Gli anni di Cristo: avere trent’anni secondo Mobrici

Un album che racconta emozioni, dubbi e difficoltà dell’avere trent’anni, e che pur essendo vario rimane fedele all’autenticità di Mobrici. Voto: 5/5

 

Due anni dopo l’esordio da solista con l’album Anche le scimmie cadono dagli alberi, Mobrici torna sulla scena musicale con Gli anni di Cristo, il suo nuovo progetto discografico uscito il 31 marzo scorso. Composto da undici tracce e anticipato da tre singoli, l’album è stato realizzato assieme al produttore Federico Nardelli (Maciste Dischi).

Ex frontman del gruppo musicale ormai sciolto Canova, Matteo Mobrici, dà alla luce un disco scritto interamente a cavallo dei suoi 33 anni, come suggerisce il titolo. Si tratta di un album che racchiude le esperienze di vita trascorse dall’autore nell’ultimo anno, nelle quali un’intera generazione può riconoscersi. Mobrici si fa, infatti, portavoce di tutti i suoi coetanei e non solo, esprimendo quegli interrogativi, quei dubbi, e quelle consapevolezze che tanto caratterizzano un’età critica come quella dei trent’anni.

Ricco di numerosi spunti di riflessione differenti sulla crescita e sul cambiamento, l’album è vario anche a livello sonoro, cambiando stato d’animo da una canzone all’altra, passando dal romanticismo, alla malinconia, alla spensieratezza.

Gli anni della maturità

Avere figli oggi o non averne mai nessuno?

E’ questa la domanda che si pone il cantautore in Figli del futurocanzone che con un ritmo allegro e coinvolgente affronta il tema delicato della genitorialità.

A trent’anni spesso succede di guardarsi intorno e vedere i propri amici e conoscenti mettere su famiglia. In un’epoca piena di instabilità, economica ed ambientale, ci si chiede se valga davvero la pena di mettere al mondo un figlio che erediterà un futuro ricco di incertezze. Mobrici in questo brano non riesce a trovare una risposta a questo quesito, e lascia trarre a noi le conclusioni, che lo ascoltiamo e ci balliamo su.

Luna è invece una canzone che nasce da un episodio realmente vissuto dall’artista:

L’anno scorso alla fine di un concerto ho incontrato una ragazza prima di tornare in albergo. Quando succede così ti aspetti che ti chiedano una fotografia o che ti facciano dei complimenti. Questa ragazza invece aveva degli occhi quasi commossi e mi aveva fermato solamente per dirmi che non ce la faceva più, che era stanca della vita che faceva. Subito dopo mi ha chiesto un abbraccio e se n’è andata. Fonte

E’ una traccia in cui in tanti possiamo immedesimarci: il sentirsi inadeguati e l’essere infelici della propria vita sono sentimenti comuni a molti, riassunti ad esempio nella frase “La festa è finita abbasso la vita”, un piccolo omaggio a Rino Gaetano e la sua Gianna. Il doversi confrontare con la propria vita è un tema affrontato anche in Revolver, canzone che prende il titolo dall’omonimo album dei Beatles, e che ricorda molto i brani dei Canova per le sonorità. E’ un brano dal testo significativo, in cui si chiede alla vita stessa di permetterci di poter vivere liberamente:

Vita mia, vuoi tu lasciarmi vivеre, vivere
O forsе sei proprio tu a farmi morire, morire?

Le canzoni d’amore di Mobrici: tra malinconia…

Dalle ballad delicate ai brani più movimentati da cantare a squarciagola, all’interno del disco non mancano le canzoni romantiche da dedicare, assieme a quelle che cantano di amori passati.

La traccia d’inizio è Sexe, un brano dal ritmo elettronico, dal testo diretto che entra in testa sin dal primo ascolto, così come Kaseirkeller, che con un testo ironico e a tratti cinico, racconta di una storia finita male. Anche questa volta il titolo è un riferimento ai Beatles, e più precisamente ad un locale di Amburgo dove il gruppo si esibiva prima di diventare famoso.

Ma tra le canzoni di questo genere la più incisiva è Luci del Colosseo, singolo uscito a Novembre 2022, che racconta di una storia d’amore a distanza sulla tratta Milano-Roma. Con una fusione tra suono synth ’80 e un’orchestrazione all’italiana, descrive alla perfezione le difficoltà del mantenere una relazione a distanza, e tutte le sensazioni che si provano con essa, come la mancanza della persona amata che a lungo andare si avverte sempre di più.

…e spensieratezza!

Tra le canzoni più emozionanti invece, per testo e melodia, vi è Amore mio dove sei, un duetto con il cantautore Vasco Brondi, primo ospite dell’album. Le voci dei due artisti suonano in perfetta armonia, e si rivolgono ad un amore che non esiste in quanto non si conosce ancora, ma che prima o poi arriverà, e quando lo farà accadrà in modo intenso e profondo, per concludere finalmente un percorso fatto di solitudine, dolore e delusioni.

Amore mio, dove sei?
Quante ne hai passate senza di me?
E quante volte al giorno hai pensato di piangere?

Chiude il disco in bellezza Stavo pensando a te (con Fulminacci), la versione dell’iconico pezzo di Fabri Fibra, già rilasciata nella primavera dello scorso anno. Nata tra i due in modo casuale, la cover è comparsa nella colonna sonora di Fedeltà, serie tv di Netflix Italia uscita il 14 febbraio 2022, e poi pubblicata il 1 Aprile seguente.

Capolavoro dal forte coinvolgimento emotivo, al suo interno riprende una delle frasi del ritornello di Ho Capito Che Non Eravamo dei Canova: Ciao, ciao, ciao, amore”, che ripetuta continuamente sul finale, contribuisce ad accrescere il senso di malinconia.  

Giulia Giaimo

All’Indiegeno Fest la musica e l’arte non vanno in vacanza: buona la prima!

©GiuliaGreco – Indiegeno Fest 2019

Stessa location dello scorso anno, ma artisti diversi: l’indiegeno è finalmente giunto alla sesta edizione, che si sta svolgendo dal 2 agosto con ospiti del panorama musicale contemporaneo che si esibiscono su un palco allestito nella spiaggia di Patti Marina. Ormai diventato un appuntamento imperdibile per tutti gli appassionati del genere musicale Indie, quest’anno il mood che funge da filo conduttore dell’evento e che ne caratterizza anche la grafica è ispirato agli anni ’90. Già in quell’epoca si comunicava tramite cellulari e sms, ma c’era ancora uno spirito di autenticità che, con l’incombere dei social e di una vita sempre più virtuale, per certi versi si è andato perdendo. Questo festival invece consente ai nostalgici di tornare un po’ alle origini e recuperare quella voglia matta di acquistare i dischi dei cantanti per ascoltarli in automobile e imparare tutta la playlist a memoria per poi poterla cantare a squarciagola ai concerti.

©GiuliaGreco – Indiegeno Fest 2019

È stato proprio questo lo scenario che si è prospettato nella prima serata del festival, che ha riscosso un grande successo con una spiaggia gremita di gente. La musica cura gli animi, accomuna, unisce e fa condividere storie che meritano di essere raccontate. Il miglior modo, quello più genuino, per fruirne al meglio, godendosela dalla prima all’ultima nota, è ascoltarla dal vivo. La musica è una forma d’arte, e per questo non va sempre necessariamente spiegata, ma sentita e vissuta. Lo ha dimostrato Fulminacci, classe 1997, cantautore esordiente che già ha seminato fan in tutta Italia, secondo artista che si esibisce nella serata d’apertura. Prima di cantare “Davanti a te”, la introduce cercando di spiegarne brevemente il significato. Poi lui stesso ha affermato: “Vabbè non ci avrete capito nulla, meglio se la canto”, a riprova che la musica arriva laddove le parole, a volte, si rivelano insufficienti e inconsistenti.

©GiuliaGreco – Fulminacci, Indiegeno Fest 2019

Per circa un’ora Fulminacci riesce a tenere il pubblico instancabile e con il fiato sospeso, mentre lui invece di fiato per cantare ne ha da vendere ed è capace di gestirlo al meglio, soprattutto per quei suoi brani il cui ritmo veloce è sorprendente. Impeccabile, non sbaglia una nota e dal pubblico arrivano applausi di consenso e approvazione. Il cantante romano ci privilegia anche con una novità e una sorpresa inaspettata: un inedito che non è presente nel suo disco, che arrangia solo con voce e chitarra, e una cover singolare e unica nel suo genere di “Stavo pensando a te” di Fabri Fibra.

Dopo Fulminacci, a far scatenare la platea continuano i Canova, che alternano momenti di esibizione ad altri in cui lasciano che siano i cori del pubblico ad animare il concerto, e che confermano quanto le loro canzoni rappresentino ed esprimano a pieno emozioni, sentimenti, disagi, vizi e virtù di una generazione di giovani che come direbbe qualcuno “non è più quella di una volta”, e meno male che sia così. 

©GiuliaGreco – Franco126, Indiegeno Fest 2019

A chiudere la serata incanta la platea Franco126, con i singoli tratti dall’album “Stanza singola”, e uno spazio riservato anche agli esordi di “Polaroid 2.0”. Da parte di Franchino non sono mancati gli omaggi e le menzioni a quelli che lui definisce “fratelli”: la sua band e Tommaso Paradiso. 

©GiuliaGreco – Canova, Indiegeno Fest 2019

Non avrebbe potuto esserci miglior modo per concludere la prima tappa di un festival che si sta rivelando all’altezza di tutte le aspettative. Non ci resta che darvi appuntamento per questa sera e le prossime che seguiranno fino all’alba dell’8 agosto, la cui location sarà il teatro greco di Tindari, per nutrirci ancora di arte e musica, due bellezze che non ci potrà mai togliere nessuno, e che diventano immortali e intramontabili, capaci di perdurare nel tempo. Ci hanno detto: niente dura per sempre, tranne la musica, quella rimane: e se lo dicono i Coma_Cose, tra gli artisti in programma per la serata del 4 agosto, non gli si può non credere.

Giusy Boccalatte

 

©GiuliaGreco – Matteo Mobrici (frontman dei Canova), Indiegeno Fest 2019