GALLERIA PROVINCIALE D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA “LUCIO BARBERA”

 

©GiuliaGreco, Galleria Provinciale d’Arte Moderna e Contemporanea Lucio Barbera, Messina 2019

 

In via XXIV Maggio, salendo da piazza Duomo, e a meno di cinque minuti a piedi da questo, si trova la Galleria Provinciale d’Arte Moderna e Contemporanea intitolata a Lucio Barbera, critico d’arte. Seppur nella zona centrale e storica di Messina, la Galleria è ancora poco conosciuta; ci siamo sentiti, perciò, in dovere di raccontarvi della sua storia e delle opere che contiene.

©GiuliaGreco, Galleria Provinciale d’Arte Moderna e Contemporanea Lucio Barbera, Messina 2019

 

Da poco ha compiuto 21 anni, è stata infatti inaugurata il 9 Maggio 1998 nei locali che erano conosciuti come “ex falegnameria”. L’Azienda Autonoma Provinciale per l’Incremento Turistico ha fatto una gentile e consistente donazione, andando ad aumentare notevolmente la collezione, basata principalmente sull’arte neorealista del dopoguerra. La selezione è ricaduta su un numero limitato di opere, dato lo spazio esiguo, all’incirca quattro grandi vani, le quali tuttavia sono ottime rappresentanti e perfette protagoniste delle correnti artistiche che le hanno attraversate e dei geni che le hanno create.

©GiuliaGreco, Galleria Provinciale d’Arte Moderna e Contemporanea Lucio Barbera, Messina 2019

 

Una delle opere che ci ha colpito maggiormente è di Giò Pomodoro, scultore di vuoti pieni di luce. Si intitola il Carro e Sole, realizzato con bronzo e marmi bianco di Carrara, giallo di Siena e nero del Belgio. Giorgio Pomodoro nasce vicino Pesaro il 17 novembre del 1930.  I suoi volumi si gonfiano e si fanno imponenti, solidificandosi in blocchi di marmo o pietra squadrati, incasellati o agganciati spesso su pilastri massicci. Si cimenta a lavorare con materiali eroici, come il ferro, lo stagno, il piombo, l’argento, il cemento e il bronzo; nonostante la ruvidità delle sue materie prime, le opere che ne vengono fuori sono tese ma allo stesso tempo attorcigliate, quasi creando spirali volumetriche.

Giò Pomodoro è invitato più volte a esporre alla Biennale di Venezia e le sue opere sono collocate in collezioni di rilievo, pubbliche e private, in tutto il mondo; Pomodoro, come qualunque artista che si rispetti, concepisce la sua carriera come un unicum e ha dichiarato: “Ciascuna delle mie opere è legata alla precedente e alla successiva, anche se questo non sempre avviene in un percorso lineare.” 

©GiuliaGreco, Galleria Provinciale d’Arte Moderna e Contemporanea Lucio Barbera, Messina 2019

 

Perla di rilievo e monito di orgoglio è la mostra permanente dal 2001 dedicata al poeta Salvatore Quasimodo, il quale, nato a Modica, si è diplomato a Messina presso l’Istituto Tecnico A.M.Jaci. La mostra intitolata La vita non è un Sogno” comprende una raccolta di fotografie, manoscritti e lettere del poeta, premio Nobel per la letteratura nel 1959. La raccolta comprende inoltre spartiti musicali ispirati a liriche del poeta.

©GiuliaGreco, Galleria Provinciale d’Arte Moderna e Contemporanea Lucio Barbera, Messina 2019

 

L’esigenza di fornire uno spaccato della migliore produzione messinese realista del dopoguerra si è tradotta, in questa piccola ma accogliente Galleria, in un vero e proprio manifesto d’arte moderna e contemporanea. Ma un buon Museo, per quanto si possa esser abili nella descrizione, non sarà mai in grado di suscitare emozioni se non come quando i nostri passi percorrono le superficie dei suoi ampi, silenziosi e suggestivi saloni. Proprio per questo vi suggeriamo di visitarlo. In una città non molto grande, ma attracco turistico di prima eccellenza, abbiamo l’obbligo e il dovere morale di far conoscere questi musei, piccoli ma pieni di iniziativa; raccolgono fenomeni svariati, dalla pop art italiana, agli artisti come Mazzullo, Migneco e Toco, conosciuti anche all’estero, affinché l’arte, in qualsiasi forma ed espressione, possa essere diffusa e compresa, affinché possa essere divulgata. L’arte raggiunge l’apice dei suoi propositi solo quando può essere vissuta, che sia osservandola oppure leggendola.

Ilaria Piscioneri

Seta di Alessandro Baricco

È nelle storie apparentemente più semplici e lineari che si nascondono i messaggi più significativi, quelli che non hanno bisogno di migliaia di pagine per essere raccontati o di infiniti guazzabugli di parole per essere spiegati.
Sono quelle storie che possono immediatamente proiettarci dentro la loro realtà diventando così perfette ed indimenticabili, oppure rimanere a noi sterili e senza significato alcuno, tranne quello di usarne qualche frase come didascalia di una foto su Instagram.

“Hervé Joncour aveva 32 anni. Comprava e vendeva. Bachi da seta.”

Così inizia la narrazione, una statica descrizione di quella che è la trama di tutto il libro, la vita di un giovane che all’età di 32 anni abbandona la lungimirante carriera militare pianificatagli dal padre e, su consiglio di un amico fraterno, diventa un commerciante di bachi da seta. Tutto nel paese di Lavilledieu ruota attorno al processo di lavorazione della seta e la sua vendita è diventata ormai la forma di sostentamento più importante per gli abitanti del posto, finché un’improvvisa epidemia non rende inutilizzabili le uova dei bachi provenienti dagli allevamenti europei.
È proprio per questo motivo che Hervé decide di intraprendere una serie di lunghi e pericolosi viaggi in Giappone alla ricerca di un nuovo fornitore che permetta di mantenere a galla la martoriata economia di Lavilledieu, ma sarà proprio durante questi viaggi che vivrà le esperienze più profonde e complesse della propria vita, esperienze che lo metteranno difronte ad una scelta esistenziale rendendolo in fine una persona diversa.

La figura di Hervé rappresenta perfettamente il concetto di uomo moderno. Giovane, con una moglie che lo ama ed un lavoro ben retribuito alla spalle, ma ciononostante insoddisfatto della sua vita, sempre pronto ad inseguire un obiettivo distante ed incerto, a rischiare tutto per riuscire ad acciuffare un futuro, o meglio un amore, impalpabile ed indefinito.
I suoi continui viaggi di lavoro in Giappone, sempre perfettamente pianificati in ogni minimo dettaglio, si trasformano in una fuga del protagonista dalla sua monotona realtà quotidiana, in un tentativo di rifugiarsi in un mondo nuovo, sconosciuto ed onirico fatto di sospiri, sensazioni e sguardi fugaci, in cui poter riscoprire se stesso come un uomo nuovo.

“…E con cura fermò il Tempo, per tutto il tempo che desiderò”

Come in ogni libro di Baricco, anche in “Seta” risulta fondamentale sapersi perdere nel testo, non concentrarsi troppo sulle parole o sulla costruzione dei periodi, ma piuttosto soffermarsi su ciò che quelle poche parole cercano di evocare in chi le legge.
Si deve andare alla ricerca di un qualcosa che sembra essere nascosto dal più fitto e oscuro degli enigmi, ma che alla fine troviamo a pochi passi da noi, illuminato da una luce che prima sembrava non esserci.

È proprio questa la storia di Hervé Joncour, un uomo che vagava per il mondo in cerca di una dimensione in cui trovarsi a suo agio, di un amore che lo facesse sentire davvero vivo, ma che in realtà non riusciva a vedere come tutto ciò che egli stava inseguendo follemente lo aveva già ottenuto, mentre ciò da cui non riusciva a distogliere il suo sguardo era in realtà un’illusione effimera, che sfuggiva dalle sue mani proprio come fa la morbida seta.

“Ogni tanto, nelle giornate di vento, scendeva fino al lago e passava ore e guardarlo, giacché, disegnato sull’acqua, gli pareva di vedere l’inspiegabile spettacolo, lieve, che era stata la sua vita.”

 

Giorgio Muzzupappa