, avrebbe avuto natura parlamentare: se Conte avesse presentato le proprie dimissioni come conseguenza di un voto negativo al Senato avrebbe avuto pochissime possibilità di ottenere il reincarico da Mattarella per la formazione di un nuovo governo.

Con le dimissioni, e fino al giuramento di un nuovo esecutivo- periodo definito di “vacatio” -il governo uscente rimane in carica per lo svolgimento degli “affari correnti”; infatti il presidente della Repubblica non ha firmato il decreto di accettazione delle dimissioni, che deve essere controfirmato dallo stesso premier.

Tuttavia, prima di accettare le dimissioni del presidente del Consiglio, il presidente della Repubblica potrebbe chiedere un “rinvio alle camere”, per verificare, attraverso un voto di fiducia, della sussistenza o meno di una maggioranza, andando dunque a parlamentarizzare la crisi.

L’avvio della crisi sarà sancito, come da prassi, dal comunicato del Quirinale, con la lettura di questo testo nel famoso salone delle Vetrate, il quale sarà aperto per l’occasione a giornalisti e troupe televisive.

(fonte: Slideplayer)

L’iter per la formazione di un nuovo governo è disciplinato dagli articoli 92, 93 e 94 della Costituzione, che prevede, nella prassi, un processo articolato in diverse fasi:

  • consultazioni: formalizzata la crisi di governo, il presidente della Repubblica stila un calendario degli incontri e apre dunque le consultazioni- che fanno parte delle “consuetudini costituzionali”, in quanto il presidente della Repubblica non ha alcun obbligo costituzionale ad avviarle-, ossia quella fase di incontri e colloqui con leader politici e istituzionali con l’obiettivo di capire se il Parlamento sia ancora in grado di esprimere una maggioranza oppure no.
  • incarico: se dalle consultazioni dovesse risultare che c’è una maggioranza parlamentare possibile, anche con nuove alleanze, e che c’è una persona in grado di avere la fiducia di quella maggioranza per formare un governo, allora il presidente della Repubblica darebbe a quella persona l’incarico di formare un governo. L’incaricato, che di solito accetta con riserva, fa a sua volta un giro di consultazioni e torna dal presidente della Repubblica per sciogliere, positivamente o negativamente, la riserva.
  • nomina: dopo lo scioglimento della riserva si arriva alla firma dei decreti di nomina del capo dell’esecutivo e dei ministri.
  • giuramento e fiducia: sono esplicitamente disciplinati dall’art 93 e 94 della costituzione a cui rinvio.

Possibili scenari per il futuro governo

Esiste un altro modo per catalogare una crisi: al buio o pilotata.

La prima avviene quando il presidente del Consiglio si dimette senza che sia stato raggiunto un accordo per la formazione di una nuova maggioranza in suo sostegno. La seconda si presenta quando invece il presidente del Consiglio presenta le dimissioni a seguito di un accordo politico raggiunto all’interno della maggioranza che già c’era o con una maggioranza alternativa. Nel nostro caso siamo nel secondo scenario, infatti questa crisi vorrebbe “pilotare” verso un Conte ter appoggiato da un nuovo gruppo parlamentare creato da “responsabili” o “costruttori”, con o senza IV.

Mattarella gli darebbe un mandato pieno, cioè mirato a fare nascere il governo che le forze politiche hanno descritto al presidente della Repubblica; poi Conte, come da prassi, accetterebbe con riserva.

Ma vi sono altri possibili scenari: infatti se, ad esempio, durante le consultazioni dovesse emergere che non esiste un’altra maggioranza possibile in questo Parlamento, il presidente della Repubblica scioglierà le camere; la prima tappa verso le elezioni anticipate.

(fonte: Ansa.it)

Altra ipotesi in caso di mancato raggiungimento dell’accordo, se, dunque, dai partiti non arrivasse un’indicazione chiara su cosa fare, risulta il mandato esplorativo: anche se non è previsto dalla Costituzione, Mattarella può usufruire di questo istituto andando ad individuare una figura di alto profilo istituzionale, come ad esempio il presidente della Camera o il presidente del Senato o anche il presidente del Consiglio uscente- tra i soggetti più accreditati vi sono Mario Draghi e Marta Cartabia– , in grado di formare un nuovo governo.

Il soggetto individuato dovrà verificare attraverso una serie di incontri informali se esista la possibilità di formare una nuova maggioranza: se vi dovesse essere si procederà alla formazione di un governo di unità tecnico, in caso di economisti o professori nominati in casi di emergenza per perseguire obiettivi minimi e comuni, o istituzionale, se guidato da una figura delle istituzioni scelta da Mattarella; in ambedue i casi saranno comunque soggetti sostenuti dalla maggioranza dei partiti.

Questo istituto venne utilizzato per la prima volta da Giorgio Napoletano, che creò due commissioni con il compito di mettere sulla carta un programma di governo e di riforme istituzionali, da cui nacque il governo Letta.

Si potrebbe anche procedere per un temporaneo governo di scopo, un governo con un compito ben preciso: come garantire le funzioni dell’esecutivo fino a nuove elezioni, quello di arrivare all’approvazione di una nuova legge elettorale o, soprattutto, quello di garantire l’invio alla Commissione Europea, entro il prossimo 30 aprile, del Piano nazionale di ripresa da cui dipenderanno i circa 210 miliardi di euro di fondi del Recovery Fund.

A seguito delle consultazioni potrebbe anche essere individuato un nuovo papabile Presidente del Consiglio: ciò porterebbe alla nascita di un Nuovo Governo supportato dalla maggioranza attuale, con IV, e dai responsabili del centrodestra.

Insomma, vari esiti, vari scenari; la cosa che conta è che l’Italia in un momento di crisi, come quella attuale, riesca a sollevarsi dalle macerie a prescindere da chi ne sarà la guida.

Manuel De Vita

Pfizer risponde alle accuse sui ritardi, mentre la Germania guarda a possibili cure alternative

Dopo lo scoppio della polemica e numerose proteste per i ritardi delle consegne del vaccino in Europa, Pfizer ha risposto pubblicamente, precisando alcuni aspetti della vicenda, secondo le quali la situazione sembrerebbe ribaltarsi.

(fonte: avvenire.it)

Il ricalco del numero di dosi estraibili per fiala

“Pfizer ha ridotto il numero di fiale, ma non di dosi previste, che resta lo stesso. Quello che sta accadendo è frutto di un fraintendimento nel conteggio delle dosi che non è il conteggio delle fiale.” cita un comunicato dell’azienda.

Stando a questa dichiarazione, la casa farmaceutica, avrebbe ridotto la produzione a causa dei lavori presso il sito produttivo belga di Puurs, ma i numeri pattuiti negli accordi con gli Stati europei sarebbero stati rispettati, anzi raggiunti e superati, almeno fino al periodo 8-18 gennaio. Come è possibile?

I numeri specificati negli accordi stipulati con l’Ue e anche gli Usa – quelli non rispettati secondo gli Stati europei – sarebbero relativi alle dosi, non alle fiale da distribuire.

Pfizer continua a sottolineare che ogni fiala prodotta conterrebbe 6 e non 5 dosi, però, perché ciò sia possibile, è necessario l’utilizzo delle “famose” siringhe di precisione, su cui da tempo si discute. Su questo, dai centri vaccinali italiani è arrivata una conferma.

Un ricalcolo riconosciuto anche dall’Ema (l’autorità europea del farmaco), che aveva già riformulato le autorizzazioni a fine dicembre, e il 6 gennaio negli Stati Uniti, dopo settimane, dall’omologa dell’ente europeo Food and Drug Administration.

Ieri, Pfizer ha aggiunto di poter fornire 2 miliardi di dosi, anziché 1.3 miliardi come preventivato, entro il 2021.

La reazione alle nuove dichiarazioni di Pfizer

Il commissario straordinario Arcuri si è detto indignato per le dichiarazioni del colosso americano, verso cui l’Italia ha intrapreso le vie legali. Sarebbe un tentativo di distrarre i cittadini dal reale mancato rispetto degli accordi.

(fonte: fanpage.it)

“Dopo aver letto dotte disquisizioni sul numero di dosi per fiala, sei anziché cinque, apprendiamo che il problema sarebbe tornato ad essere la mancanza di siringhe di precisione”.

Ha aggiunto che negli ultimi giorni, in Italia, si è provveduto a distribuire un numero inferiore di siringhe solo per le consegne ridotte e che quando queste riprenderanno a regime, “proprio le siringhe non saranno a mancare”.

Ha pesantemente attaccato Pfizer, ma anche AstraZeneca per i ritardi:

“Stanno trattando ventisette Paesi europei come dei poveracci. Queste aziende non producono bibite e merendine”.

Il commissario si è, poi, espresso anche su delle voci – non confermate – secondo le quali, un certo numero di dosi riservate ad alcuni Stati Europei, tra cui l’Italia, siano andati ai Paesi più ricchi dell’Unione o in altri continenti.

Il ministro degli Affari Regionali, Francesco Boccia, ha dichiarato che l’Italia pretende che i numeri pattuiti siano ripristinati e che i tutti gli eventuali problemi produttivi siano adeguatamente segnalati. Sull’ipotesi che i vaccini non recapitati siano invece andati ad altri Paesi più ricchi, ha detto:

“Spero che questo non sia vero. So che all’Europa sono stati dati meno vaccini di quanto doveva riceverne e che con la vita delle persone non si gioca.”.

I ritardi faranno, così, slittare di circa 4 settimane la vaccinazione degli over 80 e, di 6-8 l’inizio di quella del resto della popolazione. Intanto le dosi disponibili verranno usate per il richiamo – che è necessario sia effettuato nei tempi previsti – a coloro che sono stati già sottoposti alla prima somministrazione.

Si dovrà ancor di più per l’immunità di gregge, che si può avviare in sicurezza solo con un’alta percentuale di persone vaccinate. A tal proposito, il commissario Arcuri ricordava l’obiettivo di 45milioni di italiani vaccinati entro l’autunno, che ora pare stia sfumando.

Il patto riservato con Israele

(fonte: ilmanfesto.it)

Un’altra polemica, che si inserisce nello scenario delle vaccinazioni contro il coronavirus, ha come protagonista lo Stato d’Israele. Il primo ministro Netanyahu – che nel suo ufficio conserva a vista la siringa con cui gli è stata somministra la prima dose Pfizer – pare abbia firmato un accordo di venti pagine con la società americana, per la consegna di una quantità di fiale sufficienti ai due terzi della popolazione (9.2 milioni di persone) entro marzo, esclusi i più giovani sotto i 16 anni. Un’intesa simile sarebbe stata finalizzata anche con Moderna. Dal 20 dicembre, oltre 2.5 milioni di cittadini sono stati vaccinati. Per assicurare la consegna di tutte le dosi nei tempi prestabiliti, pare che Israele abbia pagato tanto e di più di tanti Paesi Ue. Ciò per permettere che i cittadini possano andare al voto, come previsto – per la quarta volta in due anni – il prossimo 23 marzo.

Nell’accordo si teme figurino troppi dettagli sensibili relativi ai cittadini e ogni singola dose, nel suo tragitto fino al braccio in cui era stata destinata ad essere iniettata. Il governo ha risposto assicurando che, in realtà, a Pfizer vengono forniti solo dati statistici generali. Di questo sono poco convinte alcune associazioni e organizzazioni che si occupano di tutela della privacy. Così, queste hanno firmato una petizione presentata in tribunale che ha costretto il Ministero della Sanità a rendere pubblico l’accordo, documento approvato senza che la Commissione di Helsinki – preposta a definire le regole per le sperimentazioni mediche sugli esseri umani – potesse prima revisionarlo. Nonostante ciò, alcuni passaggi rimangono ancora riservati.

Si cerca l’alternativa al vaccino

In questo scenario, nelle ultime ore è arrivata la notizia che la Germania inizierà a utilizzare, negli ospedali universitari già dalla prossima settimana, il trattamento sperimentale a base di anticorpi monoclonali, con cui l’appena-ex presidente americano Trump fu curato quando fu malato di Covid. Lo ha annunciato domenica il ministro della Salute tedesco, Jens Spahn: “Il governo ha acquistato 200mila dosi” ha detto al quotidiano Bild am Sonntag.

La strada verso la fine della pandemia è ancora lunga, ma gli ultimi avvenimenti sono stati prova del fatto che la comunità scientifica non si è ancora arresa nella ricerca di cure alternative ai vaccini.

 

Rita Bonaccurso

Il discorso di Conte al Senato: le sorti di un Paese

Dopo aver ottenuto la maggioranza alla Camera con ben 321 sì, il Presidente del Consiglio Conte sta affrontando oggi la fase maggiormente decisiva a Palazzo Madama, dove gli equilibri sono diversi.

(fonte: open)

È durato circa un’ora l’atteso discorso del premier, tenuto stamattina in Senato e scandito da 31 applausi, più numerosi dei 14 ricevuti ieri a Montecitorio. Un intervento che ricalca in gran parte quello fatto ieri: “Con la pandemia, con la sua sofferenza, il Paese si è unito. Si è elevato il senso di unità del governo, si sono elevate le ragioni dello stare insieme”.

Al Senato, il presidente del Consiglio conta sul voto di Liliana Segre, tornata a Roma appositamente per confermare la fiducia, e del gruppo Maie-Italia23, formatosi per sostenerlo.

Dure ancora le opposizioni. Ieri Giorgia Meloni ha attaccato tutto il Governo alla Camera, accusando Conte di “poltronismo” e chiedendo il voto.

Attesissimi gli interventi di Matteo Renzi che, dopo la vicenda che lo ha avuto come antagonista, promette “la verità”. Si aspetta anche quello di Matteo Salvini.

Il discorso di Conte in Senato

Conte ha iniziato, alle 9:30 circa, dai banchi del Senato. Siedeva insieme ai ministri Franceschini, Speranza, Gierini, Bonafede, Di Maio, Lamorgese, D’Incà e Amendola; ad ascoltarlo un’aula quasi al completo, sotto gli occhi anche di Salvini e Renzi.

Prima osservato un minuto di silenzio in memoria di Emanuele Macaluso, lo storico dirigente Pci morto a 96 definito – a prescindere dai propri ideali – un grande protagonista della vita politica e culturale italiana”.

Subito dopo, ha ricordato le difficoltà derivate dalla alla pandemia, dove il governo ha dovuto “operare delicatissimi, faticosissimi, bilanciamenti dei princìpi e dei diritti costituzionali.”.

In questi mesi così drammatici, pur a fronte di una complessità senza precedenti, questa maggioranza ha dimostrato grande responsabilità, raggiungendo – certamente anche con fatica, convergenza di vedute e risolutezza di azione, anche nei passaggi più critici.” – ha detto per poi attaccare l’opposizione – “In questi giorni ci sono state continue pretese, continui rilanci concentrati peraltro non casualmente sui temi palesemente divisivi rispetto alle varie sensibilità delle forze di maggioranza. Di qui le accuse a un tempo di immobilismo e di correre troppo, di accentrare i poteri e di non aver la capacità di decidere. Vi assicuro che è complicato governare con chi mina continuamente un equilibrio politico pazientemente raggiunto dalle forze di maggioranza”

(fonte: ilMattino)

Nel suo discorso – accompagnato da brusii ed applausi ironici, cori “Bravo, bravo!” – il premier ha toccato anche altri punti fondamentali del progetto di governo: rilancio del Sud, digital divide, riforma meditata del titolo V della Costituzione, piano vaccinazioni, ma anche la necessità di un governo e di forze parlamentari che riconoscano l’importanza della politica indirizzata al benessere dei cittadini.

La richiesta di “un appoggio limpido, che si fondi sulla convinta adesione a un progetto politico” perché “questo è un passaggio fondamentale nella vita istituzionale del nostro Paese ed è ancora più importante la qualità del progetto politico”

Ha poi concluso usando le stesse parole dell’intervento alla Camera:

“Costruiamo questo nuovo vincolo politico, rivolto alle forze parlamentari che hanno sostenuto con lealtà il Governo e aperto a tutti coloro che hanno a cuore il destino dell’Italia. Io sono disposto a fare la mia parte. Viva l’Italia”

A seguire un lungo e caloroso applauso finale, durante il quale, addirittura i parlamentari del Pd e del M5s si sono alzati in piedi.

Subito dopo, non è mancato un acceso mormorio in Aula. La presidente del Senato Elisabetta Casellati ha dovuto chiedere silenzio per poter dare avvio al dibattito.

Il dibattito

Concluso l’intervento del premier, è iniziata la discussione generale. Risultano essere 45, almeno per ora, i senatori iscritti a parlare, tra cui il senatore a vita Mario Monti, Emma Bonino, Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega, e Matteo Renzi, leader di Italia viva. Otto gli interventi previsti per le dichiarazioni di voto. Per Italia viva interverrà Teresa Bellanova, ex ministro dell’Agricoltura, Andrea Marcucci, presidente dei senatori del Pd, e Matteo Salvini, segretario della Lega.

Un lungo applauso ha accompagnato la senatrice a vita Liliana Segre, accolta dal saluto di Pier Ferdinando Casini.

“Conte – ha detto – ha dimostrato in queste vicende una sua solidità e una capacità”, annunciando il suo voto a favore.

Tendente a essere positivo si è detto anche Mario Monti del Gruppo Misto:

 “Annuncio il mio voto di fiducia nel modo che mi è proprio. Non le porto voti, se non il mio. Il mio un voto di fiducia è libero e condizionato ai provvedimenti, se corrisponderanno alle mie convinzioni.”.

(fonte: flipboard)

Tra i senatori già in maggioranza, si segnala oggi l’assenza per Covid di Francesco Castiello del M5s.

Sono 153 ritenuti certi – finora – a favore della maggioranza, ma il pallottoliere viene continuamente aggiornato. C’è chi confida che l’asticella a sostegno di Conte salga fino ad almeno 158.

L’obiettivo, secondo alcune fonti, sarebbe quello di lasciare più di 18 senatori di margine tra i Sì e i No, per dimostrare che Italia Viva non è essenziale alla maggioranza.

Dopo l’abbandono del governo, la suddetta aveva annunciato che si asterrà nel voto finale, come confermato dal senatore umbro Leonardo Grimani. Questo consentirà all’esecutivo di ottenere la fiducia con una maggioranza relativa, per la quale non è richiesto un quorum minimo ed è sufficiente superare l’opposizione anche di un solo voto.

Considerata, Iv, responsabile della “crisi assurda e incomprensibile” da parte di Franco Mirabelli, vicepresidente del gruppo dem a Palazzo Madama, questo ha aggiunto ai microfoni:

“E’ necessario sostenere l’azione del governo per aiutare il Paese, con le risorse del Recovery, a superare la pandemia, a fare ripartire l’economia e fare le riforme. Per questo il Partito democratico appoggia l’impegno del presidente Conte a un nuovo patto di legislatura”.

Netta l’opposizione del centro-destra, che chiede le dimissioni del presidente del Consiglio anche al Senato. Il testo, uguale a quello presentato ieri alla Camera, è firmato dai capigruppo di Lega, Massimiliano Romeo, di Forza Italia, Annamaria Bernini, di Fratelli d’Italia, Luca Ciriani e da Paolo Romani di ‘Cambiamo’.

Alle 16:30 la seduta sarà sospesa per un’ora per consentire la sanificazione dell’Aula. Per le 17:30 si attende, invece, la replica del premier che precederà le dichiarazioni di voto sulla fiducia e la chiama, prevista per le 18.

L’esito dello scrutinio resta ancora totalmente incerto ma dovrebbe essere annunciato circa alle 20:30.

Manuel De Vita

Ritardo Pfizer. Ue e Italia non transigono e chiedono il rispetto dei patti

Nei giorni scorsi, da parte di Pfizer era arrivato un appello affinché si lavorasse più velocemente per l’approvazione degli altri vaccini ancora nelle ultime fasi di sperimentazione. Il motivo fornito è l’impossibilità, da parte dell’azienda, di produrre il vaccino per tutto il mondo nei tempi necessari al contenimento del covid.

Non ha tardato la reazione dell’Ue, la quale ha annunciato di non ammettere eventuali ritardi sulla consegna delle dosi, facendo intendere che questi sarebbero stati, dunque, provocati dalla produzione, non da disposizioni diverse, e ricordando che l’azienda tedesca è stata finanziata con 100 milioni di euro dalla Comunità.

Gli obiettivi raggiunti con le campagne di vaccinazione

(fonte: agendadigitale.eu)

Molti Stati, tra cui l’Italia hanno raggiunto già ottimi traguardi con le somministrazioni. Il nostro Paese si trova al nono posto nella classifica mondiale e al primo in Europa, sono un milione e 120mila gli italiani che hanno ricevuto la prima dose di vaccino. Uno dei prossimi obiettivi – nonostante i dati confortanti di questa prima fase della vaccinazione – è che possano essere utilizzati, dopo tutte le fasi di sperimentazione e di certificazioni, anche le dosi di Reithera. Ciò è previsto avvenga a giugno. L’approvazione del vaccino italiano è attesissima: grazie alla sua formulazione, basterebbe una sola dose per ottenere l’immunità al virus e gode di più facile conservazione, che può avvenire anche in un normale frigo a 4 gradi. Ma di questo vaccino, l’azienda, stima di poter produrre 100 milioni di dosi all’anno al massimo.

La somministrazione di una dose Pfizer (fonte: milano.corriere.it)

 

Le reazioni in Europa dopo l’annuncio ufficiale dei ritardi

Intanto l’annuncio del ritardo della distribuzione del vaccino Pfezeir-Biontech è arrivato come temuto, il 16 gennaio, alle ore 15.38 con un comunicato ufficiale. La Pfizer aveva avvisato che, a partire dalla giornata odierna, avrebbe consegnato all’Italia circa il 29% di fiale di dosi in meno rispetto ai piani concordati con gli uffici del Commissario straordinario Arcuri e con le Regioni italiane. Inoltre, ha, unilateralmente, deciso in quali centri di somministrazione sul suolo nazionale ridurrà le fiale inviate e in quale misura. Analoga comunicazione è pervenuta a tutti gli altri Paesi della Unione. Inizialmente, l’Ue ha temuto un ritardo delle consegne pari a 3-4 settimane.

“La campagna vaccinale italiana è partita con il piede giusto, siamo il primo paese dell’Unione europea. Le cose si sono messe nel modo giusto, ma chiediamo a Pfizer di rispettare i patti, chiediamo serietà e rigore” ha detto il ministro della Salute Roberto Speranza, durante un suo intervento durante il programma televisivo Stasera Italia Weekend.

Il commissario Arcuri (fonte: corriere.it)

Lo strano suggerimento di Pfizer

Alla vigilia dell’annuncio del cambio di programma, Pfizer aveva, inoltre, ufficialmente suggerito di procedere con l’estrazione, presso gli hub vaccinali dove sono state fornite le siringhe di precisione, anche di una sesta dose dalle fiale consegnate. Una soluzione per consentire di ottenere il 20% di dosi in più rispetto a quelle finora iniettate, il 66% di quelle disponibili. Intanto chi ha partecipato al V-Day del 27 dicembre, fra ieri e oggi, dovrebbe aver ricevuto la seconda dose. Per i richiami già programmati si era programmato l’utilizzo della riserva del 30%, ma dove in via di esaurimento, anche, se necessario, la somministrazione di fiale del vaccino Moderna, compatibile con il Pfizer.

Ci sarebbe la necessità di ristrutturare l’impianto belga di Puurs per aumentare il ritmo produttivo, dietro le incertezze di Pfizer. “Appena ho saputo del ritardo nella produzione di Pfizer – ha dichiarato il presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen – ho chiamato l’amministratore delegato: mi ha rassicurato che tutte le dosi previste per l’Ue saranno consegnate nel primo trimestre”.

Un piano per ridurre il ritardo

Così, anche dopo la richiesta del commissario Arcuri di “rivedere i propri intenti”, auspicando “di non essere costretto a dover tutelare in altro modo il diritto alla salute dei cittadini italiani”, Pfizer e BioNTech hanno poi comunicato di aver un piano per ridurre a una settimana i ritardi annunciati.

In un comunicato si legge che questo “permetterà di aumentare la capacità di produzione in Europa e di fornire molte più dosi nel secondo trimestre. – e ancora – Torneremo al calendario iniziale di distribuzione all’Ue a partire dalla settimana del 25 gennaio, con un aumento delle consegne dalla settimana del 15 febbraio. Per farlo, alcune modifiche al processo di produzione sono ormai necessarie.”

La preoccupazione per le “varianti”

Ad aumentare la tensione, contribuisce la preoccupazione per le varianti inglese e brasiliana del virus, più aggressive e contagiose.

L’Istituto zooprofilattico di Abruzzo e Molise (Izsam) ha individuato 51 contagi, nella provincia di Chieti, riconducibili alla variante inglese.

Le autorità, già preoccupate per la più facile contagiosità della variante inglese, stanno monitorando attentamente anche la variante brasiliana, su cui vi sono ancora meno certezze che sull’altra.

Inizialmente, vi era anche il sospetto che la Pfizer stesse ritardando proprio a causa della scoperta delle varianti, poi smentito a causa dell’obiettiva insostenibilità nel produrre dosi per tutto il mondo.

Sulla parziale o completa inefficacia dei vaccini già somministrati su queste varianti, non vi è assoluta certezza, ma l’attenzione è comunque altissima per il rischio.

In ogni caso, in tutti questi mesi, abbiamo – o almeno avremmo dovuto – imparare che è meglio non abbassare mai la guardia con questo virus.

 

 

Rita Bonaccurso

Reazioni avverse al vaccino per il covid, qual è la verità?

Che dall’inizio del 2020 ci sia stata una vera e propria corsa alla scoperta del vaccino per il SARS-cov-2, è sotto gli occhi di tutti.
Fin dai primi mesi dell’epidemia, la nostra rubrica si è occupata di informare i lettori sugli sviluppi relativi alla ricerca.
Ci sembra giusto, a ridosso dell’imminente arrivo delle dosi anche negli ambulatori italiani, fare chiarezza nel mare di informazioni fuorvianti che, purtroppo, a volte arrivano anche da persone “di scienza”. 

Partiamo dal principio: com’è composto il materiale genetico del SARS-cov-2?

Il nuovo coronavirus è un beta-coronavirus. Una volta infettata la cellula ospite, la utilizza per sintetizzare le proprie proteine.
Le proteine, a loro volta, replicano il genoma virale, in questo caso l’RNA a singolo filamento, e si assemblano in nuove particelle di virus. Praticamente il virus sfrutta la cellula ospite come una catena di montaggio per creare nuove copie di se stesso.
Nonostante ci siano ancora molti sostenitori di questa teoria, SARS-cov-2 non si integra nel genoma cellulare e non lo modifica, poiché non possiede una proteina fondamentale chiamata trascrittasi inversa.
La trascrittasi inversa trasforma l’RNA in DNA, ma è propria soltanto di alcuni retrovirus e batteri, che nulla hanno a che vedere con il nuovo coronavirus.
Questa proteina inoltre, è assente anche nelle cellule umane.

Quanti vaccini ci sono e come sono stati realizzati 

Al momento sono tre i vaccini candidati a condurre l’occidente fuori da questo periodo buio: quello della Pfizer, quello della Moderna e quello della Astrazeneca.
Tutti quanti hanno raggiunto la fase tre della sperimentazione (su un bacino di almeno 40000 volontari a testa) e sono dunque pronti, dopo le dovute autorizzazioni, ad essere immessi sul mercato. I vaccini Pfizer e Moderna utilizzano la tecnica ad mRNA, mentre Astrazeneca è il classico vaccino a vettore, ma l’antigene comune a tutti è sempre la proteina Spike del SARS-CoV-2.
Sui primi due sono nate molte perplessità, alcune fondate, altre assolutamente fuori da qualunque logica. Cercheremo quindi di spiegare in parole semplici come funzionano.

Cos’è la tecnologia a RNA messaggero?

L’mRNA contiene le istruzioni per la sintesi di nuove proteine.
Di solito trasporta le informazioni genetiche del DNA fino al citoplasma, dove queste sono usate per assemblare le proteine.
Un processo fondamentale, a cui l’organismo è abituato.
Una volta somministrato il vaccino, le cellule ricevono l’mRNA incapsulato in particelle lipidiche e questo viene utilizzato per replicare la suddetta proteina Spike.
Da sola essa è innocua, poiché manca tutto il resto del virus, ma è abbastanza per stimolare la risposta del sistema immunitario.
Successivamente, quando il soggetto incontrerà il SARS-cov-2, avrà già gli anticorpi per combatterlo prima che causi la malattia.
Questo processo di realizzazione è più veloce, più semplice e meno costoso di quello tradizionale, e potrà aprire la strada all’utilizzo degli mRNA anche nella cura di altre malattie.

Reazioni avverse ai vaccini: attenzione agli allarmismi

Tra i tanti dubbi che la pandemia ci ha lasciato, una cosa è certa: ha inasprito ancora di più le divergenze e i dissapori all’interno della comunità scientifica.
Alcuni hanno visto la malattia da coronavirus come un modo per guadagnare popolarità attraverso dichiarazioni discutibili.
Come sempre, invitiamo i nostri lettori a fare dei controlli incrociati sulle notizie, anche se sembrano arrivare da fonti illustri.
Ogni farmaco, ogni sostanza che viene somministrata non è esente da rischi, ma bisogna saper discernere tra ciò che è verosimile e ciò che non lo è.

Infertilità femminile

Ad oggi non esiste alcuna evidenza di una correlazione tra l’infertilità femminile e il vaccino per il SARS-cov-2 . L’idea si era diffusa a partire da un articolo, oggi disponibile solo in archivio, che ipotizzava la presenza di analogie tra la proteina Spike (usata come antigene nei tre vaccini) e la sincitina umana.
La sincitina è una proteina implicata nello sviluppo della placenta.
La preoccupazione era che ci potesse essere una risposta anomala del sistema immunitario contro di essa, scatenata dal vaccino.
Il punto, però, è che queste proteine non hanno nulla a che vedere l’una con l’altra a livello biochimico.
Inoltre, se ci fosse un vero legame tra infertilità e cross reazione di Spike e
sincitina, questo dovrebbe avvenire anche con la malattia da coronavirus, ma così non è.

Risposta immunitaria eccessiva e modificazioni genetiche

Una reazione da amplificazione della risposta immunitaria era già stata ipotizzata, vista la natura stessa della patologia da coronavirus. I test clinici però non hanno mostrato questo effetto.
Sempre lo stesso articolo parlava di una sostanza presente nel vaccino, il polietilen-glicole, capace di scatenare una reazione autoimmune.
Il Peg, però, è presente in moltissimi farmaci e vaccini clinicamente approvati e, in egual modo a ogni sostanza esistente, può provocare reazioni allergiche in soggetti predisposti.
Se ci fossero reazioni allergiche frequenti a questo componente, sarebbero venute alla luce molto prima del suo utilizzo nel vaccino del SARS-cov-2. 

Tiriamo le somme

Perché alcune persone subiscono degli effetti collaterali?
Alcuni, come la febbre, sono dovuti alla stimolazione del sistema immunitario.
Per quanto riguarda quelli più gravi, possono essere causati da variazioni genetiche, o da una particolare predisposizione dell’individuo.
Altri ancora hanno un meccanismo non ben chiarito.
Sappiamo anche di non poter prevedere la presenza di effetti a lungo termine, ma questo è un rischio intrinseco a ogni vaccino, a ogni farmaco, se vogliamo.

Ci sentiamo però di dire, per rassicurare i lettori, che le segnalazioni di reazioni gravi durante i trial clinici sono state ben poche.
Inoltre, queste reazioni avvengono solitamente in tempi molto brevi a partire dalla somministrazione.
Sembra dunque improbabile che si verifichino problematiche future correlate al vaccino.
Non vi è alcuna volontà delle case farmaceutiche a mettere in commercio un prodotto nocivo, che potrebbe scatenare su scala mondiale una enorme richiesta di risarcimenti.
In ultimo, dalla scoperta dei vaccini in poi, la medicina ha compiuto dei balzi in avanti inimmaginabili in termini di sicurezza ed efficacia.
Ribadiamo, come sempre, l’invito ad informarsi solo da fonti attendibili e a mantener salda, o recuperare, la fiducia nella scienza.

Maria Elisa Nasso