Air – La Storia Del Grande Salto: Affleck e Damon fanno canestro

Il massimo dei voti sta soprattutto nell’aver centrato in pieno l’obiettivo, facendo canestro in tutti i sensi. – Voto UVM: 5/5

 

Air – La Storia Del Grande Salto è un film del 2023 scritto da Alex Convery e diretto da Ben Affleck (noto per ruoli in Pearl Harbor, Will Hunting – Genio Ribelle e per aver diretto Argo e La Legge Della Notte).

Il cast comprende: Matt Damon (Will Hunting – Genio Ribelle, The Last Duel, ecc.), lo stesso Ben Affleck, Jason Bateman (Come Ammazzare Il Capo E Vivere Felici, State Of Play, ecc.), Marlon Wayans (Scary Movie, Ghost Movie, ecc.), Chris Messina (Vicky Christina Barcelona, Un Amore Di Testimone, ecc.), Chris Tucker (Jackie Brown di Quentin Tarantino, Rush Hour, ecc.), e Viola Davis (Suicide Squad, Barriere, ecc).

Trama

Il film narra la storia della nascita del rapporto tra Michael Jordan, all’inizio della sua carriera di giocatore di basket, e la Nike. Da questo rapporto, è nata la famosa linea di calzature sportive, col nome di Air Jordan. Questo fatto risale al 1984.

Il manager Sonny Vaccaro (Matt Damon), esperto di basket, è alla continua ricerca di giovani talenti a cui proporre un contratto di sponsorizzazione. A quei tempi, la Nike non se la passava benissimo e la sua quota di mercato era inferiore, rispetto alla Converse ed alla Adidas.

Invece di investire su un giocatore già affermato, Sonny decide di usare l’intero budget messo a disposizione dalla Nike per chiudere un contratto di collaborazione con un semisconosciuto: Michael Jordan, un giovane con un’enorme talento naturale del basket. E’disposto a tutto per raggiungere il suo obiettivo, persino andare contro le “regole” e questo lo porterà anche a cercare di rompere la resistenza del suo CEO Phil Knight (Ben Affleck), del manager di Jordan e poi quelle della madre dello stesso Jordan Deloris (Viola Davis).

E’ la storia di Michael Jordan?

Non esattamente. L’ex-campione dei Chicago Bulls ha un ruolo fondamentale in questa storia, anzi è la colonna portante. Ma nonostante la storia ruoti intorno a lui, in realtà non è lui il protagonista. Il film non è un biopic di Michael Jordan, ma su un fatto importante della sua vita, dove ebbe inizio la sua straordinaria carriera e l’intento sta nel mostrare come si è arrivato a questo, rendendo l’ex-campione un contorno molto importante.

Air – La Storia Del Grande Salto ha quella capacità di rendere importante Jordan, senza mostrare mai realmente Jordan. L’idea di non mostrarlo ha funzionato e così ci si concentra sul movente della storia. In pratica, basta sentire il nome di Michael Jordan ed è sufficiente per convincere a dare una possibilità al film. E’ lo stesso fenomeno che si è manifestato e si manifesta tutt’ora con le Air Jordan, ed ora è successo anche con il film.

E’ un film solo per gli appassionati di Basket?

Si rivolge ad un pubblico molto vasto, in realtà. E’ un film che può essere visto non solo dai “baskettari” e dell’ex-campione del NBA, ma anche da chi cerca una bella carica motivazionale.

Questo rapporto di collaborazione nato tra Jordan e la Nike non ha solo segnato la storia della pallacanestro, ma anche le strategie imprenditoriali. Dimostra di come la determinazione, la fame e la voglia di mettersi in gioco, rischiando tutto, può portare ad un risultato straordinario e storico. Invece di puntare su un giocatore già affermato, Sonny Vaccaro ha voluto credere su un giovane talento ancora non molto conosciuto e ci ha visto lungo. Andare contro la massa e ragionando diversamente da essa, porta anche a questo.

Quindi, anche solo per cercare una spinta nella propria vita e per trovare la carica giusta, Air è il film giusto. E questo si abbina anche il lavoro svolto da chi ne ha preso parte, a partire dal regista!

Ben Affleck è un buon regista?

Ormai non si può dubitare di ciò, ma Ben Affleck sa come fare il regista. La sua carriera è stata di alti e bassi ed ha avuto pure una storia personale un po’ triste, tanto da portarlo alla depressione ed all’alcool. Ma dopo un periodo buio, è uscito dal tunnel e la sua ripresa è dimostrata sia dal punto di vista personale che in quello professionale.

Ha dato il massimo in ruoli come quelli di Pearl Harbor, The Accountant, The Last Duel, Tornare A Vincere, Argo e per come ha potuto, anche come Batman (Batman V Superman:Dawn Of Justice e Zack Snyder’s Justice League). Ma ha dimostrato di avere anche delle incredibile capacità come sceneggiatore (Will Hunting: Genio Ribelle) e soprattutto, come regista (Argo e La Legge Della Notte).

Tornando dopo anni dietro la cabina di regia, stavolta si è superato con Air. E’ uno di quei registi che vuole puntare più sulla qualità e sulla semplicità, rispetto a qualche altro che rende la pellicola un “sequestro di persona” (vedete Tar), che va a discapito di alcuni dettagli poco curati.

Air è una storia così semplice, lineare, poco ambiziosa e, con una durata al di sotto delle due ore, è capace di dare moltissimo allo spettatore, senza impegnarsi più di tanto. E in questo modo il film ha raggiunto l’obiettivo in una maniera pazzesca, accompagnato da un ottimo montaggio, che ha mostrato alcuni momenti iconici di Jordan e degli anni ’80, e da una buona colonna sonora!

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Frame del film. Casa di produzione: Amazon Studios, Mandalay Pictures, Skydance Media. Distribuzione in italiano: Warner Bros.

Il cast

Oltre che di una buona regia, il film può vantare anche di un cast corale. Affleck non ricopre solo le vesti di regista, ma anche un ruolo marginale nei panni di Phil Knight, il CEO della Nike. Seppur con un po’ di istrionismo, Affleck se l’è cavata, ed un punto va a favore anche alla recitazione di Jason Bateman.

Ma i migliori sono stati Matt Damon e Viola Davis. Damon si è calato perfettamente in Sonny Vaccaro essendo molto convincente (soprattutto nel discorso motivazionale per convincere i genitori di Jordan), mentre Davis è stata la migliore scelta che potessero fare per il ruolo della madre di Jordan (suggerita dal vero Michael Jordan).

 

Giorgio Maria Aloi

Wnba, Brittney Griner tornerà in campo dopo 10 mesi di prigionia

La cestista americana Brittney Griner tornerà a vestire la maglia dei Phoenix Mercury (squadra della WNBA, ovvero la più importante lega professionistica statunitense di basket femminile) già nel 2023, come annunciato dalla franchigia lo scorso martedì. Lo afferma la stessa Griner nel suo primo post Instagram dopo dieci mesi di prigionia in Russia, sottolineando la volontà di tornare il prima possibile in campo con la sua squadra. Desiderio esaudito: il 21 Maggio farà parte dei Phoenix Mercury nella prima partita della stagione contro i Chicago Sky.

Credo che nessuno di noi dimenticherà dove eravamo l’8 dicembre quando abbiamo sentito che BG stava tornando a casa o il 15 dicembre quando ha annunciato che intendeva non solo giocare a basket nel 2023, ma che sarebbe stato per il Mercury. E so che nessuno di noi dimenticherà mai come ci si sente a darle il bentornato sul pavimento di casa il 21 maggio.

Ha affermato il presidente delle Mercury Vince Kozar.

È un grande giorno per tutti noi annunciare che Brittney Griner ha ufficialmente firmato per suonare per i Mercury nel 2023. Ci mancava BG ogni giorno che se n’era andata e, mentre il basket non era la nostra preoccupazione principale, la sua presenza sul pavimento, nel nostro spogliatoio, intorno alla nostra organizzazione e all’interno della nostra comunità ci mancava molto.

Queste, invece, le parole del direttore generale Jim Pitman.

Chi è Brittney Griner

Brittney Griner ha 32 anni e si è affermata come una delle più forti giocatrici di basket di tutti i tempi. Prima scelta al draft (il sistema tramite il quale gli atleti dello sport americano approdano nello sport professionistico) del 2013, partecipa otto volte all’All-star game (la partita tra le stelle della Wnba che si svolge ogni anno); per due volte è stata la migliore realizzatrice della Wnba e per altrettante ottiene il premio come migliore difenditrice dell’anno.

È stata, inoltre, campionessa olimpica per due volte con la nazionale femminile di pallacanestro, nel 2016 a Rio de Janeiro e nel 2020 a Tokyo.

Griner ha raggiunto per due volte le finals Wnba con la sua squadra, vincendo il titolo nel 2014. La sua ultima apparizione sul più importante palcoscenico Wnba coincide con la sua ultima presenza sportiva prima della prigionia, nel 2021.

Brittney Griner in un tribunale di Mosca. Fonte: Il Post. Fotografo: Alexander Zemlianichenko

La carriera in Russia e l’arresto

La vicenda giudiziaria ha inizio nel febbraio del 2022, quando una volta atterrata all’aeroporto di Mosca-Šeremet’evo, dei cani antidroga annusano la presenza di narcotici nel bagaglio dell’atleta. La polizia rinviene nello zaino cartucce per un vaporizzatore che contenevano olio di hashish, sostanze illegali in Russia.

La cestista si trovava in Russia perché atleta dal 2015 dell’Ekaterinburg, squadra rappresentatrice della omonima città degli urali. Sono molte le giocatrici professioniste di basket americano che nei mesi invernali (quando non sono impegnate con la Wnba) decidono di legarsi professionalmente oltreoceano, attirate dagli stipendi che possono raggiungere il milione di euro (di gran lunga superiori agli standard Wnba).

Una vicenda dai sospetti fini politici

Secondo molti esperti statunitensi, l’arresto della Griner ha forti connotati politici ed è legato alle tensioni tra Russia ed i paesi occidentali dovute alla guerra in Ucraina.  Infatti, l’arresto è avvenuto una settimana prima dell’invasione russa del 24 febbraio scorso.

Da quel momento, la cestista è stata tenuta prigioniera per detenzione preventiva fino ad agosto, quando è stata condannata a 9 anni per contrabbando di droga. Nel novembre del 2022 è stata trasferita in una colonia penale russa, dove era costretta ai lavori forzati, fino alla sua liberazione avvenuta il 9 dicembre.

Sin dall’inizio, lo scambio di prigionieri rappresentava l’unica soluzione palese per porre fine alla detenzione. Dopo mesi di trattative, lo scambio avviene ad Abu Dhabi, con gli Stati Uniti che liberano Victor Bout, il trafficante di armi internazionali tristemente noto con lo pseudonimo di “Mercante della morte”. Ad annunciare l’operazione, il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden.

Un lieto fine che è stato raggiunto anche per mezzo della grande attenzione mediatica creata dalla sua squadra, da sua moglie e dai giocatori Nba. Un esempio ne sono i giocatori dei Boston Celtics che hanno indossato una maglietta con su scritto “I AM BG” il 4 giugno 2022.

Giuseppe Calì

L’arte di narrare una storia: omaggio a Kobe Bryant

«Gli eroi vanno e vengono ma le leggende sono per sempre» si legge sulla locandina della nuova serie tv firmata Netflix, in uscita ad Agosto 2022, dal titolo The Black Mamba. Dopo il successo di The Last Dance, serie tv prodotta dalla piattaforma streaming per celebrare Michael Jordan nell’ultimo anno con i Chicago Bulls, Netflix si rituffa nel mondo del basket con un’altra leggenda dell’NBA: Kobe Bryant.

L’uscita – a due anni dalla scomparsa di Kobe e della figlia Gianna, insieme ad altre sette persone, in un tragico incidente avvenuto il 26 Gennaio 2020 – permetterà a tutti di immergersi nel mondo di un professionista del gioco.

Kobe Bryant e la figlia Gianna. Fonte: SportFair

La serie racconterà in un arco di dieci episodi i vent’anni di carriera di Bryant con la maglia dei Lakers, ripercorrerà tutti i successi del campione NBA, dai suoi esordi ai tre storici titoli consecutivi, al rapporto con la figlia Gianna, di cui era allenatore; un modo per riscoprire la carriera e le sfide di Black Mamba, attraverso i racconti degli ex compagni e dei suoi avversari.

Black Mamba, che darà il titolo alla serie è il soprannome che Kobe stesso scelse durante gli anni più bui della sua vita privata e della sua carriera. Un soprannome che lo aiutò a scindere il Kobe fuori dal campo di gioco dal Kobe professionista del basket alias Black Mamba appunto, un letale e rapido serpente, l’animale alle cui caratteristiche si ispirava per sviluppare il proprio stile di gioco, metafora di dedizione e talento per raccontare il suo approccio mentale alla pallacanestro.

Kobe Bryant. Fonte: The Indian Express.com

Moltissimi sono altri contenuti presenti in rete che ci permettono uno sguardo lucido su quei luminosi venti anni di carriera fino al ritiro nel 2016. Tra tutti, il libro autobiografico scritto da Kobe stesso è sicuramente una via privilegiata per guardare il mondo del basket dal punto di vista di un campione che padroneggiava perfettamente il gioco della pallacanestro.

The Mamba Mentality è il nome dato all’autobiografia edita Rizzoli e uscita in Italia nel Novembre 2018. Un resoconto minuzioso dell’approccio mentale di Kobe Bryant alla pratica sportiva, una riflessione sull’importanza di alimentare il talento con dedizione e  perseveranza. L’autobiografia vanta la presenza delle bellissime fotografie di Andrew D. Bernstein, da tempo fotografo ufficiale dei Los Angeles Lakers che seguì Kobe sin dall’inizio: la sua prima foto risale al 1996, quando il campione aveva 18 anni. Bernstein definì così il libro e la loro collaborazione durante un’intervista:

“Questo libro ,è una collaborazione davvero unica tra un atleta e un fotografo. Non credo ci sia mai stato un altro atleta in uno dei quattro maggiori sport professionistici americani che abbia speso 20 anni e tutta la sua intera carriera con la stessa squadra, fotografato attraverso l’occhio di uno stesso fotografo.”

L’opera è la dimostrazione di come l’amore per qualcosa – in questo caso uno sport – possano essere espressi con mezzi sempre diversi. Ma soprattutto racconta della strada percorsa da Kobe per raggiungere i suoi obiettivi: duri allenamenti, continuo studio del proprio modo di giocare e degli avversari attraverso filmati, cura e attenzione per ogni dettaglio.

“The Mamba Mentality”: copertina. Fonte: Rizzoli

Ossessione e dedizione costante al basket sono gli ingredienti di questo approccio alla pallacanestro, una mentalità che ha permesso a Bryant di conquistare cinque titoli, due medaglie d’oro olimpiche, due premi come miglior giocatore della lega nelle Finals, due premi consecutivi come miglior marcatore della stagione e il secondo numero massimo di punti mai segnato in un incontro NBA, fino all’ultima partita della sua carriera, dove segnò ben 60 punti.

Ma l’amore per il Basket ha portato Bryant a sperimentare nuovi modi per raccontare della pallacanestro. Lo stesso Kobe scriverà infatti:

“Questo sport mi ha dato ogni opportunità che avessi mai potuto desiderare, e lungo la strada ho imparato moltissimo. E non solo sul campo. Senza il basket non conoscerei la creatività né la scrittura […] questo sport in pratica mi ha insegnato l’arte di narrare una storia.”

La necessità di narrare lo ha condotto infatti nel 2015 ad annunciare il suo ritiro dal mondo della pallacanestro con un articolo pubblicato sulle pagine del The Player’s Tribune, dal titolo : Dear Basket, una vera e propria dichiarazione d’amore al basket, dall’infanzia al momento del ritiro. Dear Basket diventerà un cortometraggio con la voce di Kobe e le animazioni e la regia di Glen Keane.

Il corto, realizzato con un tratto a matita, ricorda i bozzetti Disney. Un’opera sicuramente dal taglio sentimentale che venne premiata nel 2018 con l’Oscar come miglior cortometraggio animato.

Dal cortometraggio “Dear Basket”. Fonte: lascimmiapensa.com

Per tutti questi motivi, la vicenda di Black Mamba ha effettivamente del leggendario per tutto il mondo del basket e a distanza di due anni dalla morte, la sua carriera e la sua presenza vengono restituite ai suoi tifosi sotto altre vesti, sotto forma di racconti, grazie alla necessità di narrare, grazie all’aiuto di quella complessa arte che è il tessere una storia.

                                                                                                                                                                    Martina Violante

Finale NBA: calo di ascolti da record. Trump: “ I Lakers fanno troppa politica”, ma le motivazioni sono altre

I Lakers festeggiano la loro 17esima vittoria (fonte: sito Nba/Douglas P. De Felice)

I Lakers vincono dopo dieci anni

Per l’NBA, il famosissimo campionato di basket statunitense, è stato difficile concludere bene quest’anno già di per sé complicato. Lo stop non solo per la pandemia, ma anche per lo sciopero, a fine agosto nel mezzo dei playoff, degli atleti per l’adesione alle proteste per i diritti delle comunità afroamericane. Anche se a distanza di mesi, alla fine le ultime partite si sono disputate nella bolla del Disney World di Orlando. Ad aggiudicarsi il titolo i Lakers di Los Angeles, tornati a essere vincitori dopo dieci anni dall’ultima volta. I gialloviola hanno sconfitto gli Heat di Miami, conquistando la vittoria di 4 gare – gli avversari ne hanno vinte 2 – per un punteggio di 106 a 93.

Il numero 9, Rondo (fonte: nba.com)

Un calo di ascolti da record

Una serie di finali che ha registrato un record, ma in negativo. È stata la fine di campionato meno seguita di sempre, da quando, nel 1982, le partite hanno iniziato a esser trasmesse in diretta. La Gara 6, l’ultima per l’assegnazione del titolo, è stata seguita da 5,6 milioni di spettatori sulla rete Abc. L’anno scorso, sono state 18,34 milioni di persone a guardare in diretta tv i Toronto Raptors aggiudicarsi la vittoria contro i Golden State Warriors. Le prime tre gare, trasmesse, da Espn, su Abc in inglese, e, su Deportes in spagnolo, sono state le meno viste di sempre in televisione negli Stati Uniti. Fino a prima, la finale NBA meno seguita è stata la quarta della serie del 2003, tra San Antonio Spurs e New Jersey Nets, che all’epoca totalizzò 8,06 milioni di telespettatori.

Trump vs Lakers

Trump vs LeBron (fonte: lakersdaily.com)

La polemica è montata soprattutto a causa delle dichiarazioni del presidente Trump, con il quale i giocatori dei Lakers si sono scontrati per settimane prima della fine di campionato, anche per il loro sostegno al movimento Black Lives Matter.

“Crollo di quasi il 70% di spettatori per l’ultima gara di Finale NBA, battuta da una partita di football trasmessa casualmente la domenica sera. Forse la stavano vedendo in Cina, ma ne dubito. Zero interesse.”

Ha scritto Trump su Twitter. Ha anche aggiunto che la lega è diventata ormai “così politica da non interessare a nessuno”. Ha definito il playmaker dei Lakers, LeBron James, un portavoce del partito democratico e un “hater” che le persone si sono stancate di seguire, nonostante sia un gran giocatore di basket. Il cestista per la vittoria ha ricevuto, allo stesso tempo, anche i complimenti dell’ex presidente Obama.

LeBron James durante e dopo la partita (fonte: nba.com)

LeBron festeggia. Per lui è la quarta vittoria (fonte: nba.com)

Le motivazioni dello share negativo

La presenza in finale dei gialloviola e soprattutto di LeBron, una delle più grandi stelle del basket nordamericano, sembrava potesse contenere i cali di ascolti. Le problematiche riguardo lo share televisivo, anche se non perfettamente inquadrate, probabilmente possono essere ricondotte a due motivazioni, diverse da quelle argomentate dal presidente. Una potrebbe essere l’assenza di pubblico presente dal vivo e il sentiment diffuso tra gli americani a causa della pandemia. L’altra, la sovrapposizione degli appuntamenti sportivi. Difatti, gli altri campionati, rimasti ugualmente interrotti per lungo tempo, hanno deciso di riprendere proprio in questo stesso periodo. Di norma, il calendario sportivo nordamericano evita le sovrapposizioni tra le competizioni, grossomodo una inizia quando un’altra finisce. Quest’anno le finali NBA sono iniziate il primo ottobre, contemporaneamente alla partenza della stagione regolare del campionato di football NFL, il più seguito in America. Coincidenza anche con i playoff della Major League Baseball, per i quali si disputano partite ogni giorno fino a fine mese, completando con le finali. Bisogna sottolineare, però, che la quarta giornata della NFL ha fatto il 10% di share in meno e l’intero campionato ha registrato una media inferiore di 2 milioni di spettatori rispetto all’anno scorso. Dunque, un calo generale per tutti i campionati. L’NBA, in realtà era in perdita già negli ultimi tre anni. Lo scontro tra Trump e i Lakers potrebbe aver influito sugli ascolti, forse anche per il periodo elettorale, entrato nel vivo, in vista del voto fissato al 3 novembre. Il commissario della NBA, Adam Silver, considerando i fatti ha deciso di vietare dai palazzetti i cosiddetti “messaggi di giustizia sociale”, frequenti durante gli ultimi playoff.

Anthony Davis, LeBron James e Quinn Cook, inginocchiati durante l’inno statunitense, indossano maglie che invitano al voto (Fonte: Mike Ehrmann/Getty Images)

Infine, ciò che sembrava il frutto di uno scontro sul piano politico, pare invece spiegarsi con la sovrapposizione di eventi sportivi e magari il cambiamento delle modalità di fruizione­ dei contenuti televisivi, recuperabili anche online dopo la diretta. Improbabile trovare una spiegazione in un risentimento tanto potente dei tifosi nei confronti degli sportivi, che si schierano apertamente nei dibattiti più importanti dei nostri giorni. Pare che le persone apprezzino abbastanza rivedersi in quei personaggi che, di questi tempi, fanno sognare con il loro gioco e per aver il coraggio di manifestare un proprio pensiero.

Rita Bonaccurso

Inaugurato il Campo Libero George Floyd 8’46” Playground Messina

È stato inaugurato giovedì 3 settembre alle 18:30 in via San Raineri, il playground pubblico intitolato a George Floyd, ora fruibile gratuitamente da tutta la cittadinanza.

“Spetta a noi cambiare la nostra città , servono le istituzioni, le abbiamo, però serve l’impegno di tutti. È arrivata l’idea e siamo andati in giro a cercare spazi, non è stato facile, abbiamo cercato tanto. Abbiamo bussato a molte porte, fino a quando una parte delle istituzioni, in questo caso il presidente dell’Autorità Portuale Mario Mega, ha aperto la porta. A furia di bussare, qualcuno apre.”

Queste sono le parole dell’ex primo cittadino Renato Accorinti, che ha destinato alla realizzazione del campo di basket “Campo libero George Floyd 8’46”‘”parte della differenza tra l’indennità di sindaco e lo stipendio di professore maturata in cinque anni.

Il playground è stato realizzato nella “falce”, zona falcata di Messina, in via San Raineri, nell’area antistante la base della Marina Militare, data in concessione dall’autorità portuale, e affidato alla società Amatori Basket, che usufruirà del campo due volte a settimana.

Seppur con numeri limitati, per rispettare le norme di sicurezza anti-covid, l’inaugurazione ha ospitato un numero contingente di persone (munite di mascherina).

Apre la cerimonia con un discorso introduttivo Renato Accorinti, per poi passare la parola al Presidente dell’autorità purtuale Mario Mega. “Ringrazio Renato Accorinti per aver consentito insieme all’associazione sportiva Amatori Basket la realizzazione di questo spazio. Stiamo riproponendo e rinnovando con l’attuale amministrazione la zona falcata. Speriamo che questo sia l’inizio di un processo di valorizzazione, che consenta a Messina di riappropriarsi di questa zona.”

Subito dopo è intervenuto il presidente della società sportiva Mario Maggio, commentando la realizzazione del campo come “un sogno che si realizza”.  ” Per me e per la società che rappresento, riuscire ad avere un campo libero a Messina, dove poter fare quello che ci piace, ovvero giocare a basket, è un sogno. Ringrazio Renato Accorinti, i miei ragazzi, lo staff dirigenziale […] per aver dedicato molto tempo per la realizzazione di questo posto. Qui si lega lo sport ad un messaggio sociale (black lives matter), che qualcuno purtroppo non condivide.”

Nelle scorse settimane, infatti, i murales del campo, opera dell’artista messinese Daniele Battaglia, erano stati deturpati da scritte a sfondo razzista. Per scelta di Renato Accorinti le scritte non sono state cancellate. Quando, appena possibile, si svolgerà la partita “inaugurale”, le scritte saranno cancellate e i murales restaurati e completati.

L’inaugurazione si è conclusa con un discorso da parte dell’ex sindaco Renato Accorinti “Fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce, e qua c’è la foresta” e con la lettura da parte di Marco Giordano della lettera firmata dalla scrittrice messinese Nadia Terranova, seguita dall’ascolto del messaggio del presidente della commissione antimafia Nicola Morra e del presidente del CONI Giovanni Malagò: “L’inaugurazione del primo playground di Messina, realizzato nella zona falcata ed intitolato alla memoria di George Perry Floyd, ha davvero un significato speciale. A nome mio e del CONI, rinnovo la mia più sincera gratitudine a Renato Accorinti, all’Amatori Basket Messina e a tutte le istituzioni locali che hanno fatto squadra permettendo di coronare questo fantastico progetto, con la consapevolezza che tutta Messina lo onorerà giocando a pallacanestro, divertendosi, e diffondendo un esempio che rappresenterà un vanto per l’intero Paese”.

Al termine della presentazione non si è svolta la programmata partita di basket tra giocatori di tante nazionalità diverse, che è stata rinviata alla prima data utile quando le restrizioni lo consentiranno. Il campo sarà comunque aperto al pubblico e fruibile da chiunque, nel rispetto delle regole affisse nella recinzione.

Cristina Geraci

The Last Dance: quando epica e sport si uniscono

L’epica? La narrazione poetica di gesta eroiche, spesso leggendarie.

Così, dall’altra parte dell’Atlantico, non essendoci riferimenti nella tradizione millenaria dell’Asia, dell’Africa e dell’Europa, gli eroi dalle gesta fiabesche sono quelli dello sport.

C’è chi corre forte, chi tira pugni e chi è capace di volare.

“MJ”, “His Airness”, “Air Jordan”. O, più semplicemente, Sua Maestà Michael Jordan.

Nel vortice contemporaneo trafficatissimo dei contenuti seriali arriva l‘opera omnia sul “più grande atleta nord-americano del XX secolo”, cosi come l’ha definito ESPN.

Fonte: skysport.it

Lo show, che si sviluppa in 10 puntate, accende i riflettori soprattutto sull’emblematica stagione 1997-1998 dei Chicago Bulls (ribattezzata poeticamente da Phil Jackson l’ultimo ballo) della quale Jordan fu simbolo assoluto, timoniere e profeta.

Quella stagione, per l’NBA, per la franchigia e per lo stesso MJ fu il compimento della più grande impresa sportiva, degna delle vette shakespeariane.

Fondamentale il concetto (assolutamente non scontato) “non solo Jordan”: ci sono il coach (luminare, geniale, avanguardistico) Phil Jakcson, ed i compagni di viaggio Scottie Pippen (ed un rapporto di odi et amo), Dennis Rodman (un folle squinternato del quale grazie alla serie capiremo di più), Ron Harper; del resto la storia non si scrive da soli.

Fonte: nba.it

I Bulls dell’era pre-Jordan erano tutto fuorchè l’emblema della vittoria: il Chicago Stadium (decrepito) era spesso deserto e la stagione 83-84 fece segnare il record negativo di 55 sconfitte.

Presto “palla a Jordan” sarebbe divenuta una delle formule più vincenti e decisive della storia.

Il seme della gloria immortale era stato piantato.

Nel giro di poche partite l’universo intero si accorse che una divinità senza ali (ma in grado di volare e restare in aria) era scesa in terra, divenendo simbolo e ispirazione di valori che travalicano i confini del basket e dello sport, come solo Muhammad Ali aveva fatto prima di lui.

La magia di The Last Dance è la narrazione umile, vera, cruda e senza filtri del contesto umano ed emozionale di Jordan.

Fonte: passionebasket.eu

Il montaggio, le riprese e l’impostazione della docu-serie sono assolutamente degne di un kolossal holliwoodiano.

L’ultima danza (sportiva) dei Bulls, culmina con l’indimenticabile tiro di Gara 6 contro gli Utah Jazz, che diede al Novecento un nuovo senso. Immaginate il globo fermarsi e trattenere il respiro, attendere l’infinità dei secondi che separano il volo (l’ultimo) di HisAirness, dalla storia.

Elettricità emotiva allo stato puro, tra il parquet e il cielo dove le fisica diventa solo un’opinione.

“Be like Mike, be like Mike. Again I try, just need to fly”.

La prospettiva interna delle grandi squadre è da sempre trasgressione inarrivabile dei fan più accaniti.

Nel 1997 ESPN ricevette dalla franchigia di Windy City il permesso di fare qualcosa di inedito nello sport professionistico.

“The Last Dance” trascina virtualmente lo spettatore nello spogliatoio dei Chicago Bulls, ma anche nei loro allenamenti in palestra, nei contrasti accesi e nelle discussioni.

Fonte: mjbulls.com

Come ogni docu-serie che si rispetti, anche “The Last Dance” alterna sapientemente i piani temporali.

Non ci sono infatti solo immagini dell’epoca, ma anche interviste attuali ai protagonisti di allora, nell’ottica di una rilettura di quello che accadde negli anni 90′.

In tal modo si incrociano una serie di prospettive narrative diverse; ciò che è effettivamente successo sul campo è solo l’ultima dimensione. Senza lo sviluppo dello show si rischierebbe di tralasciare le dinamiche e gli equilibri complessi che hanno governato i successi sportivi dei Bulls.

Se non vi fossero bastate le suddette ragioni per guadare “The Last Dance”, eccovene un’altra: Michael Jordan ha annunciato che devolverà in beneficenza l’intero guadagno che gli proverrà da questa serie.

L’attesa è finalmente terminata.
Epica, sport, fascinazione, storia ed un pizzico di adrenalina. Tutto a portata di telecomando.

Antonio Mulone

Cus Unime straripante nel derby in casa della Rescifina

CUS Unime – basket femminile

Con un rotondo 65-37 finale il Cus Unime si aggiudica al PalaTracuzzi la stracittadina in casa della Polisportiva Rescifina, riscattando con gli interessi la sconfitta subita all’andata. Ottima la prestazione delle cussine che, seppur con qualche atleta ancora non al meglio della forma ed Elisabetta Scardino ferma ai box per influenza, ritrovano una difesa aggressiva e punti sotto canestro, grazie al rientro di Sabrina Natale e della lettone Zane Neilande, finalmente al lavoro in settimana dopo l’infortunio alla caviglia. Le padrone di casa partono comunque bene e riescono a chiudere in vantaggio il primo quarto di gioco (16-15). Ma lA reazione ospiti è pronta e veemente: subito dopo il primo intervallo e cussine prendono il sopravvento e piazzano un parziale di 17-4 che abbatte le ospiti ed orienta la gara verso i binari della vittoria. Nella seconda metà della gara, infatti, le ragazze allenate da Zanghì continuano ad avere la meglio sulle avversarie e ad allungare con una certa facilità, con Ilaria Ingrassia in splendida forma e sempre una costante spina nel fianco per la difesa delle padrone di casa.

    

Rescifina Messina – Cus Unime   37-65   (16-15, 22-32, 29-50)

Rescifina: Marchese 6, Turiano, Kalach 6, Davì 4, Melita Ra. 2, Melita Re, Cosenza, Rescifina 8, Codagnone, Spadaro 4, Vento 7. All. Interdonato.

Cus: Boncompagni 9, Scordino 8, Pellicanò, Natale, Scardino, Certomà 10, Polizzi, Neilande 19, Grillo 3, Ingrassia G., Ingrassia I. 16. All. Zanghì.

Arbitri: Perrone e Barbagallo.

Cus Unime sconfitto a Ragusa

CUS Unie – basket

Le giovani promesse dell’Eirene, serbatoio della prima squadra in serie A1, hanno dimostrato di essere una formazione di primo livello per la categoria quando si presentano al gran completo e, alla fine, sono riuscite ad avere la meglio delle ospiti gialloblu con un +15 finale (75-60).

Per le peloritane, del resto, pesa ancora l’assenza della pivot lettone Neilande, ancora alle prese con l’infortunio alla caviglia; di conseguenza viene tutto più facile alle padrone di casa che, soprattutto sotto canestro, hanno buon gioco grazie alle numerose lunghe in campo. Bene anche dal perimetro le ragusane Bongiorno e Stroscio, due spine nel fianco della difesa universitaria, sempre difficili da arginare.

Il Cus tiene testa all’Eirene per qualcosa più di un tempo (22-18 al 12’), poi qualche errore banale in attacco ed i contropiede delle padrone di casa lanciano Ragusa, che nel terzo quarto raggiunge il +20 (49-29 al 27’). Le ospiti provano a reagire, ma i tiri liberi di Certomà arrivano quando la sentenza è ormai emessa.

Eirene Ragusa – Cus Unime   75-60 (18-15, 37-23, 53-36)

Eirene: Cardullo, Guastella, Gatti 8, Olodo, Rimi 5, Stroscio 20, Gurrieri, Occhipinti 4, Bucchieri 4, Trovato 2, Savatteri 15, Bongiorno 17. All. Baglieri.

Cus: Boncompagni, Scordino 8, Natale 9, Ingrassia G., Certomà 23, Polizzi, Mazzullo, Grillo 11, Pellicanò, Ingrassia I. 7, Cascio 2. All. Zanghì.

Arbitri: Caci e Sapuppo.

CUS Unime a valanga sulla Virtus Trapani 

CUS Unime – Basket

Rotonda vittoria casalinga per il Cus Unime che, pur registrando ancora numerose assenze, al PalaNebiolo batte la Virtus Trapani con 40 punti di scarto. Prive anche di Sabrina Natale per motivi di lavoro, in aggiunta alle infortunate Scardino, Pellicanò e Neilande, le universitarie hanno sofferto solo in avvio, quando un approccio svagato ha consentito alle ospiti di ritrovarsi a sorpresa in vantaggio alla prima sirena (7-12). Equilibri ritrovati e ritmi più sostenuti invece dopo l’intervallo breve per le padrone di casa, che in seguito viaggiano ad oltre 20 punti a quarto, con le triple di Annalisa Scordino e Ilenia Certomà a sancire il definitivo allungo delle padrone di casa. La Virtus non riesce a reagire, nonostante il contributo dell’esperta Grignano, e nell’ultima frazione, mettendo a segno solo 5 punti, lascia al Cus anche la passerella finale.

Cus Unime – Virtus Trapani   73-33   (7-12, 29-19, 52-28)

Cus: Boncompagni 2, Scordino 20, Certomà 19, Polizzi 3, Neilande n.e., Grillo 8, Ingrassia I. 4, Cascio 8, Ingrassia G. 3, Mazzullo 6. All. Zanghì.

Virtus Tp: Sicola 5, Poma, Grignano 12, Iannazzo 4, Messana 5, Coccia, Anselmo 1, Parrinello 6. All. Cultrera.

Arbitri: Scalone e Foti.

Cus Unime a testa in casa della capolista Alma Patti

CUS Unime – basket

La formazione universitaria torna da Patti con una sconfitta ma con la consapevolezza di poter lottare contro tutte le avversarie. Male all’inizio ma poi grande prova delle gialloblu.

Una partenza incerta ed alla fine non riesce la rimonta al Cus Unime, sconfitto con il finale di 76-72 in casa dell’Alma Patti, una delle big del torneo di Serie B femminile. Al di la del risultato, però, le ragazze universitaria offrono una bellissima prova di carattere e, soprattutto, con una reazione strepita che compensa un avvio di partita da dimenticare (16-4 il parziale con il quale le padrone di casa si portano avanti nei primi minuti di gioco) dimostrano che, se riusciranno a trovare coralità e continui di rendimento per tutto l’arco degli incontri, avranno la possibilità di ritrovarsi al tavolo delle grandi a fine stagione.

A pesare sull’andamento della gara i primi due quarti di gioco, durante i quali l’Alma approfitta delle incertezze avversarie e costruisce il margine che permetterà alle ragazze di casa di contenere la reazione ospite. Reazione delle gialloblu che arriva al rientro dall’intervallo lungo. Trascinato da un’implacabile Annalisa Scordino (21 punti in 20’) il CUS arriva a segnare ben 26 punti nella sola terza frazione, rimettendo completamente in discussione la gara fino a raggiungere anche il 70-70 a 170” dall’ultima sirena. Ma sul più bello le ospiti perdono di nuovo la bussola e, fallendo i tiri liberi decisivi e perdendo in malo modo alcuni palloni, consegnano la vittoria alle padrone di casa che, cosi, possono mantenere la vetta della classifica.

    

Alma Patti – Cus Unime   76-72   (21-15, 43-27, 58-53)

Alma: Tumeo, Lombardo 16, Coppolino, Cangemi, Merrina 23, Ferreyra 4, Sciammetta, Romeo 2, Kramer 14, Guerrera 17, D’Avanzo, Cucinotta. All. Buzzanca.

Cus Unime: Neilande 19, Boncompagni 6, Scordino 26, Natale 5, Scardino 2, Certomà 4, Polizzi, Mazzullo, Grillo 4, Ingrassia I. 6, Cascio, Ingrassia G.. All. Zanghì.

Arbitri: Di Bella e Micalizzi.