Presentazione volume vincitore del premio Limina: “L’età dello schermo largo. Il cinema Italiano e la rivoluzione widescreen”

Mercoledì 20 marzo, alle ore 11, presso l’Aula Magna del dipartimento COSPECS, nel quadro del ciclo di eventi “Scene di carta”, verrà presentato il volume di Federico Vitella “L’età dello schermo largo. Il cinema italiano e la rivoluzione widescreen” (ETS, Pisa, 2018).

L’opera ha vinto il Premio Limina per il miglior saggio italiano di studi cinematografici pubblicato nel 2018.

Questa la sinossi del libro: “il cinema moderno ha sposato l’orizzontalità come cifra di formalizzazione del visibile. Nel corso degli anni Cinquanta, nel tentativo di differenziare l’offerta spettacolare hollywoodiana da quella della televisione, il sobrio formato quadrato dello schermo classico viene rimpiazzato da un’immagine grandiosa, dalla base assai più estesa dell’altezza. Questo libro ricostruisce per la prima volta il processo culturale di adozione dello schermo largo (widescreen) da parte dell’industria cinematografica italiana, nella convinzione che si tratti della terza grande rivoluzione tecnologica del mezzo dopo sonoro e colore.”

Interloquiranno con l’autore i docenti Dario Tomasello, Francesco Parisi, Laura Busetta.

Il primo Re

Film italiano che sfiora lo stile hollywoodiano. Voto UvM: 4/5

 

 

 

 

 

 

 

 

Con “Il primo re”, il regista Matteo Rovere ha avuto l’ardire di spingersi oltre, addentrandosi in territori  più vicini a quelli della fantascienza.

Snodo narrativo è la vicenda di Romolo e Remo, i due fratelli ai quali racconti mitici e testi storici fanno ricondurre la nascita di Roma nel 753 a.C.

 

 

Rovere si serve della Storia per infondere verità e credibilità ai personaggi e al mondo antico, selvaggio e repellente, che porta in scena.

L’uso del latino e di elementi scenografici aderenti alla realtà storica sono da intendersi come dettagli fondamentali per una messinscena che punta tutto il suo potenziale espressivo sull’immersione dello spettatore.

E Il primo re non si limita certo alla superficie del mondo che rappresenta; non è, cioè, un kolossal storico tradizionalista.

Il regista romano scomoda il passato per ripensare al presente, senza confinare la pellicola all’appartenenza ad un contesto temporale limitato dal ricordo storico.

 

 

“Il primo re” rappresenta il conflitto spirituale tra Romolo e Remo, rispettivamente l’uomo pio e rispettoso ed il rivoluzionario.

Accanto, trovano spazio anche spunti non meno significativi, come l’inscindibile rapporto tra uomo e natura o l’espressione di un istinto di sopravvivenza naturale nell’uomo.

Ci sono la furia e la veemenza visiva di The Revenant, la violenza brutale dell’uomo sull’uomo di Apocalypto, tutto focalizzato su una linea narrativa molto semplice di un fratello che ne protegge un altro in difficoltà mentre tutto il mondo complotta per dividerli perché “così vogliono gli dei”.

L’arte cinematografica italiana con “Il primo re” torna su parametri hollywoodiani, senza sforzi economici o imitativi, ma con l’efficacia comunicativa caratteristica di un lavoro brillante, firmato Matteo Rovere.

 

Antonio Mulone

 

DAMS e LUX in collaborazione per il bene del mondo: il buon cinema in sala

26 febbraio 2019. Messina. Via Largo Seggiola. Si è svolta la giornata pilota della seconda edizione della rassegna cinematografica “il DAMS in sala”, a cura del prof. Federico Vitella, insegnante di Storia del Cinema presso il Dipartimento di scienze cognitive, psicologiche, pedagogiche e degli studi culturali, in collaborazione con Umberto Parlagreco, gestore dei cinema LUX  e IRIS di Messina. Rassegna dedicata ai grandi classici della storia del cinema.

Federico Vitella e Umberto Parlagreco spiegano come nasce la loro collaborazione ed il perché:

“la nostra collaborazione nasce innanzitutto perché siamo appassionati di cinema e poi come avrà ben notato facciamo dei mestieri in linea con questo progetto che stiamo portando avanti, io sono per l’appunto un professore di Storia del Cinema e Umberto è un esercente. Il nostro obiettivo comune – commenta ironicamente il Prof. F. Vitella – è lavorare per il BENE DEL MONDO! Perché abbiamo sempre più bisogno di cinema e sempre più bisogno di BUON cinema; Ci teniamo molto affinchè il cinema venga visto al cinema soprattutto ora, in un momento come questo, di grande difficoltà, ove le sale cinematografiche chiudono un giorno sì e l’altro pure, pensare di riportare i grandi classici sul grande schermo è quasi un atto rivoluzionario, anzi, è un atto rivoluzionario.

La collaborazione è questa, ma chiaramente non finisce qui, faremo molto altro…abbiamo solo deciso di iniziare dai  Fratelli Lumière poiché sono considerati gli inventori del cinema, gli inventori dell’apparecchio cinematografico, i primi grandi produttori cinematografici, che hanno fatto film per un decennio, dal 1895 al 1905. In sala è stato proiettato un montaggio di oltre 100 film restaurati dagli archivi francesi del Centre National de la Cinématographie ad opera dell’Istituto Lumière di Parigi.”

Umberto Parlagreco interviene dando maggiori delucidazioni tecniche e spiegando che non è un evento esclusivo e riservato o di nicchia, anzi, è aperto all’intero pubblico cittadino ad un prezzo modico per far sì che i grandi capolavori di ogni tempo tornino ad essere prime visioni:

“La struttura del LUX ospiterà in totale 6 appuntamenti che ripercorrono tutta la storia del cinema, i film sono aperti a tutti gli studenti universitari e gli studenti delle superiori con una corsia preferenziale che consiste in un prezzo ultra scontato di € 3.50. Per chi non appartenesse a queste due categorie il prezzo sarà di € 5.00 con la possibilità di fare anche un abbonamento di € 15.oo per tutta la rassegna.”

Attraverso la visione condivisa davanti a un grande schermo si recupera l’aurea magica di questi film. Si tratta di pellicole restaurate negli ultimi anni con tecnologia digitale, pertanto risultano di una nitidezza visiva mai raggiunta prima. Ogni proiezione è introdotta e commentata da docenti del dipartimento di Scienze cognitive, psicologiche, pedagogiche e degli studi culturali specializzati in materia. I prossimi appuntamenti saranno: Metropolis di Fritz Lang, Luci della città di Charlie Chaplin, Ladri di biciclette di Vittorio de Sica, Il disprezzo di Jean-Luc Godard e Toro scatenato di Martin Scorsese.

Gabriella Parasiliti Collazzo

 

Il ragazzo più felice del mondo

“Quando c’ho una storia per le mani e quell’entusiasmo lì io sono discretamente contento, era lui quando riceve i disegni, penso sia Gero quando troviamo l’idea giusta per far un corto. Penso che sia un fenomeno che si verifica ogni volta che la tua passione prende una concretezza e nel mio caso annulla tutto quello che c’è attorno”. Così esordisce Gian Alfonso Pacinotti, in arte Gipi, alla mia domanda su chi fosse questo famigerato ragazzo tanto felice.

Sabato 16 febbraio alla Multisala Iris di Messina è stato proiettato il film “Il ragazzo più felice del mondo” di Gipi. Presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, il film affronta vicende tratte da una storia vera: un fumettista, con un’innata passione per le riprese, decide di girare un documentario dai toni più leggeri che si focalizza in particolare su una domanda su cui oggigiorno in pochi si fermano a riflettere: “essere prima un uomo o un avvoltoio?”

Date del tour in Sicilia, con intervento di Gipi e Gero Arnone

Nel film vediamo un ragazzo, o meglio, quella di un ragazzo è la realtà in cui egli si rifugia; da 20 anni, reiteratamente, scrive ai suoi fumettisti preferiti elogiandoli. Tuttavia, c’è una peculiarità che accomuna queste lettere: a tutti viene recapitata la medesima, dallo stesso ragazzo, con la stessa età, gli stessi apprezzamenti, l’unica cosa che cambia è il tema del disegno che richiede, che naturalmente varia a seconda dell’artista.

Una delle lettere scritte dall’ammiratore

Gipi, insieme alla sua estroversa ed improvvisata troupe, parte all’insegna di un viaggio alla ricerca di quello che la nostra realtà –  ahimè – definirebbe tranquillamente uno squilibrato; incontrano sensitivi e grafologi i quali gli permettono di tracciare un profilo psicologico della preda perfetta.

Arrivati nella tanto attesa cittadina sul mare, casa del collezionista misterioso, Gipi sta per dare un volto al nostro fatidico ragazzo, ma c’è un problema: Gipi ci delude. Si ricorda di essere prima un uomo, e non un avvoltoio! Prende il suo pullman e sceglie di tornare sui suoi passi, decidendo di chiudere così il film.

“Per una volta ho voluto provare ad essere buono”, questa è la sua risposta alla domanda da parte di alcuni spettatori presenti in sala, forse anche un po’ delusi per un finale meno interessante delle aspettative.

Tutto sommato Gipi decide di lasciarci qualcosa. Ha conservato in una scatola tutti gli apprezzamenti di quell’ingannevole ammiratore, di un giudice che a volte può risultare distruttivo per un artista, che con le sue insicurezze, fa dello spettatore una droga quotidiana, quelle lettere che per il nostro caro regista erano divenute del tutto illusorie. Così facendo non ci ha lasciato qualcosa di effimero, non si è comportato da sciacallo e ha evitato di dare in pasto a noi, infami giudici, il piccolo uomo.

E allora mi riferisco a Te, piccolo uomo di questo film, che ti trovi tutti i giorni ad affrontare i postumi di quello che la vita ti ha riservato, sii ancora felice quando scrivi una lettera, sii felice con i tuoi disegni, non aver paura, continua a scrivere per sentirti più libero dalle costrizioni della vita. Fin quando ci saranno uomini che gioiranno per un messaggio trasmesso a pochi, più che per una cascata di “mi piace”, tu potrai continuare a gioire quando alla tua porta arriverà ancora un disegno.

Gipi, il tuo tuffo nel mondo dei buoni è riuscito, per questa notte potrai fare sogni tranquilli. In una piccola sala, come quella dell’Iris, non solo hai lanciato l’ennesimo film, ma con una buona dose di umiltà mista a spirito pratico hai anche lasciato un grande messaggio di tolleranza.

Mattia Castano

Gli Oscar sotto i riflettori della polemica

L’Academy of Motion Picture Arts and Sciences fa ancora una volta parlare di se.

L’associazione, madrina degli Oscar, ha rivisto la decisione, alquanto inconsueta, di assegnare quattro premi durante le pause pubblicitarie previste nel corso della cerimonia del 24 febbraio, in seguito alle critiche ricevute dai suoi membri.

I premi che sarebbero stati impropriamente oscurati dalle pause pubblicitarie erano quelli per la miglior fotografia, il miglior montaggio, il miglior trucco e il miglior cortometraggio.

La scelta aveva l’obiettivo di accorciare di un’ora la cerimonia, da sempre ritenuta pedante e lunga, ed era stata approvata dagli oltre cinquanta consiglieri dell’associazione, ma fin dall’annuncio tanti altri attori, registi e produttori, tra i quali Alfonso Cuaron, Martin Scorsese e Quentin Tarantino, avevano contestato l’oscuramento dei premi per categorie ritenute fondamentali per il cinema.

Hanno tuonato registi e addetti ai lavori, che ieri hanno inviato una lettera aperta per chiedere di rivedere quanto stabilito.
L’Academy non ha fatto attendere la sua risposta.

Nel comunicato stampa diramato dall’ente dello spettacolo preposto ai Premi Oscar si legge: “Desideriamo assicurare che nessuna categoria sarà presentata in modo da sminuire né i vincitori né i prodotti premiati.

Cambierà solo il tempo dedicato durante la diretta alla premiazione sul palco”. Non solo rassicurazioni, ma per difendersi l’Academy attacca “le informazioni non accurate e i post sui social media” e tutta la “catena di disinformazione che ha sconvolto tutti i membri dell’Academy stessa”.

“ I nostri produttori hanno tenuto in gran considerazione sia la tradizione del Premio Oscar sia il sempre crescente pubblico globale.

Siamo sinceramente convinti che sarete soddisfatti dallo show e non vediamo l’ora di festeggiare un grande anno cinematografico con tutti i nostri membri e con il resto del mondo”.

Quest’anno tra presentatori non pervenuti e varie polemiche interne, pare che la cerimonia dell’Oscar possa essere la più squallida di sempre.

D’altronde quando l’istituzione più autorevole con il compito di proteggere e custodire la bellezza cinematografica, la pone invece alla mercè dello show-business, allora non solo non si sta più rispettando lo spirito dell’Accademy, ma anche la solenne promessa di celebrare il cinema come arte collettiva.

Antonio Mulone

Apollo Spazio Cinema: la narrativa siciliana sul grande schermo

Una sequenza di capolavori restaurati, da Luchino Visconti a Elio Petri, ispirati ai romanzi dei grandi autori siciliani

La programmazione del cinema Multisala Apollo, dal 10 gennaio, ha avviato un ciclo di proiezioni che ha al centro il doppio filo tematico che unisce letteratura siciliana e trasposizione in chiave cinematografica. La rassegna, alla prima edizione, è intitolata “Apollo Spazio Cinema” e presenta, da gennaio a giugno, due appuntamenti fissi sul calendario, il primo e l’ultimo giovedì di ogni mese. I film introdotti da Marco Oliveri, giornalista e critico cinematografico, sono stati scelti su iniziativa dell’Associazione Apollo Spazio arte, con il patrocinio di Cineforum Don Orione, Dams di Messina, Messina Film Commission e UniversiTeatrali – Università di Messina.

Un’occasione imperdibile per vedere sul grande schermo alcune eccezionali pellicole che hanno fatto la storia del cinema italiano e internazionale. “Si tratta di una prima esperienza nel segno della proposta culturale, in vista di nuove edizioni, data la varietà di titoli legati al prolifico e variegato mondo letterario siciliano e non solo. Tutti possono contribuire ad arricchire il dibattito e il confronto prima e dopo il film in programmazione”, specificano il curatore Oliveri e Loredana Polizzi. Dopo La terra trema di Luchino Visconti (1948), proiettato il 10 gennaio, basato su I Malavoglia di Giovanni Verga e girato, non a caso, ad Aci Trezza, il prossimo appuntamento, giovedì 31, porterà nella Catania borghese di inizio anni ’60.

31 gennaio (ore 20.00): Il bell’Antonio (1960)Mauro Bolognini (105 minuti)

Antonio Magnano (Marcello Mastroianni) è un giovane dall’aspetto piacevole ed elegante. Per qualche tempo ha vissuto a Roma e, dopo gli studi, è tornato nella casa di famiglia a Catania. Le ragazze molto sovente sono attratte da lui e una più di tutte, Barbara (Claudia Cardinale), attira la sua attenzione. I due presto, con il consenso dei genitori, si sposano, ma il matrimonio non viene consumato e l’onore della famiglia di Antonio sarà messo in discussione agli occhi della società, pettegola e avvinta al mito del Don Giovanni. Tratto dal romanzo omonimo di Vitaliano Brancati, scrittore originario di Pachino, dal quale si discosta in alcuni punti della trama, il film riprende gli ambienti corali del libro, echi di una Sicilia che nasconde sotto il valore della virilità e della potenza sessuale la propria meschinità e arretratezza.

PROGRAMMA:

Giovedì 10 Gennaio: La terra trema (1948) di Luchino Visconti, da I Malavoglia di Giovanni Verga.

Giovedì 31 gennaio: Il Bell’Antonio (1960) di Mauro Bolognini, dal romanzo omonimo di Vitaliano Brancati.

Giovedì 7 febbraio: Don Giovanni in Sicilia (1967) di Alberto Lattuada, dal romanzo omonimo di Vitaliano Brancati.

Giovedì 28 febbraio: A ciascuno il suo (1967) di Elio Petri, dal romanzo omonimo di Leonardo Sciascia.

Giovedì 7 marzo: Enrico IV (1984) di Marco Bellocchio, dall’omonimo dramma di Luigi Pirandello.

Giovedì 28 marzo: Cadaveri eccellenti (1976) di Francesco Rosi, dal romanzo Il contesto di Leonardo Sciascia, preceduto dal documentario Il cineasta e il labirinto (Italia, 2002, 55’) di Roberto Andò (inizio proiezione alle 19.30).

Giovedì 4 aprile: Todo Modo (1976) di Elio Petri, dall’omonimo romanzo di Leonardo Sciascia.

Giovedì 18 aprile: Porte aperte (1990) di Gianni Amelio, dall’omonimo romanzo di Leonardo Sciascia.

Giovedì 2 maggio: Kaos (1984) di Paolo e Vittorio Taviani, da Novelle per un anno di Luigi Pirandello.

Giovedì 30 maggio: Il gattopardo (1963) di Luchino Visconti, dall’omonimo romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.

Giovedì 6 giugno: Il manoscritto del principe, sceneggiatura originale da testi di Francesco Orlando e Gioacchino Lanza Tomasi.

 

Eulalia Cambria

Oscar 2019: tutte le candidature!

“It’s party time” direbbero dall’altra parte dell’oceano.

E’ tempo di champagne, smoking elegantissimi e scollature da brivido lungo la schiena.

Le stelle più luminose di Hollywood, come ogni anno, stanno per tornare in scena per la 91° volta nella “notte degli Oscar” promossa dall’Academy of Motion Picture Arts and Sciences, che riunisce circa ottomila professionisti del settore (registi, attori, direttori della fotografia e costumisti, e così via).

La cerimonia dove saranno annunciati i film vincitori, si terrà il prossimo 24 febbraio nel magico Dolby Theatre di Los Angeles.

Allestito per l’evento, con il consueto eterno fascino, un “red-carpet” da sogno pronto ad accogliere e coccolare le celebrità più acclamate.

Dopo la rinuncia di Kevin Hart, in seguito al polverone di polemiche generatosi per via di alcune “uscite social poco garbate” contro la sfera omosessuale pubblicate dallo show-man nove anni fa, per la prima volta nella storia delle statuette cinematografiche più antiche del mondo, la serata non sarà presentata da nessun conduttore

Le pellicole più nominate sono: “La Favorita” di Lanthimos (tra cui le tre attrici Olivia Colman già Coppa Volpi e Golden Globe, Rachel Weisz e Emma Stone) e “Roma” di Cuaròn con ben 10 candidature (tra cui miglior film e miglior film straniero).

L’inatteso Black Panther, con sette nomination, rompe le rigide consuetudini hollywoodiane attraverso un cine-fumetto rivoluzionario per le tematica dell’eroe anti-razziale e l’efficacia comunicativa.

Sei candidature per “BlacKkKlansman” di Spike Lee che, dopo trent’anni di carriera, è riuscito finalmente ad essere nominato nella sezione miglior regista oltre che per miglior film.

Attesissimi “Green Book” di Ferrelly con Ali e Mortensen candidati come migliori attori e “Se la strada potesse parlare” di Jenkins.

“Bohemian Rapsody”, primo per incassi e gradimento emotivo da parte del pubblico, merito anche delle straordinarie musiche dei Queen, riceve 5 candidature tra le quali spiccano miglior film e miglior attore a Rami Malek che pare essere leggermente indietro al favoritissimo Willem Defoe protagonista della trasposizione cinematografica della personalità artistica complessa ed affascinante del pittore Vincent Van Gogh.

Binomio romantico di nomination nella sezione migliori attori per “A star is born” di e con Bradley Cooper e Lady Gaga, vincitori annunciati nella categoria di miglior canzone con la struggente Shallow.

Da segnalare sono le prestazioni attoriali del solito camaleontico Christian Bale in “Vice” e della straordinaria 72enne Glenn Close in “The wife”.

Sale l’ansia dei fan da tutto il mondo per la notte del cinema più attesa e sognata.

Saranno la potenza emozionale della settima arte, quel soffio di magia, l’incertezza e l’esclusività che vestono gli Oscar di un fascino intramontabile.

Del resto, il cinema, motore culturale di idee e sogni, è la reinterpretazione della vita.

Antonio Mulone

Mostre a Palermo: Vittorio Storaro e Antonello da Messina

A Palermo è stata accolta presso il Palazzo Chiaramonte Steri la mostra dedicata a Vittorio Storaro dal titolo “Scrivere con la luce”. Ha rappresentato un’occasione innovativa per scoprire la maestria di un importante autore della fotografia cinematografica.

Vincitore di numerosi premi tra cui tre premi Oscar per Apocalypse Now, Reds e L’ultimo imperatore, Vittorio Storaro ha lavorato con diversi registi come Bernardo Bertolucci e Francis Ford Coppola, e curato la fotografia di film rimasti nella storia (“Il Conformista”, “Ultimo tango a Parigi”, “Giordano Bruno”, “Novecento”, “Il tè nel deserto”). 

Innanzitutto, un po’ di chiarezza. Chi è l’autore della fotografia cinematografica? Una figura professionale, fondamentale per un set di un film, che ne cura la resa visiva, cioè l’aspetto dell’immagine in movimentoLa mostra è stata distribuita all’interno della Sala delle Armi e la Sala delle Verifiche, ed è stata allestita partendo dalla trilogia di libri scritti dall’artista per poi fare un confronto tra opere pittoriche (dal ‘700 in poi) e la cinematografia dei vari film.

La speranza è quella che in futuro verranno ideate ulteriori esposizioni riguardo alla settima arte, cercando anche di coinvolgere personalità della realtà cinematografica siciliana, in modo da fare sempre meglio e da espanderne la conoscenza con ampia risonanza.

L’Annunciazione, Antonello da Messina

La mostra di Antonello da Messina al Palazzo Abatellis invece è forse la più frequentata dal pubblico, nella quale sono presenti diverse opere provenienti da musei sparsi in molte città italiane e non solo.

Il percorso è suddiviso in diverse sale e presenta una sequenza cronologica della carriera artistica dell’autore. A partire dalla giovane età con dipinti del periodo fiammingo, per poi arrivare al periodo veneziano, che comprende la collaborazione con il figlio Jacobello nell’opera la Madonna col Bambino. Il tragitto viene seguito da grandi pannelli didattici che mostrano la vita e la storia delle opere dell’artista.

Questa monografica è una prova di come sia possibile realizzare mostre di grandi autori che, anche se spesso considerati minori, non hanno nulla da invidiare a quelli europei. L’unica nota negativa di questa mostra è l’assenza di altri lavori altrettanto rilevanti realizzati dal pittore, che rimangono visionabili solo fuori porta.

Avendo assistito nello stesso giorno a due mostre di impostazione e tipologia diverse, ma ugualmente interessanti, ho maturato alcune riflessioni. Sorge dunque spontaneo proporre il seguente confronto: la mostra di Antonello da Messina è organizzata sulla base di un ordinato orientamento spaziale; quella di Storaro, pur rispecchiando parzialmente questi canoni, risulta a tratti dispersiva, aspetto probabilmente attribuibile all’ampiezza delle sale.

“Scrivere con la luce” Vittorio Storaro, Palazzo Steri

Nonostante sia sicuramente una scelta valida confrontare i vari film con opere pittoriche che risalgono a epoche dal ‘700 in poi, questo aspetto rimane poco comprensibile e accessibile a quella parte di pubblico che non ha già visto preventivamente tutti i film.

Se le stampe dei frame fossero state sostituite con l’installazione di pannelli virtuali proiettanti pochi secondi di film, si sarebbe garantita maggiore dignità al maestro della luce Vittorio Storaro, mostrandola in tutta la sua interezza.

“Il cinema non è un’opera singola. Il cinema è un linguaggio di immagini attraverso cui si esprime un concetto, essendo l’immagine rilevata dal conflitto e dall’armonia dell’ombra e della luce e, come li chiamava Leonardo da Vinci, dei loro diretti figli: i colori. Infatti una diversa impostazione della luce, comporta nel film una differente struttura figurativa.”  Vittorio Storaro

 

Marina Fulco

E’ tempo dei Golden Globes 2019

Come ogni anno, i Golden Globes aprono la stagione a stelle e strisce dei premi cinematografici (Awards season) che culminerà in primavera con l’attesissima notte degli Oscar.

Nella 76esima edizione del concorso , vedremo i migliori film, americani e stranieri, attori, registi, serie e miniserie tv, premiati dai 90 giornalisti e critici cinematografici della Hollywood Foreign Press Association.

La cerimonia si è tenuta nell’incantevole location del Beverly Hilton di Beverly Hills, che in occasione della sfilata delle celebrità più luminose, sfoggia orgogliosamente un Red Carpet da sogno.

Non a caso, i Golden Globes sono diventati “the best party in town”, la festa numero uno ad Hollywood, merito anche dello Show, più imprevedibile, politicamente scorretto,spigliato ed irriverente rispetto agli Oscar.

All’elegantissimo party presenti tutte le star piu acclamate, comodamente sedute attorno ai tavoli fra pietanze e champagne costosissimi, possono liberamente muoversi e spostarsi, chiaccherare con i colleghi cineasti, a differenza del contesto impettito e rigido degli Academy Awards.

Questa libertà festaiola, dopo circa un’ora di programma, finisce per coinvolgere gran parte dei presenti brilli e divertiti, e per influire positivamente sullo show, sui discorsi di ringraziamento spesso caratterizzati da gaffe comiche.

Protagonisti della serata, presentata dall’attrice Sandra Oh e dall’attore Adam Samberg, le pellicole pluri-nominate “Vice”, “Green Book”, “A star is born”, “Bohemian Rapsody”, “BlacKkKlansman” e “Roma”.

Il film più premiato è stato Green Book di Peter Farrelly, che si è aggiudicato i premi di miglior commedia, miglior attore non protagonista a Mahershala Ali e miglior sceneggiatura.

Leggera delusione per il sei volte nominato Vice di Adam Mckay che ha vinto solo nella categoria di migliore attore in un film commedia grazie alla solita straordinaria trasformazione fisica di Christian Bale.

A sorpresa A star is Born di Bradley Cooper si è imposto soltanto nella sezione miglior canzone originale con Shallow di Lady Gaga su cinque nomination totali.

Bohemian Rapsody di Bryan Singer domina la scena e si porta a casa le statuette di miglior film drammatico e di miglior attore protagonista a Rami Malek rivelazione attoriale dell’anno merito dell’interpretazione ai limiti della perfezione tecnica del compianto leader dei Queen Freddy Mercury.

Pellicola co-protagonista della serata Roma di Alfonso Cùaron, premiata con il miglior film straniero e la miglior regia che confermano la crescita culturale della scuola messicana ( Innarritu, Del Toro, Rodriguez) che negli ultimi anni si sta mettendo in luce nella scena hollywoodiana.

Da segnalare la vittoria a sorpresa della 72enne Glenn Close in The Wife e di Olivia Colman in The Favourite.

Lo stravagante mondo di Hollywood tra polemiche femministe e d’inclusione, gossip e scandali riesce sempre e comunque a far parlare di se, ad attirare le attenzioni di fan e stampa da tutto il mondo.

Prossimo immancabile appuntamento il Red Carpet dell’Accademy madrina degli Oscar.

Sale l’ansia dei fan che intanto hanno avuto un assaggio, spesso anticipatore in termini di premi, della notte più attesa ed esclusiva del mondo.

Unico imperativo: aspettarsi l’inaspettato.

Antonio Mulone

WALL•E: dieci anni di modernità

Ci sono momenti nella vita in cui si ha voglia di tornare bambini e non solo nel periodo natalizio. Questa mia “voglia di ringiovanire” è stata agevolata dal servizio di streaming più famoso in Italia (quello che inizia per N, per intenderci), che ha inserito nel suo vasto catalogo una piccola perla della Pixar e della Disney: WALL•E.

Ammetto che non lo avevo ancora visto, ma volevo assolutamente farlo, ed ho colto l’occasione. La mia recensione, quindi, non sarà un’analisi tecnica su un film che ha ormai 10 anni, del quale hanno parlato tantissime testate e critici ai tempi; ma l’opinione di una ragazza di 30 anni (mi piace definirmi ragazza ancora, perché no) che lo ha visto per la prima volta, con un bagaglio di esperienze sicuramente diverso rispetto a una “me” più giovincella.

La regia e la fotografia, oltre che l’animazione, sono veramente ben studiate e costruite; le ho apprezzate davvero tanto, ma il mio commento sarà “più di pancia”.

Il futuro distopico che il film ci sbatte letteralmente in faccia è qualcosa di devastante, catastrofico. Cumuli di spazzatura e città fantasma. Eppure i primi 10 minuti di film sono un concentrato di tenerezza e simpatia. Ci viene presentato questo robottino-compattatore, unico superstite del pianeta Terra, insieme a un piccolo insetto. Un robot particolare WALL•E, curioso, indagatore, che prova anche paura, sensibile, che discerne tra le cose che possono essere ancora utili o gli piacciono. Come una videocassetta con il musical Hello Dolly, che lui ama molto ed allo stesso tempo lo mette di fronte la realtà della sua solitudine concreta.

Questa condizione, però, cambia quando sbarca sul pianeta EVE.

Lei è molto più “moderna” di lui, ma il nostro simpatico e dolce robot cercherà in tutti i modi comunicare con lei e farà di tutto per aiutarla. E’ molto carina questa contrapposizione tra ipertecnologia e oggetti in disuso. Lo stesso WALL•E, per quanto automa, è un “oggetto” vecchio, ma è unico e ricco di personalità.

Questo amore tra “macchine” che, diversamente dal solito, non sono affatto antropomorfe, è di una delicatezza disarmante. Tutto quello che succede nel film dimostra quanto le macchine siano più umane degli uomini stessi. Gli umani, quelli che il pianeta lo hanno distrutto e abbandonato e, peggio ancora, rintronati dalla tecnologia, hanno rovinato loro stessi.

Dieci anni e i temi sono sempre attuali: la natura e il pianeta annientato dalla scelleratezza dell’essere umano, una compagnia multimilionaria che decide sulle sorti dell’intera popolazione, i soldi e il potere. Forse questa cosa dovrebbe farci un po’ riflettere.

Quello che deve farci ancora di più riflettere sono i sentimenti e le azioni positive nel lungometraggio: il coraggio, non solo dei robot, l’amicizia, l’altruismo, insomma tutte quelle cose di cui i film Disney sono colmi solitamente.

Non mi sento, però, di classificare WALL•E come un classico d’animazione qualunque, sarebbe un peccato. Mi ha colpito, mi ha toccato il cuore sin dai primi minuti, anche se per i primi 30 minuti non c’è nemmeno una parola; ma i gesti valgono più di mille parole, si dice. E sono contentissima di averlo visto da “adulta”, perché si colgono molte cose. Consiglio, quindi, a chi non lo ha visto di farlo e a chi lo ha visto, dieci anni fa, di rifarlo, perché lo scoprirete più moderno e attuale di quanto potreste immaginare.

 

https://www.youtube.com/watch?v=Z0D5UQr08Co

Saveria Serena Foti