Italia, AIFA rende gratuite le pillole anticoncezionale e anti HIV


Solo pochi giorni fa, il Comitato prezzi e rimborsi (cpr) dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) ha approvato la decisione di rendere gratuita la pillola anticoncezionale orale per tutte le donne, senza distinzione di età e di provenienza. Infatti, fino ad oggi, solo alcune Regioni si erano fatte carico autonomamente del rimborso della pillola: tra queste, Emilia-Romagna, Toscana, Puglia, Lazio e Piemonte.

Non solo: anche la pillola PreP, la Profilassi Pre-Esposizione, utile per contrastare l’HIV, sarà rimborsata al 100% da tutte le regioni italiane.

Sede dell’Agenzia italiana del farmaco. Fonte: Ansa

L’anticoncezionale: perché è importante renderlo gratuito

Juice: la missione spaziale che esplorerà le lune di Giove

Juice – Jupiter Icy Moons Explorer – è una missione spaziale dell’ESA (Agenzia Spaziale Europea). Il progetto è costato 1,6 miliardi di euro, ha coinvolto 23 paesi, 18 istituzioni e oltre 2000 persone. Il lancio era previsto il 13 aprile ma, causa problemi meteorologici è stato rimandato al giorno seguente.

Il razzo vettore Ariane 5 è decollato con successo alle 14.14 (ora italiana) del 14 aprile dallo spazioporto europeo di Kourou in Guyana francese. È stato scelto questo luogo in quanto è lì, a Kourou, che il porto dell’ESA è stato costruito.

ASI | Agenzia Spaziale Italiana
Il lancio dell’Ariane 5 con la sonda Juice. Fonte: ASI

Qual è l’intento della missione?

L’obiettivo della missione sono le tre lune ghiacciate di Giove: Ganimede, Europa, Callisto, detti “galileiani” perché scoperti da Galileo Galilei nel 1610. 

Sono state scelte queste lune perché é stata trovata dell’acqua sotto la crosta ghiacciata e questo le rende – in particolare Ganimede – il luogo dove è più probabile trovare della vita extraterrestre all’interno del sistema solare. La quarta luna, Io, sarà evitata a causa della sua vicinanza con Giove, da cui provengono potenti radiazioni.

Giulio Pinzan, uno dei controllori di volo di Juice, ha affermato:

Per quanto Io sia estremamente interessante, non sarà ‘visitato’ da Juice: non è una luna ghiacciata, e poiché è molto vicino a Giove ha un campo magnetico troppo forte, che metterebbe in difficoltà gli strumenti a bordo

Quando finirà la missione?

Nel luglio 2031, Juice dovrebbe raggiungere Giove, a partire da cui effettuerà diversi flyby – voli molto ravvicinati – nel 2034 intorno a Ganimede.

Non è la prima volta che un veicolo extraspaziale si avvicina a Giove, però Juice sarà il primo veicolo spaziale a orbitare intorno ad una luna diversa da quella terrestre. Tra le altre cose, studierà la composizione e la magnetosfera di Ganimede.

La missione terminerà a settembre del 2035, quando si schianterà sulla superficie di Ganimede. Per questo motivo il satellite non ha astronauti a bordo.

Contributo italiano

L’Italia contribuisce alla missione con 4 strumenti scientifici su 10:

RIMERadar for Icy Moon Exploratione – è un radar che rileva la struttura interna degli strati ghiacciati. Responsabile degli aspetti scientifici è l’Università di Trento, tramite il Principal Investigator prof. Lorenzo Bruzzone

JANUS Jovis, Amorum ac Natorum Undique Scrutator – è una camera ad alta definizione utile per monitorare l’atmosfera gioviana e studiare le lune ghiacciate Ganimede, Europa e Callisto. Realizzata in collaborazione con l’INAF – Istituto nazionale di astrofisica –

3GM Gravity and Geophysics of Jupiter and the Galilean Moons – analizza le variazioni nel campo gravitazionale.

MAJIS Moons and Jupiter Imaging Spectrometer – è un laboratorio spaziale per le analisi chimico-fisiche. Per la realizzazione hanno collaborato l’Agenzia spaziale francese, CNES e l’Agenzia spaziale italiana, ASI.

Di produzione italiana sono anche i pannelli fotovoltaici, i più grandi mai realizzati per una missione interplanetaria.

Gabriella Pino

Sudan, capitale sotto assedio dal generale Hemedti

Lo scorso sabato 15 aprile, la capitale del Sudan, Khartoum, è stata protagonista di uno scontro armato, in cui hanno perso la vita almeno 180 persone e feritone 1800. Sotto attacco il Palazzo Presidenziale, la residenza del Capo dell’Esercito e l’aeroporto internazionale di Khartoum. Gli scontri si sono estesi in tutta la capitale comprese le vicinanze delle Ambasciate italiana e statunitense.

A fronteggiarsi le due forze armate del paese, da un lato le “Forze di supporto rapido, con al capo Hemedti, e dall’altro l’esercito sudanese con Abdel al Bhuran.

Hemedti Dagalo, il paramilitare del Sudan

Protagonista della vicenda è Mohamed Hamdan Dagalo, meglio noto come Hemedti. Generale delle forze di supporto rapido (RSF), si è fatto strada nell’ombra diventando uno degli uomini più potenti di tutto il Sudan. L’esercito paramilitare è composto principalmente da ex appartenenti alla milizia Janjaweed, protagonisti dei feroci scontri contro i ribelli del Darfur, che ha causato circa 300 mila morti, secondo le stime delle Nazioni Unite.

Non solo, l’ex dittatore islamista Omar al-Bashir lo sceglie come suo uomo di fiducia. Nel 2019 ha partecipato al rovesciamento dell’autorità suprema, Omar al Bashir, durante la cosiddetta rivoluzione sudanese, una mobilitazione popolare che finirà per reprimere brutalmente. Inoltre. la comunità internazionale accusa Hemedti del massacro di più cento manifestanti in un solo giorno durante una manifestazione nel giugno di quell’anno.

La rivoluzione ha avviato un processo di transizione in Sudan e ha istituito un governo civile al quale Hemedti ha giurato fedeltà. Tuttavia, due anni dopo, nel 2021, i paramilitari al suo comando hanno ordito un colpo di stato insieme al capo dell’esercito, Abdelfatah al Burhan, diventando così vicepresidente del Consiglio sovrano, l’organo esecutivo del Paese. Sotto la pressione internazionale il Sudan ha avviato un processo politico per il ripristino delle istituzioni democratiche con la firma di un accordo quadro il 5 dicembre 2022, teso anche a rimuovere i militari dal potere.

Generale Mohamed Hamdan Dagalo. Fonte: timesofisrael.com

Cos’è successo

Le truppe di Hemedti Dagalo, prima di diventare RSF, sono state addestrati dai Wagner russi, anch’essi un gruppo di mercenari, una forza paramilitare privata appartenente alla Federazione Russa. 

Infatti, come ha dichiarato l’Adf Magazine (rivista del Comando Usa per l’Africa), il RSF, assieme al gruppo russo Wagner, sarebbe diventato co-proprietario di una miniera d’oro in Sudan.

Senza contare che, in poche ore, le due truppe alleate avrebbero preso il controllo del Palazzo presidenziale di Khartum, dell’aeroporto di Merowe, a nord della Capitale e anche della sede della televisione nazionale. Un attacco definito “brutale” dalle forze nazionali. 

Victoria Calvo

Immigrazione, il governo ha attivato lo “stato d’emergenza”. Che significa?

Dal giorno uno al giorno attuale di governo il tema dell’immigrazione s’è pian piano arroventato. Il “surriscaldamento” ha avuto inizio con i primi contenziosi Francia-Italia sulla gestione delle navi migranti, è proseguito con le particolari operazioni di distribuzione degli sbarchi operate dal Viminale e ha avuto il suo culmine nella triste tragedia di Cutro.

Quindi ora, dopo che ulteriori eventi “minori” hanno ricordato che nulla è stato risolto, l’amministrazione Meloni ha deciso di ufficializzare la questione come “un’emergenza”, aprendosi un fronte di nuove possibilità gestionali. Particolarmente, cosa comporterà la nuova definizione? Cos’è uno “stato d’emergenza”? E quante “emergenze” sono riconosciute tali nel panorama nazionale? Di seguito le risposte a ogni domanda.

 Immigrazione, mezzi speciali per “l’emergenza”

Riporta le informazioni Il Sole 24 Ore. Lo scorso martedì, in seno al Consiglio dei ministri, il governo ha deliberato lo stato di emergenza per l’intera Nazione a causa dell’incontrollabile incremento dei flussi di persone migranti attraverso le rotte del Mediterraneo. Almeno, questa è stata la motivazione formalmente concessa per attuare una modifica dello status quo, fondata principalmente su un dato: nel 2023 i migranti giunti in Italia sono 31.200, il +300% rispetto all’anno scorso.

La nuova definizione è stata voluta per sbloccare l’utilizzo di mezzi e poteri straordinari, utili ad affrontare la questione. L’atto amministrativo che la regola avrà valore almeno per sei mesi, oltre i quali potrà essere prorogato. L’effetto immediato della sua entrata in vigore è stata la liberazione di una tranche pari a cinque milioni di euro, subito disponibili per il contenimento della criticità.

La delibera stabilisce uno stanziamento di risorse finanziarie da destinare agli interventi urgenti. Istituisce inoltre, come fonte finanziaria da cui attingere, il Fondo per le emergenze nazionali, che può essere progressivamente incrementato nel corso della durata dello stato di emergenza. Il provvedimento può avere anche un rilievo solo locale o regionale. Quando è di tipo nazionale non può superare i dodici mesi ed è prorogabile per altri dodici mesi al massimo.

Dopo il primo stanziamento di cinque milioni, si prevede che l’esecutivo ne stanzierà altri quindici. Il totale sarà impiegato prevalentemente per creare nuovi posti d’accoglienza e favoreggiare azioni di rimpatrio.

Immigrazione
GNV Azzurra. Fonte: Giornale di Calabria

Storia delle “emergenze” in Italia, c’è un precedente sull’immigrazione

Riporta le informazioni Openpolis. In Italia al momento sono in vigore circa una ventina di provvedimenti di questo tipo. Ma, cosa più sconvolgente, dal 2013 ad oggi nel nostro Paese lo stato di emergenza è stato dichiarato ben 127 volte. In 102 casi si è trattato di danni causati da eventi meteorologici, in 8 di eventi sismici o di origine vulcanica, in 7 emergenze internazionali, in 6 di eventi ambientali e sanitari (tra cui l’emergenza Covid-19) e in 4 di emergenze non gestite direttamente dalla protezione civile.

Esiste anche un precedente in materia di migranti. Nel 2011, infatti, il governo Berlusconi aveva varato un piano di equa distribuzione nelle regioni dei profughi provenienti dal Nordafrica, fruendo della stessa base legislativa, allora leggermente diversa nella sostanza.

“Emergenze”: lo strumento normativo che le definisce

Lo stato d’emergenza nazionale è regolato dall’articolo 24 del Codice della Protezione civile sulla base di alcuni requisiti definiti nell’articolo 7:

Emergenze di rilievo nazionale connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo che in ragione della loro intensità o estensione debbono, con immediatezza d’intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo“.

Gabriele Nostro

SIAE contro META: l’Antitrust avvia un’istruttoria per abuso di dipendenza economica

Nell’ultimo periodo, i nostri feed di Instagram e Facebook non sono più come prima. Video di albe e tramonti, con di sottofondo le più celebri e virali canzoni del cantautorato italiano e non solo, sono silenziati. Ma qual è la ragione?

A fine marzo, la SIAE (Società Italiana degli Autori ed Editori) non ha raggiunto un accordo con la grande impresa statunitense, che gestisce le piattaforme dei due social, METATutta la musica tutelata dalla società italiana, sulle piattaforme di Zuckerberg, è stata bandita.

Le trattative sono aperte, ma sembrerebbe che ancora non sia possibile raggiungere una “meta”. Lo scorso 5 aprile, l’Antitrust ha avviato un’istruttoria nei confronti di META Platform, per un presunto abuso di dipendenza economica nella negoziazione con SIAE della stipula della licenza d’uso, sui due social, dei diritti musicali. Ma cosa sta succedendo? Vediamolo nel dettaglio.

SIAE VS META: L’Antitrust contro le piattaforme di Zuckerberg

Tramite un comunicato, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Antitrust), ha dichiarato di aver avviato un’istruttoria, insieme ad un procedimento cautelare, nei confronti di: Meta Platforms Inc., Meta Platforms Ireland Limited, Meta Platforms Technologies UK Limited e Facebook Italy S.r.l. (di seguito, Meta). Sembrerebbe che l’azienda di Zuckerberg, abbia indebitamente interrotto le trattative, per il rinnovo del contratto scaduto. Non fornendo alla società le informazioni necessarie, per svolgere le negoziazioni. Senza rispettare, così , il principio di trasparenza ed equità (qui il comunicato stampa).

SIAE
Fonte: Freepik

L’Autorità indaga sulla veridicità dell’ipotesi che META abbia potuto abusare dello squilibrio contrattuale di cui beneficia, chiedendo a SIAE  un’offerta economica inadeguata. Siete fosse vero ciò potrebbe essere significativa ai fini della tutela della concorrenza nei mercati. Sarebbe un danno per i consumatori, per le capacità competitive di SIAE. Impedirebbe agli autori, rappresentati da quest’ultima, di raggiungere l’ampia categoria di utenti che usufruisce delle piattaforme. Inoltre, ci potrebbero essere effetti negativi sulla remunerazione dei diritti connessi ai produttori, di opere musicali e di tutte le altre posizioni giuridiche, tutelate nell’ambito della legge sul diritto d’autore.

L’interruzione delle trattative tra i due colossi, potrebbe incidere sulle dinamiche competitive tra i diversi soggetti che compongono la filiera dei dei mercati dell’intermediazione dei diritti d’autore sulle opere musicali. Ne consegue, quindi, la necessità di un intervento cautelare, affinché la negoziazione possa andare a buon fine.

SIAE vs META: Quali sono state le reazioni a questo procedimento?

La trattativa con META non si è mai chiusa. Chiediamo però trasparenza per stabilire il giusto compenso agli autori. Il danno che META sta procurando, non è solo economico ma anche culturale.

Questo è quanto dichiarato, quale giorno fa, dal presidente della SIAE, Salvatore Nastasi. Quest’ultimo si era rivolto all’istituzioni con un “non lasciateci soli“. Dopo il provvedimento, preso dall’Antitrust, si dichiarerebbe soddisfatto.

Siamo grati all’AGCM per questa decisione, che ci consentirà di tornare a sederci al tavolo negoziale per confrontarci ad armi pari con il colosso americano. Acquisendo, finalmente, le informazioni necessarie per poter assicurare un’equa remunerazione nell’interesse degli autori rappresentati da SIAE e, più in generale, dell’industria creativa italiana. Del resto, è previsto un incontro presso il Ministero della Cultura, nel quale ci confronteremo con la consueta trasparenza, con l’auspicio di pervenire a un’equa soluzione in tempi brevi.

Il colosso americano non si arresta e ha risposto a queste dichiarazioni, tramite un portavoce:

Siamo pronti a collaborare per rispondere alle richieste dell’Autorità Garante della concorrenza e del mercato. Tutelare i diritti d’autore di compositori e artisti è per noi una priorità assoluta. Per questo rimaniamo impegnati nel raggiungere un accordo con SIAE, che soddisfi tutte le parti.

Ma questo incontro, al Ministero della Cultura, è andato a buon fine?

Dobbiamo difendere l’opera di ingegno degli autori italiani, che è un vero e proprio bene materiale. I colossi transnazionali rispettino l’identità degli Stati e il lavoro di ingegno delle persone. Alta espressione della cultura di una Nazione.

Queste le parole del Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, risalenti a qualche giorno fa. Sembrerebbe, però, che ieri le oltre tre ore di trattative, presso il Ministero della Cultura, non abbiano portato a nulla. META non sembrerebbe essere disposta a fare grandi passi avanti. Nastasi ha commentato di essere ancora molto distanti, poiché «nulla di quello richiesto dell’Antitrust è stato accolto da META». Il sottosegretario alla Cultura, Gianmarco Mazzi, ha aggiunto:

Trovo veramente assurdo che queste piattaforme, che hanno un’incredibile potenza economica, abbiano degli atteggiamenti di non rispetto nei confronti di chi i contenuti li crea.

Mazzi è sconcertato dalla cifra proposta, ritenendola “umiliante per i creatori“. Al tavolo delle trattative si sono sedute anche altre due Autorità: il garante per la Concorrenza e quello delle Comunicazioni. Non è mancato l’intervento politico, dalle parole del presidente della Commissione Cultura della Camera, Federico Mollicone:

Il Parlamento non fa più il passa-carte come è stato negli ultimi 5 anni, con i governi di unità nazionale, ma diventa di fatto un organo propulsivo e rivendichiamo il merito di questo riavvicinamento. Meta trovi un accordo, come lo ha trovato Google e che i nostri artisti vengano rispettati.

Le opere tutelate dalla SIAE, rappresentano una componente importante dell’offerta musicale italiana e internazionale. Trovare un’accordo è davvero fondamentale. Si riuscirà a mettere un punto? Di certo servirà un nuovo faccia a faccia, nella speranza che sia quello definitivo.

Marta Ferrato

 

Messina al fianco delle famiglie arcobaleno alla manifestazione “DisObbediamo”

“È l’amore che crea una famiglia” lo slogan della protesta che ha avuto luogo a Piazza Cairoli, Messina il 1 aprile. Scese in piazza centinaia di persone, riunite alla manifestazione promossa dall’Associazione Genitori OmosessualiFamiglie Arcobaleno“, che con la campagna “DisObbediamo” protestano contro la scelta del governo di impedire ai Comuni la registrazione automatica dei figli delle coppie dello stesso sesso.

Non solo: vuol essere anche un appello che si rivolge proprio ai sindaci e alle sindache di questo Paese che hanno sostenuto queste famiglie riconoscendo ai loro figli la loro identità familiare, invitandoli a disobbedire coraggiosamente.

Logo famiglie arcobaleno
© Victoria Calvo

Famiglie come tutte le altre

Ad aprire la manifestazione l’avvocata Maristella Bossa, socia di Famiglie Arcobaleno, con la quale, insieme alla compagna Isabella, lancia il forte appello.

La richiesta principale delle mamme, dei papà e degli alleati delle famiglie arcobaleno è il diritto al riconoscimento formale del rapporto di filiazioni di entrambi i genitori, sia quello biologico che quello intenzionale.

In questi anni, come sottolineano più volte, vi è un proprio vuoto legislativo, tappato parzialmente dal buon senso della magistratura e dei sindaci di molti comuni che hanno trascritto di loro spontanea volontà entrambi i genitori.

Un vuoto legislativo che, molto spesso, la stessa Corte europea dei diritti dell’uomo, e più recentemente, Didier Reynders, commissario europeo per la Giustizia, ha chiesto all’Italia di provvedere per rimanere in linea con i principi dell’Unione Europea. Ribadita, quindi, la necessità di tutelare l’identità familiare del minore a prescindere dall’orientamento sessuale dei genitori.

È chiaro che si tratta di un’azione meschina e ideologica, un’azione che il governo ha posto in essere sulla pelle dei bambini, che ha lo scopo di screditare la capacità genitoriale delle coppie dello stesso sesso e che si inserisce in un contesto più ampio di discriminazione contro tutta la Comunità LGBTQIA+.

Una manifestazione di protesta pacifica, come spiega Maristella Bossa, «volta a fare sentire la propria voce, come in tutte le piazze d’Italia, esortando ognuno di essi ad esprimere la propria sensibilità di padre, di madre, di figlio, di nonno, di zio contro quest’ingiustizia e questa discriminazione, perché non esistono genitori di serie A e genitori di serie B».

Bandiera LGBTQIA
© Victoria Calvo

Le parole della madre arcobaleno Egle Doria

La testimonianza di una famiglia arcobaleno è al centro della manifestazione. Egle Doria, referente interna di Famiglie arcobaleno Sicilia, racconta dell’unione civile nel 2019 con sua moglie Maria Grazia Pironaci. Dal loro amore è nata la figlia Marina Demetra, concepita in una clinica in Spagna tramite la fecondazione medicalmente assistita.

Come racconta Egle «in Spagna, insieme, abbiamo firmato un consenso informato che attesta per la Spagna che noi siamo le sue mamme. Lo stesso hanno fatto tutte le altre, lo stesso hanno fatto tutti gli altri papà, i papà che viaggiano per riuscire a coronare il sogno di genitoriali, che è un diritto di ciascun cittadino, di ciascun essere umano».

Definisce questa giornata come un momento di festa, perché solo grazie all’aggregazione e alla riunione di esseri umani si può lottare per i diritti, contro le discriminazioni. Devono comunque essere non solo momenti di lotta, ma momenti di festa, guerre di pace.

Egle però attira l’attenzione su una questione: secondo la legislazione italiana, se il genitore biologico dovesse venire a mancare, il figlio risulterebbe adottabile perché non avrebbe più un genitore o un tutore.

Nel momento in cui uno di noi genitori viene a mancare, nostro figlio diventa adottabile. Questo che cosa significa? Significa far entrare in casa tutti. Assistenti sociali, giudici, l’avvocatura in genere…

Egle doria che parla alla manifestazione famiglie arcobaleno
© Victoria Calvo

Siamo ancora troppo indietro

Secondo un’indagine Censis del 2021, quasi 20 milioni di persone in Italia reputa le persone omosessuali come malate.

Se è vero che nel corso degli anni il pensiero del nostro Paese stia andando via via “svecchiando”, d’altro canto è impensabile che nel 2023 l’attuazione dell’articolo 3 della nostra Costituzione – che riconosce e garantisce i diritti di tutti senza far alcuna distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali – sia ancora così lontana e incompleta.

Quanto ai papà, in media si pensa ancora che due papà non possano crescere un figlio per via della “incapacità” dell’uomo di prendersi cura della prole. E tuttavia, crescere un bambino va al di là del sesso dei genitori, prime guide nella sua vita, coloro che ne permettono lo sviluppo e la realizzazione personale. L’unica differenza è il riconoscimento da parte di uno Stato che non mette a pari livello i diritti di tutti i cittadini.

Gli organismi aderenti a Messina

Hanno aderito all’iniziativa organismi quali il Comitato Pari Opportunità del Consiglio Ordine Avvocati di MessinaAGEDO Reggio CalabriaANPI Sezione Comunale Aldo NatoliARCI Circolo Thomas SankaraARCI Circolo Paradiso per tuttiARCI MessinaARCIGAY MessinaAPS EIMI’Associazione Luca CoscioniCeDAV Centro Donne AntiviolenzaCentro Antiviolenza EVA LUNACentro Antiviolenza UNA DI NOI di Villafranca TirrenaNonUnaDiMeno MessinaPosto OccupatoClinica Legale e SocialeDiritti Umani CLESDUComitato Donne, Vita e LibertàEmergencyEumans!LELATPiccola Comunità Nuovi OrizzontiStretto PrideTenda della Pace e della Non ViolenzaTutrici e Tutori Volontari MSNAUna famiglia per amicoVeglie per le morti in mare.

Anche sindacati, CGIL e UIL, partiti e formazioni politiche: Cambiamo Messina dal BassoMessinAccomunaPartito Democratico+EuropaMovimento 5 StellePotere al PopoloRifondazione Comunista.

Victoria Calvo

Strage a Nashville, 28enne spara all’interno di una scuola elementare

Audrey Elizabeth Hale di anni 28, ex studente transgender, ha fatto irruzione nell’istituto elementare presbiteriano Covenant School uccidendo tre bambini e tre adulti. Hale aveva frequentato in passato tale scuola e, secondo le indagini, aveva pianificato nei dettagli il massacro. L’ennesima strage all’interno di una scuola che porta, ancora una volta, in alto il dibattito sul possesso delle armi negli Stati Uniti. La 129/a dall’inizio dell’anno, oltre una al giorno da gennaio.

Ricostruzione dei fatti

Lunedì, verso le 10 del mattino, l’ex studente dell’istituto Audrey Elizabeth Hale, irrompe all’interno di una scuola elementare cristiana; frantuma il vetro dell’entrata laterale e fa il suo ingresso. Ha con sé due armi d’assalto e una pistola, indossa gilet, pantaloni militari e un cappellino rosso, in base alle immagini fornite dalle telecamere di sicurezza. Con sè, anche le mappe dell’edificio. Un attacco di 14 minuti, poi la prima chiamata di soccorso alle 10:13 e la conclusione alle 10:27, con la morte di Hale ad opera della polizia. Le vittime sono tre bambini di 9 anni, un supplente, un amministratore della scuola e un custode.

 Penso che i genitori di Audrey siano scioccati come tutti noi nel vicinato. Non c’è nulla che mi avrebbe mai portato a pensare che sarebbe stato capace di un gesto simile o che la sua famiglia avesse accesso a una pistola.

Ha dichiarato un vicino di casa ad alcuni media americani.

Le indagini

Fonte: Rainews

La Polizia ha dichiarato che Hale non aveva precedenti penali e che l’attacco è frutto di premeditazione: ha studiato nei dettagli le piantine e le mappe della scuola. Il movente? Secondo gli inquirenti, il soggetto provava un forte risentimento nei confronti della scuola per essere stato costretto a frequentare una scuola cristiana dove probabilmente non si è mai sentito accettato identificandosi come transgender.  Dai primi accertamenti, le armi erano state ottenute legalmente, quanto meno due su tre. Hale è stata identificato per mezzo della sua auto posteggiata vicino alla scuola.

A seguito di una perquisizione è stato ritrovato un disegno minuzioso della mappa della scuola dove aveva segnato i punti “migliori” per entrare. Inoltre, sono stai trovati dettagli relativi ad un’altra possibile scuola dove forse si sarebbe recata se non fosse stata uccisa dagli agenti intervenuti sul luogo, oppure, un’altra ipotesi è che si tratterebbe di un bersaglio alternativo scartato perché la scuola attaccata aveva minori misure di sicurezza.

Qualcosa di brutto sta per accadere. Sentirai parlare di me quando sarò morto. Questo è un messaggio di addio. Ci vedremo in un’altra vita.

Queste sono le ultime parole di Hale ad una sua ex compagna di basket.

Le dichiarazioni del Presidente Biden

Il Presidente Biden è stato fortemente criticato per una battuta detta durante la sua prima apparizione pubblica a seguito della strage, all’inizio di un vertice sulle imprese femminili.

«Mi chiamo Joe Biden. Sono il marito della Dott.ssa Jill. Mangio il gelato Jeni’s con gocce di cioccolato. Sono sceso perché ho sentito che c’era il gelato con le gocce di cioccolato. A proposito, ne ho un frigorifero pieno al piano di sopra. Pensate che stia scherzando? Non è così». Ha affermato tra le risate del pubblico. Dichiarazioni ritenute inopportune in un momento come quello.

Il Presidente americano Joe Biden si è poi espresso su quanto accaduto.

È straziante, il peggior incubo di una famiglia. Dobbiamo fare di più contro la violenza di armi da fuoco. Sta facendo a pezzi le nostre comunità. Sta lacerando l’anima stessa della nazione. Dobbiamo fare di più per proteggere le scuole affinché non diventino prigioni.

Anche la First Lady ha invitato ad alzarsi e a stare in preghiera con Nashville.

Biden ha, inoltre, invitato il Congresso ad approvare il divieto di armi d’assalto e ordinato che vengano messe bandiere a mezz’asta alla Casa Bianca e in tutti gli edifici pubblici fino al 31 marzo in onore e memoria delle vittima della strage.

Di seguito il discorso del Presidente Biden:

Le armi d’assalto, come il fucile utilizzato da Hale, sono le armi più utilizzate nelle stragi di massa. I democratici quindi spingono per il divieto e per norme più stringenti, attente e puntuali sui controlli. I repubblicani, in gran parte contrari all’approvazione di una legislazione di controllo sulle armi, hanno puntato il dito contro la comunità Lgbtq+.

«Visto il numero crescente di trans e non binari che compiono sparatorie di massa, invece di parlare armi non sarebbe meglio parlare di questi lunatici che spingono la loro riaffermazione di genere sui nostri figli?» ha postato su Twitter il figlio di Donald Trump.

Anche Marjorie Taylor Greene si è espressa con lo stesso tono sulla strage.

Quanti ormoni come il testosterone prendeva la killer di Nashville? Tutti dovrebbero smetterla ora di prendersela con le armi. La donna che ha sparato a Nashville si identificava come un uomo. Quindi dovremmo ancora puntare il dito contro gli uomini bianchi?

La portavoce della Casa Bianca Karine Jean-Pierre, riportando il focus sulla questione, ha dichiarato:

Le scuole dovrebbero essere luoghi sicuri dove imparare e insegnare. Quando è troppo è troppo: il Congresso deve agire contro la violenza delle armi da fuoco. Quanti bimbi devono ancora morire prima di agire?.

 

Marta Zanghì

Tortura, la proposta in Parlamento per l’abolizione del reato

Fratelli d’Italia, il partito guidato dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, recentemente ha presentato una proposta di legge per abrogare il reato di tortura, con prima firmataria la deputata Imma Vietri. Nello specifico, con il provvedimento assegnato in Commissione Giustizia della Camera, si intendono di fatto abrogare gli articoli 613-bis e 613-ter del Codice penale che introducevano il reato di tortura e l’istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura.

La legge n. 110 del 14 luglio 2017

In Italia, il reato di tortura arriva solo nel 2017, dopo un lungo e complesso iter parlamentare presentato in aula dallo schieramento politico PD-AP. Venne, quindi, introdotto dalla legge n. 110 del 14 luglio 2017, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.166 del 18 luglio 2017.

Nello specifico, la tortura è un reato previsto e punito dall’art. 613-bis del codice penale;

Art. 613-bis (Tortura). – Chiunque, con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in condizioni di minorata difesa, è punito con la pena della reclusione da quattro a dieci anni se il fatto è commesso mediante più condotte ovvero se comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona.

La pena è inasprita se a commetterlo è un pubblico ufficiale:

Se i fatti di cui al primo comma sono commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, la pena è della reclusione da cinque a dodici anni. Il comma precedente non si applica nel caso di sofferenze risultanti unicamente dall’esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti. Se dai fatti di cui al primo comma deriva una lesione personale le pene di cui ai commi precedenti sono aumentate; se ne deriva una lesione personale grave sono aumentate di un terzo e se ne deriva una lesione personale gravissima sono aumentate della metà. Se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte quale conseguenza non voluta, la pena è della reclusione di anni trenta. Se il colpevole cagiona volontariamente la morte, la pena è dell’ergastolo.

Non solo, la legge contempla il delitto di istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura (art. 613-ter):

Art. 613-ter (Istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura). – Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio il quale, nell’esercizio delle funzioni o del servizio, istiga in modo concretamente idoneo altro pubblico ufficiale o altro incaricato di un pubblico servizio a commettere il delitto di tortura, se l’istigazione non è accolta ovvero se l’istigazione è accolta ma il delitto non è commesso, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Nonostante la legge di per sé presenta alcune criticità, poco dettagliata e troppo astratta, ha come motore principale la dignità umana: non è infatti giustificabile che, il fatto che una persona sia sottoposta a una limitazione della libertà personale, possa essere sottoposta a trattamenti inumani o degradanti. La legge, nella sua interezza, rappresenta difatti un reato comune, ovvero non indirizzato specificamente contro le forze dell’ordine, sebbene venga prevista un’aggravante nel caso in cui a commettere il reato siano agenti delle forze dell’ordine.

Abrogare la legge contro il reato di tortura non è la soluzione

Tale proposta di questa portata non è una novità tra le dichiarazioni del partito di destra. Infatti, Giorgia Meloni lo aveva annunciato già nel 2018, dichiarando che il reato di tortura “impedisce agli agenti di fare il proprio lavoro e per questo ne era necessaria l’abolizione.

Ora che è al governo, la proposta diviene realtà. Gli esponenti firmatari di Fratelli d’Italia spiegano le ragioni della proposta soprattutto a difesa delle Forze di polizia:

L’incertezza applicativa in cui è lasciato l’interprete potrebbe comportare la pericolosa attrazione nella nuova fattispecie penale di tutte le condotte dei soggetti preposti all’applicazione della legge, in particolare del personale delle Forze di polizia che per l’esercizio delle proprie funzioni  è autorizzato a ricorrere legittimamente anche a mezzi di coazione fisica. Se non si abrogassero gli articoli 613-bis e 613-ter, potrebbero finire nelle maglie del reato in esame comportamenti chiaramente estranei al suo ambito d’applicazione classico, tra cui un rigoroso uso della forza da parte della polizia durante un arresto o in operazioni di ordine pubblico particolarmente delicate o la collocazione di un detenuto in una cella sovraffollata.

In poche parole, il rischio di subire denunce e processi penali disincentiva e demotiva l’azione delle Forze dell’ordine, privandoli dello slancio necessario per portare avanti al meglio il loro lavoro, con conseguente arretramento dell’attività di prevenzione e repressione dei reati.

Dopo una prima ondata di polemiche, soprattutto provenienti dall’opposizione di sinistra, Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, dichiara che «non vi è volontà da parte di Fratelli d’Italia di abrogare il reato di tortura, ma di tipizzarlo in modo molto nitido così come è nelle convenzioni internazionali». A prima vista un retro-front strategico, ma non abbastanza per placare il movimento di critica…

In prima linea, la deputata di Sinistra Italiana-Alleanza Verde Ilaria Cucchi ha dichiarato che «Questo è un fatto gravissimo. Sostenere che la tortura in Italia non esista è una bugia. Più di un giudice, prima dell’introduzione di questa legge si è trovato a non poter procedere perché la legge non esisteva. Abbiamo lottato per la sua introduzione e ora rivolgo un appello a tutte le forze politiche, soprattutto al presidente della Repubblica: giù le mani dalla legge che punisce la tortura

Alfredo Bazoli, capogruppo Pd in commissione Giustizia, ritiene «Il reato di tortura c’è in tutti gli ordinamenti democratici, è richiesto dalle convenzioni internazionali a tutela dei diritti umani, siamo uno degli ultimi paesi occidentali che l’hanno introdotto. L’idea di abrogarlo rivela un’idea preoccupante e pericolosa dell’uso del potere e della forza da parte della destra. La difesa dello stato di diritto, e la difesa delle nostre forze dell’ordine, non può tollerare che lo si metta in discussione».

Cosa dice il rapporto del CPT riguardanti le carceri italiane

Solo un anno fa il Comitato Europeo per la prevenzione della tortura (CPT) aveva fatto visita nelle carceri italiane, e nello stesso giorno in cui è stata annunciata l’intenzione di abrogare il reato, è stato pubblicato il rapporto. I risultati fanno il punto della situazione sullo stato di salute degli istituti di privazione della libertà personale: violenze e intimidazioni tra detenuti sono alcune delle realtà riportate dall’organo europeo, insieme a una quota di sovraffollamento in tutte le strutture visitate, e che in particolare nella prigione di Monza, raggiunge picchi del 152%. Alla luce di quanto raccolto, Strasburgo chiede anche di migliorare le condizioni di vita dei detenuti e misure urgenti e specifiche per le donne e per le persone transessuali carcerati.

Patrizio Gonnella, presidente dell’Associazione Antigone, parla di una vera e propria riforma del sistema penitenziario, che guardi alla pena come elemento di risocializzazione della persona. Favorevole al sistema delle celle aperte, in cui il detenuto non passa 20 ore su 24 chiuso nella propria cella, ma, al contrario, ha la possibilità di usare il proprio tempo in attività formative ed educative, che non si limiti ad una mera «passeggiata per le sezioni senza poter far altro».

A commentare il rapporto del Cpt è stato il ministro della Giustizia Carlo Nordio: «È vero che le nostre carceri sono sovraffollate, ma abbiamo ampi progetti per ridurre questa criticità. Un progetto a lungo termine riguarda la dismissione delle vecchie carceri, come Regina Coeli che può essere venduto sul mercato, prevedendo la costruzione di nuove case, ma anche un progetto a lungo termine, soluzione più ambiziosa e definita, di utilizzare una serie di edifici, a cominciare da caserme dismesse, che hanno struttura compatibile con il carcere».

Victoria Calvo

Banksy, bloccata la sua “opera” galleggiante

È una nave – la Louise Michel – una delle ultime opere del noto artista senza volto Banksy. Un’imbarcazione dell’ex marina francese che si batte per salvare i migranti in mare, ma che rimarrà ferma a tempo indeterminato. Infatti, è stata sottoposta a controlli e ad un fermo amministrativo a Lampedusa domenica scorsa.

La nave Louise Michel. Fonte: Wikimedia Commons. Autore: DerPetzi

Secondo le autorità italiane, l’equipaggio avrebbe violato l’obbligo di recarsi al porto di Trapani dopo il primo salvataggio, per compierne altri. Ciò, secondo la Guardia Costiera, avrebbe «rallentato il raggiungimento di un porto di sbarco per i migranti salvati nel primo intervento».

A bordo ci sono 180 persone soccorse nella traversata lungo il Mediterraneo, durante cinque operazioni differenti. A detta della ONG, non sarebbe stata fornita nessuna spiegazione ufficiale riguardo al fermo. Secondo i membri dell’equipaggio, il fermo sarebbe dovuto ad una serie di norme contenute nell’ultimo decreto del governo su «Disposizioni urgenti in materia di transito e sosta nelle acque territoriali delle navi non governative impegnate nelle operazioni di soccorso in mare».

I membri della ONG hanno espresso il loro malcontento affermando che:

«Ci impediscono di lasciare il porto e prestare soccorsi in mare. Questo è inaccettabile»

La spiegazione dettagliata della Guardia Costiera

«Le disposizioni impartite alla nave ONG, valutate le sue piccole dimensioni, erano altresì tese a evitare che la stessa prendesse a bordo un numero di persone tale da pregiudicare sia la sua sicurezza che quella delle imbarcazioni di migranti a cui avrebbe prestato soccorso».

L’arrivo della Ong, per motivi di sicurezza e di urgenza, era stato «già peraltro sollecitato dai numerosi arrivi di migranti di questi ultimi giorni».

A tale comportamento, che già di per sé complicava il delicato lavoro di coordinamento dei soccorsi, «si sommavano le continue chiamate dei mezzi aerei Ong che hanno sovraccaricato i sistemi di comunicazione del centro nazionale di coordinamento dei soccorsi, sovrapponendosi e duplicando le segnalazioni dei già presenti assetti aerei dello Stato».

Origine e significato dell’imbarcazione

La nave è stata intitolata a Louise Michel, un’anarchica francese che mira a combinare il salvataggio con i principi di femminismo, dell’antirazzismo e dell’antifascismo, ed è stata acquistata con gli introiti provenienti dalla vendita di un’opera d’arte di Banksy, che l’ha poi decorata con un estintore e personalizzata con dei graffiti.

Inaugurazione di una targa dedicata a Louise Michel a Bobigny. Fonte: Flickr. Autore: choudoudou

È stato proprio l’artista a contattare tramite mail Pia Klemp, la capitana, dove comunicava di volerla sostenere economicamente. La nave, come la Sea Watch e la Open Arms, appartiene ad organizzazioni non governative che si occupano di salvataggi in mare ed è gestita ed equipaggiata da attivisti specializzati in soccorso che provengono da tutta Europa.

I naufragi non tendono a diminuire

Proprio ieri quasi un migliaio di persone sono sbarcate sulle coste italiane, quasi tutti provenienti dalla Tunisia. D’altro canto, i morti non sembrano cessare: sono almeno 29 i corpi recuperati dalla Guardia Costiera tunisina, provocati da due barconi affondati nei giorni precedenti.  E anche per le vittime di Cutro la parola “fine” sembra ancora lontana. Ad un mese esatto dalla tragedia, il mare ha restituito il novantunesimo cadavere, ma all’appello mancano ancora dieci persone.

Luca Cesarini, capomissione di Mediterranea Saving Humans, ha così commentato gli ultimi eventi:

«Con la situazione che c’è in mare, trattenere una nave di soccorso in porto mentre donne, uomini e bambini rischiano di morire, è una cosa assurda: qui non si tratta di slogan, ma vite di vite umane che si possono e si devono salvare».

Sull’altro fronte il Ministro degli Interni Piantedosi, che in una recente intervista ha affrontato il tema dell’incremento e del record di sbarchi, affermando che: «I migranti sono attratti dall’Italia anche perché c’è un’opinione pubblica favorevole, mentre in altri Paesi sono intransigenti». Parole che sono state oggetto di polemiche soprattutto sui social.

Serena Previti

Guerra ucraina: le due potenze ai conti con i “proiettili all’uranio impoverito”

La guerra in Ucraina procede e l’Occidente, determinato, protrae i suoi aiuti a Kiev. Il Regno Unito, in particolare, ha deciso per l’invio di un nuovo, letale tipo di equipaggiamento: i proiettili all’uranio impoverito. Vediamo ora le loro caratteristiche, quindi perché possono essere parecchio incisivi e pericolosi, tanto per chi li utilizza quanto per chi ne subisce l’impiego.

Le ambiguità dei proiettili “speciali”

Riporta le informazioni L’Indipendente. Il 20 marzo, durante un’audizione alla Camera dei Lord, la baronessa Annabel Goldie, viceministra della Difesa, ha dichiarato:

Assieme a uno squadrone di carri armati pesanti da combattimento Challenger 2 manderemo anche le relative munizioni, inclusi proiettili perforanti che contengono uranio impoverito poiché altamente efficaci per neutralizzare tank e blindati moderni russi

Un annuncio importante per tutto il mondo, che dal conflitto sovietico è preso in causa. Scioccante per chi conosce la natura di questi mezzi, provocante forse più sgomento che gioia. Perché c’è una cosa che la baronessa ha omesso; cioè che l’impatto delle pallottole genera la diffusione di microparticelle di uranio, sì impoverito, ma diversamente radioattivo, per le persone e le cose circostanti gli spari.

La storia dei proiettili all’uranio impoverito

La storia vede i proiettili all’uranio impoverito protagonisti degli assalti occidentali in Iraq, in Kuwait e nei Balcani. E fu proprio all’epoca dei fatti, nel 2001, che Carla del Ponte, allora procuratrice capo del Tribunale Penale Internazionale per l’ex Jugoslavia, definì “crimine di guerra” l’utilizzo di quegli strumenti.

Invece oggi? Per il motivo succitato, il dibattito internazionale sulla fruizione delle armi all’uranio impoverito è più che mai vivo, e queste munizioni non sono ancora state messe al bando. Solo un ristretto numero di paesi, tra cui il Regno Unito, impiega questi mezzi senza considerare i danni ambientali e fisici che possono generare.

D’altronde, pochi studi riescono efficacemente a dimostrare il legame consequenziale tra proiettili e malattie da essi scaturite; perché pochi studi sono stati condotti in merito e la correlazione non è semplice da dimostrare. Dulcis in fundo: non esistono trattati restrittivi a proposito.

Proiettili. Fonte: PxHere

La notizia incattivisce il Cremlino

Alla luce di quanto scritto, si spiegano le reazioni di Putin e del suo ministro della Difesa Sergei Shoigu alle parole della Goldie. «La Russia sarà costretta a reagire alle forniture occidentali di munizioni all’uranio» ha affermato il Presidente, mentre il membro del governo ha definito oramai «a pochi passi» lo scontro nucleare.

Tutto questo è avvenuto nel momento in cui il Capo del Cremlino e il Presidente cinese Xi Jinping si trovavano a Mosca per un dialogo, bigotto, su “negoziati e piani per la pace”. Un dialogo basato su dodici punti redatti dall’amministrazione di Jinping.

I dodici obiettivi di Xi Jinping

Di seguito elencati i dodici obiettivi, qui concentrati in brevi frasi, contenuti nel piano “per la pace” del Presidente Xi Jinping:

  1. Rispettare la sovranità di tutti i paesi.
  2. Abbandonare la mentalità della guerra fredda.
  3. Cessare le ostilità.
  4. Riprendere i colloqui di pace.
  5. Risolvere la crisi umanitaria.
  6. Protezione dei civili e dei prigionieri di guerra (POW).
  7. Mantenere sicure le centrali nucleari.
  8. Riduzione dei rischi strategici.
  9. Facilitare le esportazioni di grano.
  10. Stop alle sanzioni unilaterali.
  11. Mantenere stabili le catene industriali e di approvvigionamento.
  12. Promuovere la ricostruzione postbellica.

Gabriele Nostro