Dagli studenti per gli studenti: conchiglie e coralli spariranno?

Avrete sicuramente tenuto in mano almeno una volta delle conchiglie o visto dei coralli. Sebbene ci sembrino affascinanti, ciò che le costituisce è banalmente carbonato di calcio (CaCO3). Ciò di cui andramo a parlare, è il forte legame che c’è tra questa molecola e il surriscaldamento globale. Sorprendentemente il motivo è da ricondursi all’acqua dei mari e, in generale, a tutti i corpi d’acqua disseminati nel globo.

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Anche i coralli non se la vedono bene

Partiamo da una parentesi sui coralli. Avete presente quelle splendide creature che assumono svariati colori nei fondali marini? Sarebbe un peccato se perdessero il loro colore, giusto? Ebbene, il surriscaldamento globale sta portando al loro completo sbiancamento, negli ultimi 30 anni i biologi hanno verificato una diminuzione del 50% di coralli colorati nella famosissima Grande Barriera Corallina (coste al nord-est dell’Australia). Questo è legato al pH (un parametro utilizzato in tutto il mondo per indicare l’acidità di un liquido) che negli ultimi decenni è sceso drasticamente: questo significa che l’acqua degli oceani sta diventando sempre più acida.

Raffigurazione del passaggio di un corallo in salute, ad uno sbiancato per effetto delle acque inacidite, ad uno morto. Fonte

Perché la colpa è di quel 1,5°C in più?

I sistemi acquatici, in cui abitano conchiglie e coralli, sono tra i più complessi e articolati, le reazioni chimiche che avvengono in ogni istante sono innumerevoli e basterebbe una minima variazione della temperatura per stravolgere gli equilibri chimici che si instaurano al loro interno. Perché, però, una temperatura più alta dovrebbe rendere più acida l’acqua? Per spiegare questo dobbiamo spostarci su un altro parametro fondamentale: la solubilità.

La CO2 e le conchiglie

Ebbene sì, anche qui si parla di anidride carbonica. Sappiamo bene che la sua concentrazione nell’aria è aumentata e questo, combinato all’innalzamento delle temperature, non fa altro che aumentare la sua concentrazione nelle acque, sostituendosi all’ossigeno libero nell’acqua. Questo causa problemi alla respirazione degli animali acquatici e di conseguenza la moria delle creature più sensibili (non sopravvivono se l’ossigeno non è almeno 5 ppm o milligrammo di Ossigeno per chilogrammo di acqua marina); per giunta i corpi esanimi di queste creature si decompongono nei fondali consumando altro ossigeno.

Il materiale organico in decomposizione lo individuiamo come CH2O che consumando ossigeno libera altra CO2.

 

C’è un altro problema, l’ossigeno che torna in acqua dall’atmosfera è un processo lento. Concluso il discorso sulla solubilità della CO2 che influenza quella dell’ossigeno O2 torniamo a parlare di carbonato di calcio.

Reazione chimica che spiega la dissoluzione del carbonato di calcio. Inoltre indica come sia proporzionale la quantità di calcio nell’acqua rispetto a quella di anidride carbonica. Disegnato con Chemdraw.

È tutta questione di equilibri

Se è vero che sta scendendo il pH, allora questa acidità dovrebbe “sciogliere” con un po’ più di forza i corpi solidi, e infatti è così. Tutte le specie chimiche carbonatiche sono rese più solubili, e gli ioni Ca2+ liberi in acqua aumentano. Nel caso di acque a contatto con molti materiali carbonatici (dovuti a sedimenti, conchiglie, minerali, rocce, ecc) avremo pH pari a 9,9

 

Questa reazione dimostra come il pH sia più basico in acque calcaree

Mentre un’acqua che ha assorbito dall’atmosfera una quantità rilevante di anidride carbonica darà un pH più acido che si aggirerà a 8,29.

Reazioni che dimostrano l’acidità dell’anidride carbonica. La reazione più importante è l’ultima, poiché mostra l’instabilità dell’acido carbonico che si dissocia per dare 2 ioni idrogeno.

Notiamo quindi che nel popolo di specie chimiche si va ad aggiungere lo ione carbonato (CO3) dato non solo dai corpi solidi di cui abbiamo già parlato, ma anche dall’anidride carbonica stessa. La CO2 ha vitale importanza nei sistemi acquatici, dopo essersi convertita nello ione CO3, in quanto questo è tra le risorse primarie di cui le alghe fanno uso per crescere.

Esistono anche “equilibri tampone”

In ogni caso, i corpi d’acqua marini non sono sistemi semplici – come abbiamo già detto – e in questi vi sono delle reazioni che contrastano l’acidità generata da agenti esterni a loro stessi. Questa capacità di neutralizzare gli acidi è determinabile da un parametro chiamato alcalinità. Si può determinare da misurazioni analitiche che sommano tutte le specie chimiche che neutralizzano i composti acidi. Stiamo parlando di tutti quei composti dalla debole e forte basicità (potremmo dire che basico è un composto che fa salire il pH di una soluzione), come: gli ioni carbonato CO3, ioni bicarbonato HCO3, ioni idrossido OH; e sottraendo a questi, le concentrazioni di tutti i composti acidi presenti nel corpo d’acqua. È chiaro però che questi sistemi possano funzionare fino ad un certo punto, la capacità “autopurificante” dei mari dipende da una serie di fattori che non sono artificialmente controllabili.

Le prime 3 righe descrivono le reazioni che svolgono le specie chimiche per neutralizzare gli acidi. In basso abbiamo la definizione matematica di alcalinità. Si utilizzano le parentesi quadre per parlare di concentrazioni dei corrispettivi contenuti.

Abbiamo quindi compreso come gli equilibri cambiano per piccole variazioni come la semplice temperatura o la concentrazione di CO2. L’ossigeno disciolto in acqua che diminuisce comporta a materiale organico che richiama altro ossigeno per decomporsi che a sua volta genera altra CO2. Quest’ultimo è dato anche dal contributo atmosferico la cui situazione sappiamo non essere rosea.


Salvatore Donato

 

Bibliografia

lecopost.it

Corriere.it

S. E. Manahan, Chimica dell’Ambiente, Piccin 2000

La vita nello Stretto di Messina: un progetto di monitoraggio delle acque e della biodiversità

La quarantena ha significato per molti isolamento: così non è stato però per la natura che, al contrario, sembra essersi come risvegliata e aver ripreso gli spazi che le erano stati negati dall’uomo.

Anche a Messina, proprio sulla base di queste considerazioni, è stato realizzato un progetto per valutare lo stato di salute delle acque e di flora e fauna presenti nello Stretto.  La professoressa Nancy Spanò, delegata UniMe alle iniziative scientifiche a tutela dell’ambiente e del patrimonio marino, con cui abbiamo avuto il piacere di parlare, ci ha chiarito moltissime curiosità:

«Il progetto è nato da un’idea venutami in mente vedendo la grande riduzione del traffico marittimo. A questo punto ho fatto una richiesta formale al Magnifico Rettore, al Comune ed alla Capitaneria ed abbiamo iniziato (verso fine aprile) il progetto vero e proprio».

Ma di quale flora e fauna stiamo parlando? Abbiamo già visto, nello scorso articolo, il pesce spada; ma quanti conoscono cosa si nasconde davvero nelle acque dello Stretto e le creature che in silenzio lo abitano?

I coralli

Lo Stretto di Messina, grazie al suo idrodinamismo dovuto alle famose correnti, nonché alla presenza di sali di azoto e fosforo, presenta caratteristiche simili a quelle dell’Oceano Atlantico. Questo fa sì che vi sia la presenza di una flora particolare, assente nel resto delle coste italiane.

Di particolare importanza sono, nei pressi della costa calabra, le colonie di corallo nero, l’Antipathes subpinnata, un corallo rarissimo e protetto. Di nero in realtà presenta solo l’esoscheletro, mentre il resto è di colore bianco. Scoperte nello Stretto nel 2009, queste colonie sono ancora oggi la più grande foresta al mondo.

 

Fonte: Colapisci.it Foto di Francesco Turano

Accanto a questi, la Professoressa Spanò ricorda anche:

«Non ci si può dimenticare della Posidonia Oceanica, una pianta protetta dalla comunità europea. Di essa ve ne sono due vitali praterie a Capo Peloro e Pace. Ancora – sempre a Capo Peloro – c’è una parte di coralligeno, un habitat particolare inserito anch’esso come area da proteggere dalla comunità europea e in cui troviamo, tra i vari organismi, anche il corallo rosso».

La montagna di Scilla

Sempre nei pressi della costa calabra si trova la famosa “Montagna di Scilla”, una guglia rocciosa, ovvero un monolite di circa 20 metri che senza dubbio non ha eguali. Ricoperta di gorgonie bicolori, gialle e rosse, si presenta come un paradiso cromatico.

Fonte: strill.it

Continua la Professoressa Spanò, aggiungendo:

«Abbiamo effettuato campionamenti nella costa siciliana, ma anche a Scilla. Anche se dal confronto con le vecchie analisi la situazione era più o meno la stessa – e da un lato ciò è negativo – dall’altro vuol dire che lo stato di salute delle nostre acque è molto alto».

I pesci abissali e il fenomeno dello spiaggiamento

Lo spiaggiamento è un fenomeno tipico dello Stretto di Messina, favorito da correnti, venti e fasi lunari. Di particolare rilevanza è lo spiaggiamento che avviene nei mesi da ottobre ad aprile e che vede rilasciati sulla superficie grandissime quantità di pesci abissali. Questi, chiamati anche pesci batipelagici (abitanti quel tratto che si estende dai 1000 ai 4000 metri di profondità al di sotto della superficie oceanica), presentano caratteristiche particolari: bocche enormi, denti affilati, organi luminescenti. La spiegazione di queste particolarità è semplice: hanno dovuto adattarsi ad un ambiente ostile, buio e con scarsità di cibo.

 

Chauliodus sloani, la”Vipera di mare” (pesce abissale diffuso nello Stretto di Messina) – Fonte: wikipedia.org

 

La migrazione dei cetacei e la balena “Coda mozza”

Ad attraversare lo Stretto di messina sono anche i grandi giganti del mare: delfini, balenottere e capodogli. Ultimo e importante avvistamento risale proprio alla seconda settimana di giugno: si tratta della famosa balena “coda mozza”, così chiamata perché privata della pinna caudale (all’estremità della colonna vertebrale), a seguito di un taglio causato probabilmente dall’elica di un’imbarcazione. Il cetaceo, che a causa di questa mutilazione non può scendere in profondità e quindi cibarsi ingerendo plancton, continua così il suo viaggio da circa quindici anni, vagando per tutto il Mediterraneo. Di seguito il video dell’attraversamento dello Stretto:

 

I primi risultati del progetto guidato dalla Professoressa Spanò sono stati sorprendenti: «Quello che ci ha fatto pensare di essere sulla strada giusta è stato l’avvistamento nella zona sud di Messina del passaggio di tonni, un evento molto raro!» e continua affermando che«Le correnti dello Stretto sono una grande forza di dispersione degli inquinanti (streptococchi, idrocarburi etc.). Adesso si attende di inviare i dati al Ministero dell’Ambiente al fine di richiedere – con il Comune – la bandiera blu per le nostre coste».

Conclude la Professoressa Spanò: «Giusto pochi giorni dopo la riapertura, come comunità scientifica abbiamo scritto una lettera al Presidente Mattarella, al Premier Conte ed al Ministro Costa per segnalare le 10 cose più importanti da fare per l’ambiente. Un piano nazionale in cui si spazia dalla green and blue economy, alle energie rinnovabili, fino una vera e propria restaurazione degli ecosistemi terrestri e marini degradati».

Alla luce di tante bellezze, sembra infatti arrivato il momento di mettere al centro la questione ambientale, riconoscerla come priorità e valutare ciò che gli studi e i progetti, soprattutto di quest’ultimo periodo, hanno chiaramente mostrato.

Ci teniamo a ringraziare infine la Professoressa Nancy Spanò, la Guardia Costiera, il Nucleo Subacquei, l’Unità navale della Polizia Municipale, l’assessore all’ambiente Dafne Musolino e tutti coloro che hanno collaborato al progetto.

Cristina Lucà, Salvatore Nucera

Fonti: 

unime.it

agi.it

letteraemme.it

oloturiasub.it

wikipedia.org