Amsterdam, la nuova crime comedy di David O. Russell

Film leggero e piacevole da vedere, ma con un cast del genere non rispetta interamente le aspettative -Voto UVM: 3/5

 

Proiettato per la prima volta il 7 ottobre nelle sale statunitensi, e distribuito in Italia dopo la presentazione al Festival del cinema di Roma il 21 dello stesso mese, Amsterdam è una crime comedy scritta e diretta dal regista David O. Russell. Come spesso è accaduto nel periodo post pandemico (West side story, Nightmare Alley), il film ha ricevuto scarsi incassi già dal primo weekend di proiezione: con il sempre maggiore sviluppo delle piattaforme streaming, sembra che i cinefili non avvertano più lo charme di andare a sedersi nelle poltroncine rosse in sala e vivere l’esperienza di guardare un film al cinema.

Amsterdam è in parte tratto dalla storia realmente accaduta del “Business Plot”, tentativo di complotto avvenuto nel 1933, volto a deporre il presidente Roosevelt per instaurare una dittatura in America.

Un medico, un’infermiera e un soldato in giro ad Amsterdam

Francia, 1918. Qui si ritrovano nello stesso momento un medico, Burt Berendsen, mandato al fronte su consiglio dei cognati (a suo dire probabilmente per liberarsi di lui)e  Harold Woodman, un soldato americano di colore che chiede, insieme ad altri soldati neri, di avere un comando che li guidi e li rispetti. Burt stabilisce un patto con Harold: ognuno si sarebbe assicurato che l’altro sarebbe sopravvissuto.

Da questo patto nasce una forte amicizia; feriti entrambi in battaglia, vengono aiutati e curati da Valerie. Per trovare un occhio nuovo a Burt, i tre partono per Amsterdam, dove Valerie conosce un tale Paul Canterbury, commerciante di occhi di vetro (in realtà agente sotto copertura). Dopo un periodo di perfetta felicità tra i tre (ed amore tra Harold e Valerie), i tre si separano.

Ma con la morte sospetta del loro vecchio comandante Bill Meekins (Ed Begley Jr.) e di sua figlia Liz, le loro vite finiranno per incrociarsi nuovamente: i tre collaboreranno per risolvere il caso e per smascherare le cospirazioni di un misterioso gruppo chiamato “Il consiglio dei cinque”.

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Burt, Harold e Valerie ad Amsterdam. Fonte: Regency Enterprises, Dreamcrew, 20th Century Studios

Un patto per la vita

Pur incentrandosi su una trama a tratti tendente al crime, Amsterdam mantiene dei toni leggeri ed ironici. In particolare, alcuni personaggi vengono costruiti in maniera molto comica, quasi caricaturale, primo fra tutti Burt. Burt è un medico con un occhio di vetro ed un rapporto molto contrastante ed altalenante con la moglie Beatrice ed il suocero, un rispettabile medico di Park Avenue.  Burt ha una clinica per veterani, dove sperimenta, prima di tutto su sé stesso, nuovi farmaci spesso fallimentari. Molto ironica è anche la scena finale, ricca di suspense, in cui Burt, colpito e sotto effetto di alcune “strane gocce”, si distacca dalla realtà, in una sorta di monologo interiore.

Altra figura caricaturale è Libby Woze, moglie di Tom. Per quanto si comporti in maniera odiosa nei confronti di Valerie, risulta essere allo spettatore una figura quasi satirica.

La tematica principale di Amsterdam è l’amicizia che lega Burt, Harold e Valerie. I tre, dopo aver passato il periodo migliore della loro vita insieme in Europa, restano legati dal patto di proteggersi sempre, patto che mantengono anche dopo molti anni.

Una piccola curiosità: nelle prime scene del film Burt canta, o meglio avrebbe dovuto intonare, una breve canzone con Liz Meekins – interpretata dall’attrice e cantante Taylor Swift – in onore del padre. In un intervista al The Hollywood Reporter, Bale ammette di essere stato molto emozionato dal dover cantare con una tale pop star, che anche sua figlia rimase molto sorpresa dal fatto che lui dovesse cantare con la Swift.

Tuttavia, alla fine nel film, è solo Liz a cantare principalmente, in quanto anche il regista David. O. Russell notò come Bale offuscasse il talento della Swift.

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Gil Dillembeck e Burt. Fonte: Regency enterprises, Dreamcrew, 20th Century Studios

Amsterdam: un cast stellare e tante aspettative

Uno degli elementi che faceva di Amsterdam una pellicola molto promettente, sia riguardo gli incassi sia riguardo eventuali riconoscimenti, era la presenza di un cast d’eccezione. Oltre Christian Bale  (Vice) , John David Washington (Tenet, Malcom & Marie) ed un’affascinante Margot Robbie nei panni dei tre protagonisti, Burt, Harold e Valerie, vi sono molte altre le stelle del cinema in Amsterdam.

Il premio Oscar Rami Malek (Bohemian Rapsody) interpreta Tom Woze, mentre l’attrice e modella Anya Taylor Joy (Ultima notte a Soho, La regina degli Scacchi) interpreta Libby. Il fantastico Robert De Niro qui è nei panni del generale Gil Dillenbeck. In ruoli secondari abbiamo Zoe Saldana come Irma, l’infermiera, la nota cantante Taylor Swift come Liz Meekins, figlia del comandante Meekins, e Chris Rock nel ruolo di Milton, veterano amico di Burt e Harold.

Amsterdam risulta essere una pellicola con una sfumatura comica e piacevole da seguire, caratterizzata da personaggi ironici e performance interessanti. Ciononostante, non è esattamente il capolavoro che magari ci si aspettava con un cast di questo genere.

Ilaria Denaro

MCU fase 4: ancora tanta confusione

Sin dall’inizio della fase quattro si è percepito un alone di confusione e di astrazione tale da non dare allo spettatore alcuna idea di quello che è, e che dovrebbe essere, la nuova Saga del Multiverso dei Marvel Studios. Thor e Miss Marvel, ultimi due prodotti della casa delle idee, non sono riusciti, infatti, a dare una svolta a questa quarta fase.

Thor: Love and Thunder

La nuova pellicola di Taika Waititi incentrata sul dio del tuono era indubbiamente una delle più attese della nuova fase cinematografica Marvel (insieme a Spider-Man No Way Home), che però, mantenendo lo stesso tono comico del capitolo precedente ha continuato a tenere divisi sia pubblico che critica.

La storia del figlio di Odino inizia dalla fine di Avengers Endgame. Thor si imbarca con i Guardiani della Galassia alla ricerca di qualcosa di cui neanche lui è certo, e che lo porterà a recuperare la forma fisica e soprattutto la fiducia in sé stesso, nonostante continui ad avvertire nella sua vita la mancanza di qualcosa: l’amore.

Poster del film “Thor: Love and Thunder” (Marvel Studios). Fonte: fumettologica.it

 

La nuova pellicola sul dio del tuono incarna il regista al 100%. Comicità esagerata e messinscena spettacolare ed esuberante, vanno però a cozzare con il materiale d’origine: la run di Jason Aaron. Senza dubbio la migliore run mai fatta su Thor, intrisa di epicità, crescita e soprattutto umanità. Caratteristiche trasposte all’interno del film ma non con l’impatto che avrebbero meritato.

Il ritorno di Natalie Portman nei panni di Jane Foster (la quale diviene La Potente Thor) ha un sapore agrodolce in quanto tutto il suo percorso nei “sia umani che divini” viene tagliato con l’accetta e non riesce a coinvolgere lo spettatore per come dovrebbe. Chris Hemsworth è invece sempre più calato nella nuova piega presa dal suo personaggio, trovandosi sempre più a suo agio rispetto ai due film iniziali.

Personaggio maggiormente di spicco è sicuramente il Gorr di Christian Bale, che interpreta alla perfezione il ruolo del macellatore di dei, riuscendo ad essere spaventoso ed imponente nei momenti giusti e a rendere le sue scene le migliori del film. Menzione d’onore va al penultimo combattimento nel mondo in bianco e nero di Gorr, dove solamente le armi divine mantengono le proprie colorazioni e danno vita ad un contrasto impattante e ben congeniato!

Ms. Marvel

L’ultima serie tv atterrata su Disney+ ha come protagonista Kamala Khan (Iman Vellani), una giovane ragazza figlia di immigrati pakistani trasferitisi in America in cerca di una vita migliore. Il personaggio di Kamala viene introdotto con una sequenza originale e molto ben architettata di doodle, che compaiono sullo schermo man mano che si alternano le scene e i vari punti che contraddistinguono Jersey City.

La narrazione mantiene un passo concreto nella prima metà della storia, presentando personaggi, le cui interazioni l’uno con l’altro risultano essere l’elemento più riuscito dell’intera produzione. Narrazione che rimanderebbe ad un classico teen-drama con delle venature politiche attualissime.

Poster della miniserie “Ms. Marvel” (Marvel Studios). Fonte: serialminds.com

 

E’ però nella seconda metà che la serie subisce un tonfo nella sceneggiatura. Il cambio di ambientazione è affascinante ma risulta vittima del classici problemi che hanno afflitto le serie Marvel nell’ultimo periodo: la pigrizia e la fretta. Avvenimenti sconnessi e con poco senso, clichè che rendono alcune scene davvero noiose e prevedibili e una CGI non sempre nel pieno della forma. Insomma, una nuova serie riuscita a metà con tante idee interessanti ma sviluppate non proprio nel migliore dei modi.

In conclusione, questa parte finale della fase 4 (ancora in attesa di She-Hulk e Black Panther: Wakanda Forever) continua a convincere a metà senza mai centrare un punto che dia allo spettatore una visione d’insieme per questa nuova maxi saga.

 

Giuseppe Catanzaro