UniMe: ancora riconoscimenti a livello internazionale

L’Università di Messina ed i suoi docenti, continuano ad ottenere prestigiosi risultati che portano luce in questo periodo buio di pandemia.

I traguardi raggiunti

Nell’ultimo periodo, grazie all’impegno costante di tutti i componenti dell’Ateneo, sono stati raggiunti traguardi ammirevoli. UniVersoMe è lieta di metterli in evidenza, fiera di far parte di una realtà sempre in costante crescita.

QS World University Ranking classifica UNIME tra le migliori per la Ricerca e gli studi in Medicina

fonte messinatoday.it
Fonte: messinatoday.it

La prestigiosa agenzia di ranking Quacquarelli Symonds, ha classificato nella QS World University Ranking (una delle più note classifiche universitarie al mondo) per la prima volta, l’Università di Messina tra le migliori Università per la Ricerca e gli studi in Medicina, raggiungendo il posto n°450 nel mondo e n° 17 in Italia. Il prestigioso traguardo è il preludio di un ulteriore miglior piazzamento nel futuro riscontro di Giugno della medesima classifica.

Il Magnifico Rettore Prof. Salvatore Cuzzocrea ha così commentato:

Il nostro impegno è costante. Ho sempre ripetuto, da quando mi sono insediato che con passione lavoriamo ogni giorno per potenziare la ricerca e la didattica. Lo sforzo compiuto da tutta la Comunità Accademica è stato notevole ed i risultati raggiunti ci fanno sperare che quelli futuri saranno ancora migliori. Ci abbiamo creduto fin dall’inizio e, nonostante le difficoltà di lavorare durante un’emergenza pandemica che ci ha messo a dura prova, sappiamo che abbiamo le professionalità e gli stimoli giusti per ben figurare in Italia e nel mondo. Piccoli passi abbiamo compiuto e altri ne faremo sempre con umiltà ma con consapevolezza.

Rivista “Vaccines” – Pubblicato uno studio sulle reazioni avverse ai vaccini contro il Sars-Cov-2

Fonte: unime.it

Il Prof. Cesare de Gregorio in collaborazione con altri docenti e ricercatori, ha effettuato uno studio sulle reazioni avverse dei vaccini, in particolar modo sulle reazioni allergiche immediate e ritardate, includendo anche considerazioni terapeutiche.

Lo studio si incentra sull’incidenza delle reazioni allergiche, sulla vaccinazione in gravidanza, sintomi vasovagali e decessi associati alla vaccinazione (tema molto discusso negli ultimi giorni) al fine di prevenire le complicanze e migliorare la sicurezza delle future vaccinazioni.

Lo studio è stato pubblicato sulla famosa rivista “Vaccines”.

La prof.ssa. Mariangela Puglisi nuovo membro della “Société royale de numismatiqye de belgique” 

La Prof.ssa. Mariangela Puglisi – Fonte: unime.it

La Société royale de numismatiqye de belgique fondata nel 1841, è un’organizzazione no-profit che ha come obiettivo la promozione della numismatica, sigillografia e delle disciplini affini (approfondimenti).

La società con sede a Bruxelles ha nominato come nuovo membro la prof.ssa Mariangela Puglisi, associata di Numnistica presso il Dipartimento di Civiltà antiche e moderne.

Menzione speciale: La Prof.ssa Giovanna Valenti nominata Prorettrice alla Ricerca e all’Innovazione

La Prof.ssa Giovanna ValentiFonte: unime.it

Docente ordinaria di Fisica matematica del dipartimento di Ingegneria, la Prof. Giovanna Valenti è stata nominata Prorettrice alla Ricerca e all’Innovazione. Il culmine di una carriera che ha visto numerosi traguardi, infatti è stata Coordinatrice del CdL di Ingegneria Edile, componente del Senato Accademico dal 2007 al 2013 ed attualmente presenzia nella Giunta del Dipartimento di Ingegneria per il triennio 18-21.

Autrice di numerose pubblicazioni, i suoi campi di ricerca si focalizzano sulle “Metodologie della Termodinamica Estesa per la costruzione di modelli iperbolici, sulle dinamiche di pattern in modelli parabolici ed iperbolici di tipo avvettivo, reattivo e diffusivo”.

Livio Milazzo

Oggi si celebra la Giornata nazionale in memoria delle vittime di Covid: l’omaggio di Draghi a Bergamo e le varie iniziative sul territorio nazionale

L’Italia ‘cullata’ da una dottoressa. Fonte: Tgcom24

Oggi, giovedì 18 marzo, viene per la prima volta celebrata la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’epidemia di Coronavirus. La decisione è stata presa dalla commissione Affari costituzionali del Senato nella mattinata di ieri, votando all’unanimità il disegno di legge (ddl) che ha creato proprio in questa data la giornata commemorativa. Per l’occasione, il presidente del Consiglio Mario Draghi si è recato nella città lombarda di Bergamo per ricordare le oltre 103 mila vittime italiane della pandemia.

Il provvedimento

L’ok definitivo al disegno di legge è arrivato (giusto in tempo) dopo il parere favorevole della commissione Bilancio su un emendamento tecnico e il passaggio alla sede deliberante, chiesto lo scorso martedì alla conferenza dei capigruppo per ‘bypassare’ l’esame in Aula, in modo da accelerare le procedure di approvazione. La calendarizzazione del provvedimento è stata realizzata molto in ritardo per via di problemi tecnici verificatisi dopo il passaggio alla Camera e la successiva assegnazione del provvedimento a Palazzo Madama, il 28 luglio scorso.

Nel documento – frutto dell’unificazione di due testi – si legge circa l’intenzione di ‘’conservare e rinnovare la memoria di tutte le persone decedute”. I primi firmatari sono stati il deputato di Forza Italia Giorgio Mulè e il senatore leghista Matteo Salvini.

Soddisfatti i diversi partiti: «E’ un bel segnale che tutti abbiano dato il loro contributo» ha sottolineato Dario Parrini (Pd), presidente della prima commissione. «Siamo molto soddisfatti – ha poi aggiunto – dell’approvazione di questa legge in via definitiva». Anche i componenti del Movimento 5 Stelle presenti in commissione hanno detto la loro: «Era un atto doveroso verso tutti gli italiani che hanno perso la vita per colpa di una pandemia che all’improvviso ha travolto tutto il mondo».

Sono state poi spostate in un ordine del giorno le iniziative di solidarietà e risarcimenti con le quali il governo si impegnerà ad aiutare le famiglie del personale sanitario, primo eroe indiscusso della battaglia contro il Coronavirus.

Perché il 18 marzo?

Un anno dopo i camion dell’esercito a Bergamo. Fonte: Avvenire

Esattamente un anno fa, i camion dell’esercito uscivano dalla città di Bergamo – uno dei luoghi più duramente colpiti durante la prima ondata – in un triste corteo per trasportare le centinaia di bare dei defunti verso i forni crematori di altre regioni, in assenza dei tanti posti liberi che la sepoltura avrebbe richiesto.

È impossibile dimenticare le impressionanti immagini di quella notte, che nel giro di qualche ora avrebbero pervaso l’intero sistema mediale e che per sempre sarebbero rimaste impresse negli occhi di chi ha vissuto in prima persona la pandemia. La scelta del 18 marzo, come data in cui far ricadere la ricorrenza, non è quindi una coincidenza: il ricordo di un momento di dolore che diviene oggi, ancora nel bel mezzo della battaglia, un monito per continuare a lottare e sperare. Lo si evince dalle parole di Giorgio Mulè:

«L’Italia ricorderà ogni anno chi non ce l’ha fatta nella ricorrenza di quell’immagine con i camion militari incolonnati sulle strade di Bergamo con i feretri. Sarà un giorno simbolico per il Paese che attraverserà i confini del tempo e della memoria».

Le cerimonie di oggi e il minuto di silenzio

A Bergamo sono state previste oggi due cerimonie: la deposizione di una corona di fiori al Cimitero monumentale della città alle ore 11:00 e l’inaugurazione del Bosco della Memoria al Parco Martin Lutero alla Trucca alle ore 11:15. È stata inoltre disposta dalla Presidenza del Consiglio l’esposizione a mezz’asta delle bandiere nazionale ed europea su tutti gli edifici pubblici del Paese.

Il primo ministro Draghi. Fonte: Governo Italiano Presidenza del Consiglio dei Ministri

Non è mancato l’invito anche ai sindaci di tutti i comuni italiani a cui è stato chiesto, dal presidente dell’Anci (Associazione nazionale comuni italiani) Antonio Decaro, un minuto di silenzio davanti alla bandiera italiana da osservare alle ore undici, in concomitanza con l’arrivo a Bergamo del primo ministro Draghi.

Queste le parole d’invito di Decaro, sindaco di Bari:

«Caro collega, domani 18 marzo sarà la prima giornata nazionale in memoria delle vittime dell’epidemia da coronavirus. Così come avvenuto il 31 marzo dello scorso anno, sono convinto che anche i sindaci italiani promuoveranno occasioni e cerimonie commemorative per ricordare le tante vittime che piangono le nostre comunità e onorare il sacrificio e l’impegno degli operatori sanitari. Testimoniare il nostro essere uniti, il nostro stare insieme come sindaci, senza distinzione di appartenenze geografiche o politiche è un segnale importante di fiducia e di speranza da trasmettere alle nostre comunità ancora fortemente provate da questa triplice emergenza sanitaria, economica e sociale. Per questo vorrei chiedervi di condividere un gesto in comune. In concomitanza con l’arrivo a Bergamo del Presidente del Consiglio dei Ministri, prevista per le ore 11 di domani, ritroviamoci davanti ai nostri municipi, indossando la fascia tricolore, per osservare un minuto di silenzio al cospetto della bandiera italiana esposta a mezz’asta».

Antonio Decaro. Fonte: Il Quotidiano Italiano

Iniziative celebrative ed informative tra scuola e tv

Accanto al ricordo delle vittime, non manca di certo l’impegno concreto della legge. Sono qui di seguito riportati tre dei 6 articoli componenti il testo del provvedimento ieri approvato:

L’articolo 3 prevede che al fine di celebrare la giornata nazionale, venga attribuita allo Stato, alle regioni, alle province ed ai comuni, la facoltà di promuovere, nell’ambito della loro autonomia e delle rispettive competenze, anche in coordinamento con le associazioni interessate, iniziative specifiche, manifestazioni pubbliche, cerimonie, incontri e momenti comuni di ricordo, favorendo in particolare le attività e le iniziative rivolte alle giovani generazioni.

Ai sensi dell’articolo 4, nella Giornata nazionale, le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, nell’ambito della loro autonomia, possono promuovere iniziative didattiche, percorsi di studio ed eventi dedicati alla comprensione e all’apprendimento dei temi relativi alla diffusione dell’epidemia da Coronavirus e all’impegno nazionale ed internazionale profuso per il suo contenimento e per garantire assistenza alle comunità e alle persone colpite.

L’articolo 5 rimette alla società concessionaria del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, secondo le disposizioni del contratto di servizio, il compito di assicurare adeguati spazi a temi connessi alla Giornata nazionale, nell’ambito della programmazione televisiva pubblica nazionale e regionale. (Fonte: https://www.camera.it/leg17/522?tema=istituzione-della-giornata-nazionale-in-memoria-delle-vittime-dell-epidemia-da-coronavirus).

Gaia Cautela

160 anni d’Italia, unione e pandemia: le parole del Presidente Mattarella e le proteste sul web

(fonte: twitter.com, @MinisteroDifesa)

17 marzo 1861: 160 anni fa nasceva il Regno d’Italia sotto la guida del re Vittorio Emanuele II di Savoia. Da quel momento molti eventi hanno segnato il destino del regno, poi divenuto Repubblica, fino ai giorni nostri: a celebrare la giornata una dichiarazione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ricorda, tra l’altro, l’importanza dell’unità in tempi di pandemia.

Le parole del Presidente

Celebriamo oggi il 160° anniversario dell’Unità d’Italia, la “Giornata dell’Unità Nazionale, della Costituzione, dell’Inno e della Bandiera“.

Così il Capo di Stato ha introdotto l’argomento della breve ma corposa dichiarazione, approfittando subito dopo per ricordare l’importanza dei valori di unità sanciti 160 anni fa nell’attraversare un periodo di sfida come quello del Covid-19.

L’Italia, colpita duramente dall’emergenza sanitaria, ha dimostrato ancora una volta spirito di democrazia, di unità e di coesione. Nel distanziamento imposto dalle misure di contenimento della pandemia ci siamo ritrovati più vicini e consapevoli di appartenere a una comunità capace di risollevarsi dalle avversità e di rinnovarsi.

Non è un caso che il Presidente abbia voluto spendere parole d’incoraggiamento alla coesione. Negli ultimi giorni, infatti, molti sono stati i motivi di dibattito e scissione sulla questione vaccini, soprattutto a causa dell’inchiesta e della sospensione temporanea della somministrazione del vaccino AstraZeneca. Poi continua:

La celebrazione odierna ci esorta nuovamente a un impegno comune e condiviso, nel quadro del progetto europeo, per edificare un Paese più unito e solido, condizione necessaria per una rinnovata prosperità e uno sviluppo equo e sostenibile.

Ribadisce l’importanza dell’impegno verso lo sviluppo sostenibile e la transizione ecologica, chiave del Recovery Plan ed oggetto dell’opera del neo-governo Draghi.

Le parole da Camera e Senato

Maria Elisabetta Alberti Casellati, presidente del Senato, scrive sui social: “Gli Italiani sono un grande popolo, che ha dimostrato coraggio e responsabilità nell’affrontare la più difficile crisi sanitaria, economica e sociale dal Dopoguerra. Orgogliosa di essere italiana!”

(fonte: twitter.com @Roberto_Fico)

Il presidente della Camera Roberto Fico ha invece approfittato dall’occasione per toccare diversi punti importanti. Lo rivela Adkronos: il Presidente, nel proprio discorso, ha infatti ricordato l’importanza del raggiungimento di obiettivi come la pace e la prosperità tramite l’utilizzo di quelle energie morali, culturali e civili che animarono il Risorgimento. Poi prosegue:

“Nella difficile fase che stiamo vivendo c’è una splendida immagine di identità e di italianità: quella dei nostri medici e di tutto il personale sanitario che sono sempre rimasti in prima linea a combattere una guerra logorante a tutela della salute della collettività. E c’è quella degli uomini e delle donne, impegnati nelle missioni internazionali di pace che contribuiscono, con il nostro Tricolore, alla promozione dei valori universali della libertà e della dignità della persona nelle aree del mondo ricattate dai conflitti e dalle violenze”.

Infine rivolge un pensiero all’ambasciatore Luca Attanasio ed al carabiniere Vittorio Iacovacci, scomparsi tragicamente a causa di un attentato nel Congo e ricordati tra coloro che hanno contribuito a portare nel mondo la cultura della pace del nostro Paese.

Ripercorrere la nostra storia, promuovere i nostri valori, avere rispetto per il nostro passato, serve a dar forma a una forza positiva, a una riserva di energie morali, culturali e civili indispensabile per affrontare il futuro e le sue sfide.” Ha concluso il Presidente.

Le proteste del web e l’hashtag #IONONFESTEGGIO

Molti utenti del web hanno approfittato della ricorrenza per lanciare su Twitter l’hashtag di protesta #IONONFESTEGGIO, con motivazioni legate in particolare al divario tra Nord e Sud.
Effettivamente, un rapporto del 2020 dello Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno) ha rivelato l’accentuazione del divario economico causato dalla pandemia, affermando che nelle regioni meridionali il secondo lockdown ha causato la caduta del reddito disponibile delle famiglie del -6,3% che si trasmette ai consumi privati, con una contrazione al Sud pari al -9,9% esuperiore a quella del Centro- Nord (-9%).

Secondo le proiezioni Svimez, il PIL crescerà al Sud dell’1,2% nel 2021 e dell’1,4% nel 2o22, mentre al Centro-nord avremo tassi di crescita del 4,5% nel 2021 e del 5,3% nel 2022. (agenziacoesione.gov.it)

I messaggi dei partiti

Diversi esponenti politici e partiti hanno voluto, allo stesso modo, approfittare della giornata per lanciare messaggi ai propri elettori: è il caso di Fratelli d’Italia, che celebrerà la giornata occupandosi della riqualificazione dei Parchi della Rimembranza ma ricorda l’importanza della difesa dell’identità nazionale.

Italia Viva, sotto l’hashtag #Italia160, ha dichiarato in un tweet l’intenzione di voler rendere omaggio allo spirito patriottico di coloro che lottarono per l’Unità battendosi per far ripartire il paese una volta superata la crisi pandemica.

Anche il neo-segretario del Partito Democratico Enrico Letta ha voluto condividere un messaggio di auguri, rimarcando l’importanza dell’unità nazionale.

 

Valeria Bonaccorso

Covid: cortisone arma a doppio taglio, ecco i nuovi dati

Fin dall’inizio della Pandemia mondiale, numerosi sono stati i tentativi di districarsi nella cura più appropriata per la nuova patologia causata dal SARS-CoV-2. È stata impiegata una gran varietà di farmaci, ma nel tempo le evidenze hanno dimostrato una scarsa efficacia di molti degli approcci terapeutici tentati.

Particolare rilievo è stato dato ad una “vecchia”, ma sempre attuale, classe di farmaci, ovvero i cortisonici. Tali farmaci hanno ricevuto un’elevata attenzione mediatica e vengono presentati come una possibile panacea nel trattamento domiciliare precoce della malattia.

Negli ultimi mesi si sta addirittura assistendo ad un vero scontro tra alcuni medici e le autorità sanitarie. I primi grandi fautori dei cortisonici già alle prime avvisaglie di malattia, le seconde, seguendo le evidenze scientifiche disponibili, consigliano di andare cauti e ne scoraggiano un uso smodato.

Ma qual è la verità? Il cortisone va o non va utilizzato nel trattamento del Covid?

Una recente meta-analisi fatta dai ricercatori italiani, tra cui il prof. Alberto Zangrillo, ha cercato di far luce sull’argomento.

Crediti immagine: Trialsitenews.com

Vai subito al punto

1. Premessa: cosa fa il virus al nostro organismo?
2. Come si è curato il Covid finora?
3. Il cortisone quindi si può usare? La Meta-analisi
4. Perchè ad alcuni pazienti il cortisone fa bene, ad altri no?
5. Conclusioni

Premessa: cosa fa il virus al nostro organismo?

Una volta contratta l’infezione attraverso l’inalazione di droplets (piccole goccioline in cui è disperso il virus), esso penetra nei nostri organi attraverso il recettore ACE2.

Questo recettore è presente in molteplici tessuti, tra cui i polmoni. Nei polmoni, nei casi gravi si viene ad instaurare una polmonite interstiziale (sia perché il virus si riproduce, che per l’attacco del sistema immunitario), che fa sì che si “ispessiscano” i polmoni, rendendo difficili gli scambi gassosi. Questo è il motivo per cui molti pazienti necessitano di ventilazione assistita e di ossigeno.

Crediti immagine: Frontiersin.org

Nei casi ancora più gravi il virus stimola a tal punto il sistema immunitario da causare una tempesta citochinica (le citochine sono molecole dell’infiammazione). Queste citochine fanno sì che si instauri una Sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS), per via dell’ulteriore “ispessimento” dei polmoni, rendendo di fatto impossibili gli scambi gassosi.

Per ultimo, ma non per importanza, il SARS-CoV-2 riesce pure a determinare (sempre attraverso l’infiammazione) un’aumento della coagulabilità del sangue, che porta alla formazione di microtrombi che occludono i vasi. Si possono occludere sia i vasi polmonari che altri vasi del corpo, determinando infarti, ictus, embolie polmonari, petecchie.

Come si è curato il Covid fino ad ora?

La terapia per i malati Covid, varia a seconda della gravità della malattia. Nei pazienti con pochi sintomi basta un’attenta osservazione per poi intervenire in caso di peggioramento.

Nei pazienti più gravi si è utilizzata una terapia di supporto, che consiste nel mantenere quanto più normali possibili tutti i parametri vitali. Ossigenazione in caso di insufficienza respiratoria, gestione della pressione arteriosa, ecc.

Gli unici farmaci attualmente approvati sono il Remdesivir ed il Desametasone, oltre ad antiaggreganti o anticoagulanti per i soggetti con rischio cardiovascolare. In emergenza sono stati approvati anticorpi monoclonali che però necessitano ancora di ulteriori studi.

Il cortisone quindi si può usare? La Meta-analisi

Che i cortisonici (in particolare il desametasone) fossero efficaci nel trattamento della malattia, è stato dimostrato. Tuttavia, dallo studio effettuato dai ricercatori italiani e pubblicato il 28 Novembre 2020 sulla rivista scientifica Journal of Cardiothoracic and Vascular Anesthesia, è emerso che è bene usarli SOLO IN ALCUNI CASI.

Fonte: Corticosteroids for Patients With Coronavirus Disease 2019 (COVID-19) With Different Disease Severity

Analizzando infatti cinque studi (criticamente selezionati tra 1168 articoli) con un totale di 7692 pazienti, i ricercatori sono giunti alle seguenti conclusioni:

  • Nei pazienti così gravi da richiedere ossigenoterapia, l’uso di desametasone ha portato ad una riduzione della mortalità del 6%;
  • mentre nei pazienti sintomatici, ma che non richiedevano ossigeno, l’uso di desametasone ha portato ad un incremento della mortalità del 4%.

Queste percentuali sembrano basse, ma considerando i milioni di malati Covid al mondo, una più chiara applicazione della giusta terapia può salvare migliaia di vite.

Perchè ad alcuni pazienti il cortisone fa bene, ad altri no?

La domanda sorge spontanea, la spiegazione risiede nella patogenesi della malattia.

Abbiamo visto infatti che in fase iniziale l’infezione da SARS-CoV-2 si localizza a livello delle alte e basse vie aeree. Questa, nei casi migliori, andrà incontro a guarigione grazie all’azione del sistema immunitario. Nelle prime fasi dell’infezione l’utilizzo di un farmaco come il desametasone potrebbe ridurre l’attività infiammatoria di difesa del sistema immunitario. Si potrebbe rischiare infatti di rendere vano il tentativo del nostro organismo di proteggerci dall’infezione, peggiorando l’evoluzione della malattia.

Nei casi invece dove i pazienti richiedono ossigeno, si è probabilmente innescata una eccessiva risposta infiammatoria a livello polmonare, che ha ridotto la capacità di scambio gassoso dei polmoni. In questo caso il razionale dell’utilizzo del desametasone è quello di frenare un sistema immunitario troppo vivace, che ha determinato la gravità della malattia.

Sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS). Crediti immagine: Wikipedia

Conclusioni

A dispetto di quello che millantano alcuni medici, fautori di una precoce terapia con cortisone, le evidenze scientifiche dicono il contrario.

UN USO PRECOCE DI DESAMETASONE IN PAZIENTI CHE NON HANNO BISOGNO DI OSSIGENO, POTENDO ABBASSARE LA RISPOSTA IMMUNITARIA E FAVORIRE LA REPLICAZIONE VIRALE,  AUMENTA DEL 4% LA MORTALITÀ.

La medicina, come tutte le scienze, non è esatta. Prima di arrivare alla scoperta di una malattia, di una cura per essa, sono necessari migliaia di studi di migliaia di ricercatori.

Diffidate dunque da chi, usando come stendardo il proprio titolo, cerca di fare scoop usando le vostre paure. Nella scienza non esistono né cure immediate, né miracoli, ma risposte basate su evidenze che pian piano ci fanno progredire.

Chi vi propone la cura miracolosa, nel migliore dei casi sbaglia, nel peggiore è in malafede, cercando guadagni o notorietà sfruttando la paura del cittadino, che nelle parole sicure (anche se false) dell’esperto trova conforto per la sua malattia.

Perfino alcuni premi Nobel in altri ambiti hanno commesso enormi errori di giudizio. Pensiamo ad esempio a Lui Montagnier, Nobel per la scoperta dell’HIV, diventato negli ultimi anni un convinto no-vax, nonostante il resto degli scienziati del mondo sia a favore dei vaccini.

Cortisone sì – cortisone no, dopo mesi di analisi dei dati e trial clinici, finalmente abbiamo una risposta abbastanza certa.

Fidiamoci della scienza, non dei singoli. Essa è frutto del lavoro di milioni di persone di scienza, che giorno dopo giorno con molta autocritica cercano di giungere a conclusioni sempre più precise. I miracoli, non appartengono alla scienza, ma ai ciarlatani.

Roberto Palazzolo 

Lenta la vaccinazione nell’Ue: l’Austria vuole una collaborazione con Israele

La strategia di vaccinazione messa in campo da Bruxelles procede lentamente. E il cancelliere austriaco Sebastian Kurz non ci sta. L’esigenza di rapidità lo porta a guardare fuori dall’Ue e ad accordarsi con Israele.

Austria, Danimarca e gli altri “first mover” con Israele

Dopo l’annuncio della scorsa settimana di un possibile accordo con la Russia per la fornitura del vaccino Sputnik V, l’Austria si è dimostrata ancora una volta diffidente nei confronti della campagna di vaccinazione dell’Ue: il cancelliere Kurz ieri ha dichiarato di voler affiancare Israele nella produzione di dosi di vaccino di seconda generazione. La stessa decisione è stata presa dalla premier danese Mette Frederiksen e dagli altri “first mover”, gruppo di paesi formatosi in estate per iniziativa dello stesso Kurz per elaborare celeri strategie di contrasto alla pandemia che comprende oltre ad Austria, Danimarca e Israele, anche Grecia, Repubblica Ceca, Norvegia, Australia e Nuova Zelanda.

Secondo Kurz l’approccio di Bruxelles si è rivelato corretto, tuttavia l’Ema ha tempi di approvazione troppo lunghi e, a questo, si aggiungono i ritardi nelle consegne delle case farmaceutiche. Le rapide mutazioni del virus, per il cancelliere austriaco, richiedono tempestività. Per essere pronti, secondo Kurz, non basta fare affidamento sull’Ue.

La risposta di Bruxelles è stata moderata. Infatti, come spiegato da un portavoce della Commissione, c’è sempre stata la possibilità per gli Stati membri di stringere accordi con altri paesi e, soprattutto in questa circostanza, si può trarre insegnamento da approcci diversi da quello europeo.

In Italia, Paolo Gentiloni, commissario agli Affari economici, ha giustificato i ritardi e la lentezza delle procedure di approvazione che sarebbero legati a meccanismi che guardano in primo luogo alla garanzia della salute dei cittadini.

Salvini invece approva la decisione di Kurz:

“La priorità è difendere e tutelare la salute dei cittadini. L’Italia segua l’esempio”.

La campagna di vaccinazione israeliana

Perché  Israele corre rapidamente sul fronte vaccinazioni?

Fattori importanti sono un sistema sanitario altamente digitalizzato, un’efficiente organizzazione della campagna di vaccinazione della quale si sono occupate le 4 “casse malattie nazionali”. Fondamentale il contributo fornito dall’esercito che si è impegnato nella gestione delle persone da vaccinare negli stadi sportivi e nei tendoni predisposti.

il centro vaccini di piazza Rabin ad Israele – Fonte: www.rassegnaweb.it

Ma al di là di questo, il successo israeliano è legato all’importanza delle informazioni e del denaro. Infatti, l’accordo che Israele ha firmato con Pfizer-Biontech prevede non solo il pagamento di 30\47 dollari a persona per le dosi, molto più del doppio del prezzo praticato in Europa, ma anche la cessione di informazioni legate ai risultati delle vaccinazioni, al sesso, all’età, alla storia medica di coloro che hanno ricevuto il vaccino in cambio di 10milioni di dosi e della promessa di spedizioni di 400.000-700.000 dosi ogni settimana. Israele sarebbe dunque un grande laboratorio di sperimentazione. Il governo israeliano ha chiarito che alla casa farmaceutica vengono fornite solo statistiche generali, senza dati che potrebbero far identificare i soggetti a cui vengono somministrate le dosi.

Da considerare anche gli interessi del primo ministro Netanyahu che mira a completare con successo l’obiettivo della campagna di vaccinazione prima delle prossime elezioni.

La partnership tra Merck e Johnson & Johnson negli Stati Uniti

Anche negli Stati Uniti la vaccinazione procede a gonfie vele sin dall’inizio. Gli Stati americani, infatti, sono stati i primi a muoversi nel mercato investendo risorse nella prenotazione di vaccini che ancora neanche esistevano. Tra l’altro, l’approvazione di Pfizer e Moderna da parte della Fda è arrivata prima rispetto a quella dell’Ema. A velocizzare ulteriormente la campagna vaccinale si è aggiunta la partnership fra i giganti farmaceutici statunitensi Merck e Johnson & Johnson annunciata ieri da Biden. L’accordo è stato favorito proprio dalla Casa Bianca preoccupata per i possibili ritardi della produzione di Johnson & Johnson. Il vaccino di J&J che già garantiva la rapidità perché efficace con una sola somministrazione, verrà affiancato dal nuovo medicinale di Merck che ha già ottenuto l’autorizzazione della Fda. Biden sembra confidare in questa collaborazione che, come affermato ieri, potrebbe portare

“Gli Usa sulla strada di avere abbastanza vaccini anti Covid per tutti gli americani entro fine maggio”,

con due mesi di anticipo rispetto alle previsioni.

Chiara Vita

Ordinanza in vigore da oggi: ecco le nuove regole da rispettare

A partire da oggi, lunedì primo marzo, Lombardia, Marche e Piemonte saranno in zona arancione, Basilicata e Molise in area rossa, la Liguria è tornata in zona gialla, mentre la Sardegna sarà la sola regione italiana in zona bianca– l’area con minori restrizioni in base alla classificazione del rischio introdotta a inizio gennaio.

La decisione era stata già comunicata venerdì ed è stata introdotta attraverso cinque ordinanze firmate dal ministro della Salute Roberto Speranza sabato 27 febbraio, in base ai dati e alle indicazioni della Cabina di regia.

(fonte: Perugiatoday)

“Sarebbe bello dire che è tutto finito e che siamo in una fase diversa, ma la più grande responsabilità di chi rappresenta le istituzioni è dire come stanno le cose. E la verità è che le prossime settimane non saranno facili. Abbiamo una campagna vaccinale da accelerare e allo stesso tempo una epidemia molto forte e presente sui territori”

Le regole da rispettare

In attesa della firma del Presidente del Consiglio Mario Draghi al nuovo Dpcm, che avrà efficacia dal 6 marzo fino al 6 aprile, entrano oggi in vigore le nuove disposizione dettate dalle ordinanze del ministro Speranza.

Sono cinque le ordinanze firmate che dettano disposizioni diverse in base ai dati sulla curva epidemiologica forniti dal CTS:

  1. La prima ordinanza del Ministro Speranza “conferma per ulteriori quindici giorni per le Regioni Abruzzo, Toscana, Umbria e per la Provincia Autonoma di Trento e Bolzano, le misure disposte dall’Ordinanza del 12 febbraio 2021”.
  2. La seconda ordinanza “dispone il passaggio in zona arancione per le Regioni Marche, Lombardia e Piemonte”.
  3. La terza ordinanza “dispone il passaggio in zona rossa per la Regione Basilicata”.
  4. La quarta ordinanza “dispone il passaggio in zona rossa per la Regione Molise”.
  5. La quinta ordinanza “dispone il passaggio in zona bianca per la Regione Sardegna”.

In Umbria entra in vigore anche l’ordinanza della Presidente della Regione Umbria, Donatella Tesei, che “prevede alcune misure sia di carattere regionali sia specifiche per la Provincia di Perugia, senza l’individuazione di aree rosse”.

Dunque, Calabria, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Puglia, Sicilia, Valle d’Aosta, Veneto sono in zona gialla; Abruzzo, Campania, Emilia-Romagna, Lombardia, Marche, Piemonte, Toscana, Provincia Autonoma di Bolzano, Provincia autonoma di Trento, Umbria in area arancione; Basilicata, Molise in zona rossa e Sardegna in zona bianca.

(fonte: Adnkronos)

La Sardegna è l’unica regione italiana a essere in zona bianca, cioè quella con il più basso livello di rischio epidemiologico. Secondo quanto disposto dall’ordinanza firmata dal presidente della Regione, Christian Solinas, si punta ad una graduale riapertura delle attività di ristorazione, permettendo ai ristoranti di rimanere aperti fino alle 23 e ai bar fino alle 21; il coprifuoco non sarà eliminato ma sarà dalle 23 alle 5; si valuta anche una possibile riapertura, con le necessarie restrizioni, di palestre e piscine, musei, e centri commerciali: Solinas ha comunque precisato che l’allentamento delle restrizioni “non rappresenta certamente un invito al liberi tutti”, ma piuttosto “uno sprone alla massima responsabilità”.

Mentre, per le regioni in zona arancione restano in vigore le regole generali: il coprifuoco dalle 22 alle 5, tuttavia, dalle 5 alle 22 non è necessario motivare gli spostamenti all’interno del proprio comune; non ci si può spostare tra comuni se non per motivi di lavoro, salute o necessità, ma si può sempre rientrare alla propria residenza, domicilio o abitazione: è possibile fare visita a una sola casa una volta al giorno, sempre dalle 5 alle 22 ed all’interno dello stesso comune e in una massimo di due individui, salvo accompagnatori di minori di 14 anni, persone disabili o non autosufficienti, per cui tale limite non vale; i negozi possono rimanere aperti, sempre nel rispetto delle linee guida (controllando gli ingressi e facendo mantenere il distanziamento fisico); permane il divieto di consumare cibi e bevande presso locali delle attività di ristorazione; bar e ristoranti potranno lavorare soltanto con le consegne da asporto e a domicilio dalle 5 alle 22.

In zona rossa si limitano al massimo gli spostamenti, consentiti solo per lavoro, salute o necessità, o per rientrare al domicilio, residenza o abitazione; negozi non essenziali sono chiusi; ristoranti e bar possono fare asporto (fino alle 18) e consegne a domicilio; non è più in vigore la “deroga sulle visite”, dunque si potrà andare a casa di altre persone soltanto per motivi di necessità;  gli spostamenti tra regioni saranno consentiti esclusivamente per comprovati motivi di lavoro, salute o necessità.

La situazione epidemiologica in Italia

Tocca quota tre milioni il numero dei casi di Covid in Italia (ad oggi sono 2.925.265), con un aumento del tasso di positività: in base ai 257.024 tamponi eseguiti, oggi risulta del 6,7%, a differenza di ieri dove era del 5,8%; aumento dei positivi che oggi sono 10.401 in più a discapito dei guariti che sono 6.847.

Invece, vi son 17.455 nuovi casi registrati, in diminuzione rispetto a ieri, quando se ne contavano 18.916, ma con più tamponi eseguiti. In diminuzione consistente anche il numero dei morti da Covid, con 192 decessi rispetto ai 280 di ieri; sono 2.231 i pazienti ricoverati in terapia intensiva, con un aumento di 15 unità rispetto a ieri; gli ingressi giornalieri in rianimazione sono stati 131 (ieri erano stati 163); ricoverate 18.638 persone nei reparti ordinari.

(fonte: LaStampa)

A fronte di una situazione simile l’unica reale soluzione resta il vaccino; tuttavia, ad oggi i soggetti vaccinati, compreso il richiamo con la seconda dose, sono, secondo il sito del governo, 1.400.262.

Si punta comunque ad un incremento di vaccinazioni che tra arrivi tra le trecentomila e le cinquecentomila somministrazioni al giorno ad aprile, per raggiungere l’obiettivo di poter ottenere fino a 19 milioni di vaccinazioni al mese.

È quanto auspicano fonti che lavorano alla nuova strategia sui vaccini, anche alla luce del previsto arrivo delle dosi Johnson & Johnson ad aprile; infatti, secondo gli accordi, per quest’ultima tipologia di vaccino sono previste sette milioni e trecentomila dosi nel secondo trimestre del 2021.

Il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi ha affermato che potrebbero arrivare in aprile in Italia le prime dosi del vaccino Johnson&Johnson, non appena si avrà l’ok dell’Ema, l’autorità regolatoria europea, e dell’Aifa, l’agenzia italiana, ha poi aggiunto che potrebbero arrivare in Italia alcuni milioni di dosi entro giugno e 27 milioni entro dicembre.

Intanto, per accelerare la distribuzione AstraZeneca è disposta a cedere le licenze di produzione. Lorenzo Wittum, amministratore delegato di AstraZeneca Italia, ha comunicato: “Abbiamo bisogno di un partner capace di gestire questo processo di produzione, perché il trasferimento tecnologico non è assolutamente facile, e che abbia capacità di produzione di decine di milioni al mese”

Emblematico il caso del novantunenne Giovanni, che ha deciso di donare la propria dose di vaccino anti-Covid a Cinzia, madre di un ragazzo con gravi disabilità: “Vaccinate lei che non può ammalarsi, e non può permettersi di portare il virus in casa, io ho 91 anni, credo proprio di essere meno utile”

L’uomo ha risposto a un appello che la mamma aveva lanciato qualche giorno prima alla regione Toscana affinché anche i genitori delle persone disabili, soprattutto giovani, potessero rientrare nelle categorie prioritarie delle persone da vaccinare.

Gesti di solidarietà che riscaldano il cuore in un periodo dove “il freddo” è all’ordine del giorno; perché risulta inammissibile che una persona debba rinunciare alla propria salute a causa dell’egoismo altrui.

Manuel De Vita

Passaporto vaccinale: di che cosa si tratta e quali sono le perplessità in Ue

In vista della primavera e dell’estate, in Europa si discute sui passaporti vaccinali. Questa misura, che permetterebbe al turismo di ripartire nonostante il Covid, è stata discussa dai Paesi membri durante il Consiglio europeo del 25 febbraio.

Che cos’è il passaporto vaccinale?

Il passaporto vaccinale è un documento rilasciato da un’autorità sanitaria che certifica di essere stati vaccinati contro il coronavirus. Per verificare rapidamente il documento alle frontiere o agli aeroporti si pensa alla realizzazione di piattaforme e applicazioni.

Sistemi di questo tipo sono già in fase di sperimentazione. L’International Air Transport Association, la principale organizzazione internazionale delle compagnie aeree, ha avviato la realizzazione del travel pass, strumento che nelle prossime settimane verrà adoperato da Etihad Airways e Emirates e che dovrebbe dare direttamente ai laboratori la possibilità di caricare su un’applicazione gli esiti dei tamponi e l’avvenuta vaccinazione.

L’azienda informatica IBM ha avviato lo sviluppo del Digital Health Pass, sistema per accertare l’avvenuta vaccinazione sempre tramite un’applicazione che consentirebbe anche l’accesso a luoghi pubblici, come pub, cinema e teatri.

Dubbi e incertezze

Sono tante le proposte circolanti. Tanti i dubbi e le incertezze che fin ad ora hanno impedito all’Ue di decidersi per una soluzione comune e unitaria.

Il passaporto genera preoccupazioni legate innanzitutto all’efficacia del vaccino. Infatti, nonostante il vaccino difenda dalla possibilità di contrarre l’infezione, dall’altra parte non ci sono certezze intorno alla trasmissione del virus. Ecco perché l’Oms è contraria ai passaporti vaccinali.

Inoltre, molte sono le perplessità intorno alla disuguaglianza, a cui inevitabilmente condurrebbe il passaporto, tra coloro che sono vaccinati e coloro che non lo sono. I secondi sarebbero privati della libertà di accedere a luoghi pubblici o viaggiare. Questo chiama in causa un’altra questione: l’obbligatorietà del vaccino. Catherine Haguenau-Moizard, docente di legge presso l’Università di Strasburgo ha affermato:

“O decidi che il vaccino deve essere obbligatorio o decidi che non lo deve essere, ma non puoi fare una via di mezzo in cui non è obbligatorio ma lo diventa per poter accedere ad un certo numero di servizi”.

Catherine Haguenau-Moizard – Fonte: www.youtube.com

Ha suscitato dubbi anche l’aspetto della privacy. Secondo molti, infatti, i passaporti potrebbero violare la segretezza dei nostri dati personali.

A prescindere dalle questioni etiche, sono molti i Paesi in Europa che stanno, comunque, prendendo in considerazione la possibilità di adottare il sistema del passaporto vaccinale.

Cosa ne pensano i paesi dell’Ue

Il Paese che si dimostra più favorevole è la Grecia, che spinge affinché questa proposta sia approvata in vista del turismo estivo. Anche l’Austria è d’accordo: il cancelliere Sebastian Kurz propone l’uso del passaporto non solo per i viaggi, ma anche per accedere ai luoghi pubblici. Kurz guarda ad Israele, dove il governo darà la possibilità di prendere parte ad eventi ed entrare in luoghi pubblici ai vaccinati che dovranno prima registrarsi in un’apposita applicazione. Non si può, tuttavia, non considerare che Israele è il paese al mondo più avanti nella campagna di vaccinazione. Quindi il problema delle disparità generate dal passaporto non si pone così come in Europa.

Più incerti si sono dimostrati Belgio, Germania e Francia. Per il ministro della Salute francese, Olivier Veran, è ancora troppo presto:

Non sono stati tutti vaccinati e non sappiamo se il vaccino impedisca il contagio“.

Per la Merkel, dato il basso numero di vaccinazioni, quello del passaporto vaccinale resta un progetto futuro al quale però bisogna tenersi pronti. Per il momento la Germania non intende autorizzare restrizioni per chi non è stato vaccinato ma non esclude che questo possa avvenire nel privato.

Se un ristoratore vuole proporre un’offerta ai possessori di un passaporto vaccinale non possiamo impedirglielo“, ha dichiarato la ministra della Giustizia, Christine Lambrecht.

Mario Draghi, al vertice europeo, non si è espresso sui passaporti vaccinali, ma piuttosto sulla necessità di velocizzare la campagna di vaccinazione, richiedendo all’Ue un atteggiamento diverso nei confronti delle aziende farmaceutiche che non rispettano gli impegni nella fornitura di dosi. Draghi ha proposto un blocco delle esportazioni al di fuori dell’Europa per chi è in ritardo con le consegne.

Mario Draghi al vertice europeo – Fonte: www.ansa.it

Al di là delle divergenze, tutti Paesi concordano sulla necessità di sviluppare un approccio comune europeo al sistema dei passaporti vaccinali.

Se non ci riuscissimo, le iniziative bilaterali creeranno ancora più difficoltà”,

dice Ursula Von der Leyen, facendo riferimento in particolare alle soluzione già offerte da Google e Apple al problema dei passaporti. Quello che preoccupa maggiormente la presidente della Commissione è la questione della privacy:

“Si tratta di condividere informazioni confidenziali, quindi vogliamo dire chiaramente che noi offriamo una soluzione europea”.

Per Von der Leyen la decisione dovrà tenere conto da una parte delle discriminazioni causate dal passaporto, dall’altra parte del fatto che per molti paesi dell’Ue il turismo è il settore chiave dell’economia. Bruxelles spera di giungere ad un accordo con i governi europei già a marzo e prevede che lo sviluppo tecnico del passaporto vaccinale richiederà almeno 3 mesi.

Ritardi nella campagna vaccinale

La discussione sul passaporto vaccinale è resa ancora più complicata  dai ritardi che stanno ostacolando la campagna vaccinale. Mentre negli Stati Uniti il 13,4 % della popolazione ha già ricevuto almeno una dose dei vaccini contro il coronavirus e nel Regno Unito il 26,7%, Germania e Spagna sono al 4,2%, mentre Francia e Italia al 3,9%. L’Ue che ha avviato la vaccinazione già con ritardo a causa dei lunghi processi decisionali, è stata poi messa in difficoltà dalla riduzione nelle forniture di Pfizer Biontech a causa di alcuni lavori di potenziamento, da svolgere nello stabilimento produttivo in Europea e dai rallentamenti nelle consegne del vaccino di AstraZeneca. La Commissione europea ha indicato l’obiettivo di vaccinare il 70% della popolazione adulta entro l’estate, ma per raggiungerlo sarebbe necessario, secondo uno studio condotto dalla Società di assicurazione crediti commerciali Euler Hermes, un ritmo di somministrazione di sei volte superiore a quello attuale.

Stando alla situazione attuale, l’immunità di gregge potrebbe essere raggiunta solo alla fine del 2022. Una speranza proviene dall’aumento delle forniture previsto per i prossimi mesi garantito dalla disponibilità di nuovi vaccini come quello di Johnson & Johnson.

Chiara Vita

Vaccini e trasmissibilità dell’infezione: cosa ci dicono i numeri?

Fin dai primi giorni della somministrazione del vaccino ad oggi una domanda aleggia tra la popolazione: sarà in grado di combattere la trasmissione del virusCiò che preme alla gente comune è sicuramente quello di tornare alla normalità, ma ciò non è possibile senza una riduzione dei contagi.
I detrattori interpretano l’incertezza della comunità scientifica come l’inconfutabile prova della poca efficacia del vaccino, ma le cose non stanno proprio così. Continua a leggere “Vaccini e trasmissibilità dell’infezione: cosa ci dicono i numeri?”

Ricciardi invoca un altro lockdown totale. La proposta agita l’Italia

È stato come un fulmine a ciel sereno il monito del consigliere del ministro Speranza, Walter Ricciardi, sulla necessità di un immediato lockdown. Esponenti politici in furia e italiani terrorizzati e pieni di domande: com’è possibile che ad un anno dall’inizio della pandemia, con una campagna vaccinale in corso e mentre molte regioni passano alla zona gialla, si parli ancora di un lockdown generale? A quale rischio ci espongono le varianti? I vaccini sono efficaci? Se il virus non ci uccide, non sarà forse la fame a farlo? La mente e la psiche saranno ancora in grado di reggere?

La luce in fondo al tunnel? Una chimera. Le parole di Ricciardi non lasciano spazio a dolci scenari.

L’alto rischio delle nuove varianti Covid

A preoccupare Ricciardi è il risultato dell’inchiesta voluta da Joe Biden, Angela Merkel, Boris Johnson ed Emmanuel Macron: la variante inglese avrebbe una letalità maggiore tra il 20 e il 30 %. “Tutte le varianti del virus Sars-Cov-2 sono temibili e ci preoccupano ma, in particolare, quella inglese risulterebbe essere anche lievemente più letale e sta facendo oltre mille morti al giorno in Gran Bretagna”.

Da prendere in considerazione anche il preliminare responso del New and emerging respiratory virus threats advisory group (il comitato tecnico-scientifico britannico) riguardo la contagiosità della variante inglese, secondo cui sarebbe superiore dal 30% al 50%. Nelle prossime settimane dal Regno Unito dovrebbero arrivare dati definitivi.

Intanto in Italia, il 17,8 % dei contagiati sembra essere affetto proprio da questa variante. Sul fronte vaccini, per il momento, i timori della loro possibile inefficacia sulla variante inglese sono stati largamente smentiti.

Da tenere sotto controllo anche la variante brasiliana che non crea immunità dopo il contagio, esponendo al rischio di reinfezione, e quella sudafricana che depotenzia il vaccino di AstraZeneca.

Tuttavia, il presidente dell’agenzia italiana del farmaco Aifa, Giorgio Palù ha fatto dichiarazioni rassicuranti: “Anche il preparato dell’azienda anglo-svedese protegge dalle forme più gravi della malattia e dagli eventi mortali. La perdita di efficacia dei vaccini non è tale da dover generare sfiducia, anche perché mantengono sempre la capacità di bloccare l’infezione attraverso la produzione di anticorpi neutralizzanti diretti contro l’intera proteina Spike”.

Cosa ne pensano gli esperti

Sono molti gli esperti che, come Ricciardi, mettono in dubbio l’efficacia delle aree rosse locali e del sistema a zone nella gestione della pandemia. Questi invocano un lockdown immediato, necessario a far abbassare la curva dei contagi, e un rafforzamento di tracciamenti e vaccini. La strategia di convivenza con il virus andrebbe, dunque, totalmente rivista.

Il parere degli esperti – Fonte: www.ansa.it

Sulla stessa lunghezza d’onda è Andrea Crisanti, professore di microbiologia dell’Università di Padova, che rivendica l’urgenza di un lockdown immediato per evitare che la variante inglese causi effetti devastanti come già avvenuto in Gran Bretagna, Portogallo e Israele. Dello stesso parere anche Massimo Galli, direttore del reparto Malattie Infettive dell’ospedale Sacco di Milano: “Il sistema della divisione dell’Italia a colori non sta funzionando. E la prova è nei fatti”.

Favorevole alla chiusura è anche Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe: “un lockdown totale per due settimane farebbe abbassare la curva per poter riprendere il tracciamento, altrimenti bisognerà continuare con stop&go per tutto il 2021”. Secondo Giorgio Palù è necessario rinunciare a tentazioni di riaperture e attenuazioni di colori per qualche altra settimana e continuare con le vaccinazioni per tenere il virus a bada nei prossimi mesi ed uscire dall’emergenza.

Sul fronte opposto, il virologo Roberto Burioni e il direttore dello Spallanzani Francesco Vaia. Il primo esclude l’ipotesi lockdown, utile soltanto a guadagnare tempo, e guarda con fiducia alla campagna vaccinale, unica arma efficace contro il virus; per il secondo non si dovrebbero “aggravare le misure anti-Covid, ma applicare con severità le misure che abbiamo”.

La furia di Lega e Centro-Destra

Il tweet di Salvini contro l’ipotesi lockdown – Fonte: www.today.it

Salvini e il centro-destra non ci stanno e accusano Ricciardi di terrorismo mediatico. Anche questa volta hanno confermato la linea “aperturista”. Il consigliere del Carroccio e la Meloni vedono nelle parole di Ricciardi il ripetersi degli errori della politica di Conte che, sulla gestione della pandemia, a detta dell’esponente di Forza Italia, si sarebbe rivelata un disastro:

Se dopo un anno e più siamo ancora a parlare di lockdown totale, significa che la politica di lotta alla pandemia è stata totalmente fallimentare”.

Per Salvini il nuovo governo Draghi deve portare con sé il vento del cambiamento con nuove aperture e anche nuovi tecnici. “La comunità scientifica è piena di medici e virologi che non terrorizzano gli italiani, ne parleremo con Draghi”, dice il segretario della Lega che vorrebbe all’interno del Cts il direttore del reparto Malattie Infettive del San Martino di Genova Matteo Bassetti e al Ministero della Salute un sottosegretario leghista.

Ma non solo, c’è un altro residuo del governo Conte di cui la Lega e il centro-destra sembrano volersi liberare: il commissario Domenico Arcuri, da sostituire immediatamente con Guido Bertolaso.

Anche il governatore ligure Toti non ha dispensato parole gentili a Ricciardi: “Tutte le sante domeniche il super consulente del Ministero della Salute Ricciardi invoca un nuovo lockdown totale. Ogni domenica i cittadini e le imprese italiane si chiedono perché non sia possibile un lockdown ad personam per Ricciardi”.

Chiusura impianti sciistici

Stando a quanto detto dallo stesso Ricciardi in tv, Roberto Speranza sembra appoggiare l’ipotesi lockdown. D’altronde, non è difficile prospettare il sì alla chiusura da parte del ministro della Salute, visto la linea rigorista già manifestata nella decisione di prorogare la chiusura degli impianti sciistici fino al 5 marzo. Provvedimento che ha messo in fibrillazione imprenditori ed esponenti politici del Nord Italia. Ad essere criticata è soprattutto la tempistica: una decisione dell’ultimo minuto che ha messo i bastoni tra le ruote a ristoratori ed albergatori che si erano già preparati per la riapertura. Le regioni, inoltre, si sono unite compatte alle imprese turistiche della montagna per insistere sui ristori, comunque già promessi da Speranza e dal ministro del turismo Massimo Garavaglia domenica sera.

Cosa farà Draghi?

Il presidente del consiglio Mario Draghi – Fonte: www.metronews.it

La parola adesso spetta a Draghi che, nella decisione lockdown sì-lockdown no, si gioca tutto: consenso dell’opinione pubblica, appoggio della maggioranza e la fama da “uomo del destino chiamato a salvare l’Italia”.

La conferma di Speranza alla Salute e l’appoggio nella decisione della chiusura degli impianti sciistici potrebbero far pensare che sia favorevole al lockdown. D’altronde sarebbe una decisione perfettamente in linea con il “whatever it takes”, cioè con una politica pragmatica e risolutiva.

Ma non si può giungere a conclusioni troppo affrettate. La matassa che è chiamato a sciogliere rende difficile fare delle previsioni, troppi sono i nodi da sbrogliare: il malcontento degli imprenditori, una crisi di governo appena conclusa e un nuovo governo da stabilizzare, crisi economica, opposizioni politiche, varianti Covid.

Non ci resta che stare a vedere.

Chiara Vita