Il bosco

Il bimbo tornava a casa con lo zaino in spalle. L’aria era fredda e secca, il vento soffiava, le foglie cadevano. Gli alberi erano rossi e lui scalciava le foglie mentre camminava. Tornava a casa dopo scuola, in un pomeriggio dove il sole stava piano piano calando e le ombre si allungavano.
Arrivato a casa entrò subitoin camera per gettare a terra lo zaino e buttarsi a letto. Restò a faccia in giù sul materasso per qualche secondo e poi alzò lo sguardo lasciando andare un sospiro: sopra il suo letto stava una mensola con i vecchi libri di suo nonno. Prese il suo preferito, un piccolo racconto d’avventura dove i protagonisti erano trasportati su un’isola nel mezzo all’oceano. Lo aprì su un’illustrazione di un gigantesco mostro, il corpo ricoperto di piume sgargianti, le fauci aperte su denti enormi e giallastri.
Il bambino sentì un rumore alla finestra. Si girò e vide una bambina che lo salutava dall’altra parte. Aveva addosso un maglione ed una sciarpa rossi, lunghi capelli neri, ed un sorriso sgargiante. La guardò con un interesse che sapeva non essere normale e andò ad aprire le ante. “Ciao, ti va di venire con me?” gli chiese. “Dove vuoi andare?” gli rispose il ragazzino. La bimba indicò dietro in alto alla sua destra “Andiamo lì, guarda”, e andò via indicandogli di seguirla.
Il bimbo saltò dalla finestra e si mise ad inseguirla. All’inizio le camminava dietro, ma lei aumentava il passo andando. Si girò indietro e lo guardo sempre sorridendo, “Avanti stammi dietro!” e si mise a correre. “Dove stiamo andando?” “L’albero in cima alla collina” rispose lei col fiatone e guardandolo adesso con gli occhi spalancati.
Avevano superato il prato e adesso si trovarono davanti all’inizio del bosco che saliva sulla collina. “Aspettami!” esclamò lui, e si fermò a riprendere fiato. Il bosco lo avevo sempre guardato da lontano, chiedendosi cosa ci fosse lì dentro: ogni tanto vedeva uno stormo uscire da quegli alberi e si chiedeva sempre se fosse le casa di quelli uccelli e di chissà cos’altro. “Vieni dobbiamo arrivare in alto, manca ancora tanto” gli esclamò da dietro il sottobosco la bambina. Alzò lo sguardo e la vide lì in fondo, ad aspettarlo, con la sciarpa impigliata in un ramo, il viso arrossato e il fiato corto.
Salì verso di lei calpestando le piante per farsi spazio. Appena passò il primo tronco qualunque rumore esterno si fece opaco. Adesso percepiva dei rumori tra gli alberi, appena udibili ma chiari e presenti nella sua mente.
La bambina gli venne incontro correndo, lasciando sul ramo la sciarpa senza accorgersene. “Vieni dai, che aspetti!” gli disse prendendolo per la mano e trascinandolo con sé. Lui la seguì inciampando parecchie volte sulle pietre e spezzando le piante che aveva davanti. Anche l’aria adesso era piena e la luce che proveniva da sopra gli alberi colpiva le foglie in maniera strana dandogli un verde che lui credeva di non aver mai visto.
Si fermarono di colpo, con lei che teneva gli occhi sbarrati e si portava l’indice alle labbra. Si guardò intorno e lo guardò sorridendo a bocca aperta: “Senti?” gli chiese. Si fermò e ascoltò anche lui: era un suono basso in lontananza, tanti esseri che si muovevano. “Sono oltre il picco, possiamo vederli se arriviamo in cima” disse lei e si precipitò via lasciandolo indietro.
Questa volta faticò a starle dietro, lei correva senza preoccuparsi più di nulla, saltando a piè pari i tronchi. Mentre si avvicinavano alla cima la boscaglia si faceva più rada ed un vento freddo aveva cominciato a farsi sentire.
L’albero era solitario lassù, lasciato in pace dagli altri, svettava su tutto. Le foglie di un verde dorato venivano mosse dal vento, le radici sbucavano dal terreno mentre il bimbo saliva. La bambina era già in cima e si sbracciava chiamandolo: “Dai vieni veloce, vieni a vedere prima che vadano via”. Lui le corse in contro, ora eccitato: uno strano odore proveniva dal gigantesco albero che, dolce e pungente, gli riempiva i sensi. Arrivato in cima la bimba andò dal lato opposto del tronco, lui la seguì e insieme guardarono giù: una mandria di animali pascolava nella vallata sotto di loro, i corpi lunghi e pesanti trascinati piano piano dalle loro zampe. Erano quadrupedi, con un lungo collo da cui sporgevano delle sacche che sembravano gonfiarsi col loro respiro. Dal capo fino alla punta della lunga coda erano ricoperti di sottili piume, che colpite dal sole variavano dal verde ad un giallo caldo; alcuni erano avevano tonalità più scure, altri quasi si confondevano con l’erba. Uno di questi animali alzò il collo e barrì profondamente: il bimbo lo sentì forte e chiaro da quella distanza e sentiva che se fosse stato più vicino gli sarebbe risuonato nelle ossa. L’animale cambiò direzione e si allontanò nella direzione opposta a quella da cui lo guardavano i due seduti adesso accanto al tronco sul colle: fu seguito mano a mano anche dagli altri.
Il bimbo guardò lontano e vide alla sua destra che la valle che stava osservando andava a finire verso un mare che non aveva mai saputo essere lì. Vedeva appena la spiaggia da lì lontano, ma scorse un gruppo di animali muoversi laggiù e prendere il volo subito dopo. Venivano verso di lui, probabilmente avrebbero attraversato il bosco che aveva appena passato. “Non c’era tutto questo” si ritrovò a dire senza rivolgersi a nessuno, poi guardò la bambina: i suoi occhi erano verdi e dentro la sua iride sembrava scorrere qualcosa che gli faceva cambiare colore, come un fiume che lento si muove. Il bambino la guardò meravigliato e spaventato allo stesso tempo, lei gli sorrise e portò di nuovo lo sguardo lontano oltre l’altura su cui si trovavano. “Bello vero?” disse lei.

 

Matteo Mangano

Oltre 300 studenti scomparsi in Nigeria: Boko Haram rivendica il rapimento

Venerdì scorso un gruppo armato ha assalito una scuola a Katsina, una regione nel nord-ovest della Nigeria, e gettato nel panico oltre 800 studenti. Il giorno dopo le vittime si sono dimezzate grazie all’intervento dell’esercito che si è subito mobilitato nella ricerca. Alcuni testimoni hanno raccontato alla polizia che:

Gli studenti venivano prelevati con la forza dalla scuola prima che arrivassero le truppe dell’esercito nigeriano e iniziassero le sparatorie. Ciò ha causato la fuga di alcuni alunni mentre i banditi se ne andavano con altri. È stata una scena molto inquietante…

Abubakar Shekau, leader del gruppo terroristico Boko Haram, rivendica il rapimento degli studenti affermando in un audio diffuso su internet che “dietro il rapimento degli studenti a Kankara ci siamo noi“.
Questo succede dopo soli otto giorni che lo stesso gruppo ha massacrato più di 100 agricoltori nel Borno, una regione a nord-est della Nigeria.

Logo dell’organizzazione terroristica Boku Haram. Fonte: Wikipedia

Boko Haram

Si tratta di un’organizzazione terroristica jihadista molto diffusa nella zona nord della Nigeria. La traduzione dalla lingua hausa (una delle più parlate in Africa) è “l’educazione occidentale è sacrilega“, ovvero è vietata in quanto peccato. È un gruppo che si oppone duramente alla cultura occidentale in quanto considerata corruttrice dell’Islam.

Il gruppo è nato nel 2002 nella regione del Borno e comprendeva anche una scuola e una moschea. Il suo fondatore, Ustaz Mohammed Yusuf, attraeva nuovi nuovi adepti facendo leva sull’insoddisfazione di “essere circondati da”poliziotti incapaci e politici corrotti“. All’inizio il gruppo non sembrava essere una minaccia ma la situazione è peggiorata nel 2009, quando alcuni membri vengono arrestati per detenzione di armi.

La situazione precipita in maniera irrecuperabile nel 2011, quando il gruppo attacca la base ONU di Abuja uccidendo 11 inviati ONU. Da quel momento in poi l’organizzazione non si ferma più e continua ad attaccare varie città nigeriane. Lo scopo di queste azioni sembra essere quello di “correggere le (presunte) ingiustizie”  nello stato del Borno.

Nell’aprile del 2014 Boko Haram si mette in moto e attua il piano per cui oggi è conosciuto a livello internazionale: 276 ragazze vengono rapite in una scuola femminile a Chibok, sempre nel Borno, in una serie di eventi che sembrano la copia di quelli avvenuti venerdì scorso. Cento di queste ragazze non sono mai state ritrovate; il leader della setta ha dichiarato di volerle vendere come schiave.

Foto che ritrae le ragazze rapite nel 2014. Fonte: la Repubblica

I fatti di venerdì 11 novembre

Boko Haram ha attaccato l’Istituto Bulama Bukarti Tony Blair venerdì intorno alle ore 23.00. Gli uomini dell’organizzazione sono arrivati in motocicletta e armati di kalashnikov. Hanno subito aperto il fuoco contro l’edificio e preso in ostaggio vari studenti mentre altri tentavano la fuga tramite il bosco vicino. Proprio da lì continuano ad uscire i ragazzi che risultano scomparsi.

Secondo le autorità competenti anche gli attentatori si sono nascosti nel bosco, ma non sanno dire con certezza se e quanti ragazzi hanno come ostaggi. Un ragazzo ha dichiarato che è riuscito a fuggire dai rapinatori:

Ci hanno catturato e hanno ordinato ai più grandi di contarci. Eravamo 520, ci hanno diviso in piccoli gruppi e costretti a camminare nel bosco. Uno dei banditi mi ha picchiato più volte perché non tenevo il passo con gli altri ma così sono rimasto indietro e sono riuscito a scappare.

I genitori dei 300 ragazzi che risultano ancora scomparsi si dichiarano insoddisfatti di come lo Stato e la polizia nigeriani stanno affrontando il sequestro. Per questo si sono riuniti per manifestare il loro dissenso in uno sciopero che è stato però dissolto con dei gas lacrimogeni. Chiedono una Kankara sicura e spostano la mobilitazione su Twitter, dove mandano in tendenza l’hashtag “#BringBackOurBoys“.

Lo Stato si limita a chiudere tutte le scuole della regione mentre anche l’Unicef e l’ONU si mobilitano per affrontare la situazione. Anche Amnesty International si esprime sul rapimento, affermando che:

I terribili attacchi contro le comunità rurali nel nord della Nigeria si ripetono da anni. Il continuo fallimento delle forze di sicurezza nel prendere le misure necessarie per proteggere la gente del posto da questi prevedibili attacchi è assolutamente vergognoso.

Infatti con questo attacco, Boko Haram lancia un segnale preoccupante perché la zona attaccata non fa parte del “suo” territorio. Addirittura, all’inizio, il gruppo non è stato nemmeno individuato come colpevole. Proprio per questo motivo si teme che l’organizzazione stia allargando ulteriormente i suoi obiettivi.

Scuola africana. Fonte: la Repubblica

Sarah Tandurella