Cellulari e cancro: verità o speculazione?

Tra articoli speculativi e dati scientifici sfuggenti, cerchiamo di fare chiarezza. 

È una questione estremamente attuale. Basti pensare al caso di Roberto Romeo, tecnico di un’azienda di telefonia italiana, al quale è stata riconosciuta dal Tribunale di Ivrea una rendita vitalizia da malattia professionale in seguito allo sviluppo di un neurinoma benigno del nervo acustico.
Il giudice ha infatti riconosciuto un nesso causale tra l’utilizzo prolungato del cellulare per lavoro e lo sviluppo del tumore, sulla base di una perizia che ha evidenziato un rischio di insorgenza di tale tumore più che raddoppiato negli utilizzatori di cellulari per circa 10 anni, anche per soli 16-32 minuti al giorno. E a questo processo ne sono seguiti altri analoghi, come quello di Alessandro Maurri a Firenze, conclusosi anch’esso con un’indennizzo di invalidità.

Se più tribunali hanno emesso sentenze del genere, non può trattarsi solo di semplici ipotesi o pressione mediatica. Quali sono dunque le evidenze scientifiche emerse?

Sta crescendo esponenzialmente il numero di studi condotti per chiarire il legame tra l’esposizione a RFR (radiazioni a radiofrequenze) emesse dai telefoni cellulari e i tumori.

Di recente si è conclusa una delle più importanti ricerche in merito, condotta dal National Toxicology Program (NTP), ramo di ricerca del National Institute of Environmental Health Sciences (NIEHS), istituto statunitense per la salute ambientale.
La ricerca ha usato come cavie 3 mila tra topi e ratti, è costata 30 milioni di dollari ed è durata oltre 10 anni. 

Il NTP, in collaborazione con istituti specializzati, ha stabilito il grado e le modalità ottimali di esposizione dei topi e ratti per simulare al meglio le condizioni alle quali siamo esposti.
Gli animali sono stati sottoposti a esposizione a RFR in modo intermittente, per intervalli di 10 minuti e pause della stessa durata, per 9 ore al giorno in totale. I livelli di RFR sono stati stabiliti in base al peso corporeo: da 1.5 a 6 Watt per chilogrammo nei ratti e da 2.5 a 10 Watt per chilogrammo nei topi.

Il tutto è avvenuto in delle particolari camere, costruite dal NIST e dalla IT’IS Foundation, importanti istituti di tecnologia, ideate appositamente per controllare in modo estremamente preciso il tasso di assorbimento specifico (SAR) delle radiazioni.

Gli studi sono stati condotti in più fasi: 

  • Esposizioni a breve termine, che hanno rivelato incrementi più o meno rilevanti della temperatura corporea.
  • Esposizioni a lungo termine per 28 giorni e per 2 anni, che hanno dato informazioni più rilevanti.

Le conclusioni dei ricercatori sono state alquanto controverse per decine di patologie; tuttavia alcuni dati importanti emergono dalle analisi statistiche:

  • Una riduzione del peso dei neonati partoriti da animali esposti.
  • L’incidenza incrementata tra il 2 e il 3 per cento dei gliomi maligni del cervello.
  • L’aumento tra il 5 e il 7 per cento di schwannomi maligni del cuore.
  • Un lieve ma statisticamente significativo incremento di feocromocitomi, tumori delle ghiandole surrenali.

Si tratta del primo studio che correla fortemente l’insorgenza di neoplasie con l’esposizione a RFR tipiche dei telefoni cellulari.
Inoltre i tumori al cuore e al cervello statisticamente incrementati somigliano per tipologia al neurinoma (o schwannoma) del nervo acustico. A tal proposito bisogna menzionare lo studio “Interphone”, condotto dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, che analizzando 5000 soggetti in 13 Paesi ha evidenziato come il rischio di neurinomi dell’acustico negli utilizzatori assidui di cellulari sia aumentato del 10%.
Tali risultati sono quindi in accordo con gli studi epidemiologici più recenti condotti sull’uomo.

Tuttavia, prima di lanciarsi in allarmismi, bisogna valutare i limiti della ricerca del NTP:

  • Gli animali sono stati esposti alle RFR su tutta la superficie corporea con la stessa intensità, mentre l’uomo è esposto più intensamente in punti precisi.
  • I livelli e i tempi di esposizione sono stati proporzionalmente maggiori di quelli a cui siamo soggetti giornalmente.
  • Gli animali colpiti sono stati soprattutto i ratti rispetto ai topi, di cui prevalentemente i maschi rispetto alle femmine; le ragioni di questa sproporzione non sono del tutto chiare.

Inoltre le RFR in esame corrispondono a emissioni utilizzate fino alle tecnologie 2G e 3G; questi tipi di RFR vengono ormai emesse solo durante le chiamate o l’invio di messaggi, ovvero per una piccola parte dell’utilizzo dei dispositivi cellulari. Le attuali reti 4G, 4G-LTE, Wi-Fi e 5G (in arrivo nel 2020), utilizzano emissioni troppo diverse per essere incluse nello studio, e si presume siano meno penetranti delle precedenti. 

Questi limiti non rendono meno affidabile lo studio, specialmente per le persone esposte per molti anni alle RFR di vecchi cellulari, ma mettono in evidenza la necessità di studi più approfonditi.
Nel frattempo l’AIRC, Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro, e l’AIOM, Associazione Italiana di Oncologia Medica, negano qualsivoglia nesso causale diretto, sottolineando la difficoltà di affidarsi alle statistiche degli studi condotti sull’uomo, date le numerose variabili confondenti, quali stile di vita e luogo di abitazione, e le modalità delle ricerche, spesso retrospettive e basate su questionari.

Malgrado le insufficienti certezze scientifiche, c’è tuttavia un accordo unanime della comunità scientifica nel consigliare di limitare l’utilizzo del cellulare, di non tenerlo accanto durante la notte, né in tasca (per problemi verificati di fertilità maschile), nonché di utilizzare auricolari durante le telefonate così da aumentare le distanze (anche soli 5 centimetri di distanza possono ridurre l’esposizione a RFR di 25 volte!).

Per concludere, in attesa dei risultati di nuovi studi già programmati e in atto, nella bilancia tra rischi e attenuanti c’è un equilibrio precario che attende ancora di essere perturbato.
Nel mentre, adottare semplici misure preventive non può che far bene.

Davide Arrigo

 

Fonti:

https://ntp.niehs.nih.gov/results/areas/cellphones/index.html
https://www.niehs.nih.gov/news/newsroom/releases/2018/november9/index.cfm
https://onlinelibrary.wiley.com/doi/pdf/10.1002/bem.22116
https://www.biorxiv.org/content/biorxiv/early/2018/02/01/055699.full.pdf

Può una chiamata provocare un tumore?

Recentemente un dipendente di Telecom si è ammalato di neurinoma, un tipo di tumore benigno a carico del sistema nervoso. Purtroppo una volta sottopostosi all’asportazione del nervo acustico, è diventato sordo. La persona in questione ha visto riconosciuto il danno professionale e ottenuto un risarcimento, in quanto il tribunale di Ivrea ha ritenuto plausibile il collegamento tra l’uso intenso del cellulare per lavoro e l’insorgere del tumore. Pochi giorni dopo il tribunale di Firenze è arrivata a simile conclusione per un altro lavoratore. In passato c’è stata un’altra sentenza simile risalente al 2009 a Brescia.

Innanzitutto c’è da dire che una sentenza di tribunale non è un riconoscimento scientifico: dopo queste sentenze non abbiamo nessun elemento in più per valutare se esista o meno una correlazione tra l’uso dei cellulari e i tumori. I giudici decidono con criteri differenti da quelli scientifici, la domanda a cui devono rispondere è se la persona danneggiata dal tumore abbia o meno diritto ad un indennizzo, o all’invalidità professionale, cosa che dipende solo parzialmente dalle nostre conoscenze sul legame causale.

Il principale lavoro di rassegna sull’argomento è quello svolto dall’IARC, che, nel 2013, ha classificato le esposizioni alle onde radio dei telefoni cellulari come “possibili cancerogeni” (categoria 2b). L’articolo analizza in dettaglio tutti gli studi disponibili, sia epidemiologici sia su animali che in vitro, trovando una debole evidenza relativa a due tipi di tumori, il glioma e, appunto, il neurinoma acustico.

Su quasi un centinaio di studi analizzati dall’IARC, metà dei quali scartati per scarsa qualità, solo pochissimi mostrano un aumento dell’incidenza di tumori. Questi sono stati svolti indipendentemente e il gruppo di ricercatori ha ottenuto gli stessi risultati solo in alcuni dei lavori. Gli studi in vitro non mostrano in generale effetti, se non a potenze molto elevate, in grado di produrre un riscaldamento apprezzabile dei tessuti.

C’è da aggiungere che non esiste alcun effetto fisico noto che possa giustificare un’azione delle onde radio, alle frequenze alle quali siamo più esposti, sui tessuti viventi e sul DNA, che dovrebbe essere alla base dei risultati osservati nei pochi studi che ne evidenziano.

Per tutte queste ragioni l’IARC ha ritenuto che gli studi in vitro o su animali non forniscano evidenze utilizzabili per valutare la cancerogenicità delle onde radio, e si è focalizzata sugli studi epidemiologici. Di questi, i soli che hanno mostrato alcuni effetti, sono relativi al neurinoma e al glioma.

In sintesi il centro di ricerca ha constatato che esiste una possibilità che il cellulare causi un neurinoma (o un glioma), ma è improbabile che questa possibilità sia reale. Nelle conclusioni si sottolinea inoltre che la decisione sulla classificazione come “possibile” (ma non “probabile”) cancerogeno è stata presa a maggioranza, con una consistente minoranza che optava per una classificazione in categoria 3, “cancerogenicità non valutabile”. Questi ricercatori sottolineavano come tutti gli studi di popolazione mostrano che tutti i tumori considerati, inclusi i neurinomi, non sono assolutamente aumentati nel tempo, nonostante la rapida diffusione dell’uso dei cellulari.

Va sottolineato come la valutazione dell’IARC si riferisca solo al collegamento tra uso intenso del cellulare e alcuni tumori cerebrali, in pratica solo il glioma e il neurinoma. Sono esclusi gli effetti dovuti a wireless, wifi, ripetitori, bluetooth, e anche l’uso normale del cellulare, e tutti i tumori differenti da quelli esplicitamente indicati. Ovviamente questo non ci deve in alcun modo far arrivare a conclusione che tali onde causino tumori cerebrali.

In generale non vi è alcuna  conoscenza sui possibili effetti, al nostro organismo, causati da questa enorme mole di nuove tecnologie. Queste si stanno diffondendo molto velocemente e sempre di più le utilizziamo quotidianamente. Unico modo per poter evitare un’eccessiva esposizione è la presa di alcuni accorgimenti: utilizzare il cellulare attraverso gli auricolari e utilizzarlo in ambienti in cui il segnale sia alto, così da minimizzare le onde rilasciate dallo strumento. Infine non fa di certo male smettere di utilizzarlo in continuazione: a pranzo, al cinema, durante una passeggiata, al bar, al mare…ogni tanto cercate di dimenticarlo.

Francesco Calò