Julia Roberts: ascesa di una Diva

Consacrata alla celebrità dalla pellicola Pretty Woman, l’attrice statunitense Julia Roberts, che ha incantato generazioni con il suo sorriso e il suo carisma, ha appena celebrato i suoi cinquantasette anni.

Nascita di una promessa

La Roberts nasce il 27 ottobre del 1967 ad Atlanta in Georgia da una famiglia della middle class. Suo padre un rappresentante di aspirapolveri e sua madre una segretaria. Cresce in una famiglia amante del teatro e del modo della recitazione. Al diploma decide di raggiungere suo fratello Eric a New York, che iniziava a muovere i primi passi nella recitazione. Nella Grande Mela la giovane Julia sfila in passerella, lavora in una gelateria e da un calzolaio.

Julia Roberts agli albori della carriera

Incoraggiata da Eric tenta l’audizione per la pellicola Firehouse (1987) di J. Christian Ingvordesen, ottenendo un piccolo ruolo di comparsa. Otterrà invece il ruolo da protagonista in Legami di Sangue, uscito nella sale nel 1989. Recita insieme all’attore italiano Gianfranco Giannini e al fratello Eric. Arriva il decollo della carriera per la giovane attrice e ottiene ruoli via via più rilevanti. A differenza di suo fratello Eric gestisce fama e successo. Eric infatti verrà assorbito dal lusso di Hollywood, mentre al contrario la sorella rimane salda su valori come sobrietà durante le scene, non sentendosi a suo agio in scene di nudo nei film.

Julia recita intanto in Satisfaction (1989), grazie al quale ottiene un ruolo in Fiori d’Acciaio (1989) dove interpreta un personaggio intenso e profondo. Sfiora l’Oscar.

Julia Roberts
Julia Roberts. Fonte: Sky

Il decollo di Julia Roberts e gli anni ’90

Il regista Gary Marshall la sceglie per il ruolo che la consacra al grande pubblico, Pretty Woman, interpretando la parte di una prostituta di cui il miliardario americano, interpretato dal già celebre Richard Geere si innamorerà. Le copertine dei giornali di tutto il mondo mostrano il suo sorriso dolce e spontaneo e al tempo stesso semplice. In questo periodo, diventa protagonista di opere fondamentali come I protagonisti (1992) di Robert Altman, dove dimostra la sua abilità nell’interpretare ruoli complessi. Il thriller Il rapporto Pelican (1993) di Alan J. Pakula, consolida ulteriormente la sua reputazione. La sua collaborazione con registi di prestigio, come Altman e Woody Allen (Tutti dicono I love you, 1996), è un segno della fiducia che il mondo del cinema ripone in lei.

Il 1997 segna un punto di svolta decisivo con la commedia romantica Il matrimonio del mio migliore amico. Julia interpreta una donna che si ritrova a competere per l’amore del suo migliore amico, accanto a Cameron Diaz e Rupert Everett, che offre consigli saggi e spiritosi. Questo film non solo la porta alla ribalta, ma diventa anche un classico del genere.

Il suo successo prosegue con Ipotesi di complotto (1997), Nemicheamiche (1998), una commedia con Susan Sarandon. La chimica tra le due attrici risulta irresistibile e il film diventa un grande successo. Non si può dimenticare il fortunato ritorno con Richard Gere in Se scappi, ti sposo (1999), sempre diretto da Gary Marshall, che consolida ulteriormente il suo status di regina delle commedie romantiche.

Gli anni ’00 e la pausa dai riflettori

Un traguardo fondamentale arriva con l’Oscar per Erin Brockovich – Forte come la verità (2000).  La sua performance potente e carismatica le consente di vincere l’Oscar come miglior attrice protagonista, un riconoscimento che celebra non solo il suo talento, ma anche la sua capacità di rappresentare personaggi forti e resilienti.

Dopo una rinnovata consacrazione dell’Oscar, Julia Roberts si dedica a una serie di progetti ambiziosi. Recita nella commedia I perfetti innamorati (2001), con Catherine Zeta-Jones, e partecipa a blockbuster come Ocean’s Eleven – Fate il vostro gioco (2001) e il suo seguito Ocean’s Twelve (2004), entrambi diretti dal suo amico Steven Soderbergh.

Nel 2003, si trasforma in un’insegnante anticonformista in Mona Lisa Smile di Mike Newell, dove esplora temi di emancipazione femminile e valori tradizionali. Continua a brillare interpretando ruoli versatili come l’amante di Chuck Barris nel film d’esordio alla regia di George Clooney, Confessioni di una mente pericolosa (2003), e una fotografa ambigua in Closer (2004) di Mike Nichols. Dopo un periodo di pausa dalla vita pubblica, Julia riprende la carriera nel 2007 con La guerra di Charlie Wilson di Mike Nichols, affiancata da Tom Hanks.  Continua a esplorare ruoli diversificati, in film come Duplicity (2009) e Mangia, prega, ama (2010), dove affronta tematiche di ricerca interiore e crescita personale.

Julia Roberts
Julia Roberts, Fonte: Lei

Gli anni ’10

Nel 2012, Julia interpreta la Regina Cattiva in Biancaneve di Tarsem Singh, un ruolo che le consente di mostrare una faccia diversa del suo talento. I segreti di Osage County (2013) le frutta nominations come miglior attrice non protagonista ai BAFTA, ai Golden Globes e agli Academy Awards.

Negli anni recenti, Julia continua a collaborare con registi di talento come Jodie Foster e Billy Ray, recitando in film come Money Monster (2016) e riunendosi con Gary Marshall per Mother’s Day (2016). La sua versatilità e il suo impegno la portano a interpretare una madre combattiva in Ben is Back e in Wonder (2017), tratto dal romanzo di R.J. Palacio, che esplora temi di accettazione e amore familiare.

Le prospettive attuali della diva Julia Roberts

Nel 2022, Julia è co-protagonista con George Clooney in Ticket to Paradise, dimostrando ancora una volta di essere una presenza di grande rilievo nel panorama cinematografico moderno. Con una carriera che continua a espandersi, Julia Roberts rimane un simbolo di talento, resilienza e versatilità, incantando il pubblico di generazione in generazione. La sua capacità di affrontare ruoli sfidanti e la sua dedizione al mestiere la rendono una delle attrici più rispettate e amate di tutti i tempi.

 

Marco Prestipino

 

 

A Gazzelle, il più Indie di tutti

Nello scrivere seguendo le «intermittenze del cuore» Flavio Pardini, in arte Gazzelle, è riuscito a creare un impero; nello scenario della musica italiana – ora più variegato che mai – la musica indie si fa sempre più preponderante e lui ne è uno degli esponenti più apprezzati. Il cantautore originario della capitale ha incantato milioni di ascoltatori con i suoi brani e la loro magia, mescolando vari stili della grande musica del passato e sintetizzando tutto in semplici melodie e ritornelli orecchiabili: un mix perfetto.

In occasione del suo compleanno, vogliamo rivedere (e ovviamente riascoltare) le canzoni più belle, quelle che l’hanno fatto entrare nelle top playlist di Spotify e soprattutto nella nostra vita.

Di me volevi solo te – Quella te (2016)

Questo brano è stato l’esordio dell’artista: un giovane che cantava nei bar di Roma camuffando il volto, nascondendo gli occhi dietro un paio di occhiali e indossando un cappellino con la visiera. Ha destato subito l’attenzione della critica ed ha cominciato la sua carriera con questa canzone, che poi diventerà parte di “Superbattito”, il suo primo album. 

Quella te è un brano molto anni 90 – come parte della discografia di Flavio – che racconta di una storia d’amore con nostalgia e con un pizzico di rabbia.

Screenshot del video ufficiale, fonte: wikipedia

«Quella te che rideva» potrebbe essere chiunque: potremmo essere noi o potremmo cantarlo a qualcuno; la magia del pezzo sta nel fatto che il soggetto del testo non ha una vera identità, si adatta ai vari momenti e ai vari protagonisti della nostra vita.

E io che come al solito fraintendo – Nero (2017)

Nero è uno dei singoli più ascoltati dell’autore (soprattutto dalla sottoscritta) e sembra essere un urlo di speranza.

Dal titolo non si direbbe, ma in realtà cela la consapevolezza che c’è sempre qualcosa di bello nonostante tutto; di certo Gazzelle non si risparmia nel descrivere le situazioni peggiori e ognuna di queste – ancora una volta – rappresenta qualcosa nella vita di chi la ascolta.

E non crescono i fiori, è vero, dove cammino io // Ma nemmeno è tutto nero

Screenshot del video ufficiale, fonte: wikipedia

La malinconia sfocia in speranza e il ritornello è così orecchiabile da rimanere stabilmente in testa.

Ti ricordi di me? – Scintille (2018)

Il 2018 è l’anno di un artista più maturo e il nuovo disco “Punk” sancisce un periodo molto attivo, con nuove produzioni e con concerti in tutta Italia, ma soprattutto con un massiccio aumento di ascolti.

In Scintille, Gazzelle canta come se stesse guardando se stesso nel passato:

Ti ricordi di me? […] // Io mi ricordo e lo sai, pensavo fosse amore invece erano guai

Screenshot del video ufficiale, fonte: wikipedia

Parla a se stesso o parla a qualcun altro? Beh, sicuramente ad ognuno la sua interpretazione, ma è certo che ogni strofa diventa indelebile dopo averla ascoltata. Delicato ma forte riesce ad adattarsi ad ogni sensazione; brano che durante i suoi concerti ha fatto illuminare gli spalti e cantare a squarciagola tutti gli spettatori, creando un’atmosfera unica.

Quando la luce s’infrange sopra le tue guance – Una canzone che non so (2019)

In “Post-Punk” Flavio arricchisce l’album precedente con quattro canzoni, tra le quali Una canzone che non so. Con un piano d’accompagnamento ed una chitarra che sottolinea i momenti più forti del testo, questo brano ha ottenuto subito grandi consensi.

Il video dà un volto ai protagonisti di questa storia ma le parole sembrano essere quelle di ognuno di noi (pensate o dette almeno una volta nella vita):

Che ti ricordi di me, lo so // Ma solo quando non ti calcolo

Screenshot del video ufficiale, fonte: wikipedia

Sembra quasi cercare una spiegazione per chiudere una storia o per dare un senso ad una rottura; quindi ci pone dalla parte di chi deve capire qualcosa e riapre la possibilità a nuove interpretazioni anche delle proprie esperienze.

E fermati qui e resta così – Scusa (2020)

Quest’ultima uscita è quasi un regalo che ci ha fatto alla conclusione di questo 2020.

Scusa (insieme a Lacri-ma e Destri) è una canzone che sarà parte di un nuovo album di cui non è nota la data di uscita o il titolo ; Gazzelle, in una intervista per Rockol, spiega: «Con le nuove canzoni ho recuperato i Nirvana: volevo fare qualcosa che fosse orientato verso una sorta di grunge, ma in chiave moderna».

Ancora una volta si riconferma il genio di Flavio: Scusa è una poesia; un testo capace di premere quei tasti giusti per emozionare ed eventualmente riaprire delle ferite passate.

Copertina ufficiale, fonte: YouTube

Anche grazie al bellissimo accompagnamento musicale, questo brano ha avuto un successo clamoroso; rimane impresso in mente e forse anche nel cuore di chi la ascolta:

E sarò io, e sarai te // L’unica cosa al mondo da non perdere

 

Cos’altro dire? Avremmo potuto parlare di ogni brano, dello stile che oscilla sempre tra una ballata d’amore e di malinconia, ma che riesce ad estrapolare qualcosa in più ogni volta; riesce a dare tono e forma ad alcune emozioni e lo fa sempre in maniera diversa.

Flavio, ti ringraziamo per tutte le lacrime che ci hai fatto versare e per l’intensità delle cose che ci hai fatto provare; diciamo che nonostante tutto in fin dei conti stiamo bene.

                                                                                                                                  Barbara Granata

 

De Andrè, il poeta contemporaneo

De Andrè – Fonte: brindisireport.it

Se vi dico “la chiamavano bocca di rosa, metteva l’amore, metteva l’amore”, “ah che bell ‘o cafè, pure in carcere ‘o sanno fa” oppure “all’ombra dell’ultimo sole si era assopito un pescatore, aveva un solco lungo il viso come una specie di sorriso”, cosa vi viene in mente?

Se la risposta è Fabrizio De Andrè, vuol dire che almeno una volta nella vostra vista avete ascoltato le sue canzoni, avete potuto assaporare l’essenza delle sue parole, siete riusciti a farvi trasportare dalla magia delle sue storie .

Oggi sarebbe il suo ottantesimo compleanno, e per questo anniversario mi piacerebbe rivivere tratti della sua vita ed analizzare le sue parole cercando di coglierne i significati fittizi che si muovono sinuosamente dentro le sue poesie .

De Andrè nacque il 18 febbraio 1940 a Pegli, un quartiere genovese, i primi anni della sua vita hanno visto la seconda guerra mondiale e ci hanno lasciato una sua bellissima canzone “Ho visto Nina volare”, composta nel 1996, in cui egli racconta della sua amica d’infanzia Nina che conobbe proprio negli anni del conflitto.

L’incontro decisivo con la musica avviene con l’ascolto di Georges Brassens e la sua passione prenderà corpo grazie anche alla “scoperta” del Jazz e all’assidua frequentazione degli amici Luigi Tenco, Umberto Bindi, Gino Paoli e del pianista Mario De Sanctis, con i quali comincerà a suonare la chitarra e a cantare nei locali.

Tra le tante curiosità, Paolo Villaggio racconta che alcune volte si esibirono assieme a Silvio Berlusconi, anche lui cantante in gioventù.

Fonte : esquire.com

Le canzoni che conosciamo oggi hanno fatto la storia della musica italiana e non solo, sono conosciute in tutto il mondo e rispecchiano il genio che è racchiuso nella mente di quest’uomo, personaggio riservato e musicista colto, capace di trattare sia con crudezza che con metafore poetiche svariate tematiche sociali, utilizzando sonorità internazionali e un linguaggio inconfondibile, che nella sua semplicità era in grado di poter essere compreso da tutti.

Tra le tante canzoni di De Andrè ce n’è una in particolare di cui vorrei parlarvi, Bocca di rosa (1967).
E’ difficile dare un’unica interpretazione a questo brano, perché dentro ogni parola si nascondo diversi significati: perché in realtà non è un semplice testo da cantare, ma anche una poesia da leggere, una storia da raccontare, un film che chiudendo gli occhi sembra muoversi nella nostra immaginazione.

“Bocca di rosa” è la storia di una prostituta, capace di suscitare negli uomini passioni, allegria, gioia e gelosia. È facile notare come tutta la vicenda è narrata seguendo un filo logico trasportato dall’ironia, evidenziando quelli che erano gli atteggiamenti delle “cagnette” di paese alle quali veniva “sottratto l’osso”.

A “Bocca di rosa” vanno le grazie di De Andrè, che la descrive come una ventata di primavera, e degli stessi uomini che per salutarla alla stazione levano il cappello.

Il finale fu ritenuto scandaloso poiché avvicina la giovane donna, che rappresenta l’amore profano, alla Vergine, che invece rappresenta quello sacro.

Vi lascio, infine, con uno dei versi più belli di questa canzone “c’è chi l’amore lo fa per noia, chi se lo sceglie per professione, Bocca di rosa né l’uno ne l’altro, lei lo faceva per passione”.

 

Giuseppe Currenti