Diamanti e cristalli: si possono produrre in casa?

Quante volte ci siamo chiesti quanto saremmo ricchi se conoscessimo il segreto per fare i diamanti? È ovvio che nessuno di noi ha in mano questo, ma sappiamo, grazie alla scienza, quali sono i fenomeni fisici e chimici per cui, da un semplice pezzo di carbone la natura ci da queste preziose pietre. Vi spiegheremo questi fenomeni e capiremo insieme che ciò che accade non è possibile in una provetta e nemmeno in una semplice autoclave. Vi sveleremo il segreto per poter produrre dei cristalli di sale fatti in casa!

Ma cosa sono i cristalli?

Partiamo dalla definizione basilare: un cristallo è un solido formato da atomi ordinati nello spazio secondo una geometria per formare un reticolo cristallino. Poiché quest’ordine viene rispettato su tutto il solido, la forma finale del singolo cristallo sarà la stessa del reticolo nella sua parte più piccola. Mi spiego meglio: se il sale da cucina ha granelli più o meno cubici questo è dovuto al suo reticolo, che ha una geometria quadrata. In natura se ne trovano di varie forme oltre alla cubica, ad esempio esagonale, tetragonale (simile a cubo ma allungato), ortorombico (come il tetragonale ma la cui base o sezione ha la forma di un rombo), trigonale e così via.

 

Il normale sale da cucina. Fonte

 

È la natura degli atomi che compone il reticolo che dà la forma al reticolo stesso, e che definisce le sue caratteristiche fisiche e la sua grandezza.

Allora qualsiasi solido è un cristallo?

Ogni solido è costituito da molecole e atomi, ma è l’ordine di questi che conferisce all’oggetto le sue proprietà fisiche. Un esempio pratico: quando impiliamo una serie di fogli o libri in più colonne, possiamo ottenere forme tetragonali o cubiche, ma se questi fossero posti male o a casaccio? Nonostante il foglio o il libro abbiano forma rettangolare, avremo nell’insieme un’accozzaglia senza forma.

Un esempio curioso è quello del fosforo. Sebbene sia sempre fosforo, allo stato puro (elementare) lo troviamo in varie forme e colori. Citiamo il fosforo rosso e il fosforo bianco, entrambi sono costituiti da atomi ordinati a gruppi tetraedrici, ma solo il fosforo bianco brucia quando messo all’aria aperta. Questo accade perché non è rispettata la geometria tetraedrica all’interno dell’intero solido, non c’è un reticolo ordinato e questo viene definito come amorfo. Anche il vetro è un materiale amorfo, è costituito da atomi di silicio e ossigeno anch’essi legati in modo da dare una geometria tetraedrica, ma nello spazio questi tetraedri sono sparpagliati casualmente. Questo comporta che i materiali amorfi non abbiano una forma finale ben definita. Il vetro è malleabile, il fosforo rosso è granuloso e al microscopio non ha alcuna geometria definita.

Il normale fosforo trovato nei fiammiferi. Fonte

E quindi? Cosa c’entra coi diamanti?

I diamanti sono fatti solamente di atomi di carbonio, ma anche il semplice carbone è fatto della stessa materia. Dopo quanto spiegato, possiamo dedurre che questi oggetti abbiano un reticolo cristallino differente. Infatti il carbone è un materiale amorfo, mentre il diamante è costituito da un reticolo cristallino praticamente perfetto. L’unità geometrica di partenza è l’ottaedro ( o esacisottaedro, tetraedrico o ancora composto da rombododecaedri e cubi). Quest’ordine perfetto del reticolo conferisce al diamante la tipica trasparenza e rifrazione della luce.

Reticolo della grafite e del diamante. Fonte

Come è possibile che in natura si trovino carbone e diamanti?

Sono le condizioni ambientali a influenzare la forma di un materiale. Se ci pensiamo, i diamanti si trovano in giacimenti, o all’aperto (più comuni), o a pozzo. Ciò che succede alla maggior parte di questi diamanti è che si formano grazie al materiale organico, che troviamo alla profondità di 200 km nella crosta terrestre con temperature pari a 1500-2000 °C sotto 70 tonnellate di terra per centimetro quadro. Parliamo di materiale carbonioso che emerge assieme alle rocce sedimentarie o rocce madri dagli strati più profondi della crosta terrestre. Immaginate quindi che per produrre diamanti non sia cosa facile. Dopotutto arrivare a temperature e pressioni così elevate richiede un enorme quantitativo di energia, ecco perché non converrebbe sintetizzare diamanti per scopi di gioielleria. Piuttosto avrebbe senso sintetizzare piccole punte di diamanti come strumenti di precisione per produzioni in scala industriale. Perché oltre alla brillantezza e trasparenza sappiamo anche che il diamante è uno dei materiali più resistenti e leggeri conosciuti dall’uomo.

 

Come ottenere cristalli fighissimi

Ecco, dopo questa importante delusione, vogliamo donarvi questa fantastica ricetta per preparare a casa dei fantastici cristalli! Tutto ciò che serve è: 3 bicchieri di vetro, acqua, pentolino o bollitore per l’acqua, un filo (nylon o spago sottile), una bacchetta di legno, pellicola (o stagnola),una vaschetta di plastica e, infine, il sale da cristallizzare. Il sale il questione potrebbe essere anche il comune sale da cucina ma per dei fantastici cristalli dalla forma esagonale vi invitiamo a procurarvi dell’Allume di Rocca (detta anche di potassio). Avete l’occorrente? Iniziamo!

Servono 20g di allume (o sale) da sciogliere in 100 g di acqua. Per comodità, invece di scaldare la soluzione, usiamo dell’acqua già scaldata. Basta aver portato i 100g di acqua ad ebollizione con un bollitore o con un pentolino. Quindi una volta messi in un bicchiere di vetro allume e acqua, agitiamo con una bacchetta di legno pulita e copriamo il bicchiere con pellicola. Questo per evitare di far evaporare troppa acqua. Aspettiamo che si raffreddi. Dopodiché se si trova sul fondo del bicchiere qualche granello, dovremo travasare la soluzione in un secondo bicchiere. Dopo una mezz’ora la soluzione sarà fredda. Qui toccherà portare la soluzione dentro una vaschetta larga e poco profonda, un paio di centimetri alta di soluzione. Dopo 2-3 giorni potremo prelevare i cristalli.

Già dopo le prime 24 ore saranno visibili i primi cristalli. Questi, non troppo trasparenti, sono il risultato di una evaporazione troppo veloce e dipende dalla temperatura dell’ambiente: più è alta, più velocemente l’acqua evapora. Il segreto per evitare l’opacizzazione sta nel bloccare l’evaporazione ponendo una pellicola con alcuni buchi sopra la bacinella. Rallenteremo la crescita ma i cristalli saranno trasparenti! In ogni caso più tempo passa più i cristalli cresceranno.

Risultato dell’esperimento. Fonte

Ora siamo nella seconda fase: facciamo crescere i cristalli che abbiamo ottenuto! Dopo una selezione dei migliori cristalli, prepariamo un’altra soluzione di acqua da 200 grammi con 30 grammi di allume, come abbiamo fatto prima. Lasciamo raffreddare e mettiamo la soluzione in dei bicchieri di vetro, e questa volta dovremo agganciare il cristallo ad un filo e agganciarlo a un sostegno in modo che il cristallo stia a penzoloni a metà bicchiere. Man mano che cresce, l’acqua evapora e quando notiamo che troppa acqua è scomparsa riprepariamo un’altra soluzione. Tutto qua! Ecco come ottenere dei bellissimi cristalli bianchi e trasparenti in modo semplice! Per ottenere dei cristalli ancora più belli vi suggeriamo di mettere del colorante alimentare nelle soluzioni che preparerete. Vi sembrerà di ottenere dei minerali preziosi semplicemente in casa.


Salvatore Donato

 

Bibliografia

https://it.wikipedia.org/wiki/Diamante#Estrazione

https://www.diamant-gems.com/it/la-formazione-del-diamante/

https://youtu.be/lMRKZjvf-yg

Dagli studenti per gli studenti: Chiralità, la chimica allo specchio

Se ci si pone davanti ad uno specchio, l’immagine che verrà restituita, sarà una rappresentazione speculare di noi stesso. Così come il nostro riflesso, anche le molecole, possono dare luogo allo stesso fenomeno. Parliamo della Chiralità.

Indice dei contenuti

  1. Cosa significa speculare?
  2. La stereoisomeria
  3. E se una molecola è achirale anche con due centri chirali?
  4. Distinguere gli enantiomeri in laboratorio
  5. Conclusioni

 

Cosa significa speculare?

Un’immagine speculare non è altro che il riflesso di un oggetto. In base alla sua sovrapponibilità, è possibile distinguere le immagini speculari in chirali e achirali.

Se le immagini achirali, sono perfettamente sovrapponili alla loro immagine speculare, le immagini chirali al contrario, rendono impossibile tale operazione. Per comprendere al meglio la definizione di Chiralità, possiamo pensare ad un ipotetico piano immaginario, tra le nostre mani destra e sinistra. Noteremo che sono una lo specchio dell’altra, sono perciò speculari. Ma volendo sovrapporre queste due, noteremo che non sarà possibile. La nostra mano, dunque, è chirale (dal greco cheir, mano).

Rappresentazione della Chiralità nel corpo umano. Fonte

Così come molti oggetti di tutti i giorni, anche le molecole presentano le stesse proprietà. Per valutare la loro Achiralità, si ricercano degli elementi di simmetria. Uno di questi è il piano di simmetria, ovvero, un piano immaginario che divide un oggetto (o nel nostro caso una molecola) in modo che una metà sia l’immagine speculare dell’altra. Un ulteriore elemento da ricercare è il centro di simmetria, un punto situato in modo tale che sostituenti uguali si trovino su lati opposti equidistanti.

In assenza di questi, si procede con la ricerca dei centri chirali, i responsabili della Chiralità di una molecola. Essi sono un tipo particolare di stereocentro, un atomo attorno al quale uno scambio tra due gruppi da luogo a uno stereoisomero. Il centro chirale, nello specifico, è un atomo tetraedrico, legato a quattro gruppi differenti. Un’esempio potrebbe essere il carbonio in posizione due del 2-bromobutano. I sostituenti legati ad esso sono tutti diversi: -C2H5, -Br, -H e -C2H5.

La stereoisomeria

Le nozioni finora affrontate, ci permettono di comprendere la stereoisomeria. Quest’ultima si occupa dello studio degli stereoisomeri, isomeri con uguale formula molecolare, ma differente orientazione degli atomi nello spazio. Nel momento in cui abbiamo due configurazioni che sono immagini speculari ma non sovrapponibili (quindi chirali), siamo in presenza di due enantiomeri.

Per riuscire a distinguere i due enantiomeri, occorre analizzare i centri chirali della molecola attraverso le regole di priorità di Cahn-Ingold-Prelog. Numeriamo i quattro sostituenti del centro chirale, partendo dal gruppo con numero atomico maggiore. Se la numerazione procede in senso orario, è possibile che si tratti di un enantiomero R. In caso contrario, in presenza di una enumerazione antioraria, c’è la probabilità di ottenere l’enantiomero S.

Valutiamo in seguito l’orientazione degli atomi nello spazio. Se l’atomo a maggiore priorità viene verso di noi (presenta un cuneo pieno) la configurazione rimarrà quella assegnata in precedenza. Al contrario, nel caso in cui il cuneo del sostituente con numero atomico maggiore dovesse essere tratteggiato, quindi in direzione opposta alla nostra, occorrerà invertire il senso di enumerazione. Nel caso dell’esempio precedente, dove l’asterisco indica la presenza di un centro chirale, avremo un ordine di questo tipo: -Br, -C2H5, -C2H5 ,-H e potremo distinguere l’enantiomero S ed R.

E se una molecola è achirale anche con due centri chirali?

Può capitare che alcune molecole, all’apparenza, possano sembrare delle coppie di enantiomeri per la presenza di due o più centri chirali. Occorre prima verificare che non ci siano piani di simmetria o centri di simmetria che dividono in parti uguali la molecola. Lo stereoisomero che presenta questi elementi è detto composto meso. Quest’ultimo è un composto achirale con due o più centri chirali.

In questo caso le due molecole sono uguali e presentano entrambe un piano di simmetria che taglia perfettamente a metà la molecola.

Distinguere gli enantiomeri in laboratorio

Un enantiomero, può anche essere definito come levogiro o destrogiro. Per riuscire a distinguere le due tipologie, occorre l’utilizzo del polarimetro. Quest’ultimo è lo strumento che permette di misurare la capacità di un composto di ruotare il piano della luce polarizzata. È composto da una provetta porta campione davanti al quale sono posti due filtri: il filtro polarizzatore e il filtro analizzatore, la cui posizione è di 0°.

Esperimento per distinguere gli enantiomeri. Fonte

Quest’informazione ci permette di calcolare di quanto l’entantiomero fa variare l’angolazione del filtro analizzatore e soprattutto verso quale direzione. Se per ripristinare l’angolo di partenza il filtro analizzatore va ruotato verso destra, allora l’enantiomero è detto destrogiro. Conseguentemente, se viene ruotato verso sinistra, l’enantiomero è levogiro.

Monumento alla Chiralità di Paul Walden a Riga. Fonte

Conclusioni

L’argomento trattato, ci permette di distinguere una molecola da un’altra attraverso l’utilizzo di vari espedienti. Parte delle definizioni utilizzate, sono in realtà utilizzabili nella vita di tutti i giorni. La natura stessa presenta Chiralità in molte sue parti, a partire dalle corolle dei fiori, per finire agli alveari. È importante capire il ruolo della simmetria non solo per lo studio delle proprietà chimico-fisiche di una molecola, ma anche per comprendere certe dinamiche dell’ambiente che ci circonda.

                                                                                                                                                                                                                                                                      Asia Arezzio

 

 

Bibliografia
William H. Brown, Brent L. Iverson, Eric V. Anslyn, Chimica Organica, Edises, 2020

https://www.chimica-online.it/organica/stereoisomeria.htm

https://it.wikipedia.org/wiki/Polarimetro

NextGenerationMe: Tonino Alessi, tra chimica e pasticceria

Eccoci nuovamente con  la rubrica “NextGenerationMe”. Entriamo per la prima volta nel mondo del food blogging e della pasticceria con Tonino Alessi, messinese classe ’95 originario di Faro superiore.

Dopo aver ottenuto il diploma scientifico presso il Liceo Scientifico “Archimede”, si è laureato in “Ingegneria industriale” -curriculum “chimica e materiali”- presso l’Università degli Studi di Messina.

La sua più grande passione è senza dubbio la cucina, che studia da autodidatta e spera possa diventare presto la sua professione. Alla cucina è dedicato il suo profilo instagram @incucinacoltony, dove posta le sue creazioni.

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Tonino per conoscerlo meglio.

Se dovessi scegliere un aggettivo che ti descriva al meglio, quale sarebbe? 

Bella domanda, anche se un pò complicata. Posso dirti di essere una persona molta curiosa. Tendo sempre a voler conoscere qualcosa di nuovo ed è una caratteristica che mi aiuta molto anche quando mi approccio alla cucina; l’idea è quella di migliorare e la curiosità mi spinge sempre ad andare avanti, ad ampliare conoscenze e competenze. Quindi se dovessi scegliere un solo aggettivo direi “curioso”.

Quando è nata la passione per la cucina, quando è scoccata la scintilla? 

Non c’è stata una vera e propria scintilla o un episodio specifico, è stato un percorso graduale. A 21 anni ero arrivato a pesare 127 kg. Ho sempre avuto parecchi problemi alimentari, sfogavo paure e timori classici dell’adolescenza, sul cibo. Questo mi aveva portato a mangiare in maniera ossessiva ed, ovviamente, ad una qualità della vita bassa sia dal punto di vista fisico che psicologico.

Un giorno ho deciso di rivolgermi ad un medico specializzato in nutrizione; complice il fatto che studiassi chimica ho avuto modo di conoscere e capire il funzionamento vero e proprio che il cibo ha sul nostro corpo. Mentre imparavo a cucinare i piatti che servivano al mio nuovo percorso alimentare, studiavo gli ingredienti e le loro proprietà e così sono passato dall’informarmi su internet all’acquisto di libri sempre più specifici e tecnici, finchè non mi sono reso conto che la cucina, in breve tempo, era diventata il centro dei miei interessi.

Poi mi sono avvicinato alla pasticceria e non credo sia un caso; prima di dimagrire ero molto goloso di dolci ed è come se da quella passione malsana ne fosse nata un’altra del tutto positiva.

In che modo la tua formazione accademica ha influenzato il tuo nuovo percorso?

La mia formazione universitaria ha giocato un ruolo importante. Quando fai pasticceria, infatti, hai un approccio più scientifico, perchè sei consapevole del fatto che gli ingredienti base utilizzati non sono poi così tanti; devi capire che unendo e trattando questi pochi ingredienti in modo diverso, ottieni risultati diversi, un pò come succede in chimica.

Di fatto, comprendere determinati fenomeni che avvengono tra molecole biologiche o molecole metalliche è più o meno la stessa cosa o, comunque, l’approccio o il metodo di studio è il medesimo. Così la mia passione ed i miei obiettivi si sono spostati gradualmente verso la pasticceria e la panificazione.

Oggi la cucina vive un periodo di grande esposizione mediatica, programmi come Masterchef che effetti hanno avuto sul settore? 

Secondo me  questa nuova veste mediatica della cucina nasce dalla volontà di alcuni ristoratori di investire sulla propria immagine pubblica; questo ha innescato un meccanismo, per il quale sia le grandi aziende che la televisione hanno percepito le potenzialità del prodotto ed hanno iniziato ad  investire su format culinari, per non parlare dei social.

Il settore ne ha beneficiato sicuramente ed oggi sempre più ragazzini hanno la  possibilità di appassionarsi alla cucina, anche se dietro a ciò che viene mostrato in tv ci sono sono ore di duro lavoro e grandi sacrifici.

Penso che ci sia un aspetto negativo per quanto riguarda i social, cioè la possibilità di creare un’immagine fuorviante, o non veritiera, tramite la preparazione di contenuti semplicemente ben confezionati e ottenere un grande successo senza che alla base ci sia una preparazione adeguata, ma non bisogna generalizzare. Io stesso, essendo all’inizio del percorso, sfrutto i social per farmi conoscere, ma credo che un percorso più graduale e solido alla fine possa fare la differenza.

Che progetti  hai e cosa pensi ci sia nel tuo futuro?

Anni fa ho fatto una scelta importante ovvero quella di non proseguire il percorso universitario per seguire il forte impulso che avevo verso la cucina e non me ne pento. Oggi sono alla ricerca di un lavoro che possa permettermi di compiere gli step successivi nel mio percorso in cucina e, nel frattempo, voglio continuare a migliorare e far crescere i miei profili social per farmi conoscere.

Il mio obiettivo più a lungo termine è iscrivermi ad una scuola di pasticceria che mi possa dare le competenze  necessarie a trasformare la mia passione in professione e sono convinto che passo dopo passo io possa riuscirci.

Ciao Tonino, ti ringraziamo per il tempo che ci hai dedicato.

Grazie a voi, a presto!

 

Emanuele Paleologo

 

Tonino sui social:

instagram.com/incucinacoltony/

facebook.com/tonino.alessi

linkedin.com/

Le esperienze di Tonino:

20/01/2017 Ospitata Youtube nel canale “AlidaTeenchef” condotto da Alida Gotta(ex concorrente Masterchef)

04/11/2018 Lezione di cucina “Sous vide e cottura a bassa temperatura” presso Accademia FoodLab (TO)

28/11/2018  Serata di premiazione contest organizzato da Fuudly e Altroconsumo presso Sonia Factory (MI)

24/03/2019 FICO Social Tour organizzato dal Consorzio Mortadella Bologna IGPcon Sonia Peronaci

28/06/2019: Corso su “BarbecueFood” con Denise Delli(ex concorrente Masterchef)

11/01/2020 Trial lesson di pasticceria moderna con Luca Perego (@lucake) presso Congusto Gourmet Institute

07/2020 – OGGIOspitate su Cusano Italia TVnel programma streaming “A CASA E IN FORMA”

 

 

 

 

CRISPR Cas9 è Nobel per la Chimica 2020, cos’è?

l Nobel per la Chimica quest’anno è stato “vinto a parimerito” dalla chimica americana Jennifer A. Doudna e dalla biochimica francese Emmanuelle Charpentier, per lo sviluppo di CRISPR Cas9, una tecnica di editing genomico.

In cosa consiste questa scoperta? 

CRISPR cas9 è un metodo per “tagliare e cucire” il DNA nei punti che si desidera.  

Ha già aiutato molti scienziati nello studio e nella cura di molte patologie, negli OGM e nella ricerca di base. 

In molte malattie infatti, ci sono dei geni che sono difettosi o mancanti, oppure come nel caso dei tumori, mutati. 

Tramite questo ingegnoso sistema è possibile andare a tagliare via il gene difettoso e sostituirlo con una copia sana dello stesso, guarendo in una sola volta e definitivamente una determinata patologia. 

 

 

Ma non esistevano già tecniche di editing genomico?  

Sì, ma non erano sicure. 

L’editing genomico è una particolare tecnica di ingegneria genetica in cui si cancella, aggiunge o modifica, una porzione del DNA di un organismo vivente. 

Sin dagli anni 2000, mappato il DNA, si è pensato che una volta capito quale fosse il gene difettoso in una determinata patologia, sarebbe bastato correggerlo per far guarire il malato dalla patologia stessa: nacque così la Terapia Genica. 

 pensò all’inizio di utilizzare le proprietà di alcuni virus con trascrittasi inversa, capaci di inserirsi nel DNA della cellula infettata e vivere in essa per sempre, come ad esempio fa il virus dell’HIV. Questa tecnica tuttavia presentava degli svantaggi: 

Non si riusciva a controllare dove il pezzo di DNA da voler aggiungere fosse inserito. Questo comportava che se da un lato si potesse curare una patologia genetica, dall’altro se ne sarebbe potuta procurare una nuova, visto che inserendo a casaccio del DNA, esso poteva essere letto scorrettamente o poteva far “sfalsare” il resto del DNA, che venendo letto male, avrebbe comportato la nascita di altre patologie genetiche. 

 

Sarebbe come inserire una frase a caso in un libro, il lettore sarebbe confuso e potrebbe travisare il significato dell’intero paragrafo 

 ZFN e TALENs

Successivamente, sempre prima di CRISPR cas9, vennero utilizzate le tecniche ZFN (Zinc Finger Nucleases) e TALENs (Transcription activator-like effector nucleases). In queste due tecniche, venivano usate delle nucleasi, ovvero specifici enzimi che tagliano il DNA, per tagliare e successivamente inserire il DNA voluto all’interno del genoma dell’organismo. 

Le “dita di zinco” sono delle particolari proteine che abbiamo tutti nelle nostre cellule, che consentono di legare il DNA in specifici punti, si è pensato quindi di modificare queste proteine per realizzare appunto la tecnica ZFN. 

Crediti  immaginenature.com 

 

Mentre per la TALEN ci si è ispirati a delle proteine dette TALprovenienti dalle piante che le usano per difendersi da batteri o altri microorganismi, capaci anch’esse di legare il DNA in specifici punti e quindi tagliarlo. (1)

Crediti immagine: researchgate.net 

Qual era il problema di queste due tecniche?  

Che usavano delle proteine (strutture fatte da amminoacidi) per legare il DNA, che è  fatto di nucleotidi. Questo comportava una certa imprecisione, visto che per quanto specifiche, sequenze di DNA simili a quelle che si volevano modificare potevano essere presenti in altre parti del DNA, andando quindi a ricadere nell’errore di modificare parti non volute del genoma, con tutte le possibili patologie che ne potrebbero derivare nel caso della cura di malattie, o di inefficienza parlando di OGM. 

La svolta di CRISPR Ca9 

Nel 2011, Emanuelle Charpentier, studiando un batterio patogeno per l’uomo, lo Streptococcus Pyogenes, si accorse che questo batterio aveva un’arma per difendersi dai Batteriofagi (virus che attaccano i batteri). 

L’arma in questione era CRISPR. Letteralmente Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeatstraducibile con “brevi ripetizioni palindrome raggruppate e separate a intervalli regolari” 

In pratica il batterio che era stato attaccato da un virus, ne memorizzava il DNA o RNA, inserendolo poi nel suo Genoma, per far sì che ad una eventuale reinfezione, trascrivendo l’RNA da quelle sequenze che aveva memorizzato tramite CRISPR, poteva produrre delle sequenze di RNA complementari a quelle del virus, bloccandolo e avendo così una sorta di “immunità” ad esso (questo meccanismo è conosciuto come “RNA interference)  (2)

Crediti immagine: researchgate.net 

Non era nuovo questo meccanismo, in quanto fu notato per la prima volta nel 1993 dal biologo marino Francisco Mojica, in una serie di batteri. 

Dove sta quel plus che ha fatto vincere il Nobel alle due scienziate? 

Una scoperta quasi per caso: 

L’intuizione della scienziata Charpentier, sta nel fatto di aver notato che questo meccanismo di difesa non usava proteine, ma RNA e DNA come strumenti principali per riconoscere il DNA, per cui aveva una precisione molto maggiore rispetto a qualunque tecnica di editing genomico fino ad allora conosciuta.  

Così nello stesso anno, ha pensato insieme alla scienziata Jennifer Doudnadi iniziare a lavorare alla riproduzione in laboratorio del sistema CRISPR unito alla proteina (sempre batterica) Cas9, che è una endonucleasi, ovvero un enzima capace di tagliare il DNA. 

Cas9, associata a CRISPR e altre proteine come transcrittasi e transattivasi, sarebbe stata in grado di tagliare uno specifico punto indicato dalla sequenza nucleotidica voluta, per poi inserire, sempre con la stessa precisione, un eventuale pezzo di DNA nel punto desiderato. 

Dal 2012 la tecnica si è sparsa per il mondo ed è stata utilizzata per una miriade di esperimenti, dagli OGM, ai biocarburanti alla cura di tante patologie. 

Il Nobel 

Oggi, a distanza di soli 8 anni (un Nobel può richiedere decine di anni per essere assegnato, ma la loro scoperta è talmente importante da aver impiegato pochissimo tempo per essere riconosciuta), le scienziate Charpentier e Doudna ricevono il più ambito dei riconoscimenti scientifici. 

Questa scoperta mostra come oltre allo studio, che alla lunga paga, una buona intuizione ed una vivace creatività sono le armi migliori di uno scienziato. 

Dalla semplice osservazione del sistema immunitario di un batterio, le scienziate sono riuscite a ricavare un potentissimo strumento che aiuterà l’umanità negli anni a venire, in innumerevoli campi tecnico-scientifici. 

Grande plauso quindi a queste grandi scienziate, che possano continuare a migliorare il mondo grazie ad una delle più preziose e nobili attività umane, la ricerca scientifica, e che questo meritatissimo premio possa essere d’ispirazione per le generazioni odierne e future! 

(1) https://upbiotech.wordpress.com/2019/05/27/lediting-genomico-prima-di-crispr-cas/

(2) https://elifesciences.org/articles/13450

 

Roberto Palazzolo

Energie rinnovabili #1 – Nuove e vecchie problematiche per un mondo in evoluzione

Il bisogno sempre maggiore di energia tiene in scacco il mondo: pro e contro delle attuali risorse energetiche.

Questo è il primo di una serie di articoli che realizzeremo intorno al tema cruciale delle energie rinnovabili, di cui analizzeremo gli aspetti più curiosi ed innovativi. Ma andiamo con ordine.

Una nazione che non può controllare le sue fonti di energia non può controllare il suo futuro.” (Barack Obama)

Cos’è l’energia?

Dare la definizione operativa di energia non è facile e tutt’oggi non è possibile darne una univoca e che soddisfi tutte le nostre esigenze. Tuttavia una possibile definizione è quella per cui l’energia è la proprietà quantitativa che dev’essere trasferita a un oggetto affinché esso esegua un lavoro.

Analizziamo i vari tipi di energia.

I tipi di energia

Al giorno d’oggi sono state classificate tantissime forme di energia, alcune tra le più importanti sono:

  • energia nucleare;
  • energia meccanica;
  • energia gravitazionale;
  • energia elettromagnetica;
  • energia termica;
  • energia chimica.

Ognuna di queste forme di energia è indispensabile nella nostra vita di tutti i giorni e ne fa parte attivamente.

Ormai siamo abituati ad averle facilmente a disposizione, ma sappiamo anche quanto sta costando produrle sia dal punto di vista ambientale che dal punto di vista geopolitico.

È opportuno distinguere le risorse energetiche in:

  • risorse primarie, adatte all’uso finale senza conversione in un’altra forma;
  • risorse secondarie, dove la forma utilizzabile di energia richiede una sostanziale conversione da una fonte primaria.

Un’altra importante classificazione delle risorse energetiche si basa sul tempo necessario per la loro rigenerazione, e possiamo distinguere:

  • risorse rinnovabili, che sono quelle che recuperano la loro capacità in un tempo significativo per le esigenze umane.
  • risorse non rinnovabili, le quali sono quelle che sono significativamente esaurite dall’uso umano e che non recupereranno il loro potenziale durante la vita umana.

Fonti energetiche

Esistono circa dieci principali fonti di energia diverse che vengono utilizzate nel mondo , ognuna di esse con la sua peculiarità. Mentre ci sono altre fonti che vengono scoperte continuamente, nessuna di esse è sufficientemente sviluppata per soddisfare il fabbisogno mondiale di energia.

Ecco una panoramica di ciascuna delle diverse fonti di energia in uso e qual è il potenziale problema per ognuna di esse:

1. Energia solare:

Pro: attraverso l’uso di pannelli fotovoltaici, è possibile convertire l’energia solare in elettricità.

Contro: questo tipo di energia è che solo alcune aree geografiche del mondo ottengono abbastanza energia diretta dal Sole tale da soddisfare la richiesta di energia. Un altro annoso problema è quello dello smaltimento dei materiali costituenti i pannelli fotovoltaici.

2. Energia eolica:

Pro: la rotazione di opportune pale, causata dall’azione del vento, viene convertita in energia da grandi turbine che attivano un generatore e un convertitore.

Contro: Mentre questa sembrava una soluzione ideale per molti, la realtà dei parchi eolici sta iniziando a rivelare un impatto ecologico imprevisto che potrebbe non renderlo una scelta sostenibile.

3. Energia geotermica:

Pro:alcuni elementi radioattivi (quali Uranio, Torio, ecc), attraverso il loro lento decadimento, producono energia. Questa energia riscalda le rocce nel sottosuolo, che a loro volta riscaldano i bacini idrici presenti nelle zone limitrofe: l’acqua presente in essi evapora, e il vapore prodotto viene raccolto e utilizzato per azionare delle turbine rotanti che azionano un generatore.

Contro: Il più grande svantaggio con l’energia geotermica è che può essere prodotto solo in siti selezionati in tutto il mondo.

4. Energia derivante dall’Idrogeno:

Pro: è uno degli elementi più comuni disponibili sulla terra. L’acqua contiene due terzi di idrogeno e può essere trovata in combinazione con altri elementi. Una volta separato, può essere utilizzato come combustibile. È completamente rinnovabile, può essere prodotto su richiesta (tramite i processi di elettrolisi e reforming) e non lascia emissioni tossiche nell’atmosfera.

Contro: questo sistema ha un basso rendimento energetico e in più per potere effettuare i processi, richiede serbatoi con una pressione elevata (250 bar) che naturalmente comportano problemi sia di sicurezza che di peso e ingombro.

5. Energia prodotta dalle maree e dalle onde marine:

Pro: usa l’aumento e la diminuzione delle maree e il movimento della massa acquosa derivante dalle onde per convertire l’energia cinetica del mare, è rinnovabile e non provoca danni all’atmosfera.

Contro: La generazione di energia attraverso le maree è prevalentemente diffusa nelle zone costiere, necessita di enormi investimenti e la disponibilità di siti è piuttosto limitata. La produzione di energia delle onde può danneggiare l’ecosistema marino e può anche essere fonte di disturbo per le navi private e commerciali. 

6. Energia idroelettrica:

Pro: il 16% dell’elettricità prodotta oggi nel mondo arriva da questa fonte. Grossi bacini d’acqua, racchiusi da una diga, forniscono una potenza che viene utilizzata per azionare i generatori in modo da produrre l’elettricità.

Contro: I problemi affrontati con l’energia idroelettrica in questo momento hanno a che fare con l’invecchiamento delle dighe: esse infatti hanno bisogno di importanti lavori di restauro per rimanere funzionali e sicure, e ciò costa enormi somme di denaro. Il drenaggio dell’approvvigionamento di acqua potabile del mondo non è a lungo sostenibile, poiché l’acqua utilizzata per la produzione di energia potrebbe servire per l’utilizzo diretto della popolazione.

7. Energia delle biomasse:

Pro: è prodotta da materiale organico ed è comunemente usata in tutto il mondo. La clorofilla presente nelle piante cattura l’energia del Sole convertendo l’anidride carbonica dall’aria e l’acqua dal terreno in carboidrati attraverso la fotosintesi. Quando le piante vengono bruciate, l’acqua e l’anidride carbonica vengono nuovamente rilasciati nell’atmosfera.

Contro: Questo tipo di energia produce una grande quantità di anidride carbonica nell’atmosfera.

8. Energia nucleare:

Pro:  è una delle principali fonti di energia non rinnovabile disponibile al mondo. L’energia viene creata attraverso una specifica reazione nucleare di fissione, che viene quindi raccolta e utilizzata per generare energia elettrica.

Controrimane un grande argomento di dibattito su quanto sia sicura da usare e se sia davvero efficiente dal punto di vista energetico,date le notevoli quantità di scorie radioattive prodotte, molto difficili da smaltire. Gli scienziati stanno cercando di risolvere i problemi relativi alla sicurezza delle centrali (tutti sappiamo l’impatto ambientale che hanno avuto i disastri delle centrali nucleari di Chernobyl e Fukushima) e allo smaltimento dei rifiuti. Inoltre, i fisici stanno lavorando da anni ad un modo alternativo di sfruttare l’energia nucleare per la produzione di energia elettrica, ovvero tramite la fusione piuttosto che tramite la fissione. La fusione nucleare, però, ha diverse problematiche, che saranno trattare in un prossimo articolo.

9. Combustibili fossili:

Pro: attualmente è la principale fonte di energia del mondo e sfrutta materiali primi come carbone e petrolio. Il petrolio viene convertito in molti prodotti, il più utilizzato dei quali è la benzina.

Contro: Per arrivare al combustibile fossile, però, è purtroppo necessario deturpare in maniera irreversibile l’ambiente. Inoltre, le riserve di combustibili fossili sono in esaurimento.

Numero di reattori nucleari per pease. Fonte : Iaea|Pris
Numero di reattori nucleari per paese. Fonte: Iaea|Pris

Non è facile determinare quale di queste diverse fonti di energia sia meglio utilizzare: tutte hanno i loro punti di forza e le loro criticità. La verità è che sono tutti imperfetti: ciò che deve accadere è uno sforzo concertato per cambiare il modo in cui consumiamo energia e creare un equilibrio tra le fonti da cui attingiamo.

Gabriele Galletta

E se fosse possibile costruire il mantello dell’invisibilità di Harry Potter?

 

Se cercate la parola ”invisibilità” su Google, vi renderete subito conto di come l’idea di molti (soprattutto dei più giovani) riguardo l’argomento sia legata alla possibilità di realizzare il famoso “mantello” in grado di rendere qualsiasi cosa invisibile. Troverete inoltre tra i primi risultati un video realizzato in Cina nel quale un uomo scompare dopo avere indossato proprio un mantello, poi del tutto smentito in quanto falso (realizzato al computer).

Quanto c’è di scientifico nel concetto di invisibilità? Esiste concretamente al giorno d’oggi tale possibilità?

Numerosi ricercatori stanno e hanno tentato di realizzare tali dispositivi, principalmente con l’impiego dei cosiddetti metamateriali, ovvero materiali creati in laboratorio con proprietà del tutto sorprendenti.  Ma quali sono le problematiche principali riscontrate negli anni riguardo tale possibile tecnologia? Innanzitutto la difficoltà di rendere un oggetto invisibile a tutte le lunghezze d’onda (ovvero a tutti i “colori”) della luce naturale (a ogni colore corrisponde una diversa lunghezza d’onda, figura sotto).

Inoltre, restano irrisolte le questioni legate all’ombra e alla direzione della sorgente. In poche parole, anche se oggi è possibile rendere ad esempio una penna invisibile alla luce blu proveniente da una sola direzione, queste condizione non si verificano praticamente mai nella vita quotidiana. Infatti, la luce “bianca” solare contiene tutti i “colori” ovvero tutte le lunghezze d’onda dello spettro e viene da ogni direzione.

Capite bene che simili tecnologie non servirebbero praticamente a nulla!

Un esperimento molto vicino alla soluzione del problema è stato fatto nel 2018 presso l’Institut National de la Recherche Scientifique—Énergie, Matériaux et Télécommunications (INRS-EMT) di Montreal, in Canada. La ricerca è stata poi pubblicata su Optica, tra le più importanti riviste di ottica e fotonica.

Immagine riassuntiva: in basso, si osserva come un dispositivo tra oggetto (in verde) e fascio luminoso “annulli” la luce in ingresso. Un secondo dispositivo, posto dietro l’oggetto, la ricompone successivamente, dando l’idea di continuità dell’immagine e mascherando l’oggetto. Tuttavia, gli stessi ricercatori ammettono che sono ben lontani dalla creazione del famoso mantello.

Quali potrebbero essere, quindi, le nuove prospettive offerte dalla scienza?

Le risposte sulla questione invisibilità potrebbero arrivare da un campo nato da pochissimi anni: i quasicristalli. La scoperta di questi nuovi materiali è valsa a Dan Shechtman il premio Nobel per la chimica nel 2011. Curiosamente, nonostante la loro esistenza fosse stata teorizzata già nel 1982, Shechtman guadagnò oltre il Nobel anche aspre critiche e derisioni dalla comunità scientifica, che non credeva all’esistenza di tali materiali.

Ma quali sono le caratteristiche dei quasicristalli  che potrebbero risolvere il nostro “problema” invisibilità? Perché gli scienziati del settore erano così scettici a riguardo?

Modello atomico di un quasicristallo di argento e alluminio.

Per capirlo meglio dobbiamo prima definire i comuni cristalli: essi hanno una struttura ordinata e periodica, ovvero formata dalla stessa “unità fondamentale” ripetuta più volte ordinatamente. Esempio: un cubo con ai vertici determinati atomi si ripeterà per tutta la struttura con gli stessi atomi. In altre parole in qualsiasi punto guardi il cristallo avrà la stessa composizione, come nella figura sotto. Totalmente diversi sono invece i cosiddetti materiali amorfi (letteralmente “senza forma”) che non hanno una struttura ordinata.

Il termine “quasicristallo” nasce dall’esigenza di definire un materiale che è ordinato come i cristalli, ma non periodico: esiste la possibilità di trovare nella sua struttura dei punti che differiscono, senza che venga persa la simmetricità (altra caratteristica fondamentale dei cristalli). Anzi, ed è questo il punto cruciale, hanno una simmetria particolarissima detta pentagonale, ritenuta prima della loro scoperta impossibile.

È tale simmetria a conferire ai quasicristalli “proprietà fisiche sorprendenti”, a detta del geologo e ricercatore italiano dell’università di Firenze Luca Bindi, tra i massimi esperti nel settore. Lo stesso Bindi ha scoperto nel 2009 i quasicristalli di origine naturale studiando alcuni meteoriti (scoperta pubblicata da Science e inserita tra le migliori 100 del 2009 dal Washington Post) . Infatti, gli unici quasicristalli naturali che conosciamo provengono dallo spazio e si sono formati in seguito a collisioni ad altissima energia. Molto comuni sono invece i quasicristalli artificiali creati in laboratorio, che contengono perlopiù alluminio.

Sapete quali applicazioni hanno attualmente?

Rivestimento di alcune comuni padelle, lame di strumenti chirurgici e… rendere invisibili alcuni jet militari ai radar. Di fatto un radar è una sorgente di onde elettromagnetiche (onde radio/microonde) esattamente come il sole è fonte di luce (anche essa un’onda elettromagnetica). La differenza? Quella che definiamo luce è composta da onde con lunghezze d’onda e frequenze visibili dal nostro occhio e diverse dalle onde radio/microonde emesse dai radar.

Potrebbe dunque essere questo il materiale tanto ricercato per ottenere l’invisibilità?

Non c’è ancora una risposta certa: ad oggi ci sono soltanto 50-60 persone in tutto il mondo che si occupano di quasicristalli. Cosa ci permette di essere fiduciosi? Lo stesso Bindi ammette: “se c’è qualcosa che caratterizza la ricerca scientifica in questo settore sono le continue sorprese”. E come dargli torto? Un materiale che a detta di molti non sarebbe mai potuto esistere, può essere non solo creato in laboratorio, ma anche trovato in natura in meteoriti provenienti dallo spazio. Ha anche poi aggiunto il ricercatore italiano, in un’intervista rilasciata recentemente a Wired Italia, che a breve verrà annunciata la scoperta di un altro nuovo materiale: i quasi-quasicristalli.

Morale della favola: riguardo l’invisibilità non ci resta altro che farci sorprendere, ancora una volta, dai progressi della ricerca scientifica.

 

 

Emanuele Chiara

Dicembre 2016: ecco a voi la Nuova Tavola Periodica degli Elementi

Gioite a festa, amici miei, per la vostra felicità sono stati ufficialmente inseriti 4 nuovi elementi nella tavola periodica.

Io, con gaudio, tiro un sospiro di sollievo per me stessa. A voi, invece, studenti del liceo o dei vari dipartimenti scientifici dell’Unime e del mondo (primo tra tutti il dipartimento di Chimica, sicuramente quello maggiormente interessato alla notizia) mando un caloroso abbraccio virtuale.

Già lo scorso gennaio era stata ufficializzata la scoperta di questi nuovi 4 elementi che, inizialmente, furono chiamati con identificativi nomi provvisori: ununtrium (Uut, elemento 113), ununpentium (Uup, elemento 115), ununseptium (Uus, elemento 117) e ununoctium (Uuo, elemento 118).

Solo adesso che hanno un nome approvato, però, sono stati ufficialmente inseriti nella Tavola Periodica realizzandone, quindi, una completamente nuova: vanno a completare, chiudendola, la settima riga della stessa.

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La nuova tavola periodica la potete scaricare e stampare da questo link.

Ma quali sono i nomi di questi nuovi elementi? E come sono stati scelti?

I nomi dei nuovi elementi scoperti vengono presentati alla IUPAC (Unione Internazionale per la Chimica Pura e Applicata) che vaglia le proposte scegliendo quelle valide. In questo caso la scelta si è conclusa dopo mesi di dibattito in quanto erano vari i nomi proposti.

Alla fine sono stati scelti (in ordine di simpatia):

  • niboNihonio, nome assegnato all’elemento 113. Nihonio, infatti deriva da “Nihon” che in giapponese significa «terra del sole nascente». L’Nh-113 è stato scoperto da una squadra di scienziati asiatici, per l’appunto, guidati dal professor Kosuke Morita operando collisioni tra ioni di zinco e bismuto. È il primo elemento chimico scoperto in un Paese asiatico;

 

  • moscoMoscovio, che assume il nome della regione dove ha sede l’Istituto unito di ricerche nucleari di Dubna (Russia) dove è stato scoperto l’elemento 115. Si tratta di una sostanza inserita nel gruppo 15 della Tavola periodica che si piazza sotto il bismuto (numero atomico 83);

 

 

 

  • tennesioTennessinio, dedicato allo Stato del Tennessee, dove sorge il Laboratorio nazionale di Oak Ridge della Vanderbilt University, il cui gruppo ha scoperto l’elemento Ts-117 insieme ai ricercatori dell’Università del Tennessee di Knoxville. La sostanza viene inserita nel gruppo 17 della Tavola periodica sotto l’astato (numero atomico 85), un alogeno radioattivo molto raro;

 

  • organesOganessio, anch’esso scoperto in Russia e dedicato al professor Yuri Oganessian, 83 anni, studioso di elementi transuranici. La sostanza viene inserita nel gruppo 18 della Tavola periodica: quello dei gas nobili, proprio perché, il nuovo elemento, è un gas nobile. Viene a trovarsi sotto il radon (numero atomico 86).

 

 

Tra le varie proposte compare ‘’Levium’’, nome che era stato suggerito in onore del chimico e letterario italiano Primo Levi. Tante sono state le petizioni presentate alla IUPAC per riuscire ad onorare lo scrittore di ‘’Se questo è un uomo’’ e ‘’La Tavola Periodica’’ (ritenuto uno dei più bei libri mai scritti sulla chimica) che, purtroppo, non ha potuto fare niente a riguardo in quanto: “non abbiamo potuto accogliere queste indicazioni, dal momento che le attuali linee guida stabiliscono che solo gli scopritori hanno il diritto di proporre nomi e simboli”.

Elena Anna Andronico

Unime-Mons: la firma della convenzione

Questa mattina, in Aula Senato, si è svolta la conferenza stampa in cui è stato ufficializzato l’accordo tra l’Università di Mons e l’Università degli Studi di Messina.
Il lavoro, iniziato a luglio proprio in Belgio, è terminato con la firma sul contratto da parte del Rettore Prof. Pietro Navarra e del Rettore dell’Università di Mons, Calogero Conti.

Presente all’incontro anche una delegazione belga e l’ex Primo Ministro Elio Di Rupo, Presidente del partito socialista.

A fare gli onori di casa, in apertura, il Magnifico Rettore Navarra: “Ho il piacere di avere presenti l’On. Di Rupo ed il Rettore Calogero Conti. Abbiamo intrapreso un percorso importante, che ha portato alla stipula di importanti accordi”. Mobilità internazionale di studenti e docenti, condivisione della ricerca scientifica e realizzazione di attività congiunte: questi i punti salienti dell’accordo.

Successivamente è intervenuto l’On. Di Rupo, ricordando le proprie origini italiane, ed elogiando la collaborazione dell’Ateneo messinese: “Ho il piacere di vedere i contatti tra le Università che collaborano, è bello condividere il potenziale intellettuale. Volevo inoltre ringraziare il Rettore e i Professori per il riconoscimento del lavoro e delle mie origini: il mio sangue è italiano, mi fa molto piacere essere qui”.

In conclusione, è intervenuto Calogero Conti, Rettore dell’Università di Mons: “Voglio ringraziare il Rettore e l’Università per l’accoglienza. Sono felice delle firma alla convenzione tra le nostre università, l’allargamento della dimensione internazionale è indispensabile, così come lo è nella ricerca”.

In conclusione, è arrivata la firma alla convenzione.
Nello specifico, le aree interessate sono: area medica, biotecnologie, chimica, farmacia, psicologia e scienze della formazione.

Alessio Micalizzi

Erasmus a Madrid: cosa aspettarsi da una Capitale fuori di testa!

Madrid-erasmus

Salve a tutti i lettori di UniversoMe ,

in questo articolo mi è stato chiesto di raccontare la mia esperienza Erasmus che, svoltasi attraverso la Facoltà di Chimica di Messina, è appena terminata (shit!).  Sono stato in una città (che se porca miseria non lo dico non sono contento!) pazza fottuta come Madrid, per un periodo di sei mesi.

 

Quindi pronti, partenza, via…  ed eccoci arrivati a Madrid, catapultato completamente solo in una delle capitali europee più belle e più folgorate che ci siano (per lo meno, ai tempi potevo solo immaginare), con mille valige e una voglia di scoprire che avevo perso ormai da tempo. Vi posso dire che raccontare un’esperienza come l’Erasmus non è per niente facile, perchè non si limita solo a essere un progetto studio (sappiamo tutti che alla fine di tutto il motivo principale della scelta dell’erasmus nell’ ”ignoranza” è “andare a divertirsi”), ma è veramente una di quelle esperienze con un’ intensità e valore che modellano te stesso e che, nel bene o nel male, sarà stata sempre la scelta giusta (al massimo avrete sempre da raccontare storie cazzute e folli che solo in quel contesto si possono fare… fidatevi).

Per questo motivo mi limiterò a fare un excursus generale su tutto, dai pregi ai difetti dell’erasmus.

 

Per cominciare, sarebbe opportuno iniziare dalla città.

Madrid è la capitale della Spagna: ha sei milioni di abitanti, ha la metro mi… Bla bla bla bla! Non c’è bisogno che vi parli della descrizione geografica, dei musei ,attrazioni turistiche e via dicendo perchè esiste internet con  tutte queste informazioni utili, ma quello che dovete sapere è che Madrid è una città fuori di testa (per farvi capire che la prima cosa che mi hanno detto appena arrivato è stata: “Madrid te mata”, ossia “Madrid ti ammazza” , che è una sacro santa verità). Come città in se è stupenda, grandissima, però con un centro abbastanza circoscritto e con tutta la “movida” e il turismo concentrati in esso e di conseguenza facile da girare anche in un fine settimana.

Madrid secondo me è esattamente ciò che vuol dire eramsus, cioè esperienza! È una metropoli con tanta diversità culturale e differenze etniche“non farsi le ossa” è impossibile. Essendo una metropoli dal punto di vista economico, per un ragazzo in erasmus, soprattutto se messa a confronto con altre mete Spagnole e non (come, per esempio, la parte sud della Spagna, l’Andalucia, dove si vive con 150€ di affitto rispetto ai miei 400€) , può non sembrare economicissima.  Però, allo stesso tempo, è una metropoli a “misura d’uomo” , poichè messa a confronto con altre capitali europee è forse la più economica soprattutto per tutto quello che ti offre, dalle “bettole” a 10 euro a persona, tipico spagnolo dove si mangia da paura (come la Fatigua del Querer in pieno centro),  al ristorante di lusso, dalle discoteche fuori dal normale (come il Fabrik o il Kapital) ai baretti del centro dove trovi i mille PR  che ti propongono promozioni folli (sia vere che non) con la classica musica reggaeton spagnola che dopo sei mesi non ne puoi più.

La Latina, dove il giro di tapas con caña regna sovrano, spendendo 2 euro per entrambi(soprattutto in Calle Cava Baja), dove c’è la Cebada, sorta di parco con campetto, skatepark, dove vai per giocare fumare o semplicemente non fare nulla e conoscere gente.

 

 Il barrio Hipster di Malasaña, con barbieri super cazzuti che con quelle forbici ti fanno diventare un vero Hipster e con locali più alternativi, dove passi le serate più ignoranti, con il tuo gruppo, fino alle 8 del mattino per poi mangiare al mitico TGB Go di Malasaña, con plaza dos de Mayo dove si fa botellón! Se ti và, puoi andare al barrio di Salamanca , locale di un livello più alto, come l’ Hard rock Café o la mágica Boutique dove ogni giovedì vai a ballare ( anche se non è proprio il mio hábitat ideale ).

Troverete mille parchi dove si riesce a staccare dalla città anche rimanendo nel pieno centro storico  , come il Parque del Ritiro  ubicato in pieno centro dove si può andare a leggere un libro o rilassarsi con una semplice sigaretta e  ti sembra la cosa più assurda e pazzesca del mondo.

erasmus-madrid-erasmus

Come sappiamo tutti  l’erasmus è un progetto studio europeo e quindi a questo punto mi tocca parlare di ciò e di conseguenza dell’università spagnola e di come mi sono trovato.

L’università spagnola è completamente diversa dalla nostra universtà italiana ( che tutto il mondo critica ma che allo stesso tempo è la più ricercata , o per lo meno post studi noi italiani siamo i più ricercati). A dire la verità, io non sono rimasto contento e soddisfatto del sistema universitario poichè è fin troppo “liceale” : compiti per casa , lavori di gruppo, esposizioni e seminari che vanno a fare la percentuale nel voto ( non media, il che è diverso!).

 

Potrà anche essere migliore, dal punto di vista pratico, della nostra , più interattiva forse , però, secondo quello che ho visto e vissuto in questi mesi all’università di Madrid, è che uscendo da una università del genere , si ha una preparazione più adeguata e “forte” per il campo lavorativo però va a mancare tutta quella parte teorica che solo noi in Italia facciamo.

 

Ragazzi, gli spagnoli non hanno idea di cosa significa studiare 1000 pagine di un libro di Chimica Organica e fare un esame orale di 45 minuti dovendo ripetere vita morte e miracoli di ogni cazzo di molecola con  il prof davanti che ti mette una soggezione immensa, ma fanno dei test a crocette o a risposta libera che, alla fine di tutto, non ti lasciano niente di concreto perchè, in fin dei conti, basta imparare a memoria i test degli anni passati. Non pensate che siano così facili, ma nemmeno difficili, è proprio il metodo di studio diverso , l’ organizzazione. Ti ritrovi a studiare cose inutili e poi a  fare 10 pagine di lavoro su temi scelti dalla professoressa  in spagnolo , consegnarlo, fare il powerpoint e poi esporlo senza che questo ti abbia lasciato nulla (immaginate quanto cazzo di tempo ho perso per fare ste cavolate).

 

Quindi, tirando le somme, con l’università non mi sono trovato benissimo ma nemmeno malissimo, nè carne nè pesce, forse anche dovuto al fatto che sono stato solo sei mesi e quindi il sacrificio si poteva fare. In linea generale(sì, le leggende sono vere) è piu facile ( ho sentito storie di prof. che davano le caramelle se le persone andavano interrogate alla lavagna). Comunque non fatevi fregare , l’impatto con questa nuova università può essere abbastanza forte e quindi creare qualche problema ( però non mollate che in un modo o nell’atro si superano gli esami!).

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E ora? Ora sono di nuovo a Messina , pieno di ricordi e di nostalgia , con una visione del mondo totalmente diversa poichè vai a confrontarti con un’altra cultura, con altri modi di pensare , con amici e amiche in tutto il mondo che, fidatevi, non perderete mai perchè avete passato insieme una delle esperienze che per un ragazzo/a di 20 anni è forse l’inizio di se stesso , della sua e soltanto sua vita , vivendo lontano da tutto,  famiglia amici e parenti; in un altro stato,  con un altra lingua , senza nessun appoggio se stai male o anche se stai bene , ma questo non è uno svantaggio , anzi, è esattamente quello che l’erasmus vuole darti … Crescere! E io fortunamente (lo spero), sono maturato grazie a questa esperienza  e se dovessi tornare indietro non esiterei nemmeno un minuto.

Nanny Randazzo