Il primo ministro britannico Liz Truss si dimette dopo 44 giorni

È record, ma in negativo per l’Inghilterra: dopo solo 44 giorni, il primo ministro Liz Truss è il leader politico con la carica più breve della storia britannica. L’annuncio ufficiale è stato ugualmente singolare: là premier uscente ha fatto un discorso brevissimo, solo 90 secondi per lasciare la guida del governo inglese. Fino a questo momento era George Canning ad esser stato il primo ministro con il mandato più breve, perché venuto a mancare solo 119 giorni dopo la sua nomina, ma allora fu per l’imprevedibilità della vita, non per una dinamica prettamente politica come in questo caso.

Il primo ministro britannico Liz Truss ha annunciato le sue dimissioni dopo soli 44 giorni (fonte: theitaliantimes.it)

Scelta come successore di Boris Johnson, la cui uscita di scena è stata tra gli scandali, la fine del suo mandato è arrivata presto e dopo una serie di scelte di governo risultate non efficaci, né particolarmente apprezzate.

«Sono entrata in carica in un momento di grande instabilità economica e internazionale. Il nostro Paese è stato bloccato a lungo da una bassa crescita economica. Sono stata eletta con un mandato per cambiare ciò: riconosco, tuttavia, data la situazione, che non posso portare a termine il mandato. Ho quindi parlato con Sua Maestà il Re per informarlo che mi dimetto da Leader del Partito Conservatore».

La crisi è la causa. Truss è stata concisa, ma chiara: il suo mandato è imploso per le dimensioni dell’ostacolo da fronteggiare. La crisi economico ha retto i colpi del partito conservatore.

 

Il disastro Tory a partire dal “mini-budget ultra conservatore”

Non sono servite le manovre messe in atto mentre i drastici tagli alle tasse, finanziati a debito, sono stati bocciati dai mercati internazionali. Il “mini budget ultra conservatore”, 45 miliardi di sterline, poi revocato il 3 ottobre, aveva causato più peggioramenti che miglioramenti. Il passo falso, infatti, è costato innanzitutto le dimissioni del cancelliere dello Scacchiere, Kwasi Kwarteng, strettissimo collaboratore di Truss e ideatore della mini-finanziaria. Anche per lui dimissioni lampo. La Banca d’Inghilterra aveva dovuto intervenire d’emergenza per sostenere i titoli di Stato britannici — i cui rendimenti erano schizzati, superando quelli di Italia e Grecia – e aveva preannunciato un rischio realistico per la stabilità finanziaria.

Al ritorno a Londra da Washington, dove si trovava per una riunione del Fondo monetario, Kwasi si è recato subito a Downing Street da dove, dopo solo pochi minuti, ne è uscito dimissionario. Al suo posto nominato Jeremyn Hunt. I dubbi sulla resistenza del partito hanno iniziato da quel momento a farsi ancora più forti. L’uscita di scena di Kwarteng voleva essere usata per salvare il posto Truss, ma la carica del primo ministro era stata data già per spacciata e i consensi non hanno accennato a smettere di calare. Il colpo di grazia è giunto infine due giorni fa con la notizia delle dimissioni di Suella Braveman, il ministro dell’Interno e membro del partito Tory.

 

Il passato tanto discusso

Nata a Oxford, 47 anni e figlia di un professore di matematica e di un’infermiera, ha avuto una breve carriera da contabile, per poi entrare in Parlamento nel 2010. Ha scalato le gerarchie delle cariche politiche, passando da ruoli come la sottosegreteria all’Istruzione, per poi passare al ministero dell’Ambiente e poi della Giustizia. Successivamente, nel settembre 2021 era divenuta ministro degli Esteri, dove ha criticato l’operato di Dominic Raab per la gestione della crisi in Afghanistan. Infine lo scorso 5 settembre era stata eletta leader dei conservatori, succedendo a Boris Johnson sia nella guida del partito che del Paese. Figura controversa, ha attirato su di sé le attenzioni della sempre non poco invadente stampa britannica. Il suo passato è stato infatti messo al centro dell’attenzione mediatica per alcuni dettagli: le simpatie di sinistra e le critiche alla monarchia in primis, rinnegati come errori di gioventù e che l’hanno costretta a definere i reali come “la chiave” del successo del Regno Unito. Dulcis in fundo la partecipazione a manifestazioni contro Margharet Tatcher a suon di “Maggie, Maggie, Maggie, out, out, out”, mentre ora dice essere il suo idolo politico insieme a Ronald Reagan.

 

Si riapre la fase della successione

Con la ricerca del terzo inquilino di Downing Street in pochi mesi si apre un momento complicato considerando anche che sono state recentemente modificate le regole dei Tory per essere eletti primo ministro: i pretendenti devono avere il sostegno di almeno 100 dei circa 350 deputati della maggioranza Tory e a non dovranno essere più di tre.

Nel caso di una convergenza verso un unico nome, lunedì prossimo, vi sarà l’elezione direttamente a Westminister, altrimenti i due nomi indicati dai colleghi parlamentari dovranno sfidarsi per essere scelti tramite spareggio affidato agli iscritti. Tutto il processo dovrà comunque concludersi entro venerdì 28.

Tra i nomi che sembrano avere più possibilità, figura quello di Jeremy Hunt, il cancelliere gradito all’establishment, ma molto meno alla pancia Tory attuale; è stato chiamato in extremis da Truss per rassicurare i mercati.

I bookmaker vorrebbero Rishi Sunak, giovane ex cancelliere di origini indiane che a settembre era stato battuto da Liz al ballottaggio dopo aver ricevuto più consensi di lei tra i deputati; a bloccarlo è stata l’idea di presunto traditore di Johnson.

Un terzo nome è quello del ministro Penny Mordaunt, “brexiteer post-ideologica”, una delle poche figure che raccoglie simpatie trasversalmente, all’interno del caos Tory.

E se vi fosse un ritorno di BoJo? (fonte: www.spectator.co.uk)

In realtà, potrebbe entrare nel cerchio dei papabili anche “BoJo” (Boris Johnson), affossato dalla maggioranza conservatrice, ma ora rimpianto. Il Regno Unito si ritrova, dunque, a combattere per tenere insieme la solidità istituzionale.

 

 

Rita Bonaccurso

Una nuova mutazione del coronavirus in Inghilterra. E’ molto più contagiosa: massima prudenza in Europa

Il Primo ministro Boris Johnson annuncia le nuove restrizioni (fonte: ilpost,it)

L’Europa si prepara a una nuova sfida contro il coronavirus. In Inghilterra è stata riscontrata, attraverso la sorveglianza genomica della Public Health England, una nuova mutazione del virus che preoccupa l’Oms.

L’allarme in Inghilterra

Nuove restrizioni e lockdown per Londra, il Sud-Est e l’Est dell’Inghilterra. L’allerta è stata innalzata al livello 4, il più severo mai adottato nel Paese. L’annuncio era stato dato già nel pomeriggio del 19 dicembre, dal primo ministro Boris Johnson, provocando un allarmante esodo di persone da Londra verso altre parti del Paese meno colpite da Covid. La speranza delle autorità è che questo non si traduca in più casi in quelle regioni.

(fonte: Financial Times)

Subito dopo, è stato comunicato il dispiegamento di poliziotti in tutto il Paese per un maggior controllo sugli spostamenti.

“Se siete in una zona livello quattro, la legge prescrive che rimaniate a casa e non potete trascorrere la notte fuori. – ha dichiarato Grant Shapps, sottosegretario responsabile per i viaggi – Per favore, seguite le indicazioni e non recatevi in una stazione a meno che non abbiate il permesso di viaggiare. Saranno dispiegati agenti aggiuntivi per garantire che solo chi deve fare viaggi essenziali possa viaggiare in sicurezza.”.

Il 60% delle nuove infezioni nella capitale inglese è stata causata proprio da questa variazione. Secondo alcuni studi preliminari, pare che questa stia velocemente rimpiazzando i vecchi ceppi, da tempo in circolazione.

Il parere degli esperti sui primi dati

Al momento, si sa veramente poco. Inizialmente, gli esperti britannici avevano rivelato che questa mutazione fosse stata già ritrovata anche in altri due Paesi, ma non rivelando di quali si trattasse. Poche ore dopo accertata la diffusione in Danimarca, Olanda e Australia.

Secondo diversi esperti, una variante scoperta in Sud Africa, mesi fa – causa di una seconda ondata esplosiva nell’emisfero meridionale e dell’80-90% delle nuove infezioni nel Paese – sia uguale alla mutazione rilevata in Inghilterra, essendo parte di un ceppo che continua ad essere distinto da quest’ultimo.

Il primo consulente del governo inglese, Patrick Vallance, ha ammesso sono state identificate 23 mutazioni nella variante che tanto preoccupa, un numero decisamente alto rispetto al solito. Alcune di queste riguardano la proteinaSpike”, tramite la quale il virus si attacca alle cellule dell’organismo ospite. Inoltre, quasi tutti i vaccini sviluppati finora sono stati ideati sfruttando questa proteina.

“Più che una variante, si tratta di una famiglia di varianti. Tutte le mutazioni riguardano la regione esposta della proteina Spike, cioè le parti riconosciute dagli anticorpi. Sono probabilmente tentativi riusciti del ceppo virale di scappare dagli anticorpi di chi ha sviluppato immunità e – spiega Giorgio Gilestro, neurobiologo e professore associato dell’Imperial College di Londra – sono immuni, ad esempio, alla terapia al plasma”.

La mutazione riscontrata non sembra pregiudicare l’efficacia del vaccino, neanche di quelli in sperimentazione, ma fermare la diffusione di questa, significa bloccare una serie di altre eventuali variazioni potenzialmente pericolose. Non ci sono neanche evidenze che suggeriscano un tasso di mortalità più alto, sebbene siano in atto ulteriori verifiche. Ora, l’importante continua ad essere cercare di ridurre la trasmissione del coronavirus, che con questa mutazione avviene più velocemente del 70%.

In ogni caso, non è la prima volta che il virus muta. Proprio nei giorni scorsi, uno studio pubblicato da un team internazionale di 28 scienziati guidato da Massimo Ciccozzi, responsabile dell’Unità di Statistica medica ed Epidemiologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Campus Biomedico di Roma, ha rivelato che in Italia sono stati rilevati, sin dall’inizio della pandemia, 13 ceppi diversi.

In Italia si sceglie la via della massima prudenza

Il ministro Speranza sceglie la via della precauzione e firma una nuova ordinanza (fonte: liberoquotidiano.it)

Il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha annunciato di aver firmato una nuova ordinanza sul blocco – dalle 16.54 di ieri – dei voli e sulle nuove misure per chi è transitato sul territorio inglese:

“Chiunque si trovi già in Italia, in provenienza da quel territorio, è tenuto a sottoporsi a tampone antigenico o molecolare contattando i dipartimenti di prevenzione. La variante del Covid, da poco scoperta a Londra, è preoccupante e dovrà essere approfondita dai nostri scienziati. Nel frattempo scegliamo la strada della massima prudenza.”.

In un primo momento, lo stop ai collegamenti – previsto, per ora, almeno fino alle 23.59 del 6 gennaio – si pensava sarebbe scattato alle ore 00.01 di lunedì 21 dicembre, ma, per l’articolo 2 dell’ordinanza, è entrato in vigore immediatamente. Molta confusione, dunque, si è generata ieri pomeriggio. Addirittura, il volo Alitalia AZ204 Roma Fiumicino-Londra Heathrow delle 14.25 è, poi, decollato alle 15.12 con 55 passeggeri a bordo, ma l’Airbus A320, di ritorno da oltremanica, invece di imbarcare i connazionali è ripartito vuoto perché era intanto scattato il blocco.

Il coronavirus è già mutato

Ieri, è stato trovato positivo alla suddetta mutazione un italiano. Lo ha annunciato tramite una nota, il Ministero della Salute: il Dipartimento Scientifico del Policlinico Militare del Celio, che collabora con l’Istituto Superiore della Sanità, ha sequenziato il genoma del coronavirus contratto dal nostro connazionale. Quest’ultimo e il suo convivente, rientrato negli ultimi giorni dal Regno Unito con un volo, sono in isolamento e hanno seguito, insieme agli altri familiari e ai contatti stretti, tutte le procedure.

Oltre l’Italia, anche altri Paesi europei hanno preso provvedimenti: Olanda, la prima a bloccare i voli per e dalla Gran Bretagna fino all’1 gennaio e il Belgio anche i treni in arrivo via Francia; Austria, Germania e anche Francia e Irlanda che hanno predisposto, al momento per 48 ore, il blocco di treni e aerei. La Spagna, invece, chiede che si formuli una linea di azione unica e coordinata a livello europeo.

 

Rita Bonaccurso

Coronavirus in Uk: immunità di gregge e misure sui generis

Grande subbuglio e preoccupata polemica, queste le caratteristiche del clima che si respira in Gran Bretagna per la strategia del Governo di “ritardare” l’impatto del coronavirus evitando le disposizioni drastiche imposte in altri Paesi.

L’esecutivo inglese non minimizza affatto la dimensione di gravità della situazione socio-politica, ma ha comunque deciso di intervenire con modalità diverse.

Il premier Boris Johnson ha avvertito bruscamente le famiglie inglesi di prepararsi a vedere “molti dei loro cari morire prima che sia giunta la loro ora”, e ha detto che:” 10mila persone potrebbero già avere contratto il virus in Gran Bretagna”.

Il bilancio attuale non è severissimo: i morti nel Regno Unito sono 24 e i casi accertati sono quasi 1000.

Le autorità inglesi ammettono di aver eseguito, per il momento, pochi tamponi sulla popolazione, e che la situazione potrebbe rivelarsi molto più drammatica rispetto alle previsoni statistiche ufficiali.

Il Regno Unito, in questo delicato momento, si divide tra il classico fanatismo british da “keep calm and carry on” e tra chi invece critica la mancanza di trasparenza delle capacità reattive delle istituzioni politiche inglesi.

 

Le scuole, le università e gli istituti d’istruzione rimangono aperti, anche in seguito al forte attacco del PM inglese Boris Johnson rivoltosi ad alcuni atenei:

” Dovreste smetterla di adottare misure per vostro conto e seguire le indicazioni del governo e degli esperti.
Vorrei esortare qualsiasi istituto di educazione, scuole, asili, università e college ad attenersi alle indicazioni mediche e scientifiche, non c’è motivo di chiudere gli istituti in questo momento”.

Sono infatti sempre più numerose le università che si ribellano alla presunta mancanza di responsabilità da parte delle autorità britanniche, prima fra tutte la celebre Oxford che ha dichiarato:” Non siamo cavie del Governo”.

Il piano attuale per il contenimento del virus è che sia essenziale sviluppare una presunta immunità nella popolazione in riferimento all’ormai famosa definizione del consigliere scientifico del governo Sir Patrick Vallance di “l’immunità del gregge”.

Affinché si ottenga questa immunità è necessario, paradossalmente, che il 60% della popolazione contragga il Covid-19.

Questa leggerezza politica significherebbe che di una popolazione composta da circa 60 milioni di persone, 36 milioni di cittadini potrebbero contrarre il virus, dunque prevedendo un tasso di mortalità al 3% si rischierebbe di produrre 1,08 milioni di morti.

 

Proteggere gli anziani e i più deboli mentre il resto della popolazione sviluppa “l’immunità di gregge”, lasciandosi contagiare dal virus e sviluppando cosi una  propria immunità.

Pazienza dunque se si tratta di un popolo e non di un gregge è troppo tardi per contenere il virus quindi l’unica mossa da compiere è gestire, aprendo e chiudendo “i rubinetti” del contagio, mentre si tutelano solo i più deboli.

Così appare agli occhi attenti del mondo il ragionamento socio-politico quanto meno bizzarro e “sui-generis” delle istituzioni del Regno Unito.

Tutta l’Europa si augura che la “roulette russa” inglese non aggravi un quadro socio-politico già compromesso da una pandemia senza precedenti che continua a mietere vittime e a mettere in ginocchio la stabilità mondiale.

Antonio Mulone