Ungheria: 17 Paesi della Ue contro la legge anti Lgbt+. Ecco le dichiarazioni

A seguito del discusso caso dell’illuminazione dello stadio di Monaco, 17 paesi dell’Unione Europea hanno stipulato un documento contro l’Ungheria e le sue politiche a sfavore della comunità Lgbt+.

Ungheria contro la legge Lgbt+ –Fonte:iodonna.it

Il 22 giugno i rappresentanti degli Stati membri dell’Ue hanno disapprovato la nuova legge ungherese che vieta di affrontare temi legati all’omosessualità in ambienti pubblici frequentati dai minori. Questi hanno perciò chiesto alla Commissione di agire contro l’Ungheria portandola in Corte di Giustizia per le misure adottate. La norma criticata anche dall’Italia è stata definita come “un’evidente forma di discriminazione”.

L’origine della disapprovazione

La disposizione rientra in una procedura disciplinare intrapresa nell’ambito dell’articolo 7 del Trattato di Lisbona, circa 3 anni fa. Esso permette di punire chiunque violi l’articolo 2 volto a tutelare il rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello stato di diritto e dei diritti umani. Risulta perciò applicabile contro il Primo Ministro ungherese Viktor Orbàn che durante il suo mandato autoritario ha fortemente limitato lo stato di diritto, che è uno dei valori fondamentali su cui si basa l’Unione Europea.

I Paesi Ue firmano una dichiarazione di denuncia –Fonte:repubblica.it

Martedì scorso è così sopraggiunta la firma contro la legge anti Lgbt+ da Paesi come Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Lettonia, Lituania, Spagna, Svezia, Austria, Cipro e Grecia. Il Portogallo non appone la firma per ragioni istituzionali, poiché è la Nazione detentrice della presidenza di turno, ma rende nota la sua posizione di appoggiare la censura contro l’Ungheria. Nonostante i primi tentennamenti dell’Italia, data dall’attesa di “chiarimenti” dall’Ungheria, si è aggiunta in un secondo momento agli altri Stati firmatari. Nella dichiarazione si esprime

“profonda preoccupazione per l’adozione da parte del Parlamento ungherese di emendamenti che discriminano le persone Lgbtq+ e violano il diritto alla libertà di espressione con il pretesto di proteggere i bambini.”

La legge ungherese

La norma presentata da Fidesz, partito di Orbàn, ha come focus quello di contrastare la pedofilia, equiparandola all’omosessualità e al cambio di genere. Gli emendamenti invece contengono una verità diversa, nel testo si legge

“Al fine di garantire la protezione dei diritti dei bambini, la pornografia e i contenuti che raffigurano la sessualità fine a se stessa o che promuovono la deviazione dall’identità di genere, il cambiamento di genere e l’omosessualità non devono essere messi a disposizione delle persone di età inferiore ai diciotto anni.”

Ungheria, il Parlamento cambia la Costituzione –Fonte:repubblica.it

I provvedimenti discussi, sono stati approvati dal legislativo ungherese la scorsa settimana con 157 voti a favore, raccogliendo la condanna immediata di diverse organizzazioni per la violazione dei diritti Lgbt+, tra cui Amnestry International.

Nel documento si precisa che le lezioni di educazione sessuale “non dovrebbero essere finalizzate a promuovere la segregazione di genere, il cambiamento di genere o l’omosessualità”. Si censurano così libri e film che facciano riferimento a costumi sessuali diversi dall’eterosessualità ai giovani e ai bambini, includendo titoli come “Il diario di Bridget Jones”, “Harry Potter” e “Billy Elliot”. La normativa limita anche le pubblicità che mostrano persone omosessuali o transgender come facenti parte della società normale.

La politica discriminatoria di Orbàn

Nonostante le posizioni retrograde e discriminatorie attuate già nella politica di azione di Orbàn, come il blocco all’unione omosessuale e all’adozione alle coppie dello stesso sesso, in molti sostengono che la norma discussa contenga dentro se un principio di svolta. Le proteste di migliaia di persone radunatesi davanti alla sede dal Parlamento a Budapest, perciò non sono valse all’eliminazione del provvedimento legislativo.

Ungheria, le coppie omosessuali non possono adottare figli –Fonte:rollingstone.it

Le dichiarazioni rilasciate dalla ministra della Giustizia ungherese, Judit Varga, appoggiano le misure disposte nel documento, sostenendo che serviranno principalmente alla protezione dei diritti dei bambini, senza che vengano lesi i diritti di alcun membro della società. Risulta chiaro il fine volto a vietare la “propaganda” gay.

La risposta da Bruxelles

Lo scontro frontale tra Budapest e Bruxelles, si attua in guerra aperta con le istituzioni europee e con gli Stati membri. Lo strappo interno all’Unione è divenuto talmente incisivo da imporre una modifica all’agenda dei lavori dei Capi di Stato e di Governo, durante le giornate del 24 e 25 del mese corrente.

Si preannuncia un tavolo rovente che vede da un lato chi difende i Paesi dell’est e dall’altro chi li condanna. Tale situazione pone la Commissione tra due fuochi sotto l’occhio vigile del Parlamento europeo, pronto a deferire i provvedimenti da attuare alla Corte di Giustizia dell’Unione.

Non sono mancate le pressioni del Presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, rivolte alla Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, sottoscrivendo in una lettera la necessità di reazione da parte della Commissione nei tempi segnati dai trattati.

Von der Leyen –Fonte:ilfattoquotidiano.it

Ancor prima delle sollecitazioni ricevute, Ursula von der Leyen ha pubblicamente bollato l’iniziativa legislativa ungherese considerandola come una “vergogna”.

“Va contro la dignità umana, l’uguaglianza e i diritti umani. Siamo pronti ad usare tutti i poteri per garantire che i diritti di tutti i cittadini dell’UE siano garantiti, chiunque siano e dovunque vivano all’interno dell’Unione Europea.”

La risposta dell’Ungheria

Non sono mancate le accuse dell’Ungheria riguardo il processo politico applicato dalla Ue per rivendicare le legittimità giuridico e valoriale, nonostante questa agisca richiamando la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione. Si rifà in particolare all’articolo volto alla tutela della libertà di fondare istituti di istruzione nel rispetto dei principi democratici e il diritto dei genitori di assicurare l’educazione e l’insegnamento dei propri figli in conformità con le proprie convinzioni religiose, filosofiche e pedagogiche, in conformità con le leggi nazionali che disciplinano l’esercizio di tale libertà e giusto.

Al vertice del Consiglio Europeo, il Presidente Charles Michel ha deciso di inserire il tema che ha riscosso un “polverone mediatico”, in modo da poter ottenere un faccia a faccia con Orbàn che con il suo comunicato di Governo ha come obiettivo quello di tenere sotto scacco l’Unione.

Legge contro i diritti Lgbt* -Fonte:euractiv.it

Nel trambusto dei mass media, la capitale dell’Ue ha deciso di colorarsi di arcobaleno. Il Parlamento europeo ha issato, presso gli edifici istituzionali, le bandiere simbolo della comunità Lgbt, invitando le sedi di rappresentanza nelle 27 capitali di fare lo stesso, per far fronte in modo unanime alla tutela di diritti fondamentali dell’uomo.

Giovanna Sgarlata

Oggi Conte al Consiglio europeo: il via alla riforma sul Mes. Ancora contrasti sul Recovery Plan

Una settimana impegnativa per il premier Conte, che tenta di tenere il timone dell’Italia destreggiandosi tra il controllo della pandemia, i conflitti per la gestione del recovery fund e lo scompiglio causato dalla riforma sul Mes approvata ieri in Parlamento. Quest’ultima sarà al centro del Consiglio Europeo che si terrà oggi e domani a Bruxelles, durante il quale Conte darà il via libera alla trasformazione apportata proprio da tale riforma all’economia europea.

Che cos’è il Mes? Che cosa prevede la riforma?

Il Mes, ovvero il meccanismo europeo di stabilità, è uno strumento nato nel 2012 per contrastare una possibile crisi del debito dei paesi dell’Unione Europea che hanno adottato l’euro come moneta. Il Mes ha una dotazione complessiva di 700 miliardi di euro, è finanziato direttamente dai singoli Stati membri in base al loro specifico peso economico ed è gestito da un’apposita struttura che ha sede a Lussemburgo. Il Paese in crisi, per ottenere un aiuto, deve accettare un piano di riforme la cui applicazione è sorvegliata da Troika, un organismo costituito dalla Commissione europea, dalla Banca centrale europea e dal Fondo monetario internazionale. Il piano prevede pesanti tagli alla spesa pubblica.

La riforma del Mes, approvata ieri dal Parlamento italiano, prevede tre cambiamenti importanti. Per ottenere un prestito non sarà più necessario sottoscrivere un accordo di riforme impopolari, ma sarà sufficiente una lettera di intenti. Il fattore limitante è che tale regola vale solo per quegli stati che rispettano i parametri di Maastricht.

Inoltre, la riforma tenta di rendere più facile la ristrutturazione del debito pubblico di un paese che chiede aiuto al Mes. Ristrutturare il debito pubblico significa concordare una riduzione del valore del prestito fatto allo stato, il che, per i creditori, vuol dire perdere parte del loro investimento nel momento in cui scatta il pacchetto di aiuti. La riforma introdurrebbe le single limb Cacs, cioè un particolare tipo di titoli di stato che permettono una ristrutturazione tramite un solo voto dei creditori, rendendo le procedure meno complesse. Il timore è che i creditori, consapevoli della possibilità per i debitori di restituire meno di quanto dato in prestito, chiedano interessi più alti, soprattutto agli stati più a rischio, come l’Italia.

La riforma sostiene anche l’anticipazione al 2022 del «backstop» al Fondo unico di risoluzione per le banche. Con backstop si intende la protezione delle banche in dissesto grazie alle risorse provenienti dal Mes.

I contrasti sul Mes hanno avuto come sfondo lo scontro tra europeisti e antieuropeisti. Gli oppositori intravedono nella riforma il pericolo di una forte ingerenza dell’Europa nella politica italiana. Emerge questo dalle parole di Giorgia Meloni:

Il Mes non è uno strumento utile per l’Italia ma un atto di sottomissione al controllo della burocrazia europea”.

Nonostante le avversioni, la riforma ha ottenuto il via libera, ieri in Parlamento, con 156 favorevoli. Entusiasta il ministro dell’economia e delle finanze Roberto Gualtieri:

Grande soddisfazione per il voto di oggi di Camera e Senato. È un’importante conferma della coesione della maggioranza su un chiaro indirizzo europeista e del lavoro positivo svolto dal governo in Europa”.

Il ministro Roberto Gualtieri – Fonte: www.policymakermag.it

 

Il Recovery Plan

Disinnescata la mina del Mes, la maggioranza è invece in fibrillazione sul Recovery plan, il progetto nazionale di gestione del fondo per la ripresa dei paesi europei maggiormente colpiti dal Covid.

Per quanto riguarda i settori di impiego del finanziamento, la domanda guida del progetto proposto da Conte, così come affermato da lui stesso, è stata: “Che paese vorremmo tra dieci anni?”. Il premier guarda al futuro fiducioso di recuperare il ritardo dell’Italia, soprattutto in alcuni settori, rispetto agli altri paesi europei. Le valutazioni dei tecnici del Tesoro lasciano sperare: secondo le previsioni, se il Recovery Plan funzionerà, tra sei anni il Pil italiano sarà più alto di oltre 40 miliardi. Stando al progetto,74,3 miliardi saranno assegnati al green, 48,7 miliardi alla digitalizzazione, 27,7 miliardi alle infrastrutture, 19,2 miliardi ad istruzione e ricerca, 17 miliardi a parità di genere, coesione sociale e territoriale, 9 miliardi alla salute.

Come verrà gestito il Recovery Fund – Fonte: www.genteditalia.org

 

Il Recovery Fund in Sicilia

“Un’occasione unica per riequilibrare il divario tra nord e sud”,

vengono visti in tal modo, dall’assessore all’economia Gaetano Armao, i 20 miliardi che toccano alla Sicilia. Secondo le previsioni della bozza di Conte, il prodotto interno lordo della nostra isola aggiungerà un 4,67% alle stime per il 2021.

Gaetano Armao – Fonte: www.siciliaunonews.com

La bozza del premier delude, tuttavia, la giunta regionale siciliana: non è menzionato né il Ponte sullo Stretto richiesto dal centrodestra, né l’aeroporto intercontinentale che il governo Musumeci vorrebbe realizzare a Milazzo.

Si punta invece alla tutela del patrimonio culturale, alla riduzione del divario sociale, al potenziamento delle due zone economiche speciali, quella occidentale che include parte di Palermo e Trapani, quella orientale che ingloba Enna, Messina e Siracusa. Importante l’intervento sulle ferrovie: l’investimento di 6,8 miliardi permetterà ai treni del triangolo Palermo, Messina, Catania di raggiungere una velocità di 160 chilometri orari.

La frattura della compagine governativa

La questione che ha lacerato il governo è quella della cabina di regia, cioè degli organi a cui è affidata la gestione dei 209 miliardi che spettano all’Italia. La proposta del premier prevede la presenza di un comitato esecutivo composto, accanto a Conte, da Gualtieri e da Patuanelli e una task force di sei manager nominati da lui stesso. Il piano punta anche sulla collaborazione di un “comitato di responsabilità sociale, composto da rappresentanti delle categorie produttive, del sistema dell’università e della ricerca” che possa dare pareri e suggerimenti.

Il no alla bozza del progetto del premier è arrivato soprattutto da Italia viva, il cui leader, Matteo Renzi minaccia: “Io mi sgancio” evocando la crisi del governo. Agli occhi di Renzi, la proposta di Conte priverebbe ministri e regioni di potere decisionale in un progetto che influenzerà il futuro dell’Italia.

Questa struttura esautora non solo i ministeri, ma anche le Regioni e in sostanza l’intera Pa, mentre il Recovery deve rappresentare una straordinaria occasione di rinnovamento e innovazione della pubblica amministrazione”.

Decisa la renziana Teresa Bellanova che, tra l’altro, Italia Viva avrebbe voluto includere nel triumvirato incaricato di gestire il Recovery incontrando, tuttavia, l’opposizione del partito democratico che non intende cedere alle pretese di Renzi. Dure le parole del ministro Peppe Provenzano:

Già abbiamo Orban che frena. Dividerci anche tra noi per ragioni di visibilità sarebbe molto grave”.

Conte risponde agli attacchi assicurando che la struttura del Recovery plan non priverà i ministri del potere:

la responsabilità rimane sempre nel governo perché servirà l’autorizzazione del Consiglio dei Ministri”.

Oggi Conte al Consiglio europeo

La questione del Recovery Fund è ancora tutta da risolvere. Gli scontri in Italia preoccupano l’Unione Europea: il nostro paese è quello a cui spettano più fondi e, di conseguenza, è necessario un progetto forte ed efficace. Il tempo a Bruxelles stringe: la commissione europea spinge affinché il piano venga approvato e mandato all’Ue, così da metterlo in atto nel minor tempo possibile.

Conte a Bruxelles – Fonte: it.notizie.yahoo.com

Oggi, dunque, si prospetta per Conte un’aria tesa a Bruxelles. Accanto al Mes e al Recovery Fund, sul quale, così come affermato ieri in Parlamento dal premier, si intravede uno spiraglio nel negoziato con Polonia e Ungheria, terranno impegnato il vertice dei leader del Consiglio europeo anche altre importanti questioni: la Brexit, il green deal e i rapporti con la Turchia.

Chiara Vita

La storia di Anna: da studentessa Unime in Erasmus a volontaria in prima linea nella lotta al Covid19 a Bruxelles

Anna Maria Monachino è una studentessa Unime di Medicina e Chirurgia.

Lo scorso ottobre ha iniziato la sua esperienza Erasmus a Bruxelles, in Belgio, e cinque mesi più tardi l’emergenza Coronavirus capovolge la sua quotidianità. Lì, su iniziativa degli studenti vengono organizzate, nell’ospedale in cui faceva tirocinio, delle attività di volontariato in prima linea.

Per noi di UniVersoMe, Anna ha deciso di raccontarsi, condividendo la sua esperienza e rispondendo alle nostre domande.

La tua è una storia di coraggio, da cui tutti noi possiamo apprendere qualcosa. Decidere di lavorare in prima linea sarà stata una scelta difficile e non sarà mancata la paura.

Non sono un’eroina, sono solo una studentessa di Medicina che ha sentito una possibilità di formazione in questa attività di volontariato. Rimanendo a casa, in quarantena, avrei fatto sicuramente del bene ma nel mio caso, potevo dare effettivamente una mano. Non ho considerato l’adesione alle attività come un’opzione.La paura c’era. Ogni giorno mi chiedevo se stessi facendo la cosa giusta. I miei dubbi riguardavano l’ovvia preoccupazione dei miei cari sapendo che ero esposta. La paura per me stessa c’era, ma non eccessiva. Ero tranquilla perchè ci hanno assicurato delle ottime protezioni, al pari di medici e infermieri.

Questo riguarda anche la professionalità di chi è medico, o lo vuole diventare: aiutare gli altri è sentito come un dovere e si ha più coraggio ad esporsi in prima persona.

Sono d’accordo. Naturalmente il rischio deve essere preso sempre con intelligenza, perchè essere un buon professionista non significa vivere da temerario. Essere un buon professionista significa aiutare gli altri e per farlo bisogna prima tutelare se stessi. Non bisogna considerarli eroi.

Ecco, tutti danno l’appellativo di eroi ai medici e al personale sanitario. Tu cosa ne pensi?

Ci ho riflettuto molto e la mia è un’opinione personale. Sotto determinati punti di vista a me ha dato un po’ fastidio, perchè in Italia si è scoperto solo adesso che medici e infermieri fanno bene il loro lavoro. Mentre in precedenza, come molte notizie di cronaca hanno riportato, il sistema sanitario è stato attaccato con aggressioni ai pronti soccorso, maltrattamento del personale a tagli alla sanità. Non vorrei che, presi dell’emozione di questo periodo, li chiamino eroi e poi finito tutto si torna ai brutti vizi di prima.

Torniamo indietro. Ad ottobre è iniziata la tua esperienza Erasmus: come mai hai deciso di partire?

Riguarda la mia formazione: ho frequentato un Liceo Europeo e sono sempre stata educata nell’ottica internazionale. L’Erasmus era un’occasione che non potevo perdermi. Avere la possibilità di conoscere realtà diverse dalla mia ha dato la possibilità di apprezzare un po’ di più quello che ho a casa e di arricchirmi come persona e come studentessa.

Il Belgio è entrato in quarantena nella seconda metà di marzo. Come si è aggravata la situazione lì? E soprattutto, com’è stata la percezione del pericolo?

In termini statistici il Belgio risulta essere uno dei paesi con il rapporto più alto nella relazione di vittime sul totale degli abitanti.

Sciensano is the leading scientific institution in the epidemiology of infectious diseases. 

La percezione del pericolo non è mai stata come in Italia. Noi ragazzi italiani abbiamo visto come si sviluppava l’emergenza in Italia mentre qui non veniva preso alcun tipo di provvedimento. Ci sembrava quasi che la stessero prendendo sottogamba, poi fortunatamente il governo ha preso precauzioni simili al nostro paese.

A proposito di oggi, del presente. In Italia stiamo per entrare nella fase 2 e i contagi sembrano essersi stabilizzati. Qual è la situazione attuale in Belgio?

Anche qui, il 4 maggio, inizierà una fase 2. Riapriranno i negozi e la gente potrà muoversi più liberamente. Si pensava che il Belgio prolungasse la quarantena almeno fino all’11 maggio, come la Francia. Questa decisione è motivata dal fatto che qui hanno una possibilità più elevata di posti in terapia intensiva. Credo siano più fiduciosi perchè non sono arrivati mai ad averli tutti occupati.

Parlando della tua esperienza: di cosa ti sei occupata durante l’attività di volontariato?

Mi sono occupata di accogliere i pazienti al pronto soccorso e qualche volta ho fatto ECG a pazienti in unità Covid. C’era anche una parte amministrativa: dovevamo raccogliere i dati dei pazienti positivi da una parte e comunicare i risultati negativi dei tamponi ai soggetti che avevano effettuato il test. L’attività vera e propria è stata quella del triage in tenda (lavoravamo all’aperto) : dovevamo somministrare un questionario ai soggetti sospetti Covid e decidere se mandarli a casa o farli proseguire con altri esami.

Sono compiti di forte e seria responsabilità. Lo potremmo definire un battesimo del fuoco. Trovarsi in una situazione simile quando si è ancora alle prime armi deve essere sconvolgente. Come pensi abbia influito sulla tua carriera e formazione di medico?

Sì, è stato un battesimo del fuoco ma sono felice di averlo fatto. Anche se voglio specializzarmi in altro, è stata un’esperienza che mi porterò dietro per sempre, mi ha arricchito molto.

C’è qualcosa che ti ha colpita? Qualche incontro particolare?

Sì, al triage mi è capitato di incontrare tantissime persone. Ricordo di una bambina dolcissima che aveva un taglio in testa ma che fortunatamente era ancora vigile. E poi l’incontro di una signora, che era lì per un ascesso. Avevo visto un ematoma sotto il suo occhio e un taglio in fronte. Le ho chiesto cosa le fosse accaduto ed ha ammesso di essere stata picchiata dal marito. Non mi era mai capitato di avere direttamente a che fare con una vittima di violenza. È stato emotivamente forte.Quello che mi rimane è sicuramente l’esperienza umana, prima di qualsiasi vantaggio formativo.

Sempre a proposito dei compiti delicati che ti hanno affidato: coinvolgervi è stato qualcosa dettato dell’emergenza o è un approccio belga?

Credo sia la mentalità belga, quella di coinvolgere chi è alle prime armi. Quando facevo tirocinio, prima del Coronavirus, in reparto chiarivano subito quale fosse il mio lavoro. Sono abituati ad avere tirocinanti. Questo è uno degli aspetti più belli dell’Erasmus: ho capito che qui tengono molto alla nostra formazione pratica.

Cosa hai provato stando a contatto con i malati?

La parte più difficile era dire ai cari di dover lasciare il paziente lì e non poter rimanere con lui.

La tua attività di volontariato sta per terminare. Cosa farai d’ora in poi?

Mi aspetta una quarantena di studio per sostenere gli esami! E poi, quando tornerò in Italia, ne dovrò fare sicuramente un’altra. 

La mia strada è ancora lunga.

L’esperienza di chi è stato in prima linea è preziosissima. Noi stiamo vivendo l’emergenza da dietro lo schermo del televisore. Cosa ti senti di dire, agli studenti Unime, da giovane a giovani?

La calma è la virtù dei forti, dice il detto. Non dobbiamo sottovalutare l’emergenza, anche se siamo giovani. La cosa migliore da fare è rimanere a casa, del resto siamo abituati a quarantene di studio.L’atto d’amore più grande che possiamo fare per i nostri nonni è limitarci a far loro una telefonata.

Ricordiamoci anche che essere giovani non significa essere immuni.

Noi di UniVersoMe ringraziamo Anna per essersi prestata a raccontare la sua storia e anche per quello che ha fatto in Belgio. Il suo contributo lì, in spirito europeo, ha un grande valore per tutti noi: è bella la storia di una ragazza italiana che ha aiutato gli abitanti di un paese, nostro fratello europeo.

Angela Cucinotta