La corsa allo spazio tra costi e benefici

Qual è la cosa più sensazionale che abbiate mai fatto in 108 minuti? Il tempo di un’uscita in buona compagnia, un pranzo in famiglia, quasi, ahimè, il tempo che si impiega per percorrere in auto la tratta Messina-Palermo. Qualunque cosa abbiate potuto fare in quest’arco di tempo, non supererà mai l’impresa di Jurij Gagarin. L’astronauta russo, infatti, sessant’anni fa è stato il primo essere umano ad essere spedito nello spazio: completò un giro attorno alla Terra in ben 108 minuti (Jules Verne sarebbe impallidito al risultato). Era il 12 aprile 1961, quando la corsa allo spazio tra Unione Sovietica e Stati Uniti d’America era sempre più accesa. Fu proprio questa competizione per il dominio spaziale a far crescere esponenzialmente i finanziamenti per la ricerca su questo fronte, tant’è che alcune imprese ad oggi non sono state mai più ripetute. Poco più di un anno dopo, il presidente John Kennedy annunciava: “Scegliamo di andare sulla Luna in questo decennio e di fare le altre cose non perché sono facili, ma perché sono difficili! […] perché quella è una sfida che siamo disposti ad accettare, una che non siamo disposti a posticipare ed una che intendiamo vincere”. Così, con la missione Apollo 11, il 20 luglio 1969 Neil Armstrong e Buzz Aldrin furono i primi uomini a mettere piede sulla Luna, dove piantarono la bandiera americana come simbolo. Da quel momento, conclusasi anche la Guerra Fredda, la corsa alla supremazia spaziale rallentò molto, così come diminuirono gli investimenti.

Yuri Gagarin con la tuta spaziale – Fonte: skytg24.it

Per renderci conto dell’imponente crescita scientifica che ha caratterizzato quegli anni, immaginiamo una linea temporale. Partiamo dalla Grecia: Tolomeo studia gli astri ad occhio nudo. Ci vorranno circa 1500 anni prima che Galileo inventi il primo sistema di lenti capace di osservare i corpi celesti “da vicino”: il telescopio. È il 1609 e sono solo pochi visionari a credere nella teoria eliocentrica. Dobbiamo aspettare i primi decenni del ’900 per vedere i primi razzi a propellente, ma è solo nel ’42 che si riesce a spedirne uno oltre l’atmosfera. Da qui il primo satellite inserito in orbita terrestre, lo Sputnik 1, poi Gagarin e l’uomo sulla Luna: tutto concentrato, insomma, in pochi decenni.

Ma perché continuare a investire nell’esplorazione spaziale? È una domanda che potrebbe far indignare un qualsiasi astrofisico sommerso da formule e numeri, ma anche alimentare (come ha già fatto) diverse critiche, soprattutto sul web. La risposta è semplice. Basti pensare ad internet ed ai GPS che ci aiutano a trovare il ristorante di cui ci ha parlato un amico. O ancora, il semplice controllo delle previsioni meteo prima di uscire, per sapere se è meglio portare l’ombrello oppure no. Chissà cosa ne pensano i sopravvissuti ad uragani e inondazioni devastanti, salvati dai presagi tempestivi che ne hanno permesso l’evacuazione. Dalla salvaguardia delle foreste e l’avanzare degli incendi, allo scioglimento dei ghiacciai, al monitoraggio del buco nell’ozono e all’inquinamento atmosferico: tutti dati satellitari. Se volessimo parlare di benefici indiretti, si pensi, solo per fare un esempio, ai miglioramenti dati alla diagnostica medica: è grazie al telescopio Hubble che si può fare prevenzione individuando microcalcificazioni al seno, indicatrici di possibili tumori. E questi sono soltanto pochi ed essenziali benefici di cui godiamo giornalmente e che sono possibili grazie all’esplorazione spaziale, anche se sconosciuti ai più.

Analizzando i costi, l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) nel 2018 ha ricevuto finanziamenti dai vari membri dell’Unione pari a 5,6 mld di euro con un PIL europeo pari a 13.483 mld di euro. Nel 2019 soltanto gli italiani hanno speso 110,5 mld in gioco d’azzardo. La NASA invece, sempre nel 2018, ha ricevuto finanziamenti per 19 mld di dollari; la guerra in Iraq ha avuto un costo complessivo di circa 2.400 mld di dollari. Come se non bastasse, secondo uno studio della London Economics, in Europa il ritorno economico diretto sugli investimenti ESA sarebbe di 3-4 euro per ogni euro investito. Le conclusioni che possono essere tratte da questi dati sono molto semplici.

Dopo lo sbarco sulla Luna, il progresso è stato in crescendo: basti pensare alle sonde Voyager (lanciate nel 1977) ancora attive, al telescopio Hubble mandato in orbita negli anni ’90, alla Stazione Spaziale Internazionale che è continuativamente abitata dal 2 novembre del 2000. Siamo anche riusciti a fare atterrare dei piccoli robot su Marte, in ordine: Spirit, Opportunity e Perseverance (atterrato il 18 febbraio). Non finisce qui: nel 2022 inizierà il programma Artemis che punterà a riportare l’uomo sulla Luna nel 2024.

Il rover Perseverance – Fonte: esa.it

È probabile che, alla base dell’esplorazione, ci sia più di tutto questo. È la voglia di conoscere insita in ogni essere umano, la paura di pensare che tra miliardi di galassie in un universo in continua espansione potremmo essere soli, persi in un oceano nero su una nave blu senza una rotta precisa, a spingerci ad esplorare le profondità dello spazio. È la possibilità di vedere il nostro pianeta da una prospettiva diversa, come la vide Gagarin che, via radio, disse:” Da quassù la Terra è bellissima, senza frontiere né confini”.

Giovanni Alizzi

Fonte immagine in evidenza: astronautinews.it

Buchi neri, grande passo avanti della scienza

Oggi per la prima volta nella storia vedremo le foto di un buco nero.
Un evento di portata storica.
È lo straordinario successo di un gruppo di ricerca formato da scienziati internazionali che ha riunito una rete di telescopi sparsi su tutta la Terra per raggiungere la risoluzione necessaria a “fotografare” il misterioso fenomeno.

La diretta della conferenza dell’Eso (European Southern Observatory) avrà inizio alle ore 15 e sarà trasmessa su Youtube nel canale della Commissione europea.
Su Focus lo speciale sarà trasmesso dalle ore 14:30 fino alle 16:00, e ancora in seconda serata questa sera alle 23:15.

I risultati del progetto, dal nome Event Horizon Telescope, segneranno una pietra miliare nell’astrofisica, che potrebbe confermare ma anche smentire alcune delle principali teorie che costituiscono la base della nostra comprensione del cosmo, inclusa la teoria della relatività di Albert Einstein.

 

 

 

I buchi neri si generano quando le stelle muoiono, collassano su se stesse e creano una “regione” dove la forza di gravità è così forte che nulla può sfuggire venendo risucchiati per sempre.

Fino ad oggi gli scienziati non sono mai stati in grado di fotografarli, ma sono riusciti solo ad ascoltarli: quando i buchi neri si scontrano l’uno con l’altro, rilasciano infatti enormi onde gravitazionali che sono state rilevate da appositi strumenti negli osservatori degli Usa e anche dell’Italia.

L’impossibilità di fotografare questi fenomeni è dovuta ad una serie di motivi.

La loro attrazione gravitazionale rende impossibile la fuga della luce.

Inoltre i buchi neri si trovano molto distanti dalla Terra.

Ciò che gli scienziati stanno cercando di catturare è “l’orizzonte degli eventi”, il confine di un buco nero e il punto di non ritorno oltre il quale tutto viene risucchiato per sempre.

 

 

 

Sebbene sia uno dei luoghi più violenti dell’universo, gli scienziati ritengono che i radiotelescopi possano catturare i fotogrammi dell’orizzonte degli eventi.

Oltre a mostrare l’immagine, gli scienziati sperano di fare chiarezza su alcuni dei temi più dibattuti in astronomia e fisica teorica. Uno di questi è la forma dei buchi neri: secondo la teoria della relatività, essi sono circolari, ma altri scienziati ritengono sia ‘prolata’, ovvero schiacciata lungo l’asse verticale, o ‘oblata’, schiacciata lungo l’asse orizzontale.

Se non fossero circolari, questo – secondo gli scienziati di Event Horizon Telescope – non vorrebbe dire che la teoria della relatività è sbagliata, ma che semplicemente “nella fisica c’è ancora molto da capire”.

Un evento di portata astronomica, proprio per restare in tema, che traccia un solco nello studio dell’astrofisica e che rischia di porre in discussione perfino il buon vecchio caro Albert Einstein.

Antonio Mulone