Una svolta nella storia dei diritti: il primo sì al suicidio assistito in Italia

“Dopo oltre un anno dall’inizio di questa battaglia, anche legale, Mario ha finalmente ricevuto il parere che attendeva: il Comitato Etico ha riscontrato i requisiti delle condizioni stabilite dalla Corte Costituzionale per l’accesso al suicidio assistito. È la prima volta in Italia.”. Scrive, così, tramite i propri canali social l’associazione Luca Coscioni, per comunicare che in Italia, per la prima volta, una persona potrà usufruire del suicidio assistito.

(fonte: notizie.it)

Si tratta di Mario, marchigiano di quarantatré anni, di cui gli ultimi undici vissuti da tetraplegico. La colpa di un incidente stradale.

Da oltre un anno, precisamente nell’agosto 2020, Mario aveva inoltrato una richiesta, all’Azienda sanitaria delle Marche, perché fossero verificate le sue condizioni di salute e poter poi accedere, legalmente, ad un farmaco letale per porre fine alla sua sofferenza.

Nel 2019 fu, infatti, approvata la sentenza della Corte Costituzionale in merito al caso di Marco Cappato, il politico e attivista, Tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, il quale era stato accusato di istigazione al suicidio, in base all’articolo 580 del Codice penale. Aveva aiutato Fabiano Antoniani, più noto come dj Fabo, a raggiungere la Svizzera e sottoporsi alla procedura di suicidio assistito.

 

La storia di dj Fabo, l’inizio di tutto

Fabo (fonte: ANSA)

Fabo era rimasto paralizzato e cieco dopo un incidente stradale. Marco Cappato aveva percepito tutta la sua sofferenza e così decise di correre lo stesso il rischio, andando contro la Legge italiana e incontro alla possibilità di finire per 12 anni in carcere.

“Sono arrivato in Svizzera e ci sono arrivato, purtroppo, con le mie forze e non con l’aiuto del mio Stato” scrisse Fabo su Facebook, nel suo ultimo messaggio, concludendo con un grazie a Cappato. Il dj che, con la sua vicenda, ha dato inizio a un profondo cambiamento nel nostro Paese, era diventato già da molti mesi prima il simbolo della lotta per l’approvazione di una legge sull’eutanasia e sul testamento biologico in Italia. Marco, invece, stava portando avanti da tempo la campagna “Eutanasia legale”.

Nel 2017, anno della vicenda, la discussione alla Camera dei deputati per il testamento biologico era stata posposta per tre volte, fino a essere rimandata al marzo, mentre le proposte di legge sull’eutanasia erano bloccate in Commissione da circa un anno. Davanti a questo, Cappato non si era trattenuto da dichiarazioni durissime contro i politici, convincendosi sempre più che la vita debba essere giudicata qualitativamente e non quantitativamente e, soprattutto, battendosi ancora più forte, in nome di Fabo e molti altri italiani che sono dovuti fuggire dall’Italia per poter morire, tramite le procedure esistenti, ma qui ancora illegali.

Due procedure diverse

Prima di procedere, vogliamo ricordare che il suicidio assistito e l’eutanasia sono due pratiche distinte: infatti, perché si tratti della prima delle due, il farmaco necessario a provocare il decesso viene assunto dalla persona malata in modo autonomo; per l’eutanasia, invece, è fondamentale il ruolo del medico, poiché, nel caso in cui essa sia “attiva”, è quest’ultimo a somministrare il farmaco letale, mentre per quella “passiva” sospende le cure o spegne i macchinari che tengono in vita la persona.

Dopo che Fabo se n’è andato, l’eutanasia passiva è stata resa legale con una legge sul testamento biologico, del gennaio 2018. Non ci sono, invece, mai state norme che regolamentassero l’eutanasia attiva e il suicidio assistito, ma entrambe si possono praticare in seguito all’emanazione della suddetta sentenza della Corte Costituzionale sul caso Cappato. Questa prevede che vi siano necessariamente determinate condizioni.

 

Più di un anno di attesa perché Mario usufruisse di un suo diritto

Per il 43enne di Ancona, Mario, è stata una lunga battaglia, anche legale, perché si desse inizio alla procedura. La decisione in merito spettava all’Asl marchigiana, la quale respinse la richiesta, rifiutandosi, inoltre, di attivare le procedure previste dalla sentenza del 2019, a partire da quella di verifica delle condizioni del malato.

Le condizioni che verranno ricercate ogni qualvolta verrà presentata una richiesta, delineate dalla Corte Costituzionale, prevedono che: il malato che formula la richiesta sia «tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale», sia «affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili» e sia «pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli».

Mario allora presentò un’istanza al Tribunale di Ancona, lo scorso marzo. Si diede ragione all’Asl: pur riconoscendo che il paziente aveva i requisiti previsti dalla Corte Costituzionale, non era possibile obbligare l’azienda e gli operatori sanitari a garantire il diritto al suicidio assistito.

Poi una svolta. L’uomo aveva, quindi, presentato un reclamo, e il Tribunale, a giugno scorso, ha ribaltato la precedente decisione, ordinando che l’Asl marchigiana verificasse la sussistenza dei criteri che avrebbero reso la richiesta accettabile.

 

Uno storico sì

Così, ieri, è arrivato quello che è stato definito uno storico sì. Il Comitato Etico dell’Azienda sanitaria marchigiana – un organismo indipendente formato da medici e psicologi che ha la responsabilità di garantire la tutela dei diritti dei pazienti – ha deciso che la situazione di Mario rientra nelle condizioni stabilite. Ora restano da definire, però, le modalità di attuazione della procedura.

“Mi sento più leggero, mi sono svuotato di tutta la tensione accumulata in questi anni. – ha dichiarato in un video Mario, una volta appresa la notizia – “Sono stanco e voglio essere libero di scegliere il mio fine di vita. Nessuno può dirmi che non sto troppo male per continuare a vivere in queste condizioni, condannarmi a una vita di torture. – per poi tuonare – Si mettano da parte ideologie, ipocrisia, indifferenza, ognuno si prenda le proprie responsabilità perché si sta giocando sul dolore dei malati.”.

Cappato ha commentato la vicenda definendola un “calvario dovuto allo scaricabarile istituzionale”:

“Dopo la sentenza della Corte Costituzionale, che ha a tutti gli effetti legalizzato il suicidio assistito, nessun malato ha finora potuto beneficiarne, in quanto il Servizio Sanitario Nazionale si nasconde dietro l’assenza di una legge che definisca le procedure. Mario sta comunque andando avanti grazie ai tribunali, rendendo così evidente lo scaricabarile in atto.”.

Cappato, rischiò 12 anni di carcere per aver aiutato dj Fabo (fonte: today.it)

Questa rimane comunque una tematica oggetto di numerose e anche aspri dibattiti. Basti pensare alle pesanti critiche da parte della Chiesa, da sempre attivamente contraria e che, nelle ultime ore, ha rilasciato comunicati in cui invita gli italiani gravemente malati, ad affidarsi, invece, alle cure palliative. Esempio è l’episodio che ha visto protagonista, qualche giorno fa, l’Arcivescovo di Perugia Gualterio Bassetti, che, aprendo la sessione autunnale del Consiglio Episcopale Permanente, ha criticato il referendum sulla morte assistita: “Propone una soluzione che rappresenta una sconfitta dell’umano”. Anche il mondo della politica rimane profondamente diviso.

Dal 2006, i casi più noti che hanno scosso le coscienze (fonte: ANSA)

Inoltre, rimangono in sospeso punti fondamentali, per i quali la sentenza della Corte Costituzionale resta solo un’iniziale conquista in tema di suicidio assistito. Infatti, i relatori alla proposta di legge, testo di attuazione della sentenza del 2019, hanno accolto la richiesta del centrodestra di prevedere la possibilità di obiezione di coscienza per il personale sanitario. Dunque, innanzitutto, bisognerà capire se ciò potrà configurarsi come un grosso impedimento per tutti coloro che vorranno fare la stessa scelta di Mario o di Fabo.

 

Rita Bonaccurso

Occupata sede nazionale del Cnr: la protesta di ricercatori precari

Venerdì 19 novembre, la sede nazionale del Cnr, Il Consiglio Nazionale delle Ricerche, è stata occupata simbolicamente da numerosi ricercatori precari. L’obiettivo dell’occupazione è il tentativo di farsi ascoltare dallo Stato. I ricercatori chiedono un contratto a tempo indeterminato già dal 2017. L’occupazione della sede romana, in piazzale Aldo Moro, è prevista fino al 30 novembre, giorno in cui verranno assunti solo 60 dei 400 ricercatori che hanno vinto il concorso. Alla protesta partecipano anche i sindacati Cisl, Uil e Cgil, che hanno definito la decisione del Cnrimmorale, assurda, incomprensibile e inaccettabile”. Nel comunicato rilasciato dai sindacati si legge:

«Il nuovo corso guidato da Maria Chiara Carrozza e da Giuseppe Colpani si sta assumendo la grave responsabilità di mandare a casa più di 400 tra ricercatori e tecnologi, in attesa da anni di assunzione a tempo indeterminato»

e ancora:

«Il più grande ente di ricerca pubblico del paese di fatto lascia senza lavoro quasi 400 lavoratrici e lavoratori che da anni e anni, senza alcuna tutela, contribuiscono al prestigio dell’ente»

Gli striscioni fuori dalla sede (fonte livesicilia.it)

La situazione è instabile dal 2017

Nel 2017 è stata approvata la legge Madia. L’obiettivo della legge era la diminuzione dei contratti a tempo determinato nei centri di ricerca pubblici. Il concorso, successivo alla legge, avrebbe permesso l’assunzione di 1070 ricercatori precari nell’Amministrazione pubblica. Tuttavia, solo una piccola parte fu realmente assunta. Altre assunzioni si sono avute nel 2019 e nel 2020, per un totale di 208 ricercatori assunti (su 700 ancora in attesa). La situazione attuale vede, quindi, circa 400 ricercatori del Cnr ancora non regolarizzati. Il problema principale è legato alla validità delle graduatorie del concorso, come ha spiegato il ricercatore precario del Cnr di Firenze, Lorenzo Marconi:

«Il vero problema è che le graduatorie del concorso a cui abbiamo partecipato nel 2018 scadono a dicembre»

Nonostante le dichiarazioni del Cnr, secondo cui le graduatorie potrebbero scadere il prossimo anno (insieme alla legge Madia), non ci sono certezze. Il rischio sarebbe quello di dover rifare il concorso, insieme a nuovi ricercatori che tentano di ottenere un posto di lavoro.

Ricercatori mascherati dichiarano la morte della ricerca (fonte notizie.tiscali.it)

La legge di bilancio del 2022 non risolve il problema

Volgendo il nostro guardo verso l’aspetto economico, la situazione non è certo delle migliori. La legge di bilancio del 2022 ipotizza uno stanziamento di 60 milioni di euro per la ricerca, dei quali soltanto 10 saranno finalizzati alla stabilizzazione dei precari. Al problema delle risorse insufficienti si aggiunge anche la verifica del piano di riforma del Cnr, affidata a un organismo esterno. Secondo i sindacati, questa scelta limita l’autonomia del Cnr, il quale avrebbe già degli organi interni preposti al controllo. A parlare è la Cgil: «Non accetteremo questa deriva. Difenderemo la democrazia nella ricerca pubblica».

In merito alla questione, sono intervenuti anche degli esponenti politici. Francesco Verducci (Partito Democratico) sostiene che:

«L’amministrazione del Cnr oggi propone di assumere per quest’anno non più di 60 dei 350 tra ricercatori e tecnologi che hanno maturato i requisiti per l’assunzione. Il Cnr propone di rimandare al 2022 qualsiasi decisione, sconfessando così le numerose deliberazioni che governo e parlamento hanno espresso. Ci sono tutte le condizioni e le risorse affinché l’Ente nel giro di un anno possa assumere circa 700 tra ricercatori e tecnologi, consentendo l’esaurimento del precariato storico»

Il deputato pentastellato, Alessandro Melicchio, ha detto:

«È necessario che il Cnr proceda con le assunzioni dei ricercatori in graduatoria: ci auguriamo lo faccia in fretta»

Beatrice Galati

Evacuazione notturna a Vulcano. Cosa sta accadendo sull’isola eoliana negli ultimi giorni

Grande preoccupazione a Vulcano, nell’arcipelago delle isole Eolie: ieri è iniziata l’evacuazione delle abitazioni dell’area portuale e delle zone limitrofe – al momento con interdizione solo notturna, dalle 23 alle ore 6 – , dopo che venerdì 19 novembre il governo Musumeci ha dichiarato lo stato di crisi e di emergenza regionale per via dell’isola, in cui è immediatamente scattata l’allerta gialla, in particolare su tre zone dell’isola. 

Fonte: corrieredellacalabria.it

Le ragioni di tale allarmismo sono riconducibili al vertiginoso aumento di CO2 nell’aria, che sta mettendo a dura prova la salute dei residenti. L’obiettivo è quello di avviare tutte le iniziative possibili in grado di garantire una risposta operativa sul territorio, mitigare i rischi e assistere al meglio la popolazione colpita dal progredire nelle ultime settimane dei fenomeni vulcanici.

L’ordinanza del sindaco

Il sindaco di Lipari Marco Giorgianni ha già provveduto a disporre un’ordinanza che da oggi, lunedì 22 novembre, coinvolgerà 100-150 persone residenti (dei 300 abitanti complessivi, all’incirca), alle quali sarà proibito dormire dalle 23 alle 6 nelle proprie case perché situate nella zona di rischio.

Il sindaco di Lipari, Marco Giorgianni. Fonte: Youtube.com

L’ordinanza sarà in vigore per un mese, durante il quale sarà vietato lo sbarco dei turisti, mentre continuerà ad essere consentito l’ingresso sull’isola ai pendolari. Escluse dall’ordinanza le località di Piano, Gelso e Vulcanello – essendo al momento ritenute sicure – ed è inoltre previsto il raddoppio h24 della guardia medica. Ad ogni modo, diverse famiglie dell’area di rischio dispongono di villette a più piani che pertanto potranno considerarsi tranquille se risiedenti ai piani alti.

Durante le ore diurne sarà consentito il normale svolgimento delle proprie attività, anche nella zona rossa, e sarà possibile frequentare le proprie case.
La durata di un mese dell’ordinanza servirà a dare il tempo alla INGV di raccogliere dati più precisi che possano prevedere dove potrebbero convergere i gas emessi dal Vulcano.

I rischi

A preoccupare i vulcanologi dell’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) e la protezione civile del luogo sono le continue fuoriuscite di fumi con gas, anidride carbonica e solforosa da più punti alle pendici del vulcano, oltre che dal cratere. Essendo che l’anidride carbonica pesante tende ad andare verso il basso, il sindaco teme per le conseguenze sulla popolazione.

Fonte: blogsicilia.it

Trasferimento e aiuti

A causa del divieto di pernottamento nelle zone di rischio, gran parte delle persone dovrà recarsi nelle seconde case, da amici o parenti, e anche nelle strutture turistiche alberghiere delle zone fuori pericolo che si sono messe a disposizione per fronteggiare l’emergenza.

Tali famiglie saranno aiutate da un contributo mensile quantificato dall’ordinanza sindacale per l’autonoma sistemazione: previsti 400 euro per i nuclei mono familiari, 500 euro per quelli composti da due persone, 700 euro per i nuclei da tre unità, 800 euro se il nucleo è di 4 o più soggetti.
Il Comune, in ogni caso, cercherà delle soluzioni per chi non avrà provveduto in autonomia, dando la priorità a famiglie con disabili gravi, poi i fragili e gli altri nuclei familiari a seguire. Eventuali costi extra sostenuti dai cittadini saranno rimborsati.

Le parole dell’esperto

Il direttore della Sezione Ingv di Palermo, Francesco Italiano, già noto alle Eolie per aver guidato la scoperta dei sistemi idrotermali sottomarini nell’isola di Panarea e dintorni, ricorda a proposito di Vulcano che:

«al momento il serio problema è rappresentato dalla massa di gas aumentata a dismisura. Dopo aver monitorato la parte geochimica dell’isola è stato accertato che i valori giornalieri di CO2 da 80 tonnellate sono lievitati a 480. Ecco perché è rischioso vivere nella zona rossa dove odore e calore sono segnali ai quali non bisogna essere esposti. Elementi che fanno capire che è meglio non dormire lì».

Fonte: zerozeronews.it

Le parole del sindaco Giorgianni suggeriscono una simile preoccupazione:

«Ci sono dei dati che riguardano l‘aumento dei gas – ha spiegato – che creano preoccupazione molto forte perché possono essere pericolosi per la salute pubblica. C’è un gas pesante al suolo che riduce la quantità di ossigeno che crea difficoltà respiratorie che possono avere effetti letali. Questo il dato giornaliero: 480 tonnellate di C02. Il dato normale è di 80. Poi dipende anche dal vento. Se si distribuisce in un territorio limitato diventa pericoloso, se in un territorio più vasto è meno pericoloso. Qualcosa quindi dobbiamo fare? Bisognerà fare una campagna in tutta l’isola per accertare i reali valori di gas e altro. Quando avremo i risultati di questo monitoraggio a tappeto si decideranno i nuovi provvedimenti».

Muscarà, la rassegnazione di un isolano

Tra gli isolani (chiamati ‘’vulcanari’’) aleggia uno stato di diffuso timore, come conferma Peppino Muscarà, membro di una delle famiglie storiche dell’isola:

«La situazione a Vulcano non è affatto buona, mi domando se la situazione fumi e gas dovesse restare così per anni… che futuro potrà avere l’isola e i suoi abitanti. Nessuno può garantire che torneremo come prima, nessuno scienziato può garantirlo. Che ne sarà’ delle nostre case, delle nostre attività, del lavoro, dei nostri animali e del turismo? Purtroppo – conclude – in questo caso non esiste un piano “B”, abbiamo a che fare con un Vulcano di natura esplosiva in una isoletta di 21 km quadrati e contro la natura in questo caso nulla si può fare per difendersi».

Gaia Cautela

Nuova Dehli: settimana lockdown, ma non per il Covid

È di sabato 13 novembre la decisione del capo del governo di Nuova Delhi, capitale dell’India, di chiudere le scuole per una settimana e i cantieri per quattro giorni, a partire da lunedì 15 novembre.

Gli impiegati degli uffici pubblici svolgeranno le loro ore di lavoro in modalità smart, per cercare di ridurre l’elevata circolazione di automobili e mezzi pubblici. Anche le lezioni proseguiranno a distanza.

La causa di queste chiusure, questo “semi-lockdown“, ebbene, questa volta, non è da imputare al Covid-19, bensì all’inquinamento. Sebbene la situazione risulti molto complicata e il premier Arvind Kejriwal abbia avanzato l’ipotesi di passare a un lockdown totale della città, ciò potrebbe tradursi in una misura concreta, in realtà, solo dopo aver ascoltato il parere del governo federale.

Le città indiane sono ogni anno più inquinate

Ogni anno sono molte le città indiane costrette a combattere contro livelli di inquinamento atmosferico sempre più preoccupanti. Tra queste, Nuova Delhi è sicuramente una delle città in cui la situazione è gravissima. Secondo la SAFAR (una delle principali agenzie di monitoraggio ambientale dell’India), l’indice di qualità dell’aria della capitale è arrivato a “molto scarso”. In particolare, nelle aree urbane della città, la quantità di particolato nell’aria supera di sei volte la soglia di sicurezza. Il particolato indica tutto l’insieme di sostanze, liquide o solide, sospese in aria, la cui dimensione può variare da pochi nanometri fino a 100 µm. E’ proprio il particolato ad essere tra gli inquinanti più frequenti nelle zone urbane.

La decisione di fermare le attività, scolastiche e lavorative, è stata quindi obbligata. Secondo i dati diffusi da Kejriwal, i livelli di inquinamento sono arrivati ad un limite di rischio altissimo, ovvero al livello 437 su una scala di 500, secondo l’indice della qualità dell’aria.

La Porta dell’India nascosta dallo smog (fonte lastampa.it)

La pratica del debbio e le parole dell’attivista Aditya Dubey

Preoccupazione arriva anche dalle immagini dei satelliti della NASA. Da queste si può notare come, gran parte delle pianure dell’India settentrionale, siano coperte da una fitta e densa foschia.

A rendere tutto ancora più complicato è l’abitudine, che si ripete ogni inverno, da parte degli Stati confinanti, di bruciare i residui dei raccolti precedenti. Questa pratica viene chiamata “del debbio”: i contadini procedono a fertilizzare le campagne utilizzando i residui bruciati. I fumi causati da queste combustioni, spinti dal vento, arrivano fino a Nuova Delhi, con conseguente aumento dell’inquinamento atmosferico. A pronunciarsi sulla situazione è stata anche l’attivista Aditya Dubey, che ha presentato, alla Corte Suprema, una richiesta di lockdown totale nella capitale. Dubey si è inoltre rivolta al governo, invitandolo a mettere in atto delle misure per contrastare l’inquinamento sempre più crescente.

Più di un milione di vittime all’anno

A Glasgow, durante la COP26 tenutasi dal 31 ottobre al 12 novembre, lo Stato indiano ha annunciato di voler arrivare all’obiettivo zero emissioni nel 2070, dopo Cina, Usa e Europa. La volontà dell’India, però, è in netto contrasto con quella che è la realtà in cui il Paese si trova e con quello che dovrebbe essere il comportamento giusto da adottare. Solo a Nuova Delhi, ogni anno, le vittime dell’inquinamento sono più di un milione. Tra le cause principali troviamo malattie respiratorieinfarti, diabete, complicazioni polmonari e malattie infantili. Proprio in merito all’aumento delle malattie, il Times of India ha rilevato un numero sempre maggiore di persone nei pronto soccorso degli ospedali. Il dottor Suranjit Chatterjee, dell’ospedale Apollo, ha dichiarato:

“Stiamo ricevendo 12-14 pazienti ogni giorno in emergenza, soprattutto di notte, quando i sintomi causano disturbi del sonno e panico”.

Come se tutto ciò non bastasse, ogni anno si forma uno strato di schiuma, altamente tossica, sul fiume Yumana, affluente del Gange. All’interno della schiuma sono contenute alte quantità di ammoniaca e fosfati, due sostanze che possono causare problemi cutanei e respiratori. La crisi nella metropoli indiana potrebbe durare fino al 18 novembre, almeno secondo il Centro per il controllo dell’inquinamento.

La schiuma tossica sul fiume Yamuna (fonte teleambiente.it)

 

Beatrice Galati

Proteste ‘’No green pass’’. Ecco le nuove restrizioni annunciate dalla ministra Lamorgese

Nella serata di mercoledì scorso il Viminale ha annunciato nuove restrizioni sulle manifestazioni dei no green pass, che da ormai settimane stanno provocando forti disagi in diverse città italiane.

Fonte: TGCom24

La direttiva – vale a dire un documento che contiene norme e istruzioni – predisposta dalla ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, esorta all’individuazione di aree sensibili e impone tutta una serie di altre limitazioni. L’obiettivo è garantire il diritto a manifestare ma proteggendo l’attività economica e la salute pubblica, soprattutto in vista di un nuovo sabato di proteste atteso per il 13 novembre.

Le nuove misure su cortei e manifestazioni

Con il Natale alle porte, il dilagare del fenomeno proteste per le misure emergenziali dettate dalla pandemia ed il continuo aumento dei contagi, Lamorgese ha ritenuto urgente l’imposizione di una nuova linea a chi ha il compito di tutelare l’ordine pubblico.

La ministra ha quindi inviato due giorni fa una circolare a tutti i prefetti d’Italia, che avranno la facoltà di «individuare specifiche aree urbane sensibili» e di particolare interesse per lo svolgimento ordinato della vita cittadina, che «potranno essere oggetto di temporanea interdizione» agli stessi cortei, almeno fino alla fine dello stato di emergenza.

La ministra degli Interni, Luciana Lamorgese. Fonte: Ansa

I manifestanti dovranno essere tenuti lontani da centri storici e affollati delle città, oltre che da obiettivi sensibili come sedi di sindacati e partiti, palazzi delle istituzioni e ambasciate. Tra le disposizioni c’è poi la possibilità di imporre lo svolgimento delle proteste in forma statica soltanto (sit-in), l’obbligo di mascherina all’aperto e regolamentazione di percorsi idonei a preservare aree urbane nevralgiche.

Le decisioni sulle misure specifiche – da adottare comunque caso per caso – avranno attuazione immediata e saranno affidate ai Comitati provinciali per l’ordine e la sicurezza pubblica (in cui si riuniscono il sindaco del capoluogo di provincia, il presidente della provincia, il questore e i rappresentanti delle forze dell’ordine).

Lamorgese e Mattarella in difesa del bilanciamento dei diritti

Nonostante la direttiva nasca con l’obiettivo esplicito di contenere i disagi derivanti dalle manifestazioni di dissenso delle ultime sedici settimane, la ministra degli Interni ha tenuto a specificare che la circolare non riguarda esclusivamente le manifestazioni ‘’No Green Pass’’ e che pertanto le restrizioni a cui rimanda potranno essere applicate anche a proteste «attinenti ad ogni altra tematica».

Intervenuta all’assemblea dell’Anci, Luciana Lamorgese ha spiegato:

«Il diritto di manifestare è costituzionalmente garantito ma esiste anche un bilanciamento dei diritti: si può manifestare ma servono regole che proteggano gli altri cittadini, il diritto al lavoro e il diritto alla salute». Ha poi messo in evidenza che «Non si può pensare che a fronte di un’economia in rialzo, la penalizziamo con tutte queste manifestazioni».

Ed in merito a ciò è intervenuto anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella:

«Dissenso non può sopraffare il dovere di proteggere i più deboli».

Il presidente Sergio Mattarella. Fonte: AGI

L’elenco dei luoghi vietati

I prefetti, in accordo con i sindaci, hanno già pensato ad una serie di provvedimenti per impedire le manifestazioni in alcune zone della città. A tal proposito, il Corriere della Sera ha stilato un elenco delle piazze italiane in cui non sarà possibile manifestare: l’intenzione è di seguire l’esempio del prefetto di Trieste Valerio Valenti, il quale ha vietato le manifestazioni in piazza Unità d’Italia fino al 31 dicembre.

Proteste No Green Pass a Firenze in piazza Santa Maria Novella. Fonte: SkyTG24

Pertanto:

• Vietate piazza Fontana, la zona del Duomo e di Brera a Milano;
• Vietata piazza del Popolo con l’indicazione di concentrarsi al Circo Massimo a Roma;
• Vietate Santa Croce e Santa Maria Novella a Firenze;
• Divieto manifestazioni sul lungomare, in piazza Dante e piazza del Plebiscito a Napoli;
• Vietata piazza Maggiore a Bologna;
• Niente manifestazioni a piazza del Ferrarese a Bari;
• Vietata piazza Sant’Oronzo a Lecce;
• Vietata piazza Verdi a Palermo;
• Divieto in piazza Garibaldi a Cagliari;
• Si valuta di vietare piazza della Vittoria a Genova;
• Al vaglio la possibilità di non concedere più piazza Dante a Trento.

La voce degli oppositori

Dopo l’annuncio delle nuove restrizioni, molti gruppi di manifestanti sono sul sentiero di guerra contro tali divieti. Altri si sono mostrati invece maggiormente disposti ad accettare piazze e altri luoghi alternativi.

Tra gli oppositori, a Milano, il Comitato che promuove i cortei del sabato ha annunciato lo stop alle trattative con la questura perché:

«dopo questo sabato, per noi è diventato impossibile sederci al tavolo con chi ha rinchiuso centinaia di manifestanti pacifici in una via e li ha trattati peggio dei criminali».

Più moderati i toni di Marco Liccione, portavoce del movimento ‘’Variante Torinese’’ e organizzatore da settimane delle proteste a piazza Castello che ha detto:

«non possono vietarci di manifestare. Leggeremo la circolare e, per il bene delle persone che aderiscono alla manifestazione e per rispetto dei commercianti, valutiamo per sabato di cambiare luogo di ritrovo».

Problemi di applicazione delle strette

Fonte: SkyTG24

Entro questo scenario non è ancora chiaro fino a che punto potranno essere applicate le nuove limitazioni: mentre potrebbe risultare non particolarmente complessa l’individuazione di un’area «sensibile» da presidiare con l’aiuto delle forze dell’ordine, più difficile sarà obbligare i manifestanti al concordamento del percorso, dopo che nelle manifestazioni delle ultime settimane sono stati in diversi gli attivisti privi di autorizzazione. Così come sarà altrettanto complicato obbligare eventualmente i manifestanti a protestare in forma statica.

Gaia Cautela

Migliaia di persone al confine polacco-bielorusso: a rischio stabilità UE

Hanno ormai raggiunto quota 4mila i migranti al il confine tra la Polonia e la Bielorussia. Nei primissimi giorni di novembre erano circa 800 le persone che avevano raggiunto il punto, nella speranza è quella di spostarsi dalla Bielorussia e raggiungere vari Paesi dell’Unione Europea (Germania, Lituania, Estonia). Dietro la vicenda, già di per sé delicata, sembra esserci qualcosa di più: dietro alla casualità, pare che il governo bielorusso si stia muovendo per sfruttare la situazione nel proprio interesse. La motivazione dietro sarebbe da ricondurre a un tentativo di attacco all’Unione.

Il coinvolgimento del governo, ormai, sembrerebbe certo: sul web sono circolati molti video che mostrano i soldati bielorussi mentre scortano migliaia di profughi al confine, precisamente verso la foresta che delimita la regione polacca della Podlaskie.

Mariausz Blaszczak, il ministro della Difesa polacco, ha ordinato lo schieramento di 12mila uomini dell’esercito al confine, accusando la Biellorussia di star utilizzando i migranti come mezzo per attaccare il Paese. La risposta da Minsk non tarda ad arrivare: Varsavia viene accusata per l’atteggiamento disumano e indifferente con il quale sta trattando i rifugiati, provenienti prevalentemente dal Medio Oriente (Iraq, Siria, Afghanistan).

Sul posto si è recato anche il primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki, per mostrare solidarietà a polizia, guardie e soldati che si trovano al confine. La possibilità di un eventuale dispiegamento di forze armate viene valutata anche dalla Lituania. La NATO ha espresso solidarietà nei confronti della Polonia. Nel frattempo, a subirne le conseguenze più gravi, sono i migranti.

I migranti al confine (fonte tgcom24.mediaset.it)

Migliaia di persone strumentalizzate per interessi politici

La relazione tra Polonia, più in generale Unione Europea, e Bielorussia è assai complicata. Il regime autoritario di Alexander Lukashenko, avversario politico dell’UE, starebbe tentando di mettere le due forze politiche in difficoltà. A quanto pare, però, non sarebbe solo la Bielorussia a giovare dello sfruttamento dei migranti.

Secondo Politico, un giornale americano, i partiti polacchi di maggioranza di estrema destra, starebbero accusando l’opposizione di pensare più alla tutela degli interessi dei migranti che a quella dei polacchi. Il tema dell’immigrazione è molto forte tra l’elettorato nazionale e, come succede quando l’ondata dei flussi migratori aumenta, i partiti nazionalisti di tutta Europa sono pronti a utilizzarla per accrescere il loro consenso politico.

Negli ultimi giorni, anche molti canali di informazione polacchi si sono piegati a una narrativa che dipinge gli immigrati come pericolosi. Il notiziario statale, TVP Info, ha mandato in onda un servizio dal titolo “L’opposizione appoggia i migranti e Lukashenko”, additando i partiti all’opposizione come i principali colpevoli dell’aumento dei flussi migratori. Anche il talk show televisivo polacco, Wiadomości, ha mostrato una scena di una serie tv Netflix, “Snabba cash”, in cui si vedono due stranieri intenti a sparare colpi di mitragliatrice in pieno centro. La scena è stata riportata come un fatto realmente accaduto in Svezia.

Il muro anti migranti della Polonia

Il consenso per il partito di estrema destra, Diritto e Giustizia, secondo un sondaggio, sarebbe sceso al 32,5%, di dieci punti, dalle elezioni politiche del 2019. Questo potrebbe essere un valido motivo, per il partito, per strumentalizzare la vita di migliaia di innocenti. Non è la prima volta che la Polonia rifiuta di accogliere i migranti. È successa la stessa cosa anche nel 2015. Nell’agosto del 2021, il Parlamento ha approvato la costruzione di un muro anti-migranti. Per la sua costruzione sono necessari oltre 350 milioni di euro, che lo Stato ha chiesto anche all’Unione Europea. Nonostante le continue pressioni, però, a ottobre la Commissione europea ha dichiarato che non finanzierà in alcun modo l’iniziativa.

La costruzione del muro anti migranti (fonte it.euronews.com)

La preoccupazione dei soggetti coinvolti

Ad essere preoccupati sono in molti. Il premier polacco Morawiecki, ha scritto via Twitter:

“Sigillare il confine è nel nostro interesse nazionale. Ma oggi sono in gioco la stabilità e la sicurezza dell’intera Ue”

A parlare, intanto, anche il ministro dell’Interno tedesco, Horst Seehofer, che, rivolgendosi all’Ue, afferma l’impossibilità della Polonia o della Germania di gestire la crisi da sole:

“Dobbiamo aiutare il governo polacco a proteggere la sua frontiera esterna. Questo sarebbe compito della Commissione europea, faccio appello perché agisca”.

A pronunciarsi è stato anche Charles Michel, il presidente del Consiglio europeo, che ha definito inaccettabile la strumentalizzazione da parte del governo polacco. Ursula von der Leyen fa appello agli Stati membri, affinché vengano estese le già previste sanzioni nei confronti del governo bielorusso, dopo un confronto con i primi ministri di Lettonia, Lituania e Polonia. Ma la preoccupazione maggiore è, sicuramente, per le migliaia di migranti. Il loro alto numero potrebbe creare situazioni rischiose, come i fuochi improvvisati che vengono accesi da chi cerca di scaldarsi. C’è chi chiede anche aiuto all’esercito polacco, senza però ricevere risposta. Queste persone, costrette in uno strano limbo, si preparano a sopravvivere al freddo intenso, aggrappandosi alla speranza in un futuro migliore.

Beatrice Galati

Reddito di Cittadinanza, cosa cambia nel 2022

Il governo ha confermato lo stanziamento del Reddito di Cittadinanza anche per il 2022, ma Draghi annuncia che ci saranno “controlli molto più precisi e dettagliati”. Il disegno di legge approvato dal consiglio dei ministri modifica sensibilmente la misura. L’obiettivo, infatti, è quello di introdurre strategie che identifichino i cosiddetti “furbetti”, un meccanismo che riduca mensilmente di 5 euro l’importo percepito ad ogni rigetto di offerta di impiego e maggiori obblighi per i beneficiari. Si arriva pertanto ad una stretta per i percettori del reddito di cittadinanza che verosimilmente potrebbe essere applicata già dall’1 Gennaio 2022.

Il restyling del RcD

Il disegno di legge che introduce un restyling del RdC, fortemente voluto dal Movimento 5 stelle e introdotto nel 2019 dal Governo Conte I, ha ricevuto il via libera dal Governo lo scorso 28 Ottobre e introduce novità sui controlli, sulle modalità di erogazione e sul sistema di posizionamento nel mondo del lavoro.

Il sistema del Reddito di cittadinanza sarà modificato nei seguenti punti:

  • Saranno rafforzati i controlli grazie ad una collaborazione tra INPS e i Comuni di residenza dei percettori che eseguiranno controlli preventivi, successivi e a campione sui requisiti richiesti per accedere al beneficio. I comuni si impegneranno a coinvolgere almeno un terzo dei percettori in progetti utili alla collettività;
  • Taglio mensile di 5 euro ad ogni rigetto di offerte di impiego. Dopo il primo rigetto, il taglio di 5 euro al mese sull’assegno si protrarrà fino a che il percettore non trova un impiego. Il sostegno, in ogni caso, non può scendere sotto la soglia dei 300 euro. La riduzione non verrà applicata alle famiglie che percepiscono un reddito di cittadinanza inferiore a 300,00 € o i cui componenti sono esonerati o esclusi dal percorso di politica attiva o finché c’è un minore di tre anni o affetto da grave disabilità;
  • Diminuisce da 3 a 2 il numero di offerte che si possono rifiutare, pena la sospensione del beneficio. La prima offerta di lavoro dovrà riguardare una occupazione che disti non più di 80 km dalla residenza del percettore. La seconda non più di 250km;
  • Le domande prive della DiD, Dichiarazioni di Immediata Disponibilità al lavoro, non saranno tenute in considerazione.

Chi percepisce il reddito di cittadinanza

Il numero dei beneficiari continua ad aumentare. Secondo quanto emerge dall’analisi statistica contenuta nella rubrica del quotidiano La Ragione, nel mese di agosto le famiglie percettive del sussidio sono state 1,5 milioni, circa il 5,7 % in più rispetto al 2020. In totale sono quindi 3,7 mln i soggetti coinvolti, anche qui, oltre un milione in più rispetto al 2019. Secondo i dati di luglio 2021, circa l’85,6% dei percettori è di cittadinanza italiana. La diffusione più marcata del sussidio si registra al sud dove il 12% delle famiglie è beneficiaria del contributo, il 5% al centro e il 3,2% al nord.

A lanciare l’allarme per il Sud Italia è  il presidente di Ance Sicilia: “Siciliani refrattari allo sviluppo, attaccati al Reddito di cittadinanza, mentre le imprese che hanno il lavoro sono ridotte con i mezzi di cantiere fermi perché non si trovano conduttori specializzati”.

Il reddito di cittadinanza non durerà in eterno

 

Importo reddito di cittadinanza (fonte: nextquotidiano.it)

Quanto è costato fino a questo momento il reddito?

Ogni posto di lavoro “creato” con il Reddito di Cittadinanza è costato allo Stato almeno 52 mila euro, oltre il doppio di quanto spende annualmente un imprenditore privato per un operaio a tempo indeterminato full time.

Ipotizzando che ogni percettore abbia impiegato almeno un anno prima di entrare nel mercato del lavoro,

Come riporta QuiFinanza, dal 2019 fino alla fine di quest’anno, l’investimento dello Stato ammonta a 19,6 miliardi: 3,8 nel 2019, 7,2 nel 2020 e 8,6 miliardi per l’anno in corso. Per il 2022 è prevista una spesa di 7,7 miliardi. Come riporta Open, a questi dati vanno considerate le frodi sempre più frequenti che si registrano. Nell’anno in corso sono state erogate 200 milioni di prestazioni non dovute.

 

Elidia Trifirò

 

COP26: stop alla deforestazione entro il 2030

E’ stato raggiunto un accordo, lunedì 1 novembre, durante la COP26 (Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) iniziata a Glasgow il 31 ottobre, sotto la presidenza del Regno Unito: fermare la deforestazione, nei 100 Paesi firmatari, entro il 2030. Il patto è molto importante, se si considera che in questi Paesi è presente l’85% delle foreste mondiali. Tra i firmatari della “Dichiarazione di Glasgow su foreste e terra” anche Stati Uniti, Russia, Brasile e Cina. Il loro contributo è di vitale importanza, in quanto si tratta delle economie più forti del mondo e di Paesi che ospitano le più grandi foreste mondiali. Per promuovere politiche volte a fermare la deforestazione, saranno stanziati 12 miliardi di dollari pubblici, ai quali si aggiungeranno altri 7 miliardi da parte di società private. Nonostante il buon risultato, però, decine di migliaia di attivisti sono arrivati a Glasgow per far pressione sulla Conferenza. Alla loro guida Greta Thunberg che, arrivata nel Regno Unito lo scorso sabato, guiderà venerdì una manifestazione di protesta. Intervistata dalla BBC, ha ribadito l’importanza di non mollare, affermando che “a volte dobbiamo far arrabbiare la gente” per difendere ciò in cui crediamo. La Conferenza terminerà il 12 novembre.

L’attivista Greta Thunberg a Glasgow (fonte heraldscotland.com)

I tre grandi obiettivi della COP26

Alla chiusura del G20, tenutosi a Roma, i Paesi partecipanti non sono riusciti a trovare un valido accordo sul clima. È, quindi, di vitale importanza la Conferenza che si sta tenendo in questi giorni a Glasgow. I tre obiettivi da raggiungere sono: mantenere il riscaldamento del pianeta intorno a 1,5 gradi centigradi (rispetto ai livelli pre-industrializzazione), come previsto dagli accordi di Parigi del 2015; un intervento finanziario dei Paesi più sviluppati nei confronti di quelli più poveri, con il compito di consegnare cento miliardi di dollari l’anno, a partire dal 2022; adottare un insieme di regole scientifiche che permetteranno di misurare le emissioni che alterano il clima. Sugli obiettivi da raggiungere si è espresso anche il Premier italiano, Mario Draghi:

“Mentre pianifichiamo i nostri prossimi passi, dobbiamo porci obiettivi concreti. Questo percorso richiede creatività, ambizione e una sana pianificazione economica. Sono orgoglioso degli sforzi compiuti dall’Italia e dall’Unione Europea attraverso il programma Next Generation EU. Gli Stati membri hanno deciso di trasformare la pandemia in un’opportunità. Abbiamo avviato una serie ambiziosa di riforme e investimenti. Intendiamo accelerare la transizione ambientale nelle nostre economie e rendere la crescita più equa e sostenibile”.

Il premier Draghi a Glasgow (fonte agi.it)

 

Il Premier ha, inoltre, sottolineato l’importanza di coinvolgere le banche multilaterali di sviluppo e la Banca Mondiale, invitandole a impegnarsi nella condivisione dei rischi con il settore privato. Draghi ha parlato anche delle ripercussioni che il cambiamento climatico ha su pace e sicurezza globali: l’esaurirsi di risorse naturali fa aggravare le tensioni sociali, può portare a nuovi flussi migratori e contribuire all’aumento di terrorismo e criminalità organizzata.

USA, Germania, Cina: gli interventi dei leader

Il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, durante il suo discorso alla COP26, ha riconosciuto la grande responsabilità che il suo Paese può avere nel dare l’esempio. La sua speranza è quella di trasformare la più grande economia del mondo in una delle più innovatrici per energia pulita:

“Quello che faremo è ridurre le emissioni del 50-52% rispetto al 2005 entro il 2030. La mia amministrazione sta lavorando incessantemente dimostrando che queste non sono parole ma azioni. Puntiamo all’obiettivo di 1,5 gradi entro il 2030, trasformando la più grande economia del mondo nella più innovatrice. Ecco perché oggi abbiamo un programma per arrivare a emissioni zero entro il 2050”.

La proposta della cancelliera tedesca, Angela Merkel, è quella di far pagare un prezzo per le emissioni di Co2. Questo spingerebbe le industrie dei Paesi ad adottare migliori tecnologie per raggiungere la neutralità climatica. La speranza della Merkel è quella di raggiungere un mondo a emissione zero, speranza che può diventare realtà, secondo lei, solo se si blocca il finanziamento internazionale di elettricità generata dal carbone.

Anche il presidente cinese, Xi Jinping, seppur non fisicamente presente alla Conferenza, ha invitato tutti i Paesi a “intraprendere azioni più forti per affrontare insieme la sfida climatica”. Per il leader, gli effetti negativi del riscaldamento globale sono sempre più evidenti e l’urgenza di un’azione globale continua a crescere.

Un altro importante intervento è quello della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che scrive così in un tweet:

“La Cop26 è un momento di verità per i nostri piani per fermare il cambiamento climatico. L’Europa si impegna a essere il primo Continente neutrale dal punto di vista climatico al mondo e unire le forze con i suoi partner per un’azione per il clima più ambiziosa. La corsa globale per lo zero netto entro la metà del secolo è iniziata”.

L’UE si impegnerà per ridurre del 30% le emissioni di gas metano e per finanziare tecnologie green:

“Dobbiamo mobilitare fondi per il clima per sostenere i Paesi vulnerabili per adattarsi. L’Ue contribuirà in pieno per raggiungere i nostri obiettivi globale sull’adattamento. Con quasi 27 miliardi di dollari nel 2020, Team Europe è già il maggior fornitore di finanziamenti per il clima, di cui la metà per l’adattamento”

Beatrice Galati

 

Legge di bilancio 2022: una manovra per stimolare la crescita

Il 28 ottobre è stata approvata dal Consiglio dei Ministri la bozza relativa al disegno di legge di bilancio 2022. È stato proprio lo stesso premier Draghi ad annunciarlo, con somma soddisfazione dopo settimane di intenso lavoro svolto, ringraziando in primis il ministro dell’economia, Daniele Franco, e il ministro del lavoro, Andrea Orlando. Draghi definisce il disegno di legge “espansivo”, che accompagna la ripresa economica con l’obiettivo di creare debito buono.
La manovra in questione può sicuramente definirsi molto corposa se si fa riferimento ai fondi stanziati che ammontano a ben 30 miliardi, per un totale di 540 miliardi previsti per i prossimi 15 anni.

 

Divisione dei fondi stanziati – Fonte: Il Giornale

 

Riduzione del cuneo fiscale

La parte maggiore di questo capitale messo a disposizione è riservato alla nuova riforma fiscale volta alla riduzione delle imposte. Una buona notizia per lavoratori ed esercenti visto che è in programma un taglio di tasse significative come Irpef e Irap, che per anni hanno gravato sulle tasche degli italiani.

 

Il nodo pensioni

Un secondo punto molto importante che ha generato pareri contrastanti e contestazioni popolari è la questione pensioni. Si è optato infatti per una soluzione transitoria per quanto riguarda unicamente l’anno 2022: Quota 102, l’espressione usata per intendere la combinazione di età e anni di contributi per poter ottenere i benefici (almeno 64 anni di età e 38 di contributi). La manovra contiene inoltre la proroga fino al 31 dicembre 2022 dell’Ape sociale, con un ampliamento delle tipologie di lavoratori che potrebbero usufruire del provvedimento: sono state aggiunte infatti nuove categorie di lavori gravosi tra cui ad esempio insegnanti di scuola materna e primaria, agricoltori, artigiani, operai, magazzinieri ecc… Estensione della validità per un altro anno anche per quanto riguarda Opzione donna, ma con un inasprimento dei requisiti: se adesso grazie a questo trattamento per raggiungere la pensione sarebbero stati necessari 58 anni di età per lavoratrici dipendenti e 59 per quelle autonome (unitamente a 35 anni di contributi), l’anno prossimo serviranno rispettivamente 60 e 61 anni di età per le medesime categorie. Dal 2023 in poi l’intenzione dello stesso Draghi sarà invece quella di calcolare l’età pensionabile esclusivamente con il metodo contributivo.

 

Il premier Draghi e il ministro Franco – Fonte: Liberoquotidiano.it

 

Reddito di cittadinanza: novità strutturali ma solite polemiche

Fondi decisamente ridotti per quanto riguarda il reddito di cittadinanza, mai visto di buon occhio dal Governo Draghi. Per l’anno prossimo sarà previsto infatti un “solo” miliardo per tale sostegno economico. Non sarà cancellato, come qualcuno si auspicava, ma saranno presenti alcune novità: un nuovo meccanismo per favorire l’inserimento nel mondo del lavoro, ad esempio l’erogazione andrà a decadere dopo il rifiuto di due offerte lavorative, mentre attualmente è possibile declinare tre proposte. Il tutto condito da controlli più rigorosi nelle richieste, allo scopo di poter eliminare il sussidio a tutti quei precettori non idonei. Questi cambiamenti hanno causato non pochi malumori anche all’interno dello stesso Consiglio dei Ministri, rinnovando lo scontro sul tema tra la destra e il Movimento 5 Stelle.

 

Educazione motoria anche alla scuola primaria

La bozza di governo prevede anche investimenti importanti per quanto riguarda il settore scolastico. Viene infatti introdotto l’insegnamento dell’educazione motoria nella classi quarte e quinte della scuola primaria. L’inizio delle attività è previsto per l’anno scolastico 2022-2023 per le classi quinte e nel 2023-2024 la disciplina verrà estesa alla classi quarte. Senza dubbio un’ottima notizia per i laureati in Scienze Motorie che da anni si trovano nella condizione di far fronte alla saturazione della propria classe di concorso nel mondo scolastico.

 

Il consiglio dei ministri – Fonte: Governo.it

 

Serie di proroghe e qualche modifica per sussidi e incentivi

Degni di nota, senz’altro, sono anche i numerosi incentivi e ammortizzatori sociali. Il Superbonus del 110%, destinato agli interventi di manutenzione e riqualificazione energetica degli edifici, viene prorogato per il 2023. La detrazione scenderà poi al 70% per il 2024 e al 65% per il 2025. Per quanto riguarda lavori edilizi in case unifamiliari o villette la validità del bonus viene rinnovata fino al 31 dicembre 2022, ma sarà riservato solo a famiglie dal reddito non superiore a 25 mila euro annui. Prorogato fino al 2024 il bonus di per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici, ma stavolta il tetto di spesa cala di ben due terzi passando da 16 mila euro del 2021 a 5 mila euro. Esteso di un altro anno anche il bonus facciate, ma con una percentuale ridotta che passa dal 90 al 60%. Infine grandi novità per il mondo dei giovani con le agevolazioni sull’acquisto della prima casa per gli under 36 che vengono prorogate per tutto il 2022. Inoltre è previsto uno sconto sull’affitto per i giovani tra i 20 ai 31 anni provvisti di reddito non superiore ai 15.493,71 euro. Aiuto economico valido a prescindere se il locale in questione sia un appartamento o una stanza singola.
Non resta soltanto che attendere l’approvazione in parlamento di questa manovra che potrebbe favorire la ripartenza dell’economia italiana.

 

Sebastiano Morabito

Squid Game: un gioco pericoloso

La società in cui viviamo fa di noi degli instancabili consumatori: il vortice di consumi in cui siamo gettati ci rende piccoli ingranaggi di una gigantesca macchina, che vorrebbe determinare – con o senza permesso -il nostro posto nel mondo. Il nostro posto come vincenti o come disperati.

E se, oltre ogni  limite, la vita stessa si trasformasse in un prodotto di cui i consumatori possono disporre?

E’ questo il limite che la serie tv sudcoreana firmata Hwang Dong-hyuk, conosciuta in tutto il mondo, ha oltrepassato, portando a chiederci fino a dove ci si può spingere per sedere al tavolo dei vincenti.

Squid game,“Il gioco del calamaro”,disponibile su Netflix dal 17 Settembre scorso, ha il record come esordio più visto sulla piattaforma streaming. Impossibile non averne sentito parlare, con oltre cento milioni di spettatori, altrettanti meme e non poche polemiche, Squid Game traccia un sentiero tortuoso all’interno del panorama artistico mondiale, prendendo le mosse dall’interesse delle opere sudcoreane per i temi della lotta di classe, del disagio economico ed esistenziale.

 Squid Game, guardie.  Fonte: Netflix

Veniamo catapultati “come per gioco” in un talent show che ospita 456 partecipanti, reclutati e scelti da una misteriosa organizzazione, sulla base di un fattore comune: la disperazione.

Un gruppo di disperati, con debiti di gioco o problemi con la giustizia,di ogni estrazione sociale, si sfidano in una serie macabra e perversa di giochi d’infanzia.Personaggi alienati, senza speranza e alternative, che agiscono mossi dall’istinto di sopravvivenza. In palio un premio in denaro.

I giochi infantili, come “un due tre stella” o il tiro alla fune, vengono trasformati in giochi mortali, in cui gran parte dei partecipanti viene uccisa nel fallire la prova. Ogni morte fa aumentare il montepremi finale, destinato al vincitore dei sei giochi, per una vincita complessiva di oltre 45 miliardi di won (circa 33 milioni di euro). Naturalmente, nel senso più darwiniano del termine, al crescere della posta cresce la brutalità dei partecipanti, disposti a tutto pur di sopravvivere, vincere, cambiare vita.

Come in Parasite di Bong Joon-ho, vincitore della Palma d’oro alla 72° edizione del Festival di Cannes, e molte altre produzioni sudcoreane, assistiamo al delinearsi delle ciniche e spietate dinamiche che caratterizzano una nazione segnata da contrasti insanabili, dal divario sociale, dalla corruzione. Parasite è un’opera amata dalla critica e dal pubblico per quello che mostra: le conseguenze  di un sistema socio-economico che non lascia spazio, caratterizzato dalla cattiveria, che genera parassiti e alimenta un eterno ciclo dei vinti, lasciando fuori dallo schermo la speranza di una prospettiva migliore.

Quello di Squid Game è un mondo distopico – caratterizzato da colori pastello, inquadrature e ambientazioni geometriche – che accoglie un gran numero di scene splatter. Ad ogni sfida i personaggi reagiscono in modo diverso, e c’è poco spazio per un’ evoluzione morale: assistiamo per lo più al caratterizzarsi ed evolversi della massa. La massa di giocatori in tuta verde che tenta di sopravvivere, tra uno scellerato antagonismo individuale e di gruppo, aggrappandosi alle dinamiche del branco che si regge sulla regola della sopraffazione del più forte sul più debole.

Squid Game, ambientazione

L’intera macchina di Squid Game, ha il solo scopo di intrattenere i suoi spettatori nascosti, dietro uno schermo. I mandanti e i veri destinatari dei giochi sono infatti i “VIP”, persone molto ricche, dalle maschere scintillanti, che scommettono come all’ippodromo sui disperati, facendoli gareggiare in questo macabro e mortale talent show. Il solo fine è l’intrattenimento.

E’ sul finire della serie che la distanza creata tra due mondi lontani anni luce tra loro, quello dei ricchissimi e dei poverissimi si accorcia, tentando di riunirli all’insegna di una necessità comune: il divertimento. E’ il personaggio creatore del gioco a dirci che ciò che accomuna le persone senza soldi e quelle con troppi soldi è che la loro vita non è felice. All’interno dell’attuale sistema, alimentato dal debito e dalla colpa, per le dinamiche che lo caratterizzano, le uniche certezze possibili sembrano essere l’infelicità e la disperazione.

 

Squid Game, giocatore 456

Non è possibile ignorare il successo di Squid Game, come non è possibile ignorare le non poche polemiche sollevate intorno alla serie tv, che lascia perplessi sul piano etico e morale. Lo stesso autore Hwang Dong- hyuk ha atteso nove anni per vedere prodotti i nove episodi, a lungo rifiutati per il loro contenuto violento. Nonostante la serie appaia su Netflix come vietata ai minori di quattordici anni, molte sono state le emulazioni, soprattutto da parte di bambini e giovani (è solo di qualche settimana fa la notizia di un caso di violenza durante la ricreazione in una scuola elementare di Treviso).

Se l’opinione è divisa tra chi vorrebbe una censura e chi lo ritiene un rimedio controproducente, sarebbe altrettanto importante domandarsi cosa sia possibile fare per spezzare il terribile incantesimo che rende le nuove generazioni, al pari delle vecchie, consumatrici disperate e senza via d’uscita. Il vero dramma è la mancanza di alternative, l’assenza di una prospettiva realmente sovversiva e nuova anche e soprattutto all’interno del panorama artistico. Un’alternativa capace di innescare un sostanziale cambiamento, di conservare il suo potere rivoluzionario, sentinella delle domande degli uomini e non dei bisogni dei consumatori. 

                                                                                                           Martina Violante

 

Articolo pubblicato il 28/10/2021 nell’inserto Noi Magazine della Gazzetta del Sud