La Sardegna brucia: fiamme che hanno corso per 50 chilometri

Un’immagine da una delle zone devastate dell’incendio che sta bruciando gran parte della Sardegna (fonte: ansa.it)

«Uno dei più gravi disastri naturali mai accaduto in Sardegna». Così commenta il governatore della Regione, Christina Solinas, il mega incendio che sta devastando la Sardegna, nello specifico, le zone dell’Oristanese. Nessuna vittima, ma tantissimi gli sfollati, 1500 circa, che hanno dovuto abbandonare le proprie abitazioni e molti gli animali che, purtroppo, sono stati presi dalle fiamme.

Solo nelle ultimissime ore molti hanno potuto far ritorno nelle proprie case, ma i danni ambientali sono impressionanti.

Il presidente Solinas, comprendendo sin dalle prime ore la portata dell’emergenza, ha lanciato un primo appello al governo nazionale, perché si cerchi di inviare subito fondi del Pnrr per attuare al più presto un progetto di riforestazione delle zone colpite. In effetti, sono tanti, troppi gli ettari di terra bruciata in maniera devastante, ben 20mila. Gli incendi hanno distrutto boschi, oliveti, campi coltivati, aziende e case, e i Vigili del fuoco sono a lavoro da ormai da più di 60 ore.

 

Gli interventi, il lavoro di migliaia di soccorritori

Sul posto, sono a lavoro da sabato 7.500 persone per prestare soccorso e spegnere le fiamme, e 20 mezzi aerei, 7 canadair e 13 elicotteri. Nelle ore più critiche sono stati dirottati in Sardegna 5 canadair dalla Liguria e dal Lazio, in supporto ai tre stanziali a Olbia e ai 14 elicotteri di Regione, Vigili del fuoco ed esercito, le cui unità è stato difficile dislocare, per le tante zone in fiamme. Intervenuta anche la Croce Rossa con tanti suoi volontari che hanno prestato soccorso alle persone sfollate.

I Vigili del fuoco a lavoro da oltre 60 ore (fonte: ansa.it)

Secondo gli ultimi dati di stamattina, i soccorsi messi in campo dal Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, conta dieci squadre a terra, supportate da 5 canadair, che dalle ore 6:15 di stamane, 26 luglio, sono concentrati a Scano di Montiferro e a Tresnuraghes. Per una maggiore rapidità di risoluzione dell’emergenza, il Dipartimento della Protezione Civile ha attivato un modulo internazionale di cooperazione: due canadair dalla Francia e altri due provenienti dalla Grecia sono già atterrati ad Alghero alle ore 4:30 di stamattina, pronti ad operare sul territorio sardo.

Al momento stanno già operando, in tutto, 57 unità operative a terra, di cui 28 provenienti dai Comandi di Nuoro, Sassari e Cagliari e 29 del locale Comando di Oristano. A Tresnuraghes tre squadre hanno operato per tutta la notte nel contrasto al fronte del fuoco, e la loro attività ha permesso di salvaguardare due attività ricettive. A Scano di Montiferro il lavoro notturno delle squadre ha permesso di mettere sotto controllo il fronte del fuoco, che nella giornata di ieri aveva causato l’evacuazione di oltre 400 persone.

 

Il percorso delle fiamme lungo cinquanta chilometri

Tutto è partito, tra venerdì sera e sabato mattina, in una zona boscosa del massiccio del Montiferru. Ad alimentare le fiamme così tanto sono colpevoli vento e alte temperature, che hanno spinto queste fino ai centri abitati di Santu Lussurgiu e di Cuglieri, e, successivamente, a quello Sennariolo.

(fonte: ansa.it)

A dividere quest’ultimi due comuni pochi chilometri di distanza, quindi, inizialmente, gli abitanti di Cuglieri si erano rifugiati a Sennariolo per allontanarsi dai roghi, ma poche ore dopo avevano dovuto spostarsi di nuovo. L’incendio aveva infine raggiunto anche Porto Alabe, località turistica di mare dove circa 200 persone hanno dovuto lasciare le proprie case. Le fiamme hanno distrutto anche l’olivastro millenario “Sa Tanca Manna”, simbolo della città di Cuglieri.

Devastato il Montiferru, le fiamme si sono spostate dall’Oristanese all’Ogliastra, allungandosi per quasi 50 chilometri, soprattutto nella zona del Marghine e Planargia è arrivata la pioggia che potrebbe essere un decisivo aiuto ai soccorsi.

Purtroppo, nell’agosto del 1994, la zona del Montiferru era stata già colpita da un gravissimo incendio, risultato poi doloso, che aveva in gran parte distrutto i boschi di Seneghe, Bonarcado, Cuglieri, Santu Lussurgiu e Scano Montiferro.

Tra sabato e domenica, sono scoppiati altri incendi, ma di minore intensità, in altre zone della Sardegna, sia a Nord che a Sud, alimentati sempre dal forte vento degli ultimi giorni. In particolare a Ittiri, in provincia di Sassari, il fuoco ha distrutto oltre 150 ettari di campagna, ma non ha riguardato il centro abitato.

 

Le indagini sull’origine della catastrofe e gli ultimi aggiornamenti

(fonte: ansa.it)

Nelle prossime ore, si dovrebbe ufficialmente stabilire quale sia stata l’origine della catastrofe, soprattutto capire se di natura dolosa. Difficilissimo per chi si sta occupando dei sopralluoghi per l’ispezione avere una risposta in tempi più brevi.

Attualmente, l’ipotesi ritenuta più probabile dalla Regione è quella del ritrovare la causa di tutto in un incidente a Bonarcado: il 23 luglio un’automobile ha preso fuoco a causa di un incidente stradale e, poi il forte vento prima, Scirocco e successivamente Libeccio, avrebbe spinto le fiamme fino al vicino bosco. Questo primo rogo è stato spento, ma poco dopo, nella stessa zona, le fiamme sarebbero divampate di nuovo, sempre a causa delle correnti.

Oggi, 26 luglio, la Protezione Civile regionale della Sardegna ha pubblicato un nuovo bollettino di previsione, sul pericolo incendio. Le stime di pericolosità riguardano tutta la zona dell’Oristanese, il Montiferru, la Planargia. Parte del Nuorese, dove sono ancora attive le fiamme, è classificata come alta ed è scattato il “preallarme”. Codice arancione, ma con attenzione rinforzata, dalla Gallura al Campidano di Cagliari sino al Sulcis.

Intanto, si fanno i conti anche con il timore che l’origine dell’incendio possa essere davvero dolosa. Spesso, in estate, soprattutto le regioni del Sud sono vessate da incendi  in questo caso, sarebbe davvero dura metabolizzare l’idea che qualche sardo possa esser stato così incosciente da appiccare un incendio, poi sfuggito di mano, o che diverse persone possano aver sin dall’inizio pensato di appiccare più roghi contemporaneamente.

 

Rita Bonaccurso

Ma 2020, ci sei o ci fai?

Sapete, questo è il mio primo editoriale. E un po’ come per tutte le prime volte, l’ansia e il voler fare bene ci portano spesso ad assumere colori e forme che sul momento potrebbero non rispecchiare ciò che vogliamo dire (o magari rispecchiarlo troppo bene). Mi sono domandata di cosa mai avrei potuto parlarvi e le idee (almeno quelle) pullulavano nella mia testa; alcune le appuntavo dove prima capitava, altre speravo mi rimanessero in mente, aggrappate ai neuroni con unghie e denti. A volte è capitato e a volte no.
Poi avevo finalmente deciso, ah ma la vita è imprevedibile… ti capitano cose e cambi idea, nonostante tutti i tuoi appunti e le tue bozze. E allora perché non parlare di questo? Dell’imprevedibilità.

In fondo, se non vogliamo definirlo “catastrofico”, almeno imprevedibile possiamo dirlo a questo 2020.

Buoni propositi

Ogni anno che termina speriamo che il nuovo sia migliore, riponiamo tante aspettative in un qualcosa che di certo non ci dà nulla. Eppure siamo lì a fare il conto alla rovescia, con i calici in mano, sintonizzati su RAI 1 con gli immancabili Albano e Romina che cantano “Felicità” e tutti convinti cominciamo:

10, 9, 8

Apriamo il pandoro, ci alziamo tutti in piedi.

7, 6, 5

Ci prepariamo a fare gli auguri su whatsapp a chi, per un motivo o per un altro, non è con noi allo scoccare della mezzanotte.

4, 3, 2

Scartiamo lo spumante.

1

Baci, abbracci, urla e fuochi d’artificio. E poi?

Per un anno che comincia con la minaccia di una Terza Guerra Mondiale, beh, altro che botti di capodanno!

Eppure si è aperto così: Trump -o chi per lui- uccide il generale Soilemani e ne “firma” con orgoglio l’assassinio sui social, mentre l’Iran promette vendetta.

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Fortunatamente –si spera per sempre- dopo qualche screzio senza ulteriori vittime, sembrano essersi apparentemente calmate le acque.

Ma sì, 2020, l’importante è che ci sia la salute.

Insomma, largo ai buoni propositi: quest’anno studio per tempo, non mi ridurrò all’ultimo. Farò quel viaggio che rimando da tempo. Poi la laurea: “Ah devo chiedere la tesi”, “ma il tailleur meglio rosso o nero?”.

Quanto tempo passiamo ad organizzare la nostra vita, quando in realtà è lei che organizza noi? È Lei che ci detta i tempi, le condizioni in cui viviamo spesso ci limitano e ci indirizzano. Facciamo programmi, sì, ma poi arriva il guastafeste di turno.

Come quando stai per uscire e a casa arrivano quei parenti che non sapevi nemmeno di avere. Come quando hai un giorno libero e vuoi andare al mare, ma tuoni e tempesta te lo impediscono. Come quando non ti iscrivi ad un esame perché ti servirebbe qualche giorno in più e poi scopri che li posticipano di una settimana (qui oltre al danno anche la beffa). Come quando vuoi partire, vuoi esplorare e scoprire, hai i biglietti della semifinale di Coppa per Juventus-Milan, ma un virus dalla Cina, giusto per qualche peccato di gola, arriva e ti catapulta in una prigione. Prigione d’oro (per i più fortunati), per carità, protetti dalle nostre abitazioni e con l’unico problema di dover scegliere cosa dover guardare su Netflix, ma pur sempre prigione. Protetti sì, ma limitati.

Wuhan in emergenza coronavirus. Fonte: ilmessaggero.it

Si ferma la vita, la frenesia, si fermano gli orologi e cominci a dare un senso nuovo al termine di “quotidianità”. Riscopri cose perse, probabilmente sì, ma a che prezzo?

In fondo questo fantomatico Coronavirus è in Cina, non arriverà mai qui. Eppure.

Repubblica – 23 febbraio 2020

Ma come, 2020, non c’era la salute?

Ora capisco il detto “Anno bisesto, anno funesto”. Come se già 365 giorni di sfiga non bastassero e ne servisse uno in più.

Cominci allora a sperare nel futuro (che poi è lo stesso principio dei buoni propositi). “No, ma questo periodo passerà. Ora trovano il vaccino” (a meno che non siate no-vax, in quel caso la tragedia è un’altra).

E quant’è bella la speranza? Io penso sinceramente che sia un po’ il motore di tutto.

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Non è un’utopia e chi lo pensa, pensa male. Perché utopico sarebbe auspicare in un mondo che rispecchi il nostro modo di pensare, fatto da persone che vedono allo stesso modo nostro, pur avendo occhi diversi. Questa è illusione. Ma dobbiamo essere convinti e consapevoli che l’imprevedibile può succedere, dire il contrario sarebbe negare l’assurdo presente, che, nonostante fosse stato già preannunciato dai Simpson, non era sicuramente immaginabile. Lo ha detto anche mio nonno, che di storia ne ha vissuta.

I Simpson – Fonte: repubblica.it

Potreste dirmi: “Chi di speranza vive, disperato muore” , verissimo! Bisogna anche darsi da fare.

Ma secondo me è chi uccide la speranza, che uccide l’uomo.

In fondo l’imprevedibilità è anche dietro l’angolo del futuro e se riusciamo ad affrontarlo è perché speriamo sia migliore. Che poi il futuro è un po’ uno scudo.
Quanti prima di un esame – dai più credenti ai più atei – invocano miracoli, recitano incantesimi e promettono: “la prossima volta studierò di più e non mi ridurrò all’ultimo”.
“Non rimandare al domani quello che puoi fare oggi”, “Meglio un uovo oggi, che una gallina domani”.
Ma chi li ha inventati questi proverbi? Chi mi conosce sa che io no di certo.
Il punto è che sono tutti veri per carità e tutti consiglieremmo questo a persone a noi care, ma quanto lo facciamo noi? Quanto affrontiamo le cose?
Oh beh, se non studi oggi 40 pagine (continuo con questo esempio che per noi universitari è caro ed odiato, ma ahimè, tanto comprensibile), domani ne avrai 80. Quindi che fai? Ma ovviamente nulla, rimandi. Mica è un tuo problema oggi! Ma il domani è presente. Il futuro è convenzione.

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Conoscete la legge di Murphy? «Se qualcosa può andar male, lo farà.»

Ad una prima analisi potremmo dire che si abbina perfettamente al 2020, eppure l’intento della stessa è quello di analizzare in chiave ironica tutto il negativo che il presente ci propina.

È tutto un grande assioma, ma in fondo è quello che cercavo di dire prima con l’imprevedibilità. Per quanto sia improbabile che un evento si verifichi, entro un numero elevato di occasioni, questo finirà per verificarsi con molta probabilità. Improbabile non vuol dire impossibile (non lo dico io, ma la Scienza).

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Capite perché – non la sto chiamando- dico che questo 2020 si può sempre risollevare? E se vi piacciono le figure geometriche potrebbe chiudersi il cerchio così come si è aperto: a novembre ci saranno le elezioni presidenziali in America, Trump vuole il secondo mandato… few words to the wise.

2020, io da buona ottimista, ripongo ancora fiducia in te.

Lungi da me, infatti, voler tirare le somme a poco più di metà anno, questo lo farò un minuto prima della mezzanotte del 31 dicembre; un minuto dopo avrò invece tutti i buoni propositi per il 2021.

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Claudia Di Mento