Dazi, la nuova politica commerciale di Trump

Al via la guerra commerciale scatenata da Donald Trump. Il 2 aprile il presidente americano ha annunciato l’introduzione di nuovi dazi commerciali su oltre cento paesi. L’obiettivo dichiarato è “proteggere l’economia americana” , il più grande intervento dai tempi della Grande Depressione. Un giorno simbolico, il “Liberation day” che vorrebbe sancire l’abbandono, da parte degli Stati Uniti della strada del libero scambio per adottare misure protezionistiche.

La mossa protezionistica, motivata dalla Casa Bianca con la necessità di difendere l’industria nazionale e ridurre il deficit commerciale, ha immediatamente scatenato una spirale di ritorsioni da parte dei principali partner commerciali di Washington. Questo ha innescato un’ondata di vendite sui mercati finanziari e ha aperto scenari di elevata incertezza per il futuro del commercio internazionale.

La mossa di Trump

Le misure hanno colpito praticamente tutte le principali economie del mondo, inclusi storici alleati come l’Unione Europea, il Canada e il Giappone. In particolare, Bruxelles ha ricevuto una tariffa del 20% su tutte le esportazioni verso gli Stati Uniti, un colpo durissimo per l’industria europea già in difficoltà. La Cina, invece, è stata bersaglio di una risposta ben più dura: dazi iniziali al 34%, poi aumentati drasticamente fino al 125% il 9 aprile, in risposta alle ritorsioni di Pechino. Una mossa per correggere anni di abusi commerciali, che ha scatenato una reazione a catena: crolli  in borsa, tensioni diplomatiche e allarme tra gli analisti economici.

Le immediate contromisure

La Cina e l’Unione Europea, perciò, non restano a guardare il tragico scenario. La Cina, con la sua rapida imposizione di tariffe equivalenti sui beni americani, ha lanciato un chiaro segnale di non voler cedere alle pressioni. L’Unione Europea, pur mostrando inizialmente apertura al dialogo, ha preparato una lista di contromisure mirate,  approvando nuovi dazi del 25% su una serie di prodotti americani. Per esempio  prodotti alimentari, elettrodomestici, colpendo anche la Harley Davidson, la casa motociclistica e simbolo statunitense.

Una tregua strategica

Ma il colpo di scena è arrivato il 9 aprile. Dopo una settimana di alta tensione e un sensibile peggioramento della situazione sui mercati finanziari globali, Trump ha annunciato una sospensione temporanea di 90 giorni dei dazi per la maggior parte dei paesi colpiti. “Ho pensato che la gente stesse diventando un po’ spaventata”, così Trump motiva la sua decisione della pausa sui dazi. La tregua è stata definita una finestra per negoziare accordi più equi.  L’esclusione della Cina dalla tregua e il mantenimento delle tariffe pregresse su alcuni settori chiave suggeriscono che la determinazione di Trump a perseguire la sua agenda commerciale rimane intatta.

Resta da vedere se questa pausa rappresenti un reale ripensamento strategico o una semplice manovra tattica per esercitare ulteriore pressione sui partner commerciali. Che dietro la facciata della negoziazione si celi la volontà di Trump di imporre condizioni unilaterali? La scommessa di Trump è alta, con un rischio di isolamento crescente degli Stati Uniti sulla scena commerciale internazionale. Intanto, il mondo osserva con crescente preoccupazione il gioco economico messo in atto dal tycoon, che potrebbe ridefinire gli assetti economici del futuro.

 

Elisa Guarnera

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

What’s in my bag. Survival edition. L’Unione Europea e il kit per la guerra

Crisi e sfide sempre più complesse quelle che l’Unione Europea si trova ad affrontare. Guerre, pandemie, catastrofi naturali. E no, non è l’inizio di un film apocalittico. È la realtà che il mondo, gli Stati, le istituzioni e noi cittadini stiamo vivendo quasi giornalmente, assistendo a morti innocenti, disastri naturali e aggressioni armate.

Il 26 marzo la Commissione e l’Alto Rappresentante dell’Unione Europea lanciano il piano di Bruxelles per preparare l’Europa alle crisi. Infatti, l’UE cerca un piano preventivo per assicurare ai cittadini un’autosufficienza per almeno 72 ore. “Va proprio cambiata la mentalità“, dice la Commissione europea. Il punto centrale  di questa strategia è non farsi mai trovare impreparati.

Acqua, cibo, farmaci, documenti. Sono alcuni dei punti della Preparedness Union Strategy, la nuova strategia  dell’Unione Europea  in caso di crisi su larga scala, compresi gli scenari di guerra.

OBIETTIVI E AZIONI CHIAVE DELLA STRATEGIA

La strategia include 30 azioni concrete e un piano d’azione dettagliato, che prevede strumenti differenti in base alla crisi che si dovrà affrontare.

Tra le novità previste:  una definizione dei criteri minimi di preparazione per i servizi essenziali, quindi ospedali, infrastrutture, trasporti e comunicazioni. Oltre il potenziamento di risorse necessarie, tra cui medicine, acqua, cibo, vaccini, sono fondamentali delle indicazioni precise, non solo per gli Stati ma anche per i cittadini.

Ma perché questa strategia viene presentata proprio ora?

L’idea di fondo è che la popolazione sia preparata. Emergenza covid e guerra in Ucraina hanno dimostrato che dobbiamo essere pronti all’inaspettato. L’Europa ha bisogno di un piano più strutturato, così da non sottovalutare le minacce intorno a noi ed essere pronti a eventuali crisi globali.

Il kit di emergenza in caso di guerra secondo l'UE
Il kit di emergenza in caso di guerra secondo l’UE photo: Il Quotidiano Nazionale

In questa strategia c’è molto altro.

Nel piano viene evidenziato che anche i programmi scolastici dovrebbero essere integrati con apposite lezioni sulla preparazione alle crisi da affrontare. Si pensa addirittura a una giornata europea della Preparazione. E ancora si prevedono delle esercitazioni comuni, in modo che tutti sappiano cosa fare e come comportarsi in caso di emergenza.

Il piano include naturalmente un rafforzamento e un potenziamento della cooperazione civile-militare, attraverso varie indicazioni a livello superiore: ad esempio verrà creato un  hub di crisi europeo, in modo da integrare meglio la risposta tra tutte le strutture che già esistono.

Si tratta di linee guida che dovrebbero essere integrate nel più breve tempo possibile all’interno delle politiche e dei programmi degli Stati europei

UN CAMBIO DI MENTALITA’ PER L’UNIONE EUROPEA

Ursula von der Leyen, presidente della commissione europea ha spiegato che “ad ispirare la strategia è stato un rapporto dell’ex presidente finlandese Sauli Niinistö” che, subito dopo l’invasione russa dell’Ucraina, aveva lanciato l’allarme sulla sicurezza europea e aveva esortato tutti quanti ad alzare il proprio livello di preparazione. Dobbiamo allenarci di nuovo alla preparazione.

Un concetto che la vicepresidente della commissione Roxana Mînzatu ha voluto riassumere con un proverbio usato in Romania, il suo paese: costruisci la slitta d’estate e i carri d’inverno.

Ma quindi, quale è la minaccia più urgente a cui dobbiamo prepararci?

Per la commissaria europea alla gestione della crisi la belga Hadja Lahbib ci sono almeno “450 milioni di motivi per essere meglio preparati“, ha annunciato pronunciato il 26 marzo in conferenza stampa.

Il mio kit di sopravvivenza è già pronto, tutto ciò che mi serve è nella mia borsa“. Con queste parole la commissaria ha presentato in un video ironico sul suo profilo X la “borsa della resilienza”. Nel video Lahbib elenca il contenuto della sua borsa, che contiene documenti di identità, acqua, torcia, occhiali per vedere (o no) quello che succede, un coltellino svizzero, fiammiferi e accendino, medicine e cibo in scatola.

“Ovviamente dei contanti, perché nel bel mezzo di una crisi la tua carta di credito può essere solo un pezzo di plastica”, ha detto la commissaria, aggiungendo anche un mazzo di carte, una power bank per il cellulare e un radio portatile.

RISPOSTE DALL’ITALIA

Non è un piano pensato perché ci si aspetta di essere invasi domani e trascinati in guerra.

È un piano per renderci pronti ad ogni evenienza, per non ripetere delle scene come quelle che abbiamo visto durante la pandemia di covid: persone che prendono d’assalto i supermercati oppure di mascherine che di colpo non si trovano più perché le produzioni sono tutte bloccate.

Non sono mancate le polemiche su questo piano. Gli eurodeputati del Movimento 5 stelle hanno accusato la commissione di fare terrorismo psicologico, di essere guerrafondaia e di alimentare una spirale di paura che invece dovrebbe finire.

L’AI nella scuola fra rischi e opportunità

L’intelligenza artificiale è già diventata parte integrante del sistema educativo. Piattaforme come ChatGPT e Gemini sono ormai compagne di studio dei ragazzi. La scuola non riesce a tenere il passo di queste novità, che però, potrebbero rivelarsi delle preziose alleate.

L’abuso che minaccia la scuola

Secondo una ricerca condotta dal portale Noplagio.it, otto studenti su dieci fanno uso regolare dell’AI per svolgere varie attività a scuola.

A un campione di circa mille adolescenti, è stato sottoposto un questionario nel quale si elencavano una serie di situazioni in cui è possibile avvalersi dell’aiuto dell’intelligenza artificiale. Il 60% dei ragazzi ha ammesso di usare strumenti come ChatGPT per far svolgere i compiti al proprio posto, il 13% rivela di sfruttare i tools AI per scrivere temi e saggi, mentre il 18% addirittura dichiara di usarli in classe durante le verifiche.

Nonostante la maggior parte degli studenti consideri l’intelligenza artificiale uno strumento valido, buona parte di loro è consapevole che i contenuti prodotti possano non essere accurati. Alla domanda specifica – “pensi di poterti fidare ciecamente di un contenuto generato dall’AI?” – il 54% ritiene che sia comunque necessaria una revisione umana. Eppure, il rischio di un abuso è dietro l’angolo.

Le campagne di sensibilizzazione faticano a decollare, e i più giovani non possiedono un’innata capacità critica per rapportarsi all’AI. Bisogna prevenire uno scenario nel quale gli studenti deleghino totalmente le proprie attività a ChatGPT. O si interverrà con decisione, oppure cresceremo una generazione di automi, priva di senso del giudizio, e dunque facilmente abbindolabile dal fantomatico messia di turno, o peggio ancora, dall’AI stessa.

 

Integrazione dell’AI per una didattica innovativa

Scongiurando scenari apocalittici, l’intelligenza artificiale rappresenta per la Scuola una grande opportunità di rinnovamento e riscatto.

A livello internazionale sono già diversi i progetti che puntano ad integrare i sistemi AI nelle scuole, con l’obiettivo di migliorare l’esperienza degli studenti.

L’Istituto di Istruzione Secondaria Ribera del Tajo a Talavera de la Reina, in Spagna, ha sviluppato il Progetto VIA (Visión Artificial en el Aula), che utilizza l’IA per monitorare il comportamento degli studenti in classe attraverso la rilevazione dei tratti facciali. VIA è in grado di capire se l’alunno presta attenzione o meno, offrendo ai docenti dati utili per rendere più interessanti le proprie lezioni. Ma l’analisi può andare oltre, restituendo un report sul lungo periodo. Ad esempio, il Sistema cinese DMP_AI (Data Management Platform_Artificial Intelligence) implementato nelle scuole primarie e secondarie, prevede le prestazioni accademiche dei ragazzi, segnalando con anticipo eventualità criticità. Tutto ciò è reso possibile da complessi meccanismi di data mining e machine learning.

Inoltre, i sistemi basati su intelligenza artificiale potrebbero fare la differenza per salvare quei ragazzi affetti da disturbi dell’apprendimento. Nasce con questa finalità la Piattaforma Vrailexia, che sfrutta l’IA per personalizzare automaticamente i contenuti didattici in base alle esigenze degli studenti dislessici

 

Se da un lato esiste il pericolo di un abuso che potrebbe compromettere il percorso accademico, dall’altro è innegabile il potenziale inedito che l’IA offre al mondo dell’istruzione. Non bisogna demonizzare l’uso dell’intelligenza artificiale, ma piuttosto educare i ragazzi (e i professori) ad un utilizzo consapevole e responsabile.

Serve dunque un approccio equilibrato, in cui l’IA diventi un supporto per la crescita dei giovani, senza sostituire il loro impegno o annullare la loro capacità di giudizio critico.

 

Giovanni Gentile Patti

Suicidio assistito: un diritto o una deriva? Il dibattito continua

Il dibattito sul fine vita e sul suicidio assistito continua a essere un tema centrale nel panorama politico e sociale italiano. Dopo l’approvazione della legge in Toscana lo scorso 11 febbraio, che ha regolamentato l’accesso al suicidio medicalmente assistito per pazienti in condizioni irreversibili, il confronto solleva interrogativi profondi sul piano religioso ed etico. La questione ha innescato polemiche e annunci di ricorso da parte del centrodestra.

L’involuzione legislativa in Italia

Il senatore di Fratelli d’Italia, Ignazio Zullo, relatore del disegno di legge all’esame delle commissioni Giustizia e Affari sociali del Senato, presenta uno schema preliminare sul fine vita per affermare due principi fondamentali. Il primo ribadisce l’inviolabilità della vita, stabilendo che “il diritto alla vita è inviolabile e indisponibile, determinato dall’essenza dei valori fondamentali sui quali si fonda la Carta costituzionale della Repubblica”. Il secondo specifica che l’accesso al percorso di fine vita assistito, disciplinato dalla proposta di legge, vale per “una persona maggiorenne affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che reputa intollerabili, tenuta in vita o dipendete da trattamenti di sostegno vitale [..]“.

Così afferma il segretario di Più Europa Riccardo Magi:

È bene che il parlamento si occupi di fine vita ma la bozza di testo presentata dal centrodestra oggi in Senato è piuttosto deludente. Se questa è la base di partenza, è preferibile non avere alcuna legge perché rappresenta un passo indietro rispetto a quanto stabilito dalla Consulta”.

Inserire il principio dell’inviolabilità e dell’indisponibilità della vita appare un’enunciazione ideologica, anziché un atto normativo. Ma rendere obbligatorio un percorso di cure palliative come condizione per accedere al suicidio assistito è una disposizione che non tiene conto della sofferenza reale delle persone e rende la legge regressiva rispetto a quanto stabilito dalla Corte.

Il diritto all’autodeterminazione sul proprio corpo e sulla propria vita, soprattutto in condizioni di sofferenza estrema. Una condizione essenziale che deve essere garantita, come afferma la senatrice di AVS Ilaria Cucchi. La stessa senatrice  ribadisce che il vuoto normativo su un tema così delicato rappresenta una privazione dei diritti fondamentali delle persone, private della possibilità di decidere come vivere con dignità fino all’ultimo momento. Dopo la recente approvazione della legge in Toscana , è ora che l’Italia superi pregiudizi e resistenze ideologiche. Agendo, come molti Paesi europei ,attraverso la tutela della dignità e della libertà di tutti i cittadini.

 

Difendere la vita, ripartendo dai valori

Storicamente, il riconoscimento del diritto al suicidio assistito per le persone affette da gravi malattie è annoverato tra le lotte per i diritti civili, che vengono portate avanti in tutto il mondo da gruppi e ONG progressiste. In Italia per esempio è noto l’impegno del Partito Radicale e dell’associazione Luca Coscioni, nonché dell’ex-parlamentare Marco Cappato. Mentre sono in generale contrari all’eutanasia attiva e al suicidio assistito soprattutto le organizzazioni di matrice religiosa, che li considerano come un attacco alla vita.

Quindi, all’indomani dell’approvazione della legge regionale sul suicidio medicalmente assistito approvata dalla regione Toscana, la Chiesa ribadisce, senza mezzi termini, la contrarietà nei confronti di un provvedimento che viene definito dalla Chiesa cattolica una “deriva pericolosa per la società“.

Questa posizione è già stata ribadita in diversi documenti ufficiali. L’enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II, promulgata nel 1995, esprime la posizione della Chiesa cattolica sul valore e l’inviolabilità della vita umana. Una priorità ribadita ancora oggi dalla Conferenza Episcopale Italiana, preoccupata “per le recenti iniziative regionali sul tema del fine vita”. La stessa CEI riferisce che non si tratta di fare una guerra contro tale legge, ma portare avanti il compito della Chiesa: aiutare i più giovani a misurarsi su delle tematiche che contengano alti valori.  La Chiesa Cattolica continua a promuovere il rispetto della vita umana in tutte le sue fasi, incoraggiando l’uso delle cure palliative per alleviare le sofferenze.

La vita è un diritto, non la morte“, ha detto Papa Francesco nella catechesi dell’udienza generale del 2022. Nella visione cristiana dignità e rispetto dovranno accompagnare le persone nel momento del fine vita. Talvolta, prolungare la vita fino alla fine, può comportare l’accettazione di una sofferenza insostenibile.

Fine vita diventa legge in Toscana: una scelta di libertà

Si apre un nuovo capitolo sul fine vita in Italia. Lunedì 11 febbraio 2025 la Toscana è la prima regione italiana a garantire l’accesso ai malati al suicidio medicalmente assistito, con tempi e modalità certi. Si tratta della prima legge regionale che, in assenza di una normativa nazione, attua alcune sentenze della Corte Costituzionale.

La legge rappresenta un punto di svolta nel dibattito sui diritti individuali e un passo avanti nell’autodeterminazione dei pazienti affetti da patologie irreversibili e invalidanti.

L’iter legislativo

Accolta da Eugenio Giani, presidente della regione Toscana, come un forte messaggio di civiltà, l’iter legislativo è partito dall’iniziativa popolare “Liberi Subito”. Dopo la raccolta di 10 mila firme promossa dall’associazione Luca Coscioni(associazione nata nel 2002 per difendere le libertà civili e i diritti umani), il Consiglio regionale ha approvato la norma sul fine vita, attuando la sentenza della Corte Costituzionale del 2019. La legge regionale è stata approvata con 27 voti favorevoli (i partiti di centrosinistra che sostengono la giunta regionale guidata dal presidente della regione Giani), 13 contrari ( i partiti di centrodestra)  e un solo astenuto, ossia la consigliera regionale del PD Lucia De Robertis.

Nel 2019 una sentenza della Corte Costituzionale ha dichiarato la non punibilità di chi assiste e aiuta un paziente, tenuto in vita  da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile che sono causa di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili, a realizzare autonomamente e liberamente la decisione di porre fine alla propria vita. Tale sentenza, poi confermata con un’altra nel 2024, era arrivata per il caso della morte di dj Fabo, tetraplegico dopo un grave incidente, che aveva espresso la volontà di porre fine alla sua vita. Dal momento che in Italia non era in vigore nessuna legge in merito al fine vita, dj Fabo aveva deciso di recarsi in Svizzera, insieme a Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, dove aveva fatto ricorso al suicidio assistito in una clinica nel 2017.

La legge toscana

Secondo la legge regionale possono accedere alle procedure relative al suicidio medicalmente assistito le persone in possesso dei requisiti indicati dalle sentenze della Corte Costituzionale 242/2019 e 135/2024; «il suicidio assistito è possibile quando la patologia è irreversibile, la persona vive sofferenze psichiche e psicologiche che reputa intollerabili, c’è una situazione di dipendenza da trattamenti di sostegno vitale e il paziente ha la capacità di prendere decisioni libere e consapevoli. 20 giorni è il tempo utile massimo per stabilire se il paziente abbia i requisiti per l’accesso al suicidio assistito. Ad esito positivo saranno 10 i giorni entro cui verranno definite le modalità con cui si concretizzerà la scelta assistita di fine vita, tra cui la scelta del farmaco. Passati questi giorni la norma garantisce, entro sette giorni e con il supporto del sistema sanitario regionale, la procedura.

Nelle scorse settimane in Lombardia è avvenuto il sesto caso in Italia di suicidio assistito di una cinquantenne affetta da sclerosi multipla progressiva da oltre 30 anni. Dopo l’auto-somministrazione di un farmaco letale fornito dal Servizio sanitario nazionale,  la donna è morta nella sua abitazione.

La mia breve vita è stata intensa e felice, l’ho amata all’infinito e il mio gesto di porre fine non ha significato che non l’amassi. Questo l’ultimo messaggio della donna, ormai paralizzata e costretta ad una condizione di totale assistenza continuativa, che ha avuto accesso alla procedura prevista dalla Consulta con la sentenza 242/2019.

Trump firma i primi decreti esecutivi

Il neoeletto presidente Usa è già in azione: durante il giorno del suo ingresso ufficiale alla Casa Bianca ha firmato un centinaio di ordini esecutivi che cambieranno non solo il volto degli Stati Uniti, ma anche i rapporti di forza internazionali.

Shock and awe”(colpisci e terrorizza) è la strategia che risponde pienamente alla rapidità con cui Donald Trump ha messo alla prova la sua abilità esecutiva, risolvendo in velocità alcune controversie.

La maggior parte dei decreti è legata alle immigrazioni. La promessa della campagna elettorale delle “deportazioni di massa” è stata mantenuta.

 

Immigrazione e sicurezza nazionale

Operation Safeguard” è la notevole operazione che ha come obiettivo la rimozione di coloro che sono illegalmente negli USA. Le autorità statunitensi hanno arrestato 538 immigrati irregolari, e centinaia di loro sono stati deportati su aerei militari. Trump ha blindato il confine tra Stati Uniti e Messico, con l’invio al confine di circa 1500 militari; numero che si alzerà notevolmente, dal momento che il piano prevede l’invio di 10 mila uomini.

Deportation Flight Have Begun” (I voli di deportazione sono iniziati). Così su X il profilo della Casa Bianca annuncia le deportazioni dei migranti. Una foto che li mostra ammanettati e in catene, mentre vengono imbarcati su un aereo militare. “Chi entra illegalmente negli Stati Uniti andrà incontro a gravi conseguenze”, il messaggio del presidente Trump, pronto a sospendere il programma di ammissione dei rifugiati, precedentemente accolto sotto l’amministrazione Biden.

Contestualmente è stata ripristinata il controverso programma “Remain in Mexico”, che obbliga i richiedenti asilo a rimanere in territorio messicano durante l’elaborazione delle loro domande da parte delle autorità statunitensi. Queste misure, secondo Trump, mirano a “difendere il popolo americano” da minacce esterne e a contrastare l’immigrazione irregolare.

Gli ordini esecutivi firmati da Trump prevedono inoltre l’abolizione dello ius soli, bloccato temporaneamente da un giudice federale di Seattle, poiché considerato incostituzionale.

Insomma, “passi in avanti” che confermano un sovranismo e una legittimazione istituzionale della violenza.

 

Gli USA abbandonano l’OMS

Donald Trump ha messo in atto il processo di uscita degli Stati Uniti dall’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS). Una decisione motivata dal tycoon  “a causa della cattiva gestione da parte dell’organizzazione durante la pandemia di Covid-19, e della sua incapacità di adottare riforme urgenti”. La decisione, sottolineano gli esperti, avrebbe conseguenze molto negative sulla salite dei cittadini americani, isolando gli Stati Uniti ad accedere ai dati di interesse sanitario. La decisione del neopresidente è stata di esempio anche per il nostro Matteo Salvini, che ha depositato un ddl che punta a far uscire l’Italia dall’OMS. Per Salvini questa proposta potrebbe rappresentare un modo per ingraziarsi il presidente degli Stati Uniti, vista la simpatica alleanza instaurata tra il neo eletto e Giorgia Meloni.

Una decisione, quella degli USA, che colpisce duramente l’organizzazione dal punto di vista dei finanziamenti, dal momento che erano proprio di Stati Uniti a rappresentare i maggiori investitori.

 

 Il caso TikTok in USA

Temporanea l’interruzione della piattaforma cinese TikTok nella serata del 17 gennaio.  Il presidente Trump, grazie al suo intervento diretto, ha riaperto l’app agli utenti, circa dopo dodici ore di interruzione. Con l’ennesimo ordine esecutivo il presidente salva la piattaforma per 75 giorni.  L’interruzione era avvenuta a causa dell’entrata in vigore di una nuova legge, nata con lo scopo di bloccare il servizio in America. Legge che, nonostante l’aiuto tempestivo di Trump, non è stata cancellata. Il presidente ha comunque dichiarato di essere favorevole di un eventuale acquisto della piattaforma da parte del miliardario Musk. Questa possibile decisione eviterà il ban di TikTok dagli USA.

In ambito tecnologico, Trump avrebbe in programma un nuovo progetto di intelligenza artificiale. “Stargate” sarà il progetto che prevede investimenti per almeno 500 miliardi di dollari negli Stati Uniti. “Il progetto-ha annunciato Trump- si muoverà molto rapidamente, per creare più di 100.000 posti di lavoro americani”.

Elisa Guarnera

Trump è il 47° presidente degli Stati Uniti

20 gennaio 2025, data cruciale per la politica americana. Donald Trump ha prestato nuovamente giuramento come 47° presidente degli USA, nella Rotonda sotto la cupola di Capitol Hill, in una gelida giornata. Dopo la presidenza dal 2017 al 2021 e la sconfitta alle elezioni del 2020, l’insediamento di Trump ha segnato un raro secondo mandato non consecutivo. Un ritorno così storico non si vedeva dai tempi di Grover Cleveland, eletto nel 1885 e nel 1893, divenendo il primo presidente a ricoprire due mandati non consecutivi.

I presenti: un parterre politico e diplomatico variegato

Trump, accompagnato dalla splendida figura della First Lady Melania Trump, sfila a Capitol Hill, pronta ad accogliere i suoi 600 ospiti. Immancabile la presenza dei tre uomini più ricchi del mondo il capo di Meta Mark Zuckerberg, quello di Amazon Jeff Bezos, il first buddy e neo-segretario al dipartimento per l’efficienza governativa Elon Musk , insieme agli amministratori delegati di Apple, Google, Tiktok e OpenAi. Numerose l le personalità internazionali di spicco, tra cui la premier Giorgia Meloni, il presidente argentino Javier Milei e il vicepresidente cinese Han Zheng. Tra i presenti gli ex presidenti: Bush, Clinton, Obama e Biden, protagonisti di simpatici video, in circolazione sul web, sulle loro espressioni: chi spazientito, chi spaesato e chi addirittura divertito.

 

La cerimonia e il discorso inaugurale

Un discorso di insediamento, fatto di ovazioni e applausi, in cui ha annunciato che

l’età dell’oro dell’America inizia ora. Da oggi in poi il nostro paese fiorirà e sarà nuovamente rispettato in tutto il mondo. Saremo l’invidia di ogni nazione

Donald Trump
Il presidente Donald Trump durante il discorso inaugurale ©gettyimages

Trump ha delineato un programma ambizioso e deciso, con un’agenda focalizzata sulle priorità del secondo mandato: il riconoscimento di due soli generi (maschile e femminile), la deportazione di immigrati arrivati negli Stati Uniti, la bandiera dell’USA da piantare su Marte, il cambio di nome del Golfo del Messico in Golfo d’America, l’abolizione dello Ius soli e la fine della strumentalizzazione politica della giustizia.

Inevitabile il ricordo dell’attentato il 14 luglio del 2024 a Butler, in Pennsylvania.

“Solo pochi mesi fa un proiettile mi ha perforato l’orecchio. Già allora lo sentivo e lo credo ancora di più adesso che la mia vita era stata salvata per una ragione”,

affermando che la sua vita gli è stata risparmiata per un grande ritorno. Un ritorno che il tycoon sembra percepire come il frutto di un mandato divino.

“Sono stato salvato da Dio per rendere l’America di nuovo grande”

 

La formazione del nuovo governo

Il neoeletto presidente degli Stati Uniti dovrà gestire situazioni delicatissime, dalla guerra in Ucraina al conflitto in Medio Oriente. Per affrontare queste sfide, Trump sta costruendo una squadra di governo più fedele e allineata.

Susie Wiles sarà la prima donna capo di gabinetto della politica americana, con il ruolo di intermediario tra il presidente e il resto del governo. Kristi Noem sarà alla guida del Dipartimento della Sicurezza interna, con il compito di supervisionare un apparato di sicurezza nazionale. Robert F.Kennedy Jr, nipote del presidente John Fitzgerald Kennedy, come prossimo segretario della Sanità. Dichiaratamente e apertamente no-vax, guiderà il dipartimento della Salute e dei servizi umani. Una “new entry” riguarda Elon Musk, che sarà alla guida di un nuovo dipartimento federale, il “Dipartimento per l’efficienza del governo” (Doge). Avrà poteri di supervisione e di intervento sulle spese di tutte le agenzie federali. Musk è stato uno dei più accaniti sostenitori trumpiani, tanto da versare, durante la campagna elettorale, quasi 200 milioni di dollari, sfruttando la piattaforma X per incoraggiare i follower a votare il tycoon.

 

L’insediamento del 2025 non rappresenta solo un evento formale, ma un simbolo di come il panorama politico degli Stati Uniti si stia trasformando in un’epoca di forti divisioni e continui cambiamenti. Un mandato che già nei giorni scorsi e in quelli a venire, dimostrerà in azioni concrete le promesse fatte durante questi mesi. Ecco la nuova era della Great America. 

 

 Elisa  Guarnera

La First Lady a Gesso: intervista a Salvatore Grosso

Il ritorno alle origini della First Lady Jill Tracy Jacobs Biden, nella giornata del 4 dicembre scorso, ha portato un’ondata di freschezza nella piccola Gesso, una frazione di Messina sui peloritani. Qui, Jill ha deciso di ritornare per riscoprire le sue radici.

Gesso non è solo famosa per la visita della First Lady americana, ma è un paese su cui puntare, per la sua valenza storica, culturale e religiosa, che andrebbe valorizzata”.
Così ce l’ha descritta Salvatore Grosso, il giovane geologo ibbisoto, portavoce dell’Associazione Giovani e Volontari, il quale è stato parte attiva nel processo di ricerca e, in seguito, di organizzazione della visita.

L’intervista a Salvatore Grosso

Buongiorno Salvatore, ci racconti com’è stato vivere l’incontro con un personaggio così importante come la First Lady degli Stati Uniti d’America.

È stato un onore ospitare la First Lady, soprattutto perché questa visita ha rappresentato per lei la riscoperta delle proprie origini. Quindi è stato un momento molto bello, entusiasmante, sia per noi abitanti del Paese che per Jill Biden, che ha avuto la possibilità di vedere il luogo da cui i suoi bisnonni nell’Ottocento sono partiti per trovare fortuna in America. Anche se, come sappiamo, essi hanno portato tutte le tradizioni siciliane lì dove si sono stabiliti, come le grandi tavolate, i prodotti culinari locali… Lei stessa ha raccontato che mangiava spesso braciole messinesi.

Tutto nasce nel 2007 quando uno storico, nostro compaesano che vive a Torino, Eugenio Campo, ha scoperto la connessione tra i cognomi di molti cittadini di Hammonton (ndr. nel New Jersey, città natale della First Lady) e i cognomi delle famiglie di Gesso. Molti cittadini di Gesso, nella prima e nella seconda emigrazione americana, vi si erano trasferiti. Egli scoprì che le famiglie Giacoppo (Jacobs) erano molte ad Hammonton.

Da quando Biden diventa vicepresidente degli Stati Uniti si intensificano le ricerche: Eugenio Campo scopre che Jill, dal cognome Jacobs, era proveniente da Hammonton e aveva un legame interessante con i Giacoppo, dunque poteva essere originaria di Gesso.

Nel 2019, pre-covid, io stesso ho iniziato a intensificare le ricerche attraverso documenti storici, anche grazie a dei miei parenti che vivono ad Hammonton. Si è stabilita una connessione con il certificato di nascita trovato nell’archivio della Chiesa di Gesso. E si è scoperto che i bisnonni Gaetano e Concetta alla fine dell’800 si sono trasferiti lì negli Stati Uniti, da dove è nata la famiglia che ha portato alla nascita della First Lady.

Lei ha scritto una lettera di ringraziamento a Jill Biden, in cui ha affermato l’entusiasmo di tutta la comunità a seguito di questa visita. In chi lo ha percepito particolarmente?

Sicuramente l’entusiasmo era presente in tutte le persone che hanno lavorato e hanno contribuito alla ricerca delle origini della First Lady, tutti quelli che in primis ci hanno creduto e hanno sperato che lei potesse venire di persona: Eugenio Campo, Nino Squatrito, io stesso. Anche il Museo ha contribuito attraverso la creazione un volume in cui ha messo insieme tutte le ricerche, trasmettendole alla Casa Bianca. Tutto nasce così: la First Lady legge questo volume, si entusiasma e vuole fare visita prima della fine del proprio mandato per scoprire le proprie origini e rivivere le emozioni di quando era piccola con i nonni della famiglia tradizionale siciliana.

Qual è stato il clima generale in preparazione di un evento di tale portata?

La preparazione si è svolta tutta in poco tempo, nel giro di una settimana, perché la notizia doveva rimanere riservata fino all’ultimo, ma già nei mesi precedenti dall’ambasciata di Roma e dal consolato di Napoli è stata avviata l’organizzazione, visitando il paese per capire come svolgere l’evento.

In settimana c’è stata molta frenesia ed emozione da parte di tutti gli abitanti di Gesso e dei paesi limitrofi, quindi è stato molto emozionante. È anche stato bello perché ha portato persone nuove nel paese, finora abbastanza degradato, abbandonato a sé stesso. Dunque, finalmente si è trovato spazio per lavori di asfaltatura delle strade, scerbatura, pulizia generale del paese, comportando dei benefici che non si erano mai visti.

Rispetto a chi afferma che “tutto a Gesso è ritornato alla normalità” dopo la visita della First Lady, lei che ne pensa? Vede, invece, aria di cambiamento? È ottimista in questo senso?

Dipende dalla volontà dell’amministrazione nell’approfittare dall’ondata di questo grande evento. Ma Gesso non è solo famosa per questo, per esempio ha dato i natali ad Ettore Castronuovo. Ha una sua storia che dovrebbe essere molto più valorizzata.

Ad oggi non c’è stata una reale programmazione ufficiale per realizzare qualcosa di importante che metta al centro i valori del paese. Speriamo che nel futuro prossimo ci si riesca a convincere che Gesso è un paese su cui puntare perché ha una valenza storica, culturale, religiosa che bisogna valorizzare. Anche perché, a Messina è rimasto poco a livello storico dopo il terremoto del 1908, facendo dei paesi come Gesso il vero centro storico della Città.

Alcuni hanno fatto riferimento alla chiusura della scuola primaria Ettore Castronuovo in un’ottica di critica. Che cosa ha comportato? Quali sono le prospettive future rispetto a questo?

La scuola è chiusa ormai da una decina d’anni. È un trend tipico di tutti i villaggi, a livello nazionale, dove ci sono meno bambini e le scuole vanno a chiudere.

Ora la scuola è di utilizzo di una base scout. Si tratta di uno spazio importante, e io ero promotore di utilizzarla come un presidio sanitario, essendo che Gesso è scoperta da un Pronto Soccorso, oppure come presidio della Protezione Civile per evitare gli incendi boschivi, per creare una struttura importante per la comunità stessa.

Noemi Munafó

Giulia Tramontano, arriva la sentenza per il suo femminicidio

Il 25 novembre, nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, è arrivata la condanna all’ergastolo per Impagniatello.

Prima la scomparsa, poi la morte di Giulia

Il 27 maggio 2023 viene segnalata la scomparsa della giovane Giulia, ventinovenne di Senago incinta di 7 mesi. A denunciarne la scomparsa è il fidanzato e convivente di Giulia, il trentenne Alessandro Impagniatello. L’uomo racconta agli inquirenti di una lita avvenuta la sera prima della scomparsa e ipotizza un allontanamento volontario della giovane donna. La versione raccontata da Impagniatello non convince però gli inquirenti che iniziano a sospettare dell’uomo. Le indagini svelano subito la verità, Impagniatello ha una doppia vita e le tracce di sangue trovate nella sua auto fugano ogni dubbio. Dopo 4 giorni dalla scomparsa di Impagniatello confessa di aver ucciso la campagna Giulia.

Un caso brutale

Il caso sin da subito ebbe grande rilevanza mediatica non solo perché si trattava dell’ennesimo femminicidio ma, per i macabri particolari che emersero durante le indagini. Impagniatello aveva una doppia vita, oltra alla relazione con Giulia aveva un’altra relazione con una ventitreenne anch’essa rimasta incinta ma che scelse di abortire. Dal momento in cui Giulia gli comunica della gravidanza, Impagniatello tenta di provocarle un aborto dandole per mesi delle sostanze tossiche tra cui il veleno per topi. A scatenare definitivamente l’ira omicida è l’incontro tra Giulia e la madre di Impagniatello, avvenuto il 27 maggio, nel quale la ragazza venuta a conoscenza della doppia vita del fidanzato le racconta tutto. Impagniatello decide allora di uccidere Giulia con 37 coltellate, poi tenta più volte di dare fuoco al corpo, prova ad occultarlo per poi nasconderlo a poche centinaia di metri dalla loro casa.

La richiesta dell’accusa

Sin da subito l’accusa chiede il massimo della pena. Non ci sono dubbi sulla colpevolezza, c’è la confessione e ci sono tantissime aggravanti. È richiesto il giudizio immediato per omicidio volontario aggravato, interruzione non consensuale di gravidanza, occultamento di cadavere e crudeltà. Impagniatello viene sottoposto ad una perizia psichiatrica che ne accerta la totale capacità di intendere e di volere. Nel momento dell’omicidio è lucido,  lo dimostrano i tentativi di avvelenamento iniziati mesi prima, nel gennaio 2023.

Finalmente giustizia per Giulia

La sentenza emessa il 25 novembre accetta in toto la richiesta dell’accusa, fatta salvo la richiesta di aggravante per futili motivi li. La pena è l’ergastolo e 3 mesi di isolamento diurno per quello che è stato definito come un omicida capace di intendere e di volere con tratti di personalità narcisistici e psicopatici. All’ergastolo si aggiunge anche la condanna per interruzione di gravidanza non consensuale e occultamento di cadavere, imputazioni per le quali gli è stata inflitta un’ulteriore pena di 7 anni. Per la famiglia di Giulia la sentenza è solo un atto di giustizia e non di vendetta, il normale epilogo di una vicenda così tragica.

 

Francesco Pio Magazzù

 

Troupe del Tg3 aggredita in Libano: l’autista Ahmad Akil Hamzeh muore di infarto

 

Un’aggressione ha colpito una troupe del Tg3 in Libano, causando la morte di Ahmad Akil Hamzeh, 55 anni, l’autista e collaboratore della Rai. L’attacco è avvenuto vicino a Sidone, mentre l’inviata Lucia Goracci e l’operatore Marco Nicois documentavano le conseguenze di un bombardamento. Un uomo armato ha attaccato la troupe, cercando di sottrarre l’attrezzatura e minacciando i giornalisti.

 

Il racconto di Lucia Goracci

Frame che ritrae la giornalista Lucia Goracci durante un’intervista.
Fonte : LUMSA

Lucia Goracci ha descritto l’accaduto in un audio trasmesso dal Tg3. La troupe si trovava sul posto dopo che il loro fixer aveva segnalato la loro presenza alle autorità locali. Tutto sembrava tranquillo, ma poi un uomo armato ha aggredito l’operatore, cercando di strappargli la telecamera. Poco dopo, un gruppo di persone ha iniziato a minacciare e spintonare i giornalisti, costringendoli a fuggire velocemente.

La morte improvvisa di Ahmad Akil Hamzeh

Durante la fuga, l’aggressore ha continuato a inseguire la troupe. La situazione è peggiorata quando, fermatisi a una stazione di servizio, l’uomo ha tentato di distruggere la telecamera e di prendere le chiavi del veicolo. Ahmad Akil Hamzeh ha provato a calmarlo, ma un infarto lo ha colpito improvvisamente. Nonostante i tentativi di rianimarlo, Hamzeh è morto.

Le reazioni in Italia

La tragedia ha suscitato una forte reazione in Italia. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha espresso la sua vicinanza alla troupe e ha rivolto il suo cordoglio ai familiari di Hamzeh. Anche Elly Schlein, segretaria del Partito Democratico, ha manifestato solidarietà, ringraziando i giornalisti che lavorano in aree di guerra. Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle, ha espresso il suo sostegno alla squadra del Tg3.

L’aggressore chiama l’ambulanza

Nonostante l’aggressione, l’aggressore stesso ha chiamato l’ambulanza dopo aver visto Ahmad Akil Hamzeh accasciarsi a terra, come ha raccontato Lucia Goracci. Purtroppo, i soccorritori non sono riusciti a salvare l’autista. L’aggressore è poi fuggito prima dell’arrivo delle autorità.

Il ricordo di Ahmad Akil Hamzeh

La troupe del Tg3 ha ricordato Ahmad Akil Hamzeh come una persona di grande umanità e dolcezza. Il vice caporedattore degli Esteri del Tg3, Marcello Greco, ha spiegato quanto la squadra sia rimasta colpita dalla tragedia, descrivendo Hamzeh come un collaboratore fidato e un prezioso compagno di viaggio. L’aggressione alla troupe del Tg3 in Libano sottolinea i pericoli che affrontano i giornalisti nei contesti di guerra, la sua  morte ha lasciato un vuoto profondo tra coloro che lo  conoscevano e stimavano.

Marco Prestipino