Avetrana, dopo le polemiche deciso il rinvio della serie tv

Rinviata “Avetrana – Questa non è Hollywood”, la serie tv che doveva debuttare oggi sulla piattaforma di streaming “Disney Plus”. Disney, in ottemperanza al provvedimento del Tribunale di Taranto emesso in data 24 ottobre, decide il rinvio della serie in attesa di nuovi sviluppi giudiziari.

I fatti di Cronaca 

Avetrana – Questa non è Hollywood ripercorre la terribile vicenda della morte della quindicenne Sarah Scazzi. Il 26 agosto 2010 è segnalata la scomparsa della giovane Sarah. Il 6 ottobre, in seguito alla confessione dello zio Michele Misseri, viene ritrovato il corpo senza vita della quindicenne. Ha così inizio una vicenda giudiziaria che durerà ben 7 anni. Il 21 febbraio 2017 arriva la conferma in Cassazione delle condanne di ergastolo per Cosima e Sabrina Misseri, zia e cugina della vittima colpevoli dell’omicidio. Michele Misseri è condannato ad 8 anni di reclusione per occultamento di cadavere.

Una storia sin dall’inizio sotto i riflettori

La conferma delle condanne in Cassazione conclude una tragica vicenda che sin dai primi momenti si è trovata sotto i riflettori mediatici. L’omicidio di Sarah Scazzi e le vicende giudiziarie ad esso connesse, per anni hanno alimentato talk show e programmi televisivi seguiti da milioni di italiani. Basti pensare che l’annuncio del ritrovamento del corpo senza vita di Sarah, è avvenuto in diretta televisiva durante una puntata della trasmissione “Chi l’ha visto?“.  Nel settembre 2024 Disney annuncia la serie Avetrana – Questa non è Hollywood.

Dopo l’annuncio le proteste del Comune di Avetrana

Il sindaco Antonio Iazzi, subito dopo l’annuncio della serie TV, tramite un’intervista rilasciata all’edizione barese di Repubblica protesta contro l’uso del nome del Comune scelto come titolo della serie TV:

“Nessuno ha chiesto all’amministrazione comunale di poter utilizzare il nome di Avetrana. In passato abbiamo avuto documentari e speciali sulla morte di Sarah, ma questa locandina, a corredo della didascalia, è del tutto denigratoria. Non vorrei esprimermi, in questo momento, ma insieme con i miei avvocati nei prossimi giorni decideremo se procedere per vie legali”.

Dopo la sospensione di Avetrana in arrivo una battaglia legale?

Il Tribunale civile di Taranto tramite un inedito provvedimento sospensivo accoglie il ricorso d’urgenza presentato dai legali del Comune di Avetrana, costringe Disney a far slittare la messa in onda della serie. Il ricorso e il suo accoglimento, che puntano ad ottenere la modifica del nome della serie e la visione in anteprima della stessa, hanno fatto ampiamente discutere. Tra chi parla di censura e di violazione di diritti costituzionali sulla libertà di espressione, Disney annuncia il ricorso alle vie giudiziali contro la decisione del tribunale. Il regista della serie Pippo Mezzapesa parla di paure nate a causa della vicinanza geografica della tragedia, paure che non abbiamo quando il cinema o le serie raccontano di fatti di cronaca accaduti in posti lontani. Per il 5 novembre è attesa l’udienza che dovrà decidere sul destino della serie.

Francesco Pio Magazzù

L’inviato speciale Valerio Pellizzari si racconta al DICAM

Il Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne ha organizzato due incontri seminariali con il noto inviato speciale Valerio Pellizzari, svoltisi mercoledì 8 novembre (ore 10:30) e giovedì 9 novembre (ore 8,30) rispettivamente in Sala Conferenze e in Aula 16. Nei seminari, rivolti soprattutto a dottorandi e studenti dei Corsi di Studio in Giornalismo e Scienze Storiche, sono intervenuti numerosi docenti del DICAM, con domande che hanno arricchito il dibattito sul ruolo dell’inviato oggi.

Chi è Valerio Pellizzari?

Originario di Verona, Valerio Pellizzari è un giornalista e scrittore. Ha lavorato dapprima come inviato speciale de “Il Messaggero” e poi come editorialista de “La Stampa”. Vanta numerose collaborazioni con le seguenti testate internazionali: International Herald Tribune, Libération, El País, BBC e Al Jazeera. Pellizzari ha seguito per oltre quarant’anni gli avvenimenti che hanno sconvolto l’Europa dell’Est e non solo. È infatti definito “nemico del popolo iracheno” dal regime di Saddam Hussein per aver rivelato i documenti sui prigionieri curdi vittime di esperimenti chimici. La carriera di Pellizzari, inoltre, ha fondato le sue radici anche nel mondo della scrittura. Tra i suoi libri più importanti conosciamo: “In battaglia, quando l’uva è matura” e “Kabul Kabul”, quest’ultimo scritto assieme all’amico Ettore Mo. Pellizzari, infine, è stato insignito del premio “Max David per l’inviato speciale ed è tra i fondatori del Premio Terzani.

Valerio Pellizzari al Festival della letteratura
Valerio Pellizzari, Fonte: Wikipedia

“Chi ha ucciso il nostro inviato? Sulla mutazione genetica del Giornalismo”: il primo incontro seminariale

Nel primo incontro seminariale l’attenzione si è concentrata sulla figura dell’inviato, di come egli è percepito in un contesto giornalistico sempre più velocizzato e se oggi la sua valenza sia la stessa del passato. Pellizzari, dopo aver raccontato diversi aneddoti sulla sua carriera da inviato speciale (dalla nomea di giornalista “anarchico” acquisita in Vietnam all’intervista fatta al presidente dell’Azerbaijan nda), spiega come, ad oggi, la parola “inviato” non esista più, ponendo come esempio la recente Guerra in Ucraina. Tuttavia, non condanna del tutto la circolazione velocizzata delle informazioni, purché queste siano complete e, soprattutto, necessarie. Il baricentro del discorso si è poi spostato sui metodi utilizzati dal giornalista per raccontare un evento. A tal proposito, Pellizzari ha parlato di regole da prefissarsi, come ad esempio la durata dell’intervista (di almeno un’ora). Conclude poi parlando dell’importanza che hanno i primi cinque minuti dell’intervista per dare idea positiva di sé stessi all’intervistato.

Intervista
Fonte: flickr.com @Tais Yastremskaya

“I sette monaci di Tibhirine. Dodici anni di ostacoli per raccontare la verità”: il secondo incontro seminariale

Nell’incontro successivo, Pellizzari ha raccontato il caso dei sette monaci di Tibhirine e dei 12 anni di lavoro spesi per la ricerca della verità. Tutto ebbe inizio da un confronto con Padre Armand Veilleux, che fin dal giorno dei funerali dei monaci ha nutrito forti dubbi sulla faccenda. Dopo svariate ricerche infruttuose, Padre Armand ricevette una lettera da una persona anonima, con la quale Pellizzari riuscì a mettersi in contatto. Dopo nove ore di colloquio, Pellizzari venne a sapere da questa fonte una versione diversa da quella ufficiale. Fu infatti un elicottero dell’esercito algerino che uccise erroneamente i monaci, assieme ai loro sequestratori islamici. Per proteggere l’esercito, dunque, le autorità riesumarono e misero nelle bare solo le teste dei monaci, poiché nei loro corpi c’erano i proiettili che certificavano la colpevolezza dell’esercito. Pellizzari raccontò il fatto in un articolo, non trovando mai reali smentite, neanche dagli algerini stessi.

Facciata Monastero di Tibhirine
Monastero di Tibhirine, Fonte: Flickr.com @Daoud FLITES

Antonino Nicolò

 

Crotone, strage di migranti. Decine i corpi recuperati e altrettanti i dispersi

Un barcone di migranti si è spezzato in due davanti alle coste calabresi di Steccato di Cutro, a pochi chilometri da Crotone. A darne l’allarme un pescatore che transitava nella zona, il quale ha notato l’imbarcazione distrutta e alcuni corpi galleggiare.

Il barcone sembrerebbe non aver retto contro la forza del mare. Il numero di vittime è di 63 persone, fra le quali molti bambini. Ma è una cifra solo provvisoria, probabilmente destinata a salire, perché non si ha certezza sul numero di persone a bordo. Un conteggio reso difficile, in quanto i sopravvissuti non parlano neanche inglese. Alcuni corpi sono stati recuperati in mare, altri sulla spiaggia. Invece sono circa 80 le persone tratte in salvo.

Attimi prima della tragedia. Emergency contro le “scelte politiche”

Il barcone era partito 4 giorni fa da Izmir, in Tuchia. Era stato individuato nella serata di sabato da un aereo di Frontex, durante un pattugliamento, a circa 40 miglia dalle coste calabresi. La segnalazione non si è fatta attendere. Una motovedetta e un pattugliatore, con a bordo i soccorritori, si sono affrettati in direzione dell’imbarcazione. Ma la condizione del mare ha impedito loro di raggiungerla e i due mezzi sono dovuti rientrare per non mettere in pericolo l’equipaggio. Erano quasi le cinque del mattino di domenica 26 febbraio, quando il pescatore notò alcuni corpi in acqua.
I medici che hanno soccorso le vittime, erano attoniti da tutti quei “cadaveri che galleggiavano”. Alcuni collaboratori di Emergency, hanno dichiarato che

Il dramma di Crotone è il frutto di precise scelte politiche che impediscono vie di accesso legali e sicure all’Europa. Con Life Support continueremo a fare la nostra parte, a soccorrere chi è in difficoltà e a salvare vite. Ma i fatti dimostrano che è necessario che l’Italia e l’Europa organizzino una missione di ricerca e soccorso. Mettano mano a una riforma del sistema di accesso, asilo e accoglienza e aprano vie legali di ingresso per chi cerca una possibilità di vita migliore.

 

Crotone
Alcune immagini dal luogo della strage. Fonte: ANSA

 

Anche il presiedente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, amareggiato dalla situazione si rivolge all’Europa, affermando

La Calabria è in lutto per questa immane tragedia. La giunta regionale esprime sincero cordoglio per le vittime di questo naufragio. I calabresi, un popolo che ha conosciuto il dramma dell’emigrazione, hanno accolto i migranti. Senza alzare polveroni e senza causare tensioni, ma la situazione sta davvero diventando ingestibile. Cosa ha fatto l’Unione Europea in tutti questi anni? Dov’è l’Europa che dovrebbe garantire sicurezza e legalità? Che fine hanno fatto le operazioni di dialogo con i paesi d’origine dei migranti? Tutte domande che, purtroppo, a oggi non hanno alcuna risposta. E chi sta nei territori, a stretto contatto con la realtà di tutti i giorni, è costretto a gestire le emergenze e a piangere i morti” .

Dichiarazioni forti da parte di chi vive questa realtà, dalle quale traspare un forte senso di abbandono da parte delle istituzioni. Un’ennesima richiesta di aiuto troverà ascolto?

La procura di Crotone apre un’inchiesta

La procura di Crotone, guidata da Giuseppe Capoccia, ha aperto un’inchiesta per omicidio, disastro colposo e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina a carico di ignoti.

Sono stati fermati tre presunti scafisti, gli investigatori stanno facendo alcune verifiche. In procura è stata interrogata una delle tre persone individuate come sospettati, si tratta di un cittadino turco. Al momento, però, non sono stati adottati provvedimenti nei loro confronti. Tra i relitti è stato trovato anche il documento di un soggetto, non ancora rintracciato. Potrebbe essere fuggito, disperso o essere una delle vittime.

Le ipotesi sull’incidente sono due. La prima è che il barcone si sia spezzato a riva mentre le persone stavano scendendo. La seconda invece è che l’imbarcazione si sia arenata su una secca, che dista un centinaio di metri dalla riva. Una volta ferma si sarebbe spezzata a causa della forza del mare.

Dichiarazioni da parte dell’Unione Europea

Sui social la presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola, dichiara che

Gli stati membri devono farsi avanti e trovare una soluzione, ora! L’UE ha bisogno di regole comuni e aggiornate, che ci permettano di affrontare le sfide della migrazione. La tragedia avvenuta al largo delle coste di Crotone mi lascia rabbia e cuore spezzato. Esistono piani per aggiornare e riformare le norme europee in materia di asilo e migrazione. Gli stati membri non dovrebbero lasciarli lì.

Anche la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha espresso il suo dispiacere tramite un tweet. Parlando di necessari sforzi sul patto di migrazione e d’asilo e per il Piano d’azione sul Mediterraneo centrale.

Parole che esprimono vicinanza e intenzione comune, per intervenire modificando e aggiornando le norme in materia.
Proprio in tal senso si è espresso Giuseppe Conte, presidente del Movimento 5 stelle. Anche lui sui social scrive

Vite ingiustamente spezzate, il Mediterraneo che si macchia ancora di sangue. Ora serve mettere da parte gli slogan e far si che l’ Europa sia davvero presente, solidale e compatta nel gestire e controllare i flussi migratori. Lo dobbiamo a noi stessi, ai nostri valori, alla speranza che era negli occhi di chi oggi ha trovato la morte.

Un viaggio pieno di speranza alla ricerca di una vita migliore, trasformato in un’altra strage del Mediterraneo. Non la prima e nemmeno l’ultima, se non si interviene in modo adeguato lasciando fuori esigenze e prese di posizioni politiche.

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, addolorato per l’accaduto dichiara che

”È indispensabile che l’Unione Europea assuma finalmente in concreto la responsabilità di governare il fenomeno migratorio, per sottrarlo ai trafficanti di esseri umani. Impegnandosi direttamente nelle politiche migratorie, nel sostegno alla cooperazione per lo sviluppo dei paesi da cui i giovani sono costretti ad allontanarsi per mancanza di prospettive”.

Marta Zanghì

Tragedia in Ucraina, precipita un elicottero e muore il ministro Monastyrsky

È passato quasi un anno dall’inizio della guerra tra Russia e Ucraina, meglio nota anche sul fronte putiniano come “operazione speciale”, (con l’invasione di Kiev , il 24 febbraio 2022). Il suo obiettivo iniziale era quello di proteggere le minoranze russofone del Donbass e della Crimea (regioni contese dal 2014 con l’Ucraina). Ma l’irrefrenabile Putin è andato ormai oltre, nonostante le sanzioni occidentali tentino di frenarne la corsa. Gli ucraini in quest’ultimi mesi sono riusciti a riconquistare circa metà dei territori persi dall’inizio dell’invasione, “ma questo non basta!”.                

I raid russi hanno invaso molte città ucraine, distruggendo la vita di molti innocenti. Le vittime civili dall’inizio “dell’operazione” sono state circa 6.702 (sulla base di una stima dell’Onu) e molti altri sono feriti. Pochi giorni fa un attacco missilistico ha colpito un palazzo nella città di Dnipro, provocando la morte di 29 persone.

Ieri, invece, un elicottero è precipitato nella città di Brovary (nella regione di Kiev), provocando la morte di 18 persone, di cui tre sono bambini. Tra le vittime anche il ministro degli Interni ucraino, Denys Monastyrskyil suo vice Yevhen Yenin e il segretario di Stato del Ministero degli affari interni, Yuriy Lubkovich.

Cosa è accaduto? Le cause sono ancora poco chiare

Nella città di Brovary, un elicottero è caduto nei pressi di un asilo e di un edificio residenziale. Al momento della tragedia, bambini e dipendenti dell’istituto erano all’asilo. Tutti sono stati evacuati ma ci sono vittime!

L’incidente è stato così reso noto dal governatore di Kiev, Oleksiy Kuleba. Secondo i media locali 9 dei morti si trovavano a bordo del velivolo, che apparteneva ai Servizi di emergenza statali ucraini. Gli altri probabilmente erano persone del posto, che come nella ‘normale quotidianità’ accompagnavano i propri figli all’asilo. In ospedale sono stati portati altrettanti feriti, tra cui molti bambini. Secondo la BBC il tempo era buio e nebbioso al momento dell’incidente, alcuni testimoni hanno riferito che prima sembrerebbe esserci stata un’esplosione a bordo e poi “il velivolo ha volteggiato più volte in aria e solo dopo è caduto”.

Una mattina nera” afferma il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky “una terribile tragedia”. Così dichiara al forum economico di Davos

Questo non è un incidente perché è dovuto alla guerra. La guerra ha molte dimensioni non solamente sul campo di battaglia. In guerra non ci sono incidenti, questi sono tutti risultati della guerra. 

Il ministro Monastyrsky aveva 42 anni ed era uno dei membri più attivi del governo ucraino. Informava il pubblico sulle vittime civili dei bombardamenti russi. Uomo chiave dello sforzo bellico per la deputata Maria Mezentseva,“era una persona disponibile, amichevole, patriottica”. Per anni spalla destra del presidente Zelensky  “fin dal primo giorno dall’inizio della sua campagna elettorale”. Il primo ministro ucraino, Denys Shymhal, ritiene che sia stata “una grande perdita per la squadra del governo e per l’intero Stato”.

Il ministro degli interni Monastyrsky e le immagini della tragedia, Fonte: Fanpage

Il Servizio di sicurezza ucraino, insieme alla Polizia nazionale, è stato incaricato per scoprire le circostanze dell’accaduto. Verranno coinvolti specialisti dell’aviazione, le ricerche sui dettagli della tragedia richiederanno però del tempo. Tra le ipotesi dello schianto per ora ci sono:

  1. violazione delle regole di volo;
  2. malfunzionamento tecnico dell’elicottero;
  3. azioni intenzionali per distruggere un veicolo.

Dagli USA arriva il cordoglio del presidente americano Biden. in una nota afferma che “la brutalità della Russia ci convince sempre più ad aiutare gli ucraini”. John Kirby, portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale americana dichiara che

La difesa anti-aerea rimane una priorità per l’Ucraina. Stiamo cercando di fare avere alle forze di Kiev il più vasto mix possibile di sistemi di difesa anti-aerea, in modo che abbiano opzioni e possano ‘stratificare’, si dice in questo caso.

Anche il ministro degli interni tedesco, Nancy Faeser, ha offerto a Kiev l’aiuto di Berlino nelle indagini sulle cause dell’incidente. Ursula von der Leyen, presidente della commissione europea, attraverso un tweet parla di un “Ucraina devastata dalla guerra. Siamo in lutto con voi”.

I bambini stanno pagando le conseguenze del conflitto

La tragedia di ieri è arrivata nello stesso giorno in cui gli ucraini denunciavano che dall’inizio dell’invasione i russi hanno rapito 14.000 bambini.

Secondo la tesi del consigliere presidenziale per i diritti, Daria Herasymchuk, solo 125 dei bambini scomparsi sono riusciti a “tornare a casa”. Ieri dopo l’ennesima tragedia, il portavoce dell’Unicef per l’Italia, Andrea Iacomini, ha affermato che “l’Onu è profondamente addolorata nell’apprendere dell’incidente”. Aggiungendo che

È davvero un episodio che lascia sgomenti e senza parole. La guerra deve finire, i bambini pagano sempre prezzi troppo alti!

Putin nel frattempo punta ad una “vittoria inevitabile”

Intanto Mosca ha deciso di aumentare le proprie forze armate arrivando a circa 1,5 milioni entro il 2026. La Russia sembra prepararsi per un forte scontro con l’Occidente. In risposta al nono pacchetto di sanzioni dell’Unione Europea, ha esteso la lista nera dei funzionari europei ai quali è vietato l’ingresso in Russia. Putin ha presentato alla Duma una proposta di legge per cancellare i trattati internazionali del consiglio d’Europa nei confronti della Russia, che nel marzo 2022 è uscita da quest’organizzazione. Dichiarando in uno dei suoi colloqui che per lui:

la vittoria è garantita. Ci sono diverse cose che non sono mai andate via, che sono alla base della nostra vittoria. Sono l’unità e la solidarietà del popolo russo, dalle molteplici etnie. Sono il coraggio e l’eroismo dei nostri soldati impegnati nelle operazioni militari speciali e in prima linea. E naturalmente il lavoro del nostro settore militare e industriale.

Per Putin “la vittoria è inevitabile”, Fonte: Sky TG24

Sergej Lavrov, ministro degli Affari Esteri della Federazione Russa, afferma che “i colloqui con Zelensky per ora sono fuori discussione”. Per il ministro, Zelensky “si è imposto contro qualsiasi negoziato con il governo russo”. Per cercare di rompere la forte coalizione occidentale, sembrerebbe anche che in conferenza stampa abbia parlato dell’Italia, di una “Roma traviata dagli USA”. Si è chiesto come sia stato possibile che proprio l’Italia, con la quale credeva di andare d’accordo, si sia trasferita nel campo dei leader delle azioni e della retorica anti-russa?

Mi piacciono gli italiani, sono molto simili ai Russi. Ai Russi piace il modo di vivere italiano. Non riesco a vederli come gente che costruisce muri e barriere. L’atteggiamento di scontro con la Russia è stato imposto dall’Europa.

Da una parte cerca sicuramente di blandirci, ma dall’altra veniamo presentati come un paese minore che subisce le imposizioni altrui. Non sono di certo queste dichiarazioni plausibili, come non è accettabile che ancora si possa parlare di questa guerra! Bisognerebbe porre una fine!

Marta Ferrato

Nuove sanzioni alla Russia: embargo sul petrolio russo e price cap di 60 dollari

L’Unione Europea, dopo l’invasione ingiustificata dell’Ucraina lo scorso 24 febbraio, ha imposto alla Russia una serie di nuove sanzioni. Queste si aggiungono alle misure restrittive già in vigore dal 2014 in conseguenza all’annessione della Crimea.
Tra i principali obiettivi prosciugare i conti del Cremlino. “L’economia russa sarà distrutta, pagherà e sarà responsabile di tutti i suoi crimini” ha dichiarato la presidenza ucraina. Per eliminare i guadagni russi e mettere così in difficoltà gli sforzi bellici si è detto basta a petrolio e gas.

Per colpire l’economia russa, l’Ue parla in termini di divieti d’esportazione (entità europee non possono vendere determinati prodotti alla Russia), e d’importazione (entità russe non sono autorizzate a vendere determinati prodotti all’UE). In giugno è stato adottato un pacchetto di sanzioni che vieta l’acquisto, l’importazione o il trasferimento via mare di petrolio greggio (non lavorato) e di alcuni prodotti petroliferi dalla Russia all’UE. Queste restrizioni entrate in vigore ieri (5 dicembre) per il petrolio greggio, mentre per gli altri prodotti petroliferi raffinati come diesel, benzina da febbraio 2023.

Trovato un accordo per un tetto al prezzo dell’oro nero 

Nel mercato del gas la riduzione dei flussi di forniture da Mosca verso l’Europa ha fatto aumentare i prezzi. Alla fine la Russia nel corso del 2022 ha venduto meno e guadagnato di più. Per evitare questo paradosso, anche per il petrolio oltre all’embargo è stato applicato un tetto massimo al prezzo in accordo tra Unione Europea, membri del G7 e l’Australia.
Il price cap è stato fissato a 60 dollari al barile, imposto ai prezzi del petrolio russo venduto in stati terzi. Questo provvedimento vieterà alle compagnie di fornire servizi che consentono il trasporto del petrolio russo oltre il tetto stabilito. Al fine di limitare le entrate che Mosca trae dalle sue forniture in Cina o in India.

Grafico price cap sul petrolio russo, Fonte: Sky tg24

L’accordo siglato dagli ambasciatori dei paesi membri dell’Ue a Bruxelles, era rimasto in sospeso in attesa delle decisioni della Polonia. Perché il versante polacco era stato critico sull’efficacia del tetto fisso, si richiedeva un prezzo molto più basso pari a 30 dollari al barile. L’attuale prezzo di un barile di petrolio russo, denominato “Urals oil”, è di circa 65 dollari poco sopra il tetto europeo, quindi un impatto realmente contenuto nel breve periodo. Sembra che il funzionamento del meccanismo di price cap verrà rivisto ogni due mesi, per rispondere all’esigenze di mercato. Sarà fissato a meno del 5%, al di sotto del prezzo medio di mercato del petrolio e dei prodotti petroliferi russi, calcolato sulla base dei dati forniti dall’Agenzia internazionale dell’Energia.

A differenza del gas, il petrolio può essere trasportato via mare. Così quello che l’Europa non comprerà più dalla Russia, potrà arrivare ad esempio dall’Arabia Saudita e altri produttori del Golfo Persico. Sono difficili questi equilibri, ma per Bruxelles questo servirà a stabilizzare i prezzi globali dell’energia.

“Stiamo lavorando a tutta velocità”, ha affermato Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, “non ci fermeremo finché l’Ucraina non avrà prevalso sull’illegale e barbara guerra di Putin”. La von der Leyen attraverso un tweet ha ribadito le decisioni sull’embargo e il price cap.


Gianclaudio Torlizzi
, osservatore ed esperto del settore, ha dichiarato che “questo tetto è stato deciso proprio per non creare shock sul mercato e per danneggiare lentamente Mosca”. Ma bisogna ora vedere quali saranno le reazioni del Presidente Putin e dell’Opec.

Russia: Stop greggio a chi aderisce al price cap 

La Russia non accetterà il price cap sul prezzo del suo petrolio. Stiamo valutando la situazione. Sono stati fatti alcuni preparativi per questo tetto. Vi informeremo su come sarà organizzato il lavoro una volta terminata la valutazione”

Queste le parole ai giornalisti di Dmitrij Peskov, noto portavoce del Cremlino, dopo le decisioni dell’Ue. Da tempo per compensare il suo export dalle perdite europee, Mosca si sta rivolgendo ad altri mercati come l’Asia. Essendo secondo produttore di petrolio al mondo ha dirottato gran parte delle sue forniture in India, Cina e altri paesi asiatici a prezzi scontati. Questo ha portato ad una diminuzione dell’esportazioni, ma i guadagni si sono mantenuti. Per esempio la Cina, nonostante le politiche “zero covid”, ha acquistato circa 2 milioni di barili al giorno di petrolio russo negli ultimi mesi.

Alexander Novak, vice-primo ministro russo in conferenza, Fonte : The New York Times

Mosca ha ribadito chiaramente che “non intende vendere il suo oro nero”, a nessuno dei paesi che adottano il tetto ai prezzi. “Venderemo petrolio e prodotti petroliferi ai paesi che lavorano con noi, sulla base delle condizioni di mercato. Anche se questo volesse dire che dobbiamo ridurre la produzione” dichiara Alexander Novak, vice-primo ministro russo.
Secondo alcune analisi del New York Times però circa il 55% delle petroliere che trasportano il petrolio russo fuori dal paese battono bandiera della Grecia, paese dell’Ue. Mentre i principali assicuratori di questi carichi hanno sede nell’Unione Europea e nel Regno Unito, un paese del G7. Aggiunge il giornale che la Russia utilizza compagnie di altri paesi, ma passare tutte le sue esportazioni a fornitori alternativi sarebbero probabilmente più costoso e meno sicuro per gli acquirenti.

 

 

Queste sanzioni funzioneranno?  

L’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (Opec) e i suoi alleati, gruppo noto come Opec+ , ha concordato sull’attenersi al proprio obiettivo di produzione di petrolio. Fra le restrizioni a Mosca, il lockdown da covid in Cina e il rallentamento dell’economia globale, l’organizzazione prende tempo e tiene invariati gli attuali livelli di produzione. Una mossa per gli analisti di “wait and see” che ha senso, in attesa di capire l’impatto delle nuove misure contro la Russia.

Zelensky, presidente ucraino, ritiene che il price cap sia una decisione “non seria”, si tratterebbe di “fissare un limite abbastanza buono per il bilancio dello Stato terrorista”. Alcuni ritengono che l’embargo sul petrolio non funzionarà come sperato e i prezzi saliranno. La Russia avrà dei vantaggi come gli altri paesi esportatori. Tutto il peso cadrà sui consumatori, già schiacciati dalla più grave crisi inflazionistica degli ultimi decenni.

In Italia, le sanzioni contro la Russia hanno portato dei risultati paradossali. Il nostro paese ha ridotto di molto la sua dipendenza dal gas russo, ma il petrolio è continuato ad arrivare. Questo dovuto anche alla presenza di una delle principali raffinerie del paese la “Lukoil Isab” di Priolo, che poteva acquistare solo petrolio russo. L’Italia così ha aumentato di molto la sua esposizione sul petrolio russo, tanto d’acquistarne quasi la metà. Da oggi questo non potrà più accadere!
Come ha dichiarato l’amministratore delegato di Eni, Claudio DescalziL’embargo al petrolio russo sarà un duro colpo” quindi “bisognerà stare attenti a trovare il petrolio altrove. Tutto ciò che potremmo recuperare arriverà dagli Stati Uniti”.


                                                                                                              Marta Ferrato