Progetto Cosinus: a caccia di Materia Oscura

Materia Oscura: l’Universo ne è colmo, ma la sua natura resta ancora profondamente misteriosa. Tema molto discusso nella fisica astro-particellare contemporanea, la ricerca sulla Materia Oscura non è ancora stata in grado, ad oggi, di concludere nulla sull’argomento.

Ed ecco quindi che nasce il nuovo esperimento italiano, Cosinus, posizionato presso i Laboratori Nazionali del Gran Sasso, che ci propone un vero e proprio viaggio alla scoperta del lato misterioso del nostro Universo.

Ma che cos’è la Materia Oscura?

Per definizione, la Materia Oscura è un ipotetico tipo di materia che, diversamente dalla quella conosciuta, non emette radiazione elettromagnetica (da qui il termine “oscura”). Essa, pertanto, è rilevabile soltanto in maniera indiretto attraverso i suoi effetti gravitazionali.

La sua esistenza è stata teorizzata per spiegare, nel modello standard della cosmologia, la formazione delle galassie e l’addensamento di ammassi di galassie nel tempo calcolato dall’evento del Big Bang. Inoltre, la presenza di Materia Oscura nell’Universo chiarirebbe come, sotto l’azione della forza di gravità, le galassie possano rimanere integre, nonostante la materia visibile non sia in grado di sviluppare sufficiente attrazione gravitazionale.

Ammasso di galassie – fonte: Inaf 

Ad oggi non vi sono altro che potenziali prove che certifichino l’effettiva esistenza della Materia Oscura. Ricordiamo, ad esempio, uno studio del 2008 condotto da un gruppo di astrofisici coordinati dall’Istituto di Astrofisica di Parigi, in cui sono state scattate ed esaminate alcune foto di galassie nelle quali si è visto come la luce subisse deviazioni in punti in cui non era visibile alcuna massa.

In passato è già stato ideato un progetto, denominato ‘Dama-Libra’ ed anch’esso posizionato presso i Laboratori Nazionali del Gran Sasso, volto a rilevare ciclicamente flussi di particelle di materia oscura. A causa del moto di rivoluzione della Terra attorno al Sole, e del Sole nella Via Lattea, è stato previsto un flusso massimo di particelle che investono il nostro pianeta attorno al 2 Giugno, ed un minimo intorno al 2 Dicembre. Questo esperimento ha già, in effetti, riportato alcuni dati che segnalano la presenza di materia oscura. La natura dei segnali registrati da Dama-Libra, tuttavia, è ancora misteriosa: ecco quindi che nasce il progetto Cosinus.

Il progetto Cosinus

Germania, Italia, Austria e Cina si uniscono per trovare risposte sul lato oscuro dell’Universo: nasce così il progetto Cosinus, realizzato nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Lngs-Infn). Il luogo scelto non è affatto casuale: la protezione naturale dalle radiazioni, offerta dai 1.400 metri di roccia del massiccio appenninico, è perfetta per lo studio dell’universo. Esperimento recentissimo, la sua effettiva costruzione avverrà nel corso del 2021, mentre si prospetta l’inizio dell’attività scientifica nel 2022, ed i primi risultati nel 2023.

 

Laboratori Nazionali del Gran Sasso – fonte: INFS

 

L’idea nasce dai fisici Karoline Schaeffner, del Max Planck Institute di Monaco, e Florian Reindl, dell’Università tecnica di Vienna per studiare l’interazione di una particella di materia oscura con un cristallo scintillante di ioduro di sodio (NaI). L’obiettivo è quello di rendere la temperatura del cristallo scelto prossima allo zero assoluto (-273 °C) per poter osservare il comportamento assunto dall’apparato sperimentale quando investito dalle particelle. L’energia rilasciata da una particella all’interno del cristallo ne determina un lievissimo aumento di temperatura. Combinando i dati ottenuti di luce e calore, si è in grado di distinguere particelle di materia ordinaria da quelle di Materia Oscura. Come infatti spiega Andrei Puiu, ricercatore al GSSI :“La quantità di luce di scintillazione prodotta dal passaggio di particelle all’interno del cristallo differisce a seconda dalla natura della particella stessa”.

L’apparato sperimentale è un calorimetro scintillante criogenico, e consiste di un cilindro di sette metri d’altezza e sette di diametro, riempito di acqua ultra-pura e contenente al centro un criostato che mantiene la temperatura del cristallo di NaI a circa -273 °C. La scelta del cristallo non è fortuita: anche l’apparato Dama si serve dello stesso materiale di rivelazione, e pertanto sarà possibile effettuare un confronto con tale esperimento.

Cristallo scintillante di ioduro di sodio – fonte: INFS

Il principio di funzionamento di questi rivelatori si basa sulla proprietà di alcuni materiali, detti scintillanti, in grado di produrre lampi di luce quando attraversati da radiazioni. E’ possibile quindi ottenere un rivelatore di particelle che fornisce informazioni sul passaggio di una radiazione al suo interno mediante la produzione di luce visibile e la successiva conversione di essa in segnale elettrico.

Sull’interessante progetto si esprime Natalia Di Marco, ricercatrice presso il GSSI e responsabile italiana del progetto, affermando come COSINUS stia “offrendo un’incredibile opportunità di ricerca interdisciplinare. Utilizzare i cristalli di ioduro di sodio a temperatura criogenica è infatti una sfida tecnologica che richiede competenze trasversali a quelle di noi fisici astro-particellari”.

Riuscirà Cosinus a fornire una conferma sperimentale sulla natura misteriosa della Materia Oscura? Una sfida tutt’altro che banale quella lanciata dall’ambizioso progetto, che tuttavia potrebbe, in futuro, contribuire ad aggiungere un ulteriore tassello per la comprensione del misterioso Universo che ci circonda.

Giulia Accetta

Perché il cielo di notte è buio nonostante le stelle siano infinite?

Il paradosso di Olbers, proposto dall’astronomo tedesco a cui deve il nome nel 1826, ci pone davanti a una delle, apparentemente banali, domande che tutti ci siamo fatti almeno una volta, magari in una calda notte di mezza estate passata a guardare le stelle. 

Di cosa parla questo paradosso?

Heinrich Wilhelm Olbers propose il paradosso nel XIX secolo sotto condizioni particolari di natura ipotetica. L’universo era considerato come infinito, esistente da tempo infinito, immutabile, omogeneo e isotropo (le stelle sono disposte in modo uniforme nello spazio).

Mettendo tutte queste condizioni insieme abbiamo che:

  • se l’universo fosse infinito, dovrebbero esistere un numero infinito di stelle;
  • se esistesse da tempo infinito, la luce di tutte le stelle esistenti dovrebbe essere visibile da tutti i punti dell’universo;
  • se fosse omogeneo e isotropo sarebbero distribuite uniformemente in ogni punto dello spazio.

Quindi, con queste condizioni di universo statico, noi dovremmo vedere nel cielo una luce continua in ogni direzione dell’universo, il cielo dovrebbe essere infinitamente luminoso in ogni direzione.

Animazione che raffigura il paradosso

E allora perché il cielo è buio?

Nonostante le affermazioni di prima, sull’impossibilità di stabilire perché il cielo sia buio, furono proposte tante soluzioni tutte molto valide. Tuttavia, l’unica vera risposta, per quanto ancora discussa, si trova nella teoria del Big Bang formulata da Alexander Friedmann nel 1929 e completata da George Gamow nel 1940. La teoria ci dice che l’universo non è infinito ed esiste da un tempo finito. Non esistono infinite stelle e nemmeno da tempo infinito. L’Universo esisterebbe da circa 13 miliardi di anni e, secondo le teoria, ha avuto inizio con un esplosione di una luminosità elevatissima che ha ricoperto tutto lo spazio esistente (tutto lo spazio esistente in quel momento era un singolo punto), fino a espandersi insieme all’universo stesso. Quindi la luce dovrebbe essere visibile in tutto l’universo, visto che si muove insieme all’espansione fin dall’inizio;

Allora perché non la vediamo?

In realtà è ben visibile solo che l’occhio umano non è in grado di di vederla, perché con l’espansione anche la luce si è ‘stirata’, passando dallo spettro visibile a quello delle microonde; questa traccia è chiamata radiazione cosmica di fondo e fu misurata per la prima volta nel 1965 da Arno Penzias e Robert Wilson, che nel 1978 vinsero il Nobel per la scoperta.

Immagine della radiazione cosmica di fondo

A oggi le migliori osservazioni sono dovute al progetto WMAP (Wilkinson Microwave Anisotropy Probe) della NASA conosciuto anche come sonda spaziale per l’anisotropia (proprietà per cui in una sostanza il valore di una grandezza fisica come la velocità di accrescimento, indice di rifrazione, conducibilità elettrica e termica ecc. dipende dalla direzione che si considera) delle microonde, Microwave Anisotropy Probe (MAP).

Questa era solo una delle tante teorie che prova a risolvere il paradosso, spero di avervi stimolato ad osservare il cielo notturno con occhi diversi!

Gabriele Galletta

Come finirà l’universo?

Ammettiamolo: fin da piccoli siamo a conoscenza della teoria del Big Bang sull’origine dell’universo, ma sconosciamo del tutto quale possa essere il destino ultimo del cosmo.

In realtà, nemmeno la scienza è in grado di darci una risposta univoca, anzi: sono nate nel corso degli anni una notevole quantità di teorie, dalle più intuitive alle più bizzarre.

Fino a non molto tempo fa si riteneva che l’universo fosse statico, ovvero sempre uguale a se stesso, non in moto. Persino Albert Einstein inserì del tutto arbitrariamente un valore, la costante cosmologica, nella relatività generale per impedire che venisse confutata questa teoria, della quale era un grande sostenitore.

Di parere opposto erano sia Lemaître che Hubble: entrambi osservarono che la radiazione emessa dalle galassie vicine alla terra andava nel corso del tempo ad assumere sempre più un colore rosso. A meno che questa variazione cromatica non fosse dovuta a un capriccio astrofisico, questo fenomeno richiedeva una spiegazione: è il moto di allontanamento delle galassie a causarlo, dunque l’universo è in espansione. Questa prova, insieme a molte altre, ha di fatto eliminato definitivamente il modello di universo statico, con buona pace di Einstein.

Ma quali sono le forze in gioco in grado di spiegare questa espansione?

Intuitivamente verrebbe da pensare che la forza di gravità, responsabile dell’attrazione tra i corpi celesti, li avvicini sempre più tra loro, causando una contrazione dell’universo, piuttosto che un’espansione. Proprio per questo motivo Einstein inserì la costante cosmologica, che però secondo il fisico controbilanciava esattamente la gravità, rendendo l’universo statico.

Ovviamente la gravità agisce, ma deve essere presente una qualche forma di energia in grado di spiegare la tendenza all’espansione: questa energia, per via della sua origine sconosciuta, è stata chiamata energia oscura e la sua caratterizzazione rappresenta una delle maggiori sfide della fisica moderna.

Avrete sicuramente capito che il destino dell’universo dipenderà quindi dalla quantità di energia oscura, che si oppone alla tendenza “collassante” della gravità.

A ciò va aggiunto un altro parametro fondamentale: la forma dell’universo.

Abbiamo 3 possibilità, in base al valore della densità critica dell’universo stesso (Ω).

  1. Ω>1: universo sferico, chiuso.
  2. Ω<1: universo aperto a curvatura negativa, forma simile a una sella.
  3. Ω=1: universo piatto, come un foglio di carta.

In un universo chiuso, appare intuitivo che prima o poi la gravità prenda il sopravvento causando prima l’arresto dell’espansione, poi la contrazione fino a uno stato di estrema condensazione di tutta la materia (singolarità), il Big Crunch.

Da qui in poi è impossibile stabilire cosa accadrà. Un’ipotesi suggestiva prevede che essendo il Big Crunch di fatto uno stato identico al Big Bang, dopo esso l’universo possa nuovamente riformarsi, in un ciclo infinito. Da ciò nascono due teorie simili: l’universo oscillante di Penrose e il Big Bounce (grande rimbalzo), che stanno tuttavia perdendo importanza, in quanto oggi si ritiene che l’energia oscura sia talmente abbondante da mantenere l’espansione indefinitamente, anche in un universo chiuso.

Schema dell’ipotetico Big Bounce

Anzi, l’espansione si starebbe verificando sempre con velocità maggiore. Inoltre, la maggior parte dei dati indica che Ω=1.

Sono nate dunque altre due teorie (valide anche per Ω<1): il Big Freeze (“morte termica”) e il Big Rip.

La prima rappresenta una diretta conseguenza del secondo principio della termodinamica: l’entropia, ovvero il “disordine” che per definizione è in costante crescita, aumenta al punto tale da rendere impossibile l’esistenza di una qualsiasi forma di materia “ordinata”, dall’essere umano a una stella, dall’acqua a un cuscino. Alla fine di tale processo, la materia così come la conosciamo (composta da protoni, elettroni ecc.), verrebbe disgregata a tal punto da essere sostituita da una “nuvola” di fotoni, particelle prive di massa con vita infinita.

Ancora più “catastrofico” è il Big Rip (grande strappo): la velocità di espansione crescerebbe al punto tale da determinare un improvviso “strappo” dello spazio-tempo, con il venir meno della capacità delle forze gravitazionale, elettromagnetica e nucleare di tenere unita la materia. Le conseguenze sono simili al Big Freeze: un universo freddo e inerte, incompatibile con la vita. Oggi si ritiene che non ci sia tuttavia una quantità tale di energia oscura da giustificare questa ipotesi.

Concludiamo con la teoria forse più affascinante: il multiverso.

Quanti di voi hanno visto almeno un film o una serie tv che parla di universi paralleli?

Il fascino di questo argomento non ha risparmiato nemmeno la comunità scientifica, da Stephen Hawking ad Andrej Linde. Secondo alcuni fisici, l’esistenza di più universi sarebbe giustificata dalla cosiddetta inflazione caotica, sostenuta persino da conferme sperimentali (link a fondo pagina). Secondo la fisica quantistica, in realtà, il vuoto, inteso come “il nulla”, non esiste: esso è formato da una “schiuma quantistica”, nella quale c’è un continuo “ribollire” dello spazio dovuto a fluttuazioni energetiche del tutto casuali (da cui il termine “caotica”). Un po’ come in una coppa di spumante, nella quale si formano continuamente bolle in modo casuale. Questa teoria prende il nome di teoria delle bolle.

Se una di queste bolle possiede un’energia sufficiente, può avere origine un universo a sé stante dall’universo di partenza.

I due universi sarebbero inizialmente collegati da un wormhole (ponte di Einstein-Rosen, figura in basso), per poi diventare indipendenti.

Pur essendo questo un modello di universo senza fine, in quanto si formano infiniti universi, ogni singolo universo può andare incontro a un Big Freeze o un’altra sorte.

Ad ogni modo, se vi state preoccupando per la fine del cosmo, non disperate: nessun lettore di questo articolo vivrà tanto a lungo da poterla testimoniare.

Emanuele Chiara

Per approfondire:

https://www.cfa.harvard.edu/CMB/bicep2/papers.html