Rimandato il test per la Magistrale in Professioni Sanitarie previsto per il 30 ottobre

Nota del 29/10/2020

  • A seguito dei recenti dati sull’Emergenza Covid-19, il MIUR rinvia i test di ammissione per i Corsi di Laurea magistrale delle Professioni sanitarie, inizialmente previsti in data 30/10/2020.
  • La nuova data di svolgimento della prova di ammissione, tenuto conto dell’evoluzione del quadro pandemico e di eventuali ulteriori disposizioni in materia, sarà fissata entro il mese di marzo 2021.
  • Gli atenei, nell’ambito della loro autonomia organizzativa e gestionale, assicureranno il recupero delle attività formative e degli esami di profitto relativi al primo semestre nel corso dell’anno accademico 2020-2021.

 



Il 30 ottobre 2020 si terranno i Test di accesso ai Corsi di Laurea Magistrale delle Professioni Sanitarie.

Sede della prova

I candidati dovranno seguire i percorsi pedonali per accedere ai vari livelli delle aule di Ingegneria, evidenziato nella guida.

Fonte: https://www.unime.it/sites/default/files/Accessi%20Papardo-compresso.pdf

Orario della prova

  • L’ingresso è consentito dalle ore 8.00 e alle ore 10.00.
  • La prova inizierà alle ore 11.00 e per il suo svolgimento saranno assegnati 120 minuti.

Aule

I candidati saranno distribuiti in più aule in base a:

Documenti utili

Si ricorda che è necessario portare quanto segue:

  1. Documento di riconoscimento in corso di validità;
  2. Ricevuta di pagamento del contributo di partecipazione;
  3. Ricevuta della domanda di iscrizione online al concorso;
  4. Dichiarazione Covid-19 già compilata e sottoscritta ai sensi dell’art. 46 e 47 del D.P.R. n. 445/2000;

Norme Covid-19

I candidati dovranno rispettare obbligatoriamente le regole anti-Covid-19 per evitare di essere allontanati dall’aula. A tal proposito si ricorda di portare con sé:

  1. Mascherina chirurgica da mantenere per tutta la durata della prova;
  2. Dichiarazione Covid-19 già compilata e sottoscritta ai sensi dell’art. 46 e 47 del D.P.R. n. 445/2000;

Regole generali

  • I candidati non potranno portare con loro effetti personali come: zaini, carta, calcolatrici, telefoni cellulari, palmari, smartphone, smartwatch, tablet, auricolari, webcam, penne e cancelleria varia, pena l’esclusione;
  • Dovranno accedere senza accompagnatori all’area del test;
  • È permesso introdurre una bottiglietta d’acqua nell’aula dell’esame.

Come spiegato nel regolamento da rispettare in aula.

Numero di posti a disposizione per ciascun corso di studio

Ricordiamo che per l’anno accademico 2020/2021, il Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) ha definito:

  • Scienze Infermieristiche ed Ostetriche LM/SNT1
    • 83 posti complessivi di cui 80 per i candidati EU;
  • Scienze Riabilitative delle Professioni Sanitarie LM/SNT2:
    • 51 posti complessivi di cui 50 per i candidati EU;
  • Scienze delle Professioni Sanitarie Tecniche Diagnostiche LM/SNT3:
    • 51 posti complessivi di cui 50 per i candidati EU.

I restanti saranno dedicati ai candidati non-UE residenti all’estero. Ogni Ateneo dispone l’ammissione ai suddetti corsi di studio in base ad apposita graduatoria di merito, nel limite del contingente ad essi riservato.

Pubblicazione graduatorie finali

  • L’Università creerà due distinte graduatorie: una per i candidati dei Paesi UE e dei Paesi non UE di cui all’art. 39, comma 5, del Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e l’altra riservata ai candidati dei Paesi non UE residenti all’estero.
  • Le graduatorie di merito saranno pubblicate sul sito dell’ Ateneo dopo le verifiche amministrative.
  • I vincitori dovranno immatricolarsi attraverso la procedura on-line sul sito: Esse3, pena l’esclusione.
  • I candidati saranno ammessi se collocati in posizione utile in base al  punteggio e fino ad esaurimento posti disponibili.

Informazioni utili

  • L’immatricolazione ai Corsi di Laurea avverrà non oltre il 1 marzo 2021.
  • I candidati già iscritti ad un altro corso di laurea potranno immatricolarsi con riserva se lo terminano entro il 31 dicembre 2020.

Link bando.

Giuseppina Simona Della Valle

Dalla movida alle scuole: cosa prevede il nuovo DPCM

A soli cinque giorni dall’ultimo decreto adottato, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, nel corso della conferenza stampa andata in onda nella tarda serata di ieri, ha firmato il nuovo DPCM contenente le misure per il contrasto e il contenimento dell’emergenza da Covid-19. Essendo quest’ultimo una modifica al decreto del 13 ottobre 2020 resterà in vigore, salvo proroghe, fino al 13 novembre 2020.

Il Presidente Conte firma il Dpcm, fonte: il Governo
Il Presidente Conte firma il Dpcm, fonte: il Governo

Il governo intensifica le misure di contenimento contro la seconda ondata di Coronavirus.

Il nuovo decreto prevede ulteriori restrizioni volte a scongiurare un nuovo lockdown generalizzato, scenario che potrebbe compromettere ulteriormente la salute economica e sociale del paese, e far fronte all’aumento dei nuovi casi positivi.

 

Le attività scolastiche

Le attività scolastiche proseguiranno di presenza. Le scuole resteranno aperte con una didattica a distanza integrata. Per i licei verranno favorite modalità flessibili di organizzazione dell’attività didattica al fine di non creare ulteriori assembramenti nei mezzi pubblici come per esempio l’ingresso degli alunni a partire dalle ore 9. Per le università, invece, dovranno essere in grado di adattarsi in funzione delle esigenze formative.

 

(Fonte: Il fatto quotidiano)

Sport: libera attività motoria all’aperto

Uno dei punti principali del nuovo DPCM è il no di attività amatoriali se non individuali e il divieto di tutti gli sport di contatto. Sono consentiti soltanto eventi e competizioni riguardanti sport individuali o di squadra considerati di interesse nazionale e regionale dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), dal Comitato italiano paraolimpico (CIP) e dalle rispettive federazioni sportive nazionali, discipline sportive associate, enti di promozione sportiva, ovvero organizzati da organismi sportivi internazionali. Per le palestre e per le piscine il Premier ha dato una sorta di ultimatum: “una settimana di tempo per adeguare i protocolli e rispettare le norme sulla sicurezza, e in caso di verifiche insoddisfacenti la loro attività sarà sospesa”.

Movida: ristoranti e bar sotto la supervisione dei sindaci

Tutte le attività di ristorazione possono aprire dalle 5 e chiudere alle 24 con consumo al tavolo e fino alle 18 senza posti a sedere. Si potrà stare per un massimo di 6 persone per singolo tavolo. Per i bar sarà obbligatoria la consumazione solo al tavolo dalle 18 in avanti. Viene inoltre ribadito l’utilizzo obbligatorio della mascherina e l’affissione del cartello con il numero massimo di persone ammesse.

I sindaci potranno chiudere al pubblico vie e piazze

Viene riconosciuta facoltà ai sindaci di chiudere vie e piazze dove si possono creare assembramenti dopo le 21 e consentendo l’accesso unicamente ai residenti e a chi svolge attività professionali. Vengono sospese le attività convegnistiche e le fiere a meno che non siano di livello nazionale o internazionale.

(Fonte: Il Corriere)

 

App Immuni

L’aumento dei contagi e il ritorno a scuola sono due fattori che stanno facendo crescere i download dell’applicazione Immuni. Secondo quanto affermato dal Premier Conte, Immuni si sta rivelando uno uno strumento importante poiché facilita il contact tracing. Il programma fornisce la possibilità al nostro sistema di essere più efficiente e dunque di prevenire possibili scenari di focolai.

Scaricare l’applicazione immuni “è un dovere morale verso gli altri”. Lo ha detto Dario Franceschini, ministro dei Beni Culturali e del Turismo. Il virus -ha spiegato- non si ferma da nessuna parte del mondo. Servono attenzione e rigore, far capire alle persone che i comportamenti individuali giocano un ruolo determinante alla lotta al coronavirus, nemico comune di tutti. Franceschini, durante il congresso di cardiologia del Centro lotta contro l’infarto “Conoscere e curare il cuore” alla Fortezza da Basso di Firenze, ha riportato quanto affermato dalla Organizzazione mondiale della sanità (OMS) che riconosce che l’Italia ha agito bene, mostrando grande senso di responsabilità. Per tale ragione è bene mantenere buonsenso e non vanificare gli sforzi posti in essere durante il lockdown.

Le precauzioni più efficaci restano quelle di  base: mascherina, distanziamento e igiene delle mani. Una maggiore attenzione è consigliata nelle situazioni in cui “abbassiamo la guardia”, con parenti e amici. Proprio in queste situazioni occorre massima precauzione e impegno.

Maria Cotugno

Cos’è il tasso di positività e perché ci aiuta meglio a capire l’andamento dell’epidemia

L’obiettivo di tutti gli stati nel mondo è quello di limitare e controllare il virus. Da un lato il tasso di positività diventa un indicatore sempre più accreditato per studiare l’andamento della pandemia, dall’altro in paesi come la Francia ci si sta chiedendo se le limitazioni sulla circolazione possano garantire un rallentamento della diffusione dell’epidemia.

Tasso di positività dei tamponi in Europa – Fonte:corriere.it

Nelle ultime settimane il tasso di positività dei tamponi permette ai ricercatori di avere un quadro più chiaro sui singoli dati del contagio da coronavirus che, se contestualizzati e analizzati correttamente, mostrano l’estensione della diffusione del virus in un’area ben definita come una regione o uno stato.

Cos’è il tasso di positività

È un valore utile, ai fini di un’analisi effettuata su un’ampia fetta di una popolazione, appartenente a un dato territorio, che ne valuta e stabilisce il livello di incidenza. Tale risultato viene evidenziato attraverso una percentuale alta o bassa, calcolata per mezzo di una proporzione tra i tamponi positivi e il totale di quelli effettuati.  Si rileva perciò che una maggiore estensione del tasso di positività fornirà dati più realistici sugli effetti dell’epidemia sulla popolazione.

Esiste una soglia allarmante?

Secondo Pezzotti:

“ un tasso di positività tra il 5% e il 10% vuol dire che non riusciamo più a tracciare molto bene e ci  concentriamo su chi ha sintomi, senza raggiungere le persone asintomatiche, che poi sono quelle che vanno più spesso in giro”

Risulta chiaro che non esistono indicatori che presi singolarmente possono illustrare esattamente ciò che sta succedendo, ma allo stesso modo non bisogna dare troppo peso alla percentuali di tamponi positivi risultati in un determinato territorio in un solo giorno. È importate valutare il modo in cui un’autorità sanitaria ha effettuato i controlli; infatti se da un lato alcune regioni, molto attente e scrupolose, potrebbero applicare il contact tracing, un metodo particolarmente preciso per l’individuazione di persone da sottoporre al tampone; altre invece indurrebbero all’esame soggetti che non hanno motivo di essere controllati escludendone altri dentro cui il contagio potrebbe essere più diffuso.

Una bussola nel mare dei dati Covid: il tasso di positività – Fonte:ilbolive.unipd.it

Ecco perché risulta essenziale valutare un quadro più ampio che abbraccia un periodo più esteso e permette di avere dei valori medi sull’andamento epidemiologico.  Si arriva perciò a capire come un’epidemia sia un fenomeno molto complesso e articolato da poter controllare e conseguenzialmente il suo monitoraggio deve essere vasto, fitto e capillare per poter riscontrare il tasso di positività a livello internazionale.

Cosa stanno facendo gli stati per contenere il contagio?

Il presidente francese Emmanuel Macron, ha disposto il coprifuoco a Parigi e in altre otto grandi città metropolitane, con l’obiettivo di diminuire la diffusione dell’epidemia da coronavirus, che entrerà in vigore da sabato 17 ottobre, ma molti dubitano sulla sua utilità.

Macron annuncia il coprifuoco – Fonte:policymakermag.it

Perché si vuole ricorrere al coprifuoco

Sebbene la parola coprifuoco riporti alla memoria scenari di guerra che sembrano distanti dai nostri tempi, possiamo attribuirle anche un significato più imparziale, come divieto di uscire durante le ore serali, per motivi di ordine pubblico o in situazioni di particolare stato di emergenza.

Francia, 12mila agenti per il coprifuoco – Fonte:agenpress.it

La corsa al coprifuoco, come quello francese, mette in guardia la popolazione sulla situazione ancora in fase acuta dell’epidemia, della diffusione in corso del contagio e della necessità di non esporsi a rischi, rispettando tutte le prevenzioni necessarie per ridurre al minimo i contagi. Alcuni esperti pensano che queste restrizioni possano responsabilizzare la popolazione, mostrando rettitudine anche in orari esterni al coprifuoco, altri invece ritengono che questo possa limitare non solo le interazioni sociali informali ma anche a contenere il consumo di alcol che tende a ridurre le inibizioni e può fare assumere atteggiamenti più imprudenti.

Esistono prove scientifiche che ne testimoniano l’efficacia?

Le autorità sanitarie e gli epidemiologi, stanno aspettando dati concreti su cui poter fare maggiori valutazioni, ma fino ad ora tutto quello che è stato fatto si basa esclusivamente su ciò che è possibile prevedere, dal momento in cui milioni di persone sono obbligate a rimanere a casa al di fuori dell’orario lavorativo.

Quali paesi si stanno mobilitando verso restrizioni più rigide?

In Australia, la città di Melbourne è stata sottoposta ad un coprifuoco drastico per un mese, in cui i controlli effettuati dalle forze dell’ordine hanno incentivato il rispetto delle regole imposte e le misure che sono state adottate avevano le sembianze di un vero lockdown.

Australia impone nuove restrizioni nello Stato di Victoria – Fonte:asknews.it

Il Regno Unito invece ha sperimentato nelle ultime settimane un coprifuoco flessibile, che si adatta alle aree geografiche e all’incidenza dell’epidemia. Come per la Francia, anche per la nazione inglese bisognerà aspettare del tempo per verificare i vantaggi prodotti dalle limitazioni messo in atto da ancora pochi giorni.

Perplessità sulle misure attuate

Sono parecchie le voci discordanti sull’adeguatezza delle restrizioni imposte. Il limite prescritto dall’orario di rientro a casa potrebbe solo anticipare di qualche ora tutte le attività sociali informali, che causerebbero ugualmente assembramenti e la concentrazione delle persone in luoghi al chiuso. Molti obiettano che il coprifuoco influendo solo nelle ore serali, non abbia alcun nessun effetto sul resto della giornata in cui è inevitabile esporsi al riesco di contagio.  I responsabili delle istituzioni sanitarie si mostrano positivi, poiché ritengono che qualsiasi misura di intervento può far nascere un beneficio che moltiplicato per milioni di persone potrebbe portare al rallentamento di diffusione del coronavirus.

Giovanna Sgarlata

La Cina anticipa la vaccinazione sperimentale sulla popolazione. Vaccinate già decine di migliaia di persone

In Cina decine di migliaia di persone sono state sottoposte ad una vaccinazione di massa, nonostante siano ancora in corso test clinici necessari per verificarne la sicurezza e l’efficacia. Gli esperti temono potenziali effetti collaterali.

Vaccini sperimentali cinesi Fonte:corriere.it

La distribuzione su larga scala di vaccini sperimentali, secondo le autorità cinesi, diventa essenziale per evitare i rischi di una nuova emergenza sanitaria. Questo approccio è ritenuto rischioso da parte degli esperti, i quali si preoccupano delle reazioni avverse. Tuttavia la Cina è il primo paese al mondo ad avere inoculato a migliaia di persone vaccini sperimentali, al di fuori dei normali test che in condizioni controllate ne verificano l’efficacia.

Come si sviluppa un vaccino

I vaccini prima di essere somministrati sulla popolazione, devono essere testati in laboratorio, sugli animali e infine su un numero ristretto di volontari tramite appositi test clinici. Lo sviluppo del vaccino si articola in 3 fasi. La fase 1 e la fase 2 dei test sugli esseri umani ne verificano la sicurezza, la fase 3 invece abbraccia un maggior numero di partecipanti per stabilirne l’efficacia e la risposta immunitaria.

“Potrebbero essere necessari dai tre ai sei mesi prima di avere i risultati della fase 3, e ormai non bisogna più aspettare così tanto”

Così ha spiegato Raina MacIntyre della University of New South Wales a Sidney, chiarendo il rischio che si correrebbe per l’uso, in emergenza, di vaccini prima della conclusione della fase 3. Nonostante ciò i governi esercitano pressioni sulle aziende farmaceutiche affinché possano velocizzare i tempi di verifica.

Da chi sono stati prodotti?

Sono due le grandi aziende farmaceutiche cinesi che hanno somministrato i vaccini sperimentali, Sinopharm e Sinovac.  Sinopharm è uno dei più grandi gruppi del paese e di proprietà dello stato, mentre Sinovac è un’azienda biofarmaceutica specializzata nella produzione e sviluppo dei vaccini.

 

Sinopharm, sperimentazione di nuovi vaccini – Fonte:Millionaireweb.it

A chi è stato somministrato?

La fase 3 per testare l’efficacia dei vaccini sperimentali cinesi ha coinvolto circa 100 mila persone, le quali in prevalenza vivono in aree la cui diffusione del coronavirus è più marcata e i contagi sono elevati.  L’azienda Sinopharm ha fornito il suo vaccino a centinaia di migliaia di persone tra cittadini cinesi e paesi come Emirati Arabi, Perù, Marocco e Argentina. Sinovac, invece lo ha diffuso in un’area geograficamente più ristretta, a circa 10 mila persone nella zona di Pechino e ai propri 3mila dipendenti includendo le loro famiglie.

Secondo quanto riferito da Zheng  Zhongwei della China’s National Health Commission, le autorità della sanità cinese avrebbero sostenuto di avere “comprensione e sostegno” da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per l’utilizzo di vaccini sperimentali su individui che appartengono a programmi di emergenza. L’OMS però può solo fornire delle linee guida, non dispone della facoltà di permettere l’uso dei vaccini, la cui scelta ricade sui singoli governi.

Sperimentazione dei vaccini negli Stati Uniti e in Russia

La sfrenata corsa da parte degli Stati Uniti raggiunge livelli da record. Il presidente Donald Trump sostiene che il vaccino sarà pronto prima dell’inizio di novembre e spinge le aziende farmaceutiche affinché possano fare più in fretta. Le sollecitazioni di Trump sono determinate dalla campagna elettorale in vista delle elezioni presidenziali che si terranno il 3 novembre. Contrariamente alle richieste del presidente, la comunità scientifica esige dalle aziende farmaceutiche statunitensi, il massimo rigore che richiede la fase 3 per testarne l’efficacia.

In Russia benché un vaccino sperimentale avesse ottenuto l’approvazione dalle autorità di controllo ancor prima che fosse terminata la sua verifica clinica, la sua diffusione è stata contenuta rispetto alle numerosissime somministrazioni avvenute in Cina.

A che punto siamo in Italia?

Un risultato importante è stato ottenuto dalla collaborazione tra l’Università di Oxford e l’azienda Advent-Irbm di Pomezia, grazie allo sviluppo del vettore virale, ora prodotto da Astrazeneca.  Il Candidato vaccino ha già raggiunto sia in laboratorio che negli esami preclinici sugli animali esiti positivi avviando così  la fase 3. Sono invece tutti italiani il vaccino prodotto dall’azienda ReiThera che grazie ai fondi ottenuti, ha ricevuto il consenso dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) per la sperimentazione clinica della fase I, che avverrà presso l’Istituto Spallanzani di Roma e il Centro di ricerche cliniche di Verona. L’altro vaccino italiano nasce dalla collaborazione tra società di biotecnologie Takis e la Rottapharm Biotech di Monza. In cui incoraggianti risultati sono stati registrati dopo la prima somministrazione su studi preclinici che hanno rivelato un’importante risposta immunitaria che aumenta dopo la seconda somministrazione.  Bisognerà ancora attendere l’autorizzazione per la sperimentazione clinica che dovrebbe partire il prossimo inverno con test sull’uomo presso l’Istituto Pascale di Napoli e al San Gerardo di Monza.

Vaccino Oxford- Advent-Irbm – Fonte: avvenire.it

Giovanna Sgarlata

Nuova ordinanza di Musumeci sul Covid-19: ecco cosa prevede

La situazione in Sicilia oggi

La Sicilia si trova al momento in una fase critica, ovvero in una situazione che può rimanere stabile oppure peggiorare nel giro di pochissimo tempo. Con quasi 100 nuovi contagiati al giorno e circa 2.600 positivi, si trova infatti a rivivere dinamiche simili a quelle di qualche mese fa. A Palermo e Catania, ad esempio, i reparti ospedalieri adibiti alla cura del virus sono pieni. Gli esperti, inoltre, prevedono un peggioramento della situazione non solo con l’inizio della stagione influenzale, ma anche con la riapertura delle scuole non ancora operative.

L’ospedale Civico di Palermo visto da fuori. Fonte: Sanità in Sicilia

L’ordinanza di Musumeci

Il Governatore della Regione Sicilia, Nello Musumeci, ha predisposto una nuova ordinanza per combattere l’emergenza Covid-19. L’ordinanza entrerà in vigore già da domani 30 settembre e durerà fino al 30 ottobre. Essa prevede il ritorno dell’obbligo della mascherina nei luoghi chiusi ma non solo, anche controlli periodici e divieti di assembramento. Nessun lockdown in vista ma occorre rispettare le norme comportamentali se vogliamo veramente evitarlo:

Abbiamo appreso che la chiave più importante per affrontare questa emergenza è  rappresentata dalla tempestività delle decisioni e della previsione degli eventi futuri. La Sicilia non vuole un nuovo lockdown, ma per impedirlo dobbiamo impegnarci tutti, soprattutto i più giovani” ha dichiarato il presidente Nello Musumeci a proposito dell’ordinanza.

Il Governatore della Regione Sicilia Nello Musumeci. Fonte: il Corriere

 

La mascherina chirurgica

Secondo l’ordinanza, la mascherina chirurgica torna ad essere obbligatoria su chiunque abbia più di 6 anni e su chiunque si trovi al di fuori del proprio domicilio, quindi anche all’aperto. Si è esonerati solo se le distanze lo permettono e se ci si trova in compagnia di congiunti o conviventi. L’unica eccezione è se si sta facendo attività intensa e, anche qui, solo se le distanze lo permettono. Torna anche il divieto di assembramento: non si può stazionare per tanto tempo in luoghi pubblici o aperti al pubblico a meno che non siano previste iniziative pubbliche. In questi casi, il responsabile che deve vigilare sul comportamento dei partecipanti e che deve evitare ulteriori contagi è l’organizzatore dell’evento.

Come indossare correttamente la mascherina. Fonte: Corriere della Sera
Come indossare correttamente la mascherina. Fonte: Corriere della Sera

Il nuovo sito per tracciare i viaggiatori

Novità introdotta dall’ordinanza è la creazione del sito www.siciliacoronavirus.it per coloro che entrano nell’Isola. Non importa se il viaggio è di piacere o di lavoro: chiunque abbia soggiornato all’estero, sia in paesi che fanno parte dell’Unione Europea sia in quelli che non ne fanno parte, dovrà registrarsi al sito in modo da comunicare il proprio stato al servizio sanitario della regione. Ciò non esclude la figura del medico di famiglia: egli infatti dovrà sempre essere aggiornato sulle condizioni di coloro che rientrano dall’estero nonostante la registrazione al sito. A questo proposito, le Aziende sanitarie provinciali sottoscriveranno un Protocollo con le Società di gestione dei mezzi di trasporto per sottoporre al test del tampone i turisti.

Screen del sito siciliacoronavirus.it . Fonte: BlogSicilia

Maggiori controlli per il servizio sanitario e non solo

L’ultimo accorgimento dell’ordinanza riguarda i controlli periodici svolti dalle Aziende del sistema sanitario della Regione Sicilia. Questi controlli riguarderanno tutto il personale sanitario e i soggetti cosiddetti fragili (quindi coloro che hanno una patologia pregressa) tramite il test del tampone rapido, ovvero quel tipo di test che si effettua prelevando il liquido presente sulle mucose delle fosse nasali e nella parte superiore della gola.

Esempio di tampone rapido. Fonte: Bergamonews

Come superare la situazione

“Gli appelli alla cautela e alla prudenza che abbiamo lanciato negli ultimi mesi non hanno sordido particolare effetto e, tuttavia, si tratta di misure che servono a chiamare al senso di responsabilità la comunità siciliana, non misure che possano penalizzare le attività economiche” ha dichiarato il Governatore in un’intervista.

Possiamo dire che la nuova ordinanza non stravolge le nostre ritrovate abitudini quotidiane e non intacca nemmeno le attività commerciali. Tuttavia, il rispetto delle norme comportamentali è fondamentale se non vogliamo che la situazione non precipiti.  Le direttive generali rimangono invariate: mascherina protettiva sul viso e sul naso, disinfettante per le mani e isolamento se si iniziano a manifestare i primi sintomi.

 

Sarah Tandurella

Lockdown Israele, inferno a Gaza. Azaiza: “è sempre più difficile sopravvivere”

 

(HAZEM BADER / AFP)

 

Non molti giorni fa è stata comunicata al mondo la notizia del secondo lockdown per Israele e tutti i suoi territori (Vedi articolo), compresa la famosa Striscia di Gaza, sede di un climax di tensioni ormai da decenni. Ma il territorio è già isolato dall’interno dal 24 agosto, quando si sono verificati alcuni casi di coronavirus dovuti alla diffusione della comunità. La situazione è devastante: lo comunicano alcuni attivisti come Mohammed Azaiza, coordinatore sul campo dell’organizzazione non-profit Gisha – Legal Center for Freedom of Movement, che da anni si occupa della protezione dei palestinesi ed, in particolare, dei residenti di Gaza.

Un appello straziante

La diffusione del virus sta costringendo tutti noi a confrontarci con la terribile realtà di Gaza. Siamo estremamente consapevoli della condizione del sistema sanitario, qui. Teniamo conto del numero di ventilatori disponibili, dei test e dei risultati. Siamo anche ben consapevoli della disastrosa situazione economica che abbiamo raggiunto con questa crisi, e della debole situazione dell’infrastruttura. A metà agosto Israele ha chiuso di nuovo l’accesso al mare per due settimane ed ha costretto migliaia di persone le cui vite dipendono dalla pesca a ritornare a riva. Senza la pesca, non c’è nulla da mangiare. Un pescatore con quattro figli ha osato sfidare la decisione. ‘Mi sono messo in mare, a circa un miglio e mezzo dalla costa, anche se ho un braccio rotto per via di un alterco con la marina israeliana,’  ha detto, ‘per sfamare la mia famiglia. Mi sono sentito un ladro’.”, scrive Azaiza all’inizio della propria lettera, pubblicata sul giornale online Haaretz.com il 16 settembre. Ma non finisce qui.

La centrale elettrica è stata spenta perché Israele ha impedito la spedizione di carburante a Gaza. La fornitura di elettricità è precipitata proprio nei giorni più caldi. ‘Per tutta la notte ho strofinato le facce dei miei figli con un panno bagnato,’ mi ha detto il pescatore, che vive con la propria famiglia vicino la costa. ‘Dormono accanto alla porta, nella speranza di una piccola brezza.’ La scorsa settimana, la centrale ha ripreso ad operare ed ora abbiamo elettricità per otto ore al massimo, seguite da otto ore prive. Non è abbastanza.

(aa.com.tr)

Una previsione che si avvera

Un rapporto dell’ONU risalente al 2012, denominato “Gaza nel 2020: un luogo vivibile?” ipotizzava che, nelle medesime condizioni in cui si trovava allora, Gaza sarebbe diventata invivibile. La conferma arriva proprio oggi, dalla gente che tra il virus letale, la guerra civile ed il taglio delle risorse fatica a vedere la fine del tunnel.

Quella previsione si è avverata”, dice Mohammed, e continua: “Il 70% di noi non supera i trent’anni. Centinaia, se non migliaia, di cittadini di Gaza si sono spostati in altri paesi. Alcuni hanno raggiunto le loro destinazioni. Altri hanno perso le loro vite nel tragitto. Ed alcuni hanno poi scelto di togliersela. Immaginate come si saranno sentite quelle persone – scegliere la morte perché è più semplice che far fronte a ciò che la vita qui ha da offrire. E quando i giovani sono insorti per protestare contro la situazione disperata, abbiamo visto le proteste alla recinzione di confine, dove dozzine di persone hanno perso la vita per via dei cecchini israeliani. Abbiamo una generazione che non sa cosa sia la libertà. Questi giovani non si sentono considerati umani a sufficienza da rispettare i loro diritti, i diritti che tutti meritiamo.

(dailysabah.com)

I dati

“I due milioni di abitanti di Gaza necessitano disperatamente di soluzioni sostenibili e a lungo termine. L’embargo via mare e via terra, che Israele impone da tredici anni, ha condotto la principale economia di Gaza e le attività commerciali ad un freno totale. Come risultato diretto, più del 38% della popolazione vive in povertà; il 50% è disoccupato e più del 90% delle acque sono imbevibili. La decisione dello scorso mese di vietare le entrate di carburante a Gaza ha creato maggiori fardelli umanitari. Con l’aumento dei casi di COVID-19 a Gaza, il sistema sanitario deve far fronte ad un crollo totale, a meno che l’embargo – che contravviene al diritto internazionale – non venga abolito. E’ necessario ed urgente che venga eliminato.” (unric.org)

Afferma Michelle Bachelet, Alto Commissario per i Diritti Umani alla 45esima sessione del Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU.

Le parole degli abitanti di Gaza, ma ancor di più i dati, dimostrano la sussistenza di una situazione critica tuttavia sconosciuta a molti. Benché il mondo sia ormai consapevole del conflitto centenario che intercorre tra le due nazioni – Israele e Palestina- sembra che sempre più si stia decidendo di lasciarle al loro destino, non tenendo in considerazione le vite dei civili.

“Noi, popolo di Gaza, non abbiamo influenza o controllo sul nostro destino. Mi chiedo spesso, e sono certo che se lo chiedano anche altre persone: cos’altro dobbiamo fare affinché il mondo comprenda la criticità della nostra disperazione?

Conclude Azaiza appellandosi a chiunque, là fuori, sia disposto a porgere un orecchio e mettersi all’ascolto di questa gente abbandonata a sé stessa.

 

                                                                                                                                                                                                              Valeria Bonaccorso

Israele ritorna in lockdown: proteste e malcontento dei cittadini

Salgono i casi di coronavirus nel mondo. Secondo l’Oms, i nuovi contagi nel mondo sono stati oltre 252 mila. India, Stati Uniti, Brasile, Israele e Francia sono le nazioni che registrano il maggior numero di incrementi giornalieri.

Tra i paesi sopracitati il primo a tornare in lockdown è l’Israele. A seguito dei dati registrati nelle ultime 24 ore – si registra un aumento vertiginoso di 8.107 casi in un giorno – il governo ha predisposto venerdì 18 settembre un lockdown nazionale. Si parla di tre settimane di chiusura, ma ovviamente non c’è nulla di certo. Saranno i dati e il quadro epidemiologico generale a stabilire ulteriori misure restrittive.Israele, primo Paese al mondo a tornare in lockdown: da oggi scuole, alberghi e centri commerciali chiusi - Il Fatto Quotidiano

Seconda volta per Israele

E’ la seconda volta che il paese affronta il lockdown. Le disposizioni  dettate dal governo prevedono una chiusura a partire  dalle 14:00 di oggi. Centri commerciali, alberghi rimarranno chiusi, insieme a scuole di ogni ordine e grado soltanto per una settimana ( momentaneamente). Divieto per i cittadini di allontanarsi dalle proprie abitazioni, oltre i 500 metri e solamente per motivazioni  di prima necessità, quali cibo e farmaci. Bar, ristoranti e luoghi culturali saranno chiusi, mentre sarà prevista l’apertura per alcune strutture religiose.Misure restrittive che preoccupano  cittadini e imprenditori.Covid in Israele, lockdown per almeno tre settimane - La Stampa - Ultime notizie di cronaca e news dall'Italia e dal mondo

Il Rosh Hashanah

Se il primo lockdown avvenuto a marzo e aprile, ha interferito con la “Pesach” (Pasqua ebraica), la festa che segna la liberazione degli antichi ebrei dalla schiavitù in Egitto, il nuovo lockdown rischia di mettere in stand by il cosiddettoRosh Hashanah”, il capodanno ebraico che cade esattamente 162 giorni dopo la Pesach. La festa del Rosh Hashanah viene celebrata sia dai credenti che non insieme a parenti e amici. Ha una durata di due giorni e sarebbe dovuta iniziare questo venerdì sera fino al 20 settembre. Il capodanno ebraico è ricco di tradizioni, in molti si recano nelle sinagoghe per pregare, specialmente durante il digiuno dello Yom Kippur (giorno dell’espiazione) che cade alla fine di questo mese. A seguito delle restrizioni delle ultime ore, quest’anno non saranno consentite le abituali riunioni di famiglia; nelle sinagoghe le preghiere saranno limitate a piccoli gruppi. Il numero di fedeli che potrà assistere alle funzioni sarà limitato, 10 persone al chiuso e 20 all’aperto.

Proteste contro il primo ministro

Cresce il malcontento degli israeliani nei confronti del presidente Benyamin Netanyahu. Secondo un sondaggio pubblicato da Israel ha Yom, il 59 % degli intervistati reputa “non buona” o “pessima” la gestione della crisi sanitaria, mentre il 54 % ha criticato il comportamento del governo in campo economico. Per tali ragioni molti protestanti  si sono recati alla residenza di Netanyahu  a Gerusalemme, chiedendo le dimissioni di quest’ultimo per la pessima gestione del Covid-19. Gli israeliani si sono mostrati sconfortati di fronte alla vanificazione dei risultati di recupero ottenuti dopo il primo lockdown, puntando il dito contro le autorità locali, incapaci di controllare il picco delle ultime settimane.Israele, ancora più di 4'000 contagi: decretato il lockdown di almeno 3 settimane - Ticinonline

Le parole del presidente israeliano

Reuven Rivlin, presidente israeliano di fronte alla frustrazione dei cittadini per le modalità di gestione della pandemia, ha voluto rilasciare un messaggio di conforto, dichiarando come il lockdown ostacoli “la nostra capacità di stare insieme, di celebrare insieme, di piangere insieme, di pregare insieme” ma “voglio che alziamo la testa e abbiamo fede”.

 

Eleonora Genovese

NoMask. Chi sono i negazionisti e perché sono sempre di più

 

 

 

 

 

 

 

Esistono anche i negazionisti del Covid e non solo in Italia.
“I 35.518 morti erano persone deboli colpite dall’influenza.”, “I morti di Bergamo non esistono. Le foto delle bare erano le foto dei morti di Lampedusa, ci hanno ingannato!”. Anche di fronte ai numeri e alle testimonianze dirette, i negazionisti, inquadrati nel movimento generale “NoMask”, credono di avere le spiegazioni per gridare al complotto.

Un movimento variegato e scomposto.
Dopo gli Stati Uniti e capitali europee tra cui Londra e Berlino, anche a Roma, il 5 settembre, 1500 persone – meno del previsto, dato che ne erano attese 2mila – si sono riunite in piazza “Bocca della Verità” per dar vita a una manifestazione “NoMask“, la prima di grandi dimensioni in Italia. I “NoMask”, sono tutti coloro che, invece di considerare la mascherina uno strumento di protezione, ci vedono un bavaglio, imposto dai politici, in particolare dal premier Conte, per attuare una dittatura sanitaria. Sul palco si sono susseguiti vari interventi, dal tentativo di bruciare una mascherina al racconto di un padre che ha portato il figlio in ospedale, per poi avere uno scontro violento col medico che voleva far fare un tampone per sospetto Covid, tutti seguiti da applausi scroscianti. Come spesso accade, la manifestazione NoMask ha finito per raccogliere gruppi di protestanti spinti da varie motivazioni, tra cui i Gilet Arancioni guidati da Antonio Pappalardo, convinti semplicemente dell’inesistenza del Covid, perciò non preoccupati di stare tutti vicini senza distanza e mascherine. Un gran calderone in cui è finito di tutto. Ciò è probabilmente accaduto per l’interferenza sostanziale di vari gruppi politici, tra cui soprattutto i “militanti” di Forza Nuova – con il leader Giuliano Castellino, per il quale “la pandemia è stata pianificata per cinesizzare il mondo e tappare a tutti la bocca”– e altre frange di estrema destra, che si sono uniti alla protesta contro l’imposizione delle regole per prevenire la diffusione del Covid e l’esistenza del virus stesso. Nonostante il movimento si riconosca nell’avversione verso le mascherine, causa di malattie peggiori tra cui il cancro, per l’esposizione a una maggiore quantità di anidride carbonica, e simbolo di oppressione della libertà individuale, diverse persone, soprattutto anziane, hanno deciso di indossarla comunque. “Il fatto che sia qui oggi non significa che debba rischiare di ammalarmi” o “Prevenire è meglio che curare ” ha detto qualcuno. Una contraddizione che è stata giustificata dalla partecipazione alla manifestazione per protestare contro il governo che comunque starebbe facendo allarmismo ingiustificato, manipolando il popolo con la paura per controllarlo e schiavizzarlo. Poi anche le accuse contro il Papa e il Presidente della Repubblica, mentre venivano sventolate bandiere tricolore accanto a foto di Donald Trump e striscioni con gli slogan più diversi, come “Noi siamo il popolo”, “Verità”, “I vaccini fanno male”. Non sono mancati i riferimenti a questioni che sarebbero totalmente lontane da tematiche del Covid, quali il 5G e l’inversione dei campi magnetici terrestri.

Alcuni degli slogan dei manifestanti

Cosa spinge i negazionisti a riconoscersi.

Complice dell’emersione di teorie negazioniste è stata, probabilmente, la confusione sulla natura del coronavirus, vista non come una conseguenza normale del ritrovarsi di fronte ad una malattia nuova. Tra le stesse autorità sanitarie nazionali e internazionali esistono pareri discordanti ed ecco perché viene fuori il pensiero di «un complotto per la nuova dittatura sanitaria». Le dichiarazioni di primari di grandi ospedali, come il dottor Zangrillo, sulla scomparsa a livello clinico, del virus, non fanno che rafforzare la sicurezza di queste persone nell’asserire che “allora il Covid non è mai esistito” o “è stato creato in un laboratorio cinese”. Un altro punto fondamentale per i protestanti è la celerità con cui, gli Stati Uniti in particolare, hanno promesso un vaccino in tempi più brevi del normale, anche per quanto riguarda la diffusione su scala mondiale. Da ciò scaturisce il sospetto di esser trattati come cavie, venendo esposti senza alcun ritegno a grossi rischi, per una cura che in realtà sarebbe un potente veleno per decimare la popolazione o, secondo altri, per iniettare particelle manovrabili attraverso la connessione 5G e quindi controllare le persone. L’indignazione per la ricerca di un vaccino, ma anche il no alle mascherine a scuola e all’educare i bambini alle nuove norme, sono le motivazioni principali che mobilitano il “Popolo delle mamme”, che su facebook conta 24mila membri per la pagina “Salviamo i bambini dalla dittatura sanitaria”.

Alcuni del “Popolo delle mamme”

Difendere la libertà personale, anche a costo di limitare quella degli altri.

Tra i vari partecipanti più famosi, la parlamentare Sara Cunial (ex 5 Stelle, ora passata a Gruppo Misto) è saltata addosso all’inviato della trasmissione Piazza Pulita, Alessio Lasta, provando a baciarlo per dimostrare, con fare provocatorio, che il virus non esiste e, dunque, di avere il diritto di non indossare mai la mascherina. L’inviato ha cercato di scansarla gridando “La smette con ste buffonate?” La Cunial è stata al centro dell’attenzione nei mesi scorsi, perché sorpresa in auto lungo la Via del Mare in direzione Ostia in pieno lockdown, venendo multata per non aver avuto ragioni valide che motivassero lo spostamento. Sostenitrice di varie teorie che riguardano anche Bill Gates, ha definito i vaccini “genocidio gratuito”. Un modo inusuale di dimostrarsi paladini della difesa della libertà individuale, costringendo chi abbia capito quanto pericoloso sia il Covid a preoccuparsi ancor di più della propria salute. Questo è accaduto a Roma, ma non è un unicum, poiché molte persone anche riconoscendo l’esistenza del virus, si concedono un atteggiamento rilassato nei confronti delle regole durante la quotidianità, schernendo, perché esagerato, chi osserva le misure di prevenzione come se ancora fossimo a marzo.

 

Slogan contro il distanziamento sociale

Il parere degli psicologi.

Sarà che una situazione così traumatica come il lockdown abbia sconvolto alcune persone più di altre, suscitando una reazione che le spinge a negare la realtà. Un meccanismo naturale che mette in atto la nostra psiche davanti al pericolo, quando, invece di accettare e affrontare una realtà dura, cerca una via di uscita a tutti i costi. Ecco che, da un lato, abbiamo politici che cercano di risollevare la gente con messaggi propositivi e dall’altra i negazionisti che preferiscono -involontariamente – credere che dietro a tutto ciò ci sia un motivo, un complotto, per quanto ciò possa essere crudele. Una spiegazione per non arrendersi e realizzare che si è vulnerabili in situazioni che sfuggono al nostro controllo, che non siamo invincibili e che possiamo combattere la guerra contro il nemico invisibile solo con responsabilità e buon senso.

Rita Bonaccurso

 

 

Incremento casi di Coronavirus in Italia: un terzo in Veneto

Dopo settimane di stabilità , il trend in aumento dei casi di Coronavirus si manifesta anche in Italia nelle ultime ore. Dati che suscitano preoccupazione di fronte ai 112 nuovi positivi in Veneto causati dal focolaio nel centro per migranti di Casier, in provincia di Treviso. Infatti, sono 386 i nuovi casi rilevati di cui un terzo solo in Veneto. I dati del monitoraggio indipendente Gimbe rivelano la  crescita del numero dei ricoverati con sintomi, rispetto al mese di aprile; sono 748 i pazienti negli ospedali che presentano sintomi e 47 quelli in terapia intensiva. Al contrario si osserva un calo netto del numero dei morti, solamente tre nelle ultime ore (dato record registrato da febbraio). Dati che invitano alla prudenza, come sottolineato da fonti del Comitato tecnico scientifico dopo la diffusione degli ultimi numeri “i dati degli ultimi giorni destano preoccupazione e richiedono la massima attenzione da parte di tutti”.Brockton Neighborhood Health Center, Massachusetts © EPA

Quadro regionale

Si assiste ad una variazione del quadro epidemiologico nelle regioni. Se quelle a quota zero contagi nella giornata di ieri erano solamente due, adesso Umbria, Sardegna, Valle D’Aosta, Molise e Basilicata fanno parte delle cinque regioni che al momento presentano zero contagi. Di pari passo con il calo dei contagi in alcune regioni, si osserva un tendenziale incremento in altre, in particolare nel Veneto.  Sono 112 i nuovi casi individuati a causa del focolaio che si è creato nel centro migranti di Casier, per un  totale complessivo di 129 positivi. Stessa tendenza in Lombardia dove si registrano 88 nuovi casi rispetto ai 46 di ieri (6.678 complessivi )

I casi di importazione

I cosiddetti casi di importazione non finiscono qui , accanto al Veneto la Sicilia, la Toscana e il Lazio presentano un aumento del numero dei contagiati di covid-19. La Sicilia a differenza delle altre regioni del meridione, conta 39 nuovi casi di cui 28 migranti, come sottolineato dall’assessorato regionale alla Salute. In Toscana 11 nuovi casi, per un totale di 22 positivi e 360 persone in isolamento nel Mugello. Da un’indagine epidemiologica a dare via al cluster sarebbe stato un ragazzo albanese, che era tornato in Patria con la famiglia a fine giugno per un funerale. E ancora nel Lazio assistiamo ad un clima di preoccupazione, in seguito dei 18 contagiati di cui 6  provenienti dall’estero ( Capoverde, Moldavia, India,Turchia e Belgio)Coronavirus – I dati, impennata di nuovi casi: 386 in un giorno (un terzo in Veneto), tre i morti. Cts: “Preoccupati da evoluzione curva”

Il virus continua a circolare

Dati che richiedono attenzione e maggior responsabilità, onde evitare un nuovo boom pandemico e le conseguenze correlate. «Davanti a numeri in rialzo rispetto alle settimane precedenti – conclude il Presidente Cartabellotta – la comunicazione della politica e delle Istituzioni deve essere oggettiva, equilibrata e coerente. La pandemia è ancora in corso, il virus è vivo e vegeto e vanno mantenuti tutti i comportamenti individuali raccomandati da mesi, oltre che le misure di sorveglianza epidemiologica. Non è più accettabile disorientare i cittadini strumentalizzando la pandemia per fini esclusivamente politici, contrapponendo posizioni estreme: da un lato negazionismo, minimizzazioni del fenomeno e deplorevoli comportamenti individuali, dall’altro la proroga dello stato di emergenza nazionale»

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Eleonora Genovese

Recovery fund: c’è l’accordo UE. E l’Italia porta a casa una vittoria

Settimane fa scrivevamo, in riferimento al Recovery Fund:

Il progetto […] è ancora lontano dall’essere totalmente definito nella sua interezza, ma l’opinione comune dei Paesi è potersi rialzare grazie a strumenti solidi e duraturi in un’ottica di lungo periodo.”

Il fondo di recupero tanto dibattuto dai Paesi europei fin dai primi devastanti passi del Covid-19 è arrivato al verdetto finale. Dopo giorni di trattative al tavolo del Consiglio europeo, all’alba di martedì 21 luglio è stato siglato l’accordo sul Recovery Fund. Il sorgere del sole di una calda giornata d’estate ha visto 67 pagine di cifre, dichiarazioni e condizioni per i Paesi interessati.

Il presidente del Consiglio Europeo Michel e la presidente della Commissione europea von der Leyen hanno tenuto una conferenza stampa dopo l’intesa, ponendo un accento particolare all’importanza storica dell’accordo raggiunto. Questo sarà ratificato dai vari Paesi con una nuova clausola d’indebitamento della Commissione, e sarà approvato dal Parlamento europeo.

Si parla di Next Generation EU o Recovery Fund da 750 miliardi di euro, utilizzati per aiutare gli Stati colpiti dalla crisi economica del Coronavirus. Era una cifra già enunciata dal vertice UE mesi fa, ma finalmente la cifra è stata definita con certezza: di questo ammontare, ben 390 miliardi saranno erogati a fondo perduto e 360 miliardi prenderanno la forma di prestiti. Inoltre, il bilancio per i prossimi 7 anni avrà un valore di 1074 miliardi di euro.

Per la prima volta i Paesi membri danno mandato alla Commissione UE di indebitarsi a loro nome per somme consistenti.

Qual è il verdetto per l’Italia?

L’Italia vede un sorriso stampato sullo stivale: nonostante l’incertezza del premier Conte sull’esito positivo delle trattative per il nostro Paese, all’Italia spetteranno 209 miliardi di euro, distribuiti tra 82 miliardi di sussidi e 127 di prestiti.

I Paesi “frugali” (Olanda, Danimarca, Svezia, Finlandia), che volevano limitare il denaro a fondo perduto, hanno dovuto accettare un compromesso a favore dei Paesi in ginocchio, tra cui l’Italia.

Infatti, i sussidi non ammonteranno a 500 miliardi, ma a 390 miliardi. I prestiti invece aumentano da 250 a 360. La nuova proporzione è soprattutto volta a soddisfare i leader più influenti che volevano limitare i contributi a fondo perduto.

Per ottenere il loro accordo vi è stato anche un forte aumento (in alcuni casi un raddoppio) dello sconto di cui godono in primi quattro paesi appena elencati.Si è notato, tra l’altro, un cammino comune percorso da Francia e Germania, testimoniato anche dalle parole del leader francese Macron:

Abbiamo adottato un massiccio piano a favore della ripresa: un prestito in comune per rispondere alla crisi in modo unito e investire nel nostro futuro. Non l’abbiamo mai fatto!”

Come verrà finanziato il Recovery Fund?

Si parla per la prima volta, in modo concreto, di condivisione del debito. La Commissione UE può emettere titoli comuni sui mercati finanziari. Gli Stati membri non erogheranno denaro, ma dovranno garantire che nel caso di necessità sosterranno titoli per un certo ammontare. Per il rimborso si pensa alla creazione di nuove tasse europee.

Il Recovery Fund distribuirà risorse tra il 2021 e il 2023, svolgendo il suo compito fino al 2026, per aprire poi le porte al rimborso del denaro preso a prestito dal 2027.

Non mancano, però, delle condizionalità (tanto nominate in ambito di MES ma, a quanto pare, poco contrastate in riferimento al Recovery Fund). Innanzitutto, la Commissione europea dovrà presentare entro il Consiglio europeo di ottobre le sue raccomandazioni ai governi sul potenziamento dell’efficienza nell’approvazione ed esecuzione di lavori pubblici. Sicuramente è un campanello d’allarme verso l’Italia, maggior beneficiario del Recovery ma allo stesso tempo con un alto livello di inefficienza amministrativa: non è possibile ignorare le decisioni europee, pena il congelamento dei finanziamenti.

Il Paese che vorrà richiedere fondi, dovrà presentare un piano di ripresa e di resilienza coerente con obiettivi di varia natura, ad esempio difesa del clima e digitalizzazione, oltre ovviamente al rispetto delle raccomandazioni della Commissione. Per l’Italia, in particolare, si richiede amministrazione e giustizia civile più efficienti. La Commissione UE dovrà, entro due mesi, approvare o respingere il progetto presentato.

Per ciò che riguarda l’approvazione degli esborsi delle tranche del Recovery fund, la Commissione chiede l’opinione del Comitato economico e finanziario. Se un Paese non autorizza l’esborso, può chiedere che il versamento sia sospeso fino a quando si pronuncerà il Consiglio europeo, con un tempo di discussione massimo di tre mesi. La decisione finale, però, spetta alla Commissione UE.

Contenuto realizzato in collaborazione con Starting Finance

Marco Amato

Rossana Arcano