Le cinque migliori interpretazioni di Leonardo DiCaprio

Ammettiamolo: qualsiasi sia il contenuto di questo articolo, le nostre scelte faranno storcere il naso a qualcuno. Ma se questo potrebbe essere visto come un nostro demerito, in realtà è soltanto il risultato dell’immenso talento di uno degli attori più “prolifici” della storia del cinema contemporaneo, capace di recitare sempre a livelli altissimi.

Vediamo dunque le nostre – opinabili ma inevitabili – scelte che, nella settimana del suo 46esimo compleanno, tentano di racchiudere l’intera filmografia di Leo in soli 5 titoli.

Shutter Island, Martin Scorsese (2010)

Uno dei titoli certamente più affascinanti targati Scorsese-DiCaprio, ma – paradossalmente – l’unico a non aver ricevuto nemmeno un candidatura agli Oscar (mentre gli altri 4 vantano un totale di ben 31 nomination e 9 statuette). Poco importa, sappiamo quanto sia stato un tabù – sfatato – per Leo il premio più ambito in ambito cinematografico, se la pellicola, oltre alla combinazione trama-soggetto-sceneggiatura davvero accattivante, può contare su uno protagonista straordinario.

Mark Ruffalo e Leonardo DiCaprio in una delle scene iniziali – Fonte: nospoiler.it

DiCaprio ci accompagna nei meandri della psiche umana, incarnando perfettamente quel tanto ricercato genere del thriller psicologico: la vita di un uomo in bilico tra finzione e realtà, tra presente e passato, raccontata da un interprete che si adatta perfettamente ai vari colpi di scena che il film offre, risultando sempre carico di sicurezza e risolutezza, ma anche emotività, fino allo smarrimento finale.

Tutta la poetica dell’opera si potrebbe riassumere con le ultime battute, pronunciate con un tono tale da far dubitare anche lo spettatore più distaccato, come solo i grandi attori sanno fare.

The Aviator, Martin Scorsese (2004)

Il film narra la vera storia di Howard Huges (Leonardo DiCaprio), un regista ed aviatore celebre negli anni 40 per avere implementato nuove tecniche di ripresa e per aver pilotato l’idrovolante Hughes H-4 Hercules.

DiCaprio è autore di un’interpretazione straordinaria e ed in questo caso occorre definirla anche coraggiosa.

Come si può evincere facilmente dalla pellicola infatti, Huges soffriva di una pesante forma di disturbo ossessivo compulsivo. Leonardo – in virtù della sua professionalità – ha deciso di immedesimarsi profondamente nel ruolo, cercando quindi di ricreare dei rituali da mettere in atto prima di dover fare una determinata cosa, così da poter comprendere meglio la patologia di Howard.

Fonte: ondacinema.it

Sostanzialmente l’attore ha provato a ricreare una mente alterata all’interno della suo stesso cervello: in pochi possono riuscirci. La truccatrice stessa ha dichiarato di doverlo “acchiappare” tra una scena e l’altra perché l’attore in preda ai suoi tic non riusciva a stare fermo.

The Wolf of Wall Street, Martin Scorsese (2013)

Ennesimo titolo nato dalla perfetta collaborazione attore-regista, la pellicola racconta l’ascesa del broker newyorkese Jordan Belfort, ispirandosi alla biografia dell’uomo d’affari pubblicata qualche anno prima. Ancora una volta, DiCaprio sembra calarsi perfettamente nella parte: giovane, bello e spregiudicato, nell’immaginario collettivo gli agenti di borsa americani sono esattamente così.

Fonte: mymovies.it

Ma oltre gli stereotipi c’è molto di più, in un film che racconta gli eccessi, il cinismo “sfrenato” di una generazione di broker che hanno intuito alla perfezione come fare più soldi possibili, forse un po’ troppi: ecco che la vita viziosa dei personaggi entra in crisi, mostrando l’altra faccia della medaglia. Leo riesce ad esprimere tutto ciò con una performance che disturba quasi lo spettatore. Nei suoi occhi troviamo tutta la lucida follia dell’uomo d’affari, nelle sue parole – i frequenti turpiloqui fruttarono alcune critiche al film – tutti gli eccessi di chi vive costantemente al limite. Chi osserva la pellicola si trova così in uno stato che oscilla tra risate, esaltazione e ribrezzo, a tratti quasi pena.

È un film difficile che porta me stesso e la pellicola a rischio di molte critiche. È un atto di accusa contro quel mondo, non ci piacciono queste persone, ma ci siamo impegnati a isolare il pubblico nella mentalità in cui questa gente viveva, così da capire qualcosa in più della cultura reale in cui viviamo ora.

Lonardo DiCaprio si difende dalle critiche su “La Presse”

The Revenant, Alejandro González Iñárritu (2015)

Interrompiamo per un momento il duetto con Scorsese per parlare del film che ha permesso a Leo di ottenere la tanto agognata statuetta, che inoltre ottenne anche gli Oscar per miglior regia e fotografia. Possiamo affermare che i premi – per una volta – rispecchiano perfettamente i punti di forza della pellicola, che trae impulso da tutto il talento di DiCaprio, perfettamente diretto da Iñárritu e valorizzato dalla fotografia di Emmanuel Lubezki.

Fonte: taxidrivers.it

Il film è in parte basato sul romanzo Revenant – La storia vera di Hugh Glass e della sua vendetta (2002) di Michael Punke, che narra la vita del cacciatore di pelli Hugh Glass, in particolare l’episodio che, nel 1823, lo portò a dover tentare di sopravvivere durante una spedizione commerciale lungo il Missouri, abbandonato in fin di vita dai suoi compagni.

Pertanto, la trama – molto individualista –, la regia che sfrutta lunghi piani sequenza, la fotografia dai toni perfettamente adattati ai paesaggi spogli, sembrano cucite addosso al protagonista.

Tutto orchestrato per “consegnarli” l’Oscar? A posteriori, è facile dire di .

That’s all folks

Avevamo promesso 5 titoli, ma lasciamo l’ultima parte di questo articolo per le opinioni di tutti i lettori, cinefili e non. Come dimenticare la complessità machiavellica di Inception? E ancora, il capolavoro The Departed – Il bene e il maleun giovanissimo DiCaprio in Buon compleanno Mr Grapela brillantezza del personaggio Frank Abagnale in Prova a prendermi , per finire con Django Unchained, Il grande Gatsby e C’era una volta a… Hollywood. 

Film per tutti i gusti, che mostrano un DiCaprio versatile e diretto da grandissimi registi: a voi l’ultima parola.

Emanuele Chiara, Vincenzo Barbera

Viggo Mortensen: il dettaglio fa la differenza

Quanto può essere determinate per un attore esaminare tutte le sfumature di un personaggio?

Viggo Mortensen può fornirci la risposta.

In occasione del suo 62esimo compleanno, appena trascorso, andremo ad esaminare alcune delle sue interpretazioni più convincenti.

Viggo Mortensen – Fonte: cinema.everyeye.it

Il Signore Degli Anelli (2001-2003) di Peter Jackson

L’avventura fantasy per eccellenza, l’epopea tolkieniana che ha definito e consacrato il genere. All’interno della storia Viggo Mortensen ricopre il ruolo di Aragorn, ramingo del Nord (ciò che rimane dell’antica stirpe reale degli uomini).

Aragorn, attraverso il viaggio che  intraprenderà con gli altri personaggi – al fine di distruggere l’anello del potere – vivrà un percorso di crescita e redenzione del nome degli uomini, infangato da Isildur (uno dei re degli uomini). Isildur, nel momento di porre fine all’esistenza del male distruggendo il suddetto anello, cede alla tentazione di appropriarsene e porterà così al declino la stirpe degli uomini.

Close Up Poster Il Signore degli Anelli - Il Ritorno del Re (68cm x 98cm): Amazon.it: Casa e cucina
La locandina del terzo film – Fonte: Amazon.it

Viggo Mortensen incarna perfettamente il personaggio in ogni suo aspetto, rendendolo così il ruolo che lo eleverà come attore di altissima fascia.

Riesce a far suo il ruolo a tal punto da improvvisare alcune scene e creandole dagli errori di altri attori: è famosa la scena dove riesce a deviare con la spada – per puro istinto – un pugnale lanciatogli troppo vicino e che lo avrebbe altrimenti ferito.

Viggo Mortensen non interpreta Aragorn, lui è Aragorn.

Capitan Fantastic (2016) di Matt Ross

Capitan Fantastic narra la storia di una famiglia che decide di vivere in una foresta, opponendosi allo stile di vita di un qualunque americano medio.

Ben (Viggo Mortensen) sottopone i suoi figli ad allenamenti altamente pericolosi per abituarli alle insidie di madre Natura. Oltre a questa sorta di educazione siberiana, il padre li interroga quotidianamente sui libri che gli ha incaricato di leggere: sono testi particolarmente complessi per la loro età, tuttavia nessuno si farà trovare mai impreparato.

Un fatto molto grave costringerà l’intera famiglia ad interrompere questa routine e li costringerà ad intraprendere un viaggio verso la civiltà; per cui alla fine i ragazzi e Ben stesso, dovranno trovare il giusto compromesso tra il loro stile di vita e quello a cui noi tutti siamo abituati.

Ben Cash (Viggo Mortensen) e i suoi figli nel film Capitan Fantastic – Fonte: kumparan.com

Viggo Mortensen è autore di un’interpretazione magistrale: completamente immerso nel ruolo, riesce in più occasioni a manifestare il proprio stato d’animo mediante delle microespressioni facciali che solo un grande attore è in grado di poter effettuare.

Viggo ha compreso perfettamente il proprio personaggio. Ben è un individuo estremamente complesso, per tutto il film pretende che i figli sviluppino una forte coscienza critica verso qualsiasi cosa; ma nel momento in cui comprende di non poterli tenere per tutta la vita lontano dalla civiltà, si sentirà letteralmente sconfitto.

Solo quando i suoi figli metteranno in discussione perfino i suoi insegnamenti, realizzerà di essere riuscito nei suoi intenti.

Tutto ciò ci viene mostrato soltanto tramite i silenzi e gli sguardi di Viggo stesso. Per questa pellicola l’attore ha ricevuto la nomination agli Oscar del 2017 come miglior attore protagonista.

Green Book (2018) di Peter Farrelly

La pellicola narra la storia di Tony “Lip” Vallelonga, un italoamericano che fa il buttafuori in un nightclub del Bronx. Quando il locale viene chiuso per un periodo, Tony inizia a cercare un lavoro momentaneo.

Gli giungono varie offerte, tra cui alcune direttamente dalla mafia, ma lui decide di accettare quella del musicista di colore Don Shirley (interpretato da Mahershala Ali). Vallelonga dovrà fargli da autista e da guardia del copro in un tour nel sud degli Stati Uniti dove aleggia ancora lo spietato segregazionismo.

I due, visceralmente diversi, nel corso del viaggio instaureranno una profonda amicizia.

Viggo Mortensen e Mahershala Ali in Green Book – Fonte: stanzedicinema.com

Il film, basato su una storia vera, è un capolavoro di regia. Impostato con gli schemi classici della commedia, denuncia gli orribili effetti del più becero razzismo.

Le interpretazioni di Mortensen ed Ali sono meravigliosamente complementari: da un lato Viggo ricopre il ruolo di uomo burbero, ignorante ma comunque dal cuore tenero; e dall’altro Mahershala interpreta un personaggio colto, sofisticato ma a tratti eccessivamente maniaco del bon ton.

In alcuni momenti della pellicola i due formano una coppia comica perfetta.

Mortensen è ingrassato di 20 kg per questo ruolo ed ha studiato profondamente per imparare a gesticolare durante un discorso proprio come un italiano (come abbiamo visto in The Irishman con Joe Pesci).

Green Book ha ottenuto varie nomination agli Oscar 2019 trionfando come miglior film, miglior sceneggiatura originale e miglior attore non protagonista con Mahershala Ali; mentre Viggo si è dovuto accontentare ancora una volta solo della nomination come miglior attore protagonista.

Possiamo dire che Viggo Mortensen rientra di diritto in quella cerchia di attori d’elitè, le cui abilità permettono di interpretare ruoli decisi ed introspettivi in pellicole dall’indiscusso pregio.

La sua carriera sfortunatamente non è sempre stata così brillante e al centro dei riflettori, avendo preso parte anche a pellicole dalle dimensioni più contenute e modeste. Tuttavia ciò non ha inficiato alla sua scalata verso quei ruoli che lo hanno reso ciò che è oggi: uno degli attori più acclamati del panorama hollywoodiano.

 

Vincenzo Barbera e Giuseppe Catanzaro

L’essenza della risata

Le persone durante la propria vita cercano di raggiungere obiettivi diversi. Normalmente, durante questo viaggio si incontrano ostacoli ed avversità, le quali indubbiamente rendono il percorso ben più arduo del previsto. Ciò inevitabilmente destabilizza e crea conflitti tra la gente stessa.

Una delle rare cose capace di accomunare ogni individuo proveniente da qualsiasi parte del mondo è la risata. Questa non appartiene ad alcun colore politico o credo religioso, ma è un elemento grazie al quale chiunque manifesta il proprio divertimento e la propria felicità.

Robin Williams è stato uno degli attori più esilaranti della storia del cinema.

Oggi avrebbe compiuto 69 anni e noi di UniVersoMe vogliamo omaggiarlo andando ad analizzare quelli che – a nostro avviso – sono i suoi 5 più grandi film.

Robin Williams – Fonte: novilunio.net

Good Morning, Vietnam di Barry Levinson (1987)

Robin Williams interpreta Adrian Cronauer, un soldato statunitense durante la guerra del Vietnam. Adrian in passato aveva fatto il dj sull’isola di Creta, quindi gli viene affidata la conduzione della trasmissione mattutina.

Inizia sempre il suo show pronunciando la frase “Goodmorning Vietnam!” e per tutta la durata della messa in onda esprime qualsiasi ragionamento parlando molto velocemente e modificando in maniera buffa la propria voce. Nel corso del suo programma ironizza sulle tematiche più disparate: sulla moda del tempo, sul presidente Nixon, sulla guerra stessa e tante altre. Inoltre decide di trasmettere musica rock, che era stata precedentemente bandita.

Robin Williams in Goodmorning Vietnam -Fonte: nospoiler.it

L’ironia puntigliosa e la scelta delle canzoni non viene ben vista dai superiori, in quanto essi ritenevano che fosse pericoloso per il morale delle truppe mandare in onda uno show così esuberante. Tuttavia Adrian riesce a riscuotere un grande successo tra i soldati.

La prova d’attore di Robin Williams è eccellente e grazie ai lunghi “monologhi” recitati nel film, l’interprete ha avuto modo di mostrare il suo talento e di farsi conoscere tra le grandi produzioni di Hollywood.

L’attimo fuggente di Peter Weir (1989)

L’attore qui interpreta il professore di letteratura John Kesting, un docente appena trasferito al collegio Welton.

L’insegnante si distingue fin dall’inizio per i suoi metodi didattici alquanto singolari. Il fine ultimo del professore è quello di far comprendere ai ragazzi che la poesia è lo strumento uber alles capace di renderli liberi così da poter prendere qualsiasi decisione in maniera del tutto autonoma.

Robin Williams in L’attimo fuggente – Fonte: rollingstone.it

Il personaggio di John Keating è entrato nell’immaginario di tutti per la grande interpretazione di Williams, ma soprattutto per la celebre scena in cui gli alunni, imitando il docente, salgono sui banchi e pronunciano le parole “O capitano, mio capitano” dimostrando di aver compreso pienamente i suoi insegnamenti.

Mrs Doubtfire – Mammo per sempre di Chris Columbus (1993)

Robin Williams ricopre i panni di Daniel Hilland, un doppiatore che ama la sua famiglia. A causa del suo carattere fortemente indisciplinato ed infantile, Daniel divorzia dalla moglie e va a vivere da solo potendo vedere i suoi figli solo poche volte a settimana. Un giorno, l’ex moglie decide di assumere una tata per badare ai bambini.

Daniel ha l’idea geniale di travestirsi da donna fingendo di essere un’anziana tata chiamata Mrs Doubtfire. Riesce ad ottenere il lavoro e così facendo potrà stare accanto ai suoi bambini per crescerli ed aiutarli.

Robin Williams nei panni di Mrs Doubtfire – Fonte: cinematographe.it

Il film essenzialmente è incentrato sugli effetti che un divorzio può scatenare su una famiglia. Tuttavia, anticipa anche altre tematiche come ad esempio quella del travestimento, mostrandosi di fatto una pellicola lungimirante.

Robin Williams è stato autore di un lavoro magistrale. Quando veste i panni di Mrs Doubtfire riesce a modificare la voce, le movenze e le proprie espressioni dando vita ad un’anziana donna in modo perfettamente realistico.

Will Hunting – Genio ribelle di Gus Van Sant (1997)

La pellicola narra la storia di Will (Matt Damon), un ragazzo della periferia di Boston dalla mente brillante. Egli riesce a risolvere problemi estremamente complessi di matematica con molta facilità. Un giorno viene notato dal professor Lambeau, un luminare che crede molto nelle sue potenzialità. Will però conduce una vita allo sbando e dopo l’ennesima rissa il professore decide di farlo seguire da uno psicologo.

Dopo un primo tentativo fallimentare – dato che sarà proprio Will a psicanalizzare lo psicologo – Lambeau contatta il suo vecchio collega di università Sean (Robin Williams).

Proprio quest’ultimo sarà l’unico in grado di entrare nella mente di Will e di fargli affrontare i lati più oscuro del suo inconscio.

Robin Williams e Matt Damon in Will Hunting – Fonte: cinematographe.it

Nella pellicola vediamo un Robin al di fuori dei suoi schemi classici, in quanto è completamente immerso in un ruolo profondamente triste ma al quale è riuscito a donare una forte umanità. In alcuni momenti comunque riesce a far ridere gli spettatori nonostante la drammaticità del film.

La sua interpretazione in Will Hunting gli è valso un premio Oscar come miglior attore non protagonista nel 1998 .

Patch Adams di Tom Shadyac (1998)

Il film racconta la storia di Hunter “Patch” Adams, un uomo che sceglie di auto-internarsi in un ospedale psichiatrico dopo aver tentato il suicidio. Stando a contatto con gli altri pazienti scopre che tramite l’umorismo le malattie vengono affrontate con meno pesantezza e decide di studiare medicina. Patch non ritiene corretti i metodi operati dai suoi colleghi in quanto trattano i pazienti con troppa indifferenza.

Di nascosto quindi va a trovare i malati terminali facendoli divertire e cercando di alleviare le loro sofferenze.

Robin Williams nel film Patch Adams – Fonte: mam-e.it

La pellicola è una tragicommedia che offre numerosi spunti di riflessione sui rapporti umani tra medico e paziente. L’interpretazione di Robin è ancora una volta incentrata sulla risata, anche in contesti profondamente commoventi.

 

Robin Williams è stato uno di quegli attori capaci di poter mostrare tutto il suo potenziale in teatro, nel cinema e nella televisione.

Oltre alle grandi prove attoriali, lo ricordiamo per la persona che era: in qualsiasi testimonianza pervenutaci di questo interprete, che sia un film o anche una piccola apparizione in un talk show, lo vediamo sempre ridere e soprattutto fare ridere.

Vincenzo Barbera

 

 

Le 5 meraviglie di Johnny Depp

Johnny Depp è sicuramente una delle star hollywoodiane più amate dal pubblico internazionale.

Con i suoi 57 anni appena compiuti e nonostante le ultime vicende relative alla sua vita privata, Johnny Depp continua a mostrare interpretazioni eccelse, tra incassi plurimilionari ed alcuni veri e propri cult-movie.

Andiamo ad analizzare cinque film che ci fanno comprendere l’estro e l’intelligenza di questo formidabile attore.

Johnny Depp 

Edward mani di forbice (1990), Tim Burton

La pellicola è una sorta di rivisitazione del romanzo Frankenstein di Mary Shelley ambientata in un borgo americano degli anni ’80.

La scrupolosa regia di Tim Burton e le scenografie gotiche sono ciò che rendono questa pellicola uno dei capisaldi della filmografia burtoniana.

Edward (Johnny Depp) è un “ragazzo artificiale” che al posto delle mani possiede delle forbici. Questa sua connotazione fisica lo fa sentire inevitabilmente diverso dagli altri, ragion per cui vive isolato in una villa. Nel corso della storia conoscerà Peggy (Dianne West), la quale lo convincerà a mostrarsi in pubblico e ad inserirsi in società.

Johnny Depp in una scena del film – Fonte: nospoiler.it

Johnny Depp è riuscito a trasmettere ad Edward un costante stato di timore ed un’innocua timidezza, che traspaiono dallo sguardo e dalla gestualità del personaggio.

Nel film pronuncia solo 169 parole, quindi l’attore ha dovuto fare ricorso ad altri strumenti per esternare ciò che Edward provava dentro se stesso e lo ha fatto meravigliosamente.

Buon compleanno Mr Grape (1993), Lasse Hallstrom

Uno dei film più toccanti che esistono.

Dopo la visione se ne esce fragorosamente frastornati ma con qualcosa che arricchisce dentro.

La pellicola narra la storia di Arnie (Leonardo Di Caprio), un ragazzino con problemi mentali, e della sua famiglia in seguito ad una terribile tragedia: il suicidio del padre.

Gilbert (Johnny Depp) è il figlio maggiore che ha il compito di mandare avanti la famiglia e di badare alla madre impossibilitata a muoversi a causa dello spropositato stato di obesità in cui si trova.

Leonardo Di Caprio e Johnny Depp in una scena del film – Fonte: quinlan.it

La prova d’attore che spicca fra tutte è sicuramente quella di un giovanissimo Leonardo Di Caprio, al quale ovviamente vanno riconosciuti tutti i meriti; ma senza Johnny Depp forse non avrebbe raggiunto gli stessi risultati.

La chimica instauratasi tra i due attori nasce originariamente dalla volontà di Johnny di voler ricoprire un ruolo che, anche se non offriva al suo interprete la possibilità di mettersi in mostra, risultava essere fondamentale per la realizzazione della pellicola e per far recitare Di Caprio nel modo migliore.

Martin Scorsese ha raccontato che un pomeriggio – mentre faceva zapping in TV – vide parte del film; rimase colpito dalla performance di Leo e chiamò Robert De Niro invitandolo a sintonizzarsi su quel canale per osservarlo.

Johnny Depp ha quindi messo in atto un’ottima interpretazione ed allo stesso tempo è riuscito a far emergere tutto il talento di Di Caprio, aprendogli di fatto le strade di Hollywood.

Paura e delirio a Las Vegas (1998), Terry Gilliam

Il film più cult dei film cult.

La storia narra il viaggio del giornalista Raoul Durke (Johnny Depp) e del suo avvocato il Dottor Gonzo (Benicio del Toro), i quali nel 1971 si recano a Las Vegas per scrivere la cronaca di una gara motociclistica.

Nel corso del racconto vedremo i nostri protagonisti perennemente strafatti di qualsiasi droga immaginabile, che affronteranno situazioni del tutto normali in maniera estremamente comica, ma mai demenziale.

Benicio del Toro e Johnny Depp completamente strafatti in una scena del film – Fonte: nuovocinemalocatelli.com

Il personaggio di Raoul è ispirato ad Hunter Stockton Thompson, lo scrittore di Paura e disgusto a Las Vegas, il libro autobiografico dal quale è tratto il film.

Johnny Depp ha deciso di approcciarsi al ruolo con il metodo Stanislavskij ed ha vissuto per quattro mesi con Thompson così da studiarne le movenze. L’attore si è immerso completamente nel personaggio riuscendo a porre in essere una delle sue migliori interpretazioni; performance resa celebre anche per l’uso della mimica facciale mediante cui l’attore è riuscito a rappresentare tutta la paranoia del giornalista in modo buffo.

Un plauso anche a Benicio del Toro, ingrassato per il ruolo di 25 kg, che ha messo a segno un’interpretazione brillante.

La maledizione della prima luna (2003), Gore Verbinski

Il film segna l’inizio di una delle più celebri e splendide saghe cinematografiche della storia.

Johnny Depp nei panni del pirata rappresenta la perfezione assoluta nel mondo attoriale. L’interprete è fortemente calato nella parte, è circondato da un cast di attori di fama internazionale in grado di reggere il suo passo, ha ideato un modo di camminare e di muoversi del tutto innovativo che si sposa perfettamente con il personaggio.

Johnny Depp nei panni di Jack Sparrow – Fonte: cinema.everyeye.it

Jack Sparrow grazie al talento ed alla tecnica di Johnny Depp è diventato uno dei personaggi più iconici della storia. Per questo ruolo l’attore ha ricevuto la candidatura ai premi Oscar del 2004 come miglior attore protagonista.

Sweeney Todd – Il diabolico barbiere di Fleet Street (2007), Tim Burton

Un capolavoro assoluto. Ne abbiamo già parlato in un articolo precedente.

Johnny Depp è un maestro nell’utilizzo della mimica facciale per creare quelle micro espressioni che arricchiscono notevolmente una performance attoriale (come ha fatto in Paura e delirio a Las Vegas).

Johnny Depp mentre interpreta Sweeney Todd – Fonte: ravepad.com

In questa pellicola invece, nei panni del barbiere non traspare la benché minima espressione dal suo pallido volto, ma solo ira e malvagità dal suo sguardo. Nel corso del film infatti lo vediamo sempre con una faccia seria e impassibile, tranne quando accenna una risata in un momento cruciale del racconto; dove proprio quel sogghigno esalta esponenzialmente l’enfasi di quell’attimo.

Per questo film ha vinto il Golden Globe nel 2008 come miglior attore in un film commedia o musicale.

 

Johnny Depp ultimamente ha ricevuto molteplici critiche, sia per le vicende accadute con l’ex compagna Amber Heard, che per l’eccessivo abuso di alcol. Non è né la prima né l’ultima star a finire nell’occhio del ciclone per vicende controverse; non è nostro compito giudicare la persona in questa sede, ma l’attore: pertanto, godetevi tutte le meraviglie cinematografiche che quest’uomo ha prodotto.

Vincenzo Barbera

 

 

 

3 film di Troisi per vivere meglio

In questi tempi sicuramente non tranquilli per quello che sta accadendo nel mondo, ci manca qualcosa o qualcuno capace di tirarci su.

In Italia abbiamo avuto la fortuna di avere chi è in grado di risollevarci il morale, ma che purtroppo ci ha salutato troppo presto.

Il 4 giugno del 1994 Massimo Troisi moriva alla sola età di 41 anni: l’attore e regista è riuscito comunque ad arricchirci immensamente lasciandoci in eredità tutta la sua arte.

Massimo Troisi – Fonte: peopleforplanet.it

Ricomincio da tre (1981)

Il film segna il debutto sul grande schermo di Troisi sia come attore che regista.

Massimo Troisi e Lello Arena nel film Ricomincio da tre – Fonte: vesuviolive.it

La pellicola narra la storia di Gaetano, un giovane napoletano che vuole andarsene dalla sua città natale per estendere i suoi orizzonti. Più volte nel corso del film viene identificato come “emigrante” ma lui stesso afferma che vuole solamente viaggiare per fare nuove esperienze, senza comunque distaccarsi dalle sue radici partenopee.

Così facendo Troisi crea un personaggio del tutto nuovo rispetto al passato. Fin lì i napoletani venivano rappresentati come appunto degli emigranti in cerca di lavoro, membri di famiglie assai numerose e un po’ furbacchioni. Gaetano invece è un timido ragazzo, desideroso di mettersi in viaggio solo ed esclusivamente per confrontarsi con realtà diverse.

La sua mentalità è profondamente segnata dal passato, ma egli non si tira indietro quando gli si presenta una novità; anzi la affronta con tutta la simpatia e l’innocenza che appartengono alla sua forma mentis napoletana.

Troisi infatti, mediante la napoletanità, ironizza su tutto ciò che lo circonda, riuscendo ad analizzare tematiche di primaria importanza (come l’emancipazione delle donne o l’instabilità mentale) ed allo stesso tempo far ridere a crepapelle lo spettatore.

Non ci resta che piangere (1984)

La pellicola narra la storia di Mario (Massimo Troisi) e Saverio (Roberto Benigni).

I due amici lavorano nella stessa scuola e durante un viaggio in macchina discutono sulle problematiche amorose della sorella di Saverio, la quale è stata lasciata dal fidanzato americano. Ad un certo punto la macchina va in panne e i due sono costretti a passare la notte in una locanda.

Al risveglio vedono un uomo intento ad urinare dalla finestra, ma quest’ultimo viene trafitto da un lancia. Chiedendo spiegazioni alla gente che si trova al piano di sotto, comprendono di essersi ritrovati negli anni del Rinascimento.

Mario e Saverio alla dogana nel film Non ci resta che piangere – Fonte: altrapsicologia.it

Il film è un agglomerato di sketch comici in cui Troisi e Benigni danno il meglio di loro stessi.

Mario è costantemente spaventato dai numerosi pericoli di quell’epoca storica e pone in essere comportamenti assai buffi; allo stesso tempo corteggia una ragazza di nome Pia cantandole Yesterday, l’inno di Mameli ed altre canzoni decisamente fuori luogo con quegli anni.

Saverio vuole a tutti i costi impedire a Cristoforo Colombo di scoprire l’America così che il fidanzato di sua sorella non la possa far soffrire.

Memorabile la scena della dogana dove i due protagonisti non riuscivano a smettere di ridere durante le riprese (la scena era improvvisata), emblema di un cinema che fa divertire non solo gli spettatori, ma in primis gli attori stessi.

Il postino (1994)

Il postino racconta la storia di Mario Ruoppolo (Massimo Troisi), un disoccupato che abita su un’isola del Sud Italia.

Mario per vivere potrebbe seguire la tradizione di famiglia diventando un pescatore, ma l’idea non lo aggrada.

Un giorno viene condotto in esilio sull’isola il celebre scrittore cileno Pablo Neruda e Mario viene assunto come postino per consegnargli la posta; piano piano tra i due si instaurerà un rapporto ancor più intenso di una solida amicizia.

Lo scrittore infatti accenderà l’amore per la poesia nell’animo del postino, il quale a sua volta riconoscerà in Pablo una sorta di mentore e gli chiederà consigli per conquistare la bella Beatrice.

Massimo Troisi e Philippe Noiret nel film Il postino – Fonte: mam-e.it

L’interpretazione di Troisi è fuori dagli schemi: sublime e profonda. È completamente immerso nel personaggio ma non rinuncia a donare a Mario i caratteri distintivi della propria personalità.

Philippe Noiret ancora una volta è autore di una prova d’attore magistrale e non è un caso che sia presente in diversi capolavori del cinema italiano (lo troviamo anche in Amici miei del 1975 e Nuovo Cinema Paradiso del 1988).

Il postino inoltre lancia la carriera di una giovane e favolosa Maria Grazia Cucinotta che nel film ha dato prova di essere tranquillamente all’altezza di una qualsiasi diva hollywoodiana.

Il film ha ottenuto 5 nomination ai premi Oscar del 1996 tra le quali quella a miglior attore protagonista per Massimo Troisi ed ha vinto la statuetta per la miglior colonna sonora.

 

Massimo Troisi ha dato sé stesso al cinema nel vero senso della parola. I suoi personaggi, se pur con sfumature diverse, presentano molti aspetti del suo carattere che vengono enfatizzati esponenzialmente nei vari film. La dote principale di Troisi è quella di creare spensieratezza dinnanzi ad una qualsiasi problematica, anche la più grave, approcciandola di petto ma ridendoci e scherzandoci su. Noi abbiamo bisogno di un Massimo Troisi, soprattutto ora, ma non può essercene un altro. Non ci resta che ricominciare da tre.

Vincenzo Barbera

Harvey Keitel: la qualità non sta nella quantità

Oggi compie 81 anni il grande Harvey Keitel, che con le sue interpretazioni ha deliziato gli spettatori del mondo intero e grazie al suo fiuto è riuscito a far emergere grandi registi come Martin Scorsese, Quentin Tarantino e Ridley Scott.

Noi di UniVersoMe vogliamo omaggiare la sua figura andando ad analizzare la sua filmografia ed i suoi personaggi più rilevanti.

Harvey Keitel al Taormina Film Festival del 2016 – Fonte: archivio Paolo Barbera ©

 

Biografia e sodalizi

Nato a Brookyn nel 1939 da una famiglia ebraica, trascorre un’adolescenza turbolenta. All’età di 16 anni si arruola nei Marines e prende parte ad un intervento militare in Libano.

Tornato a New York inizia a studiare recitazione presso la prestigiosa scuola dell’Actors studio e dopo 10 anni di esperienze teatrali esordisce sul grande schermo con Mean Streets-Domenica in chiesa, lunedì all’inferno (1973), il film che lanciato Martin Scorsese.

Con il regista instaurerà un solido rapporto, sia professionale che d’amicizia, grazie al quale girerà altri film come Alice non abita più qui (1974), Taxi driver (1976), L’ultima tentazione di Cristo (1988) e The Irishman (2019).

Nel 1977 recita ne I duellanti, il film che segna l’inizio della carriera di Ridley Scott con il quale lavorerà anche in Thelma e Louise (1991).

All’inizio degli anni ’90 un collega di Harvey dell’Actors studio gli presentò una sceneggiatura di un film scritta da un ancora sconosciuto Quentin Tarantino (che lavorava ancora in una videoteca come commesso).

Quentin Tarantino, Steve Buscemi e Harvey Keitel sul set del film Le Iene – Fonte: ebay.ie

L’attore rimase estremamente colpito dalla trama, ma non vi era denaro a sufficienza per girare la pellicola. Lo stesso Harvey Keitel quindi decise di raccogliere i fondi necessari per finanziarla ed è così che venne creato uno dei migliori film della storia: Le Iene (1992).

A conti fatti, se non fosse stato per l’intervento dell’attore probabilmente non avremmo mai potuto godere dell’intera arte di Quentin Tarantino. I due collaboreranno anche in Pulp Fiction (1994).

Personaggi

Tra la miriade di personaggi interpretati da Harvey Keitel, ve ne sono alcuni che sono rimasti impressi nella mente di tutti noi in maniera indelebile.

Il primo è Matthew Sport, il protettore di prostitute in Taxi Driver.

L’attore, anche se compare per poco tempo sul grande schermo, è riuscito comunque a creare un personaggio assai intrigante, dotato di una forte aura menefreghista che in realtà cela tutta la sua crudeltà.

Harvey Keitel nei panni di Matthew Sport in Taxi Driver – Fonte: dagospia.com

Grazie alla prova d’attore di Harvey, il personaggio riesce comunque a mettersi in luce nonostante potesse essere oscurato dall’imponente interpretazione di Robert De Niro.

Da ricordare è sicuramente anche il ruolo di Mr White nel film Le Iene.

Harvey Keitel ha interpretato al meglio il ruolo di un criminale ricco d’esperienza e capace di compiere qualsiasi follia per ottenere ciò che vuole, riuscendo appunto a trasmettergli tutta la cattiveria e la maturità necessaria per imporsi come una sorta di capitano durante la rapina.

Harvey Keitel che interpreta Mr White nel film Le iene – Fonte: filmalcinema.com

Possiamo riscontrare la sua prova d’attore d’eccellenza in Pulp Fiction, dove Harvey Keitel interpreta l’indimenticabile Mr Wolf.

Il suo compito – a detta sua- è quello di “risolvere problemi”e ciò che affascina è proprio il modo in cui li risolve.

Appare in scena per una decina di minuti, ma sono sufficienti per ammirarne la maestosità. Durante questo arco temporale, Mr Wolf pianifica un modo per tirare fuori dai guai due uomini del gangster Marsellus Wallace che accidentalmente hanno sparato in testa ad un ragazzo nella loro auto.

Mr Wolf non alza nemmeno un dito, anzi: mentre impartisce ordini su cosa fare, sorseggia beatamente una tazza di caffè (con molta panna e molto zucchero). Harvey Keitel ha dato vita ad un personaggio simpatico, elegantissimo nei modi di fare e soprattutto che conquista lo spettatore per la sua capacità di analizzare perfettamente ogni dettaglio di una qualsiasi problematica e di porvi rimedio in breve tempo.

 

Se nel corso di una carriera un attore prende parte a ben 158 film, obiettivamente ha del talento. Se a ciò si aggiunge il fatto che Harvey Keitel abbia preso parte ai primi lavori di registi del calibro di Scorsese, Tarantino e Ridley Scott, ciò implica che l’attore in questione abbia qualcosa in più degli altri. L’attore passa alla storia in particolare per ruoli che lo vedono sul grande schermo solo per pochi minuti, ma come diceva Stanislavskij: «non esistono piccoli ruoli, ma solo piccoli attori».

Vincenzo Barbera

 

5 film da vedere di Al Pacino, l’attore di origini siciliane che ha conquistato Hollywood

Ad 80 anni appena compiuti, Al Pacino è a tutti gli effetti un mostro sacro della recitazione. Ha dato vita a personaggi rimasti impressi nella storia del cinema che, grazie alle sue prestazioni, hanno affascinato il pubblico di diverse generazioni. Noi di UniVersoMe vogliamo rendere omaggio a questo grande interprete ricordando 5 dei suoi più grandi capolavori.

Al Pacino vince il premio Oscar nel 1993 per Scent of a Woman – Fonte: cinemaclassico.com

Scarface di Brian De Palma (1983)

Il film diretto da Brian De Palma è una pietra miliare del genere gangster. La pellicola racconta la storia di Tony Montana (interpretato da Al Pacino), criminale cubano che cerca di imporsi nel mondo della malavita grazie alla propria tenacia ed alla propria furbizia.

Scarface è un film che indubbiamente rimane impresso nella memoria di tutti gli amanti del cinema grazie principalmente alla splendida performance di Al Pacino.

Al Pacino nei panni di Tony Montana in una scena di Scarface -Fonte: artphotolimited.com

L’attore infatti ha potuto dare sfoggio di tutte le sue doti teatrali riuscendo a creare un personaggio in parte schizoide, dotato di un grande carisma e – tramite una mimica marcata – ne ha rappresentato perfettamente la personalità sbruffona.

Il film costituisce un elemento di primaria importanza per la filmografia di Al Pacino in quanto ci permette di osservare come egli sia stato capace di ricoprire magnificamente il ruolo di un mafioso seguendo due chiavi di lettura completamente diverse tra loro: Michael Corleone ne Il padrino si presenta come un uomo calmo e sofisticato, Tony Montana invece appare come rude e spregiudicato.

Donnie Brasco di Mike Newell (1997)

Ispirata alla vera storia del poliziotto Joe Pistone (interpretato nel film da Johnny Depp), la pellicola di Mike Newell narra le vicende di un agente FBI infiltrato all’interno di un’organizzazione mafiosa tra gli anni ’70 e ’80. Nel contempo il film si concentra sul rapporto di amicizia che nasce tra Joe ed il suo mentore Benjamin “Lefty” Ruggiero (Al Pacino) il quale lo farà entrare nel clan di cui fa parte ed in seguito gli insegnerà tutti i meccanismi ed i segreti della malavita.

L’interpretazione degli attori è magistrale.

Grazie alla chimica instauratasi tra i due, la narrazione scorre meravigliosamente coinvolgendo e mantenendo alta l’attenzione dello spettatore.

Johnny Depp e Al Pacino nel film Donnie Brasco – Fonte: pinterest.it

Al Pacino si ritrova nuovamente a vestire i panni di un mafioso, al quale stavolta dona tramite i gesti, gli sguardi e le espressioni una forte venatura di malinconia e di rassegnazione, che viene però attenuata dalla voglia di riscatto quando Lefty conosce Joe. Egli infatti lo considera un figlio acquisito al quale vuole insegnare tutto ciò che ha imparato ed al tempo stesso proteggerlo dalle molteplici insidie. Si assiste quindi ad una vera e propria rinascita del personaggio interpretato da Al Pacino che mette in atto una delle sue migliori performance insieme a Johnny Depp.

Il padrino di Francis Ford Coppola (1972)

Non è stato il film di debutto del nostro attore come molti invece pensano, ma sicuramente il gangster movie che l’ha fatto entrare a buon diritto nell’ Olimpo dei grandi del cinema.

In realtà tanti erano i numi avversi all’ingaggio di Al Pacino come protagonista della celeberrima trilogia tratta dal romanzo di Mario Puzo e diretta da Francis Ford Coppola. La Paramount, per il ruolo di Michael Corleone, inizialmente innocuo pesce fuor d’acqua in una losca famiglia d’italo-americani nella New York degli anni Cinquanta e poi il “padrino” che prende in mano le redini dell’organizzazione mafiosa, aveva pensato a Dustin Hoffman o Robert Redford, già più affermati ad Hollywood e dintorni.

 

Michael Corleone (Al Pacino) con i suoi scagnozzi in Sicilia. Fonte: La voce di New York.

L’occhio da buon regista di Coppola, nell’immaginare le scene di Michael che vagava per la campagna siciliana ne Il padrino (1972) vide invece il viso di Pacino, dai tratti decisamente più siciliani. Non dimentichiamoci infatti che nelle vene di Alfredo James Pacino (così all’anagrafe) scorre sangue siculo: i suoi nonni paterni erano di San Fratello, mentre quelli materni proprio di Corleone!

In definitva Pacino convince tutti soprattutto quando si siede per la prima volta sulla poltrona di Don Vito (Marlon Brando) e la metamorfosi da bravo ragazzo a criminale è compiuta. Il suo è un personaggio fuori dai canoni del boss violento stile old mafia: Michael Corleone è posata spregiudicatezza, astuzia calcolata e sangue freddo resi da una mimica perfetta e da uno sguardo glaciale.

Michael Corleone ormai diventato “il padrino”. Fonte: sorrisi.com

La scelta di Coppola si rivela azzeccata : l’attore è così bravo  che lo spettatore finisce per stare dalla parte del cattivo.

 

L’avvocato del diavolo di Taylor Hackford (1997)

Spregiudicatezza e mistero caratterizzano sempre un altro ruolo di Al: quello di John Milton, affermato avvocato newyorkese che prende sotto la sua ala protettiva un giovane e talentuoso legale di provincia Kevin Lomax (Keaneau Reeves). Lo sprovveduto Lomax appena entrato “come pecora tra i lupi” nella società di Milton, sarà coinvolto in un giro di corruzione e degrado morale che lo porterà a perdere i suoi legami più cari, in una trama surreale e a tratti horror che molti critici hanno trovato esagerata.

John Milton ( Al Pacino) nel celebre monologo. Fonte: ciakclub

Per niente esagerata è invece la performance di Pacino: solo un attore del suo calibro poteva dare così tanto pathos al monologo in cui Milton rivela la propria identità. Chi è davvero il più potente avvocato di New York?

Profumo di donna di Martin Brest (1992)

Personaggio sicuramente più complesso è invece quello che gli valse l’oscar come miglior attore protagonista nel 1993: Frank Slade, colonnello rimasto cieco in un incidente militare che decide di farsi accompagnare in un “viaggio di piacere” a New York da Charlie Simms (Chris O’ Donnel), liceale a corto di quattrini e con qualche problema di integrazione in una scuola esclusiva del New England.

Il viaggio rivelerà parecchie sorprese, ma a sorprenderci ancor di più (anche sul finale) è proprio il colonnello Slade, uomo mai statico e in continua evoluzione: ora cinico, ora paterno nei confronti del suo accompagnatore, a volte sfrenato edonista a caccia di donne e nuove emozioni, altre volte uomo profondamente scosso e depresso.

Al Pacino e Chris O’ Donnel per le strade di New York.  Fonte: nospoiler.it

 

Il dinamismo di Pacino incarna perfettamente il personaggio! Ma la migliore prova d’attore è ancora una volta lo sguardo: spento come quello di un uomo che non trova più alcun senso nel vivere.

Curiosità on topic: quello di Martin Brest è il remake più fortunato dell’omonimo film del 1974 di Dino Risi con protagonista Vittorio Gassman. Pare che Pacino, per interpretare il protagonista, non solo abbia preso contatti con delle associazioni americane di non vedenti, ma abbia anche incontrato il nostro Mattatore.

Al Pacino. Fonte: lascimmiapensa.com

La carriera di Al Pacino parla da sé e rivela un professionista della recitazione che si ispira alla realtà per interpretare personaggi di fantasia e non ha mai rinnegato le sue umili origini.

“Mi sento più vivo in un teatro che in qualunque altro posto, ma quello che faccio a teatro l’ho preso dalla strada.”

Angelica Rocca, Vincenzo Barbera

3 film che ci hanno mostrato la genialità di Jack Nicholson

Oggi Jack Nicholson compie 83 anni. Considerato come uno dei più grandi attori della storia del cinema, ha incantato il pubblico di tutto il mondo con delle interpretazioni magistrali. Ha lavorato con registi di altissimo calibro come Stanley Kubrick, Martin Scorsese, Tim Burton, Roman Polanski ed altri, i quali hanno saputo valorizzarlo e grazie al suo estro sono riusciti a girare delle pellicole che ad oggi sono dei tesori del patrimonio cinematografico.

Andiamo vedere e ad analizzare quelle che secondo noi di UniVersoMe sono le 3 migliori interpretazioni di Jack Nicholson.

Jack Nicholson da giovane – Fonte: blog.filmamo.it

Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975)

Il film è sicuramente uno dei migliori della sua filmografia personale. L’attore interpreta un delinquente che viene rinchiuso in un manicomio per verificare se la sua aggressività nasca da un disturbo mentale o meno. In poco tempo riuscirà a conquistarsi la fiducia e la simpatia degli altri pazienti ponendo in essere comportamenti fuori dalla norma e creando scompiglio. Tutto ciò non verrà visto di buon occhio dalla capo-reparto (interpretata da Louise Fletcher) la quale adotterà metodi ancor più crudeli ed illogici nei confronti dei degenti: durante le sedute collettive non mostra un reale interesse circa il loro stato d’animo, li imbottisce di medicine senza senso, li sottopone ad elettro-shock.

Jack Nicholson in una scena del film Qualcuno volò sul nido del cuculo – Fonte: imdb.com

La prova d’attore di Jack Nicholson è a dir poco strabiliante. Riesce ad interpretare il ruolo in maniera realistica senza eccedere mai, nonostante l’alta carica emotiva richiesta per questo personaggio. Non solo: ci fa addirittura ridere in un film dove la risata non era minimamente contemplata, nemmeno in caso di errori sulle battute sul set.

Non a caso, per questo film l’Academy assegnò l’Oscar per il miglior attore protagonista e per la miglior attrice protagonista a Jack Nicholson e a Louise Fletcher.

Shining (1980)

Il film è ispirato al romanzo Shining (1977) di Stephen King. La pellicola del più grande regista di tutti i tempi (Stanley Kubrick) deve moltissimo sicuramente al lavoro svolto dal suo attore principale.

Per il ruolo del protagonista Jack Torrance, il regista inizialmente aveva pensato ad altri attori oltre che a Nicholson.

Robert De Niro rifiutò il film visto che, a detta sua, la semplice lettura del copione lo aveva così tanto turbato da causargli incubi per un mese intero.

Robin Williams ed Harrison Ford incontrarono invece la disapprovazione di King.

Sul set vi furono molteplici scontri soprattutto tra Kubrick e l’attrice protagonista Shelley Duvall (nel film interpreta la moglie di Jack, Wendy Torrance) che sicuramente non permettevano di lavorare in un clima sereno. In seguito al film l’attrice cadde in un profondissimo stato di depressione ed ancora oggi purtroppo non è riuscita ad uscirne.

Tra le varie problematiche poi vi erano anche: le continue proteste dello scrittore Stephen King, che accusava il regista di stravolgere radicalmente il racconto;  varie sequenze che venivano girate e rigirate fino a contare addirittura 150 ciak per una singola scena, stremando logicamente gli attori; Kubrick cambiava così tante volte le battute che Jack Nicholson si rifiutava di impararle a memoria perché sapeva che dopo 15 minuti sarebbero state modificate.

Nonostante tutte le avversità, ci troviamo di fronte alla miglior interpretazione attoriale della storia del cinema. Jack Nicholson ha creato un personaggio tanto folle quanto affascinante, che tramite le sue azioni non fa staccare gli occhi dello spettatore dallo schermo qualsiasi cosa egli faccia.

Durante i suoi deliri – con i quali dà voce alla follia del personaggio – lo si ascolta come se fosse una poesia di Leopardi. Mentre sta in silenzio sul letto con lo sguardo perso nel vuoto lo si ammira come se fosse un dipinto di Michelangelo.

Tutto questo è reso possibile grazie alla grandissima tecnica posseduta dall’attore.

Jack Nicholson nei panni di Jack Torrence mentre fissa il vuoto nel film Shining – Fonte: repubblica.it

Innanzitutto, egli entra nel personaggio comprendendone i pensieri e gli atteggiamenti per poi riproporli in scena in maniera spettacolare. Il termine “spettacolare” non è sinonimo in questo caso di “meraviglioso” ma è inteso nel senso di rappresentare una determinata emozione enfatizzandone minuziosamente ogni minimo aspetto, con il fine ovvio poi di ottenere una reazione specifica da parte dello spettatore. Mentre De Niro e Marlon Brando recitano partendo dall’istinto, immedesimandosi totalmente nella parte e senza sapere realmente dove si possa andare a finire, Jack Nicholson prende per un istante le distanze dal proprio personaggio.

La sua interpretazione è frutto di un’operazione matematica prestabilita che deve in qualche modo fungere da tramite per manifestare poi un sentimento; ma preliminarmente egli sa benissimo dove si andrà a parare, perciò conosce gli attimi precisi in cui può forzare eventualmente un’espressione facciale o effettuare un determinato gesto.

In Shining l’attore ha dato libero sfogo a tutte quelle che sono le sue capacità attoriali, divenendo un’icona per tutti gli amanti del cinema. E poi diciamocelo: lo sguardo da folle lo ha di natura.

The Departed – Il bene e il male (2006)

Un gangster movie di Scorsese ambientato ai giorni nostri. Con un cast d’eccezione ed uno dei migliori registi della storia del cinema il risultato non può che non essere strepitoso.

Leonardo Di Caprio e Jack Nicholson durante una scena di The Departed – Fonte: it.wikipedia.org

Qui la particolarità della prova d’attore di Nicholson risiede nel fatto che apparentemente sembra non recitare.

Se vedete il film noterete un signore che parla, minaccia, ride e uccide con una normalità disarmante. Essendo abituati a vedere Jack “strafare” nelle sue interpretazioni, guardando questo film si resta attoniti. Egli è entrato talmente tanto nella parte che lo spettatore può benissimo pensare di avere davanti a sé una persona reale e non un personaggio interpretato da un attore. Scorsese comprese questo fatto, infatti gran parte delle scene di Nicholson sono del tutto improvvisate.

 

Non è sufficiente solo un articolo per parlare di un’icona del cinema come Jack Nicholson. Ciò che l’attore ha donato al cinema è qualcosa di veramente strabiliante. Nel corso della sua carriera ha vinto ben 3 premi Oscar, ma per attori del genere dovrebbero istituire un riconoscimento a parte.

Se dopo 130 anni di storia il cinema ancora oggi esiste, è grazie a persone e ad artisti come Jack Nicholson.

Vincenzo Barbera

Eli Roth ed Hostel: l’orrore peggiore è nel mondo reale

Compie oggi 48 anni uno dei maestri che hanno innovato il genere dell’orrore e dello splatter in maniera significativa. Eli Roth, conosciuto per aver diretto Cabin Fever  (2002) ed aver recitato in Bastardi senza gloria (2009) di Quentin Tarantino, deve il suo successo in gran parte ad Hostel (2005), un film che ha sconvolto l’America per la sua violenza e ad oggi risulta essere ancor più inquietante visti i temi trattati.

Eli Roth nei panni dell’Orso Ebreo in Bastardi senza gloria – Fonte: inglouriousbasterds.fandom.com

Hostel

Il film narra la storia di 2 ragazzi americani, Paxton e Josh, che fanno un Interrail in Europa. Qui conoscono Oli, un ragazzo islandese che si unirà al loro viaggio. Durante una nottata a base di sesso e droga, i tre rimangono chiusi fuori dal proprio bed&breakfast. Vengono ospitati quindi da un ragazzo che li informa circa l’opportunità di recarsi in Slovacchia dove c’è un ostello abitualmente frequentato da bellissime ragazze.

I 3 partono alla volta di Bratislava ed il soggiorno presto si rivelerà un vero e proprio incubo. Uno ad uno vengono rapiti per poi essere torturati brutalmente da alcuni uomini vestiti da macellai in delle piccole e cupe stanze.

Paxton mentre viene seviziato dal suo aguzzino – Fonte: filmjunk.com

Paxton riesce a liberarsi e si ritrova nello spogliatoio dei torturatori dove incontra uno dei boia, il quale lo scambia per uno di loro ed iniziano a dialogare. Da quell’uomo viene a conoscenza di una società segreta nella quale i membri pagano grosse somme di denaro per seviziare i turisti.

Il film, prodotto da Quentin Tarantino, con un budget di appena 4 milioni di dollari ne incassò 80 ottenendo un grandissimo successo a livello economico, ma opinioni contrastanti da parte della critica. In seguito vennero girati anche due sequel: Hostel Part II (2007), diretto sempre da Eli Roth, ed Hostel Part III (2011), che venne invece venne diretto da Scott Spiegel. 

È sicuramente un film che apre un nuovo sottogenere dell’orrore, principalmente basato sulla rappresentazione di una violenza nuda e cruda, fortemente disturbante.

Ciò che colpisce nel profondo è che la pellicola – come lo stesso regista ha dichiarato – è basata su casi reali identificati dalla polizia di New Dehli in India. Dalle indagini è emersa l’esistenza di un club segreto dove uomini ricchi e potenti di tutto il mondo “compravano” persone per soddisfare i propri desideri malati.

Eli Roth, forse senza volerlo, aveva girato un film che denunciava l’allora sconosciuto deep web.

Deep e Dark Web

Il Deep Web è la parte di Internet che non è indicizzata dai motori di ricerca. Per spiegare facilmente questo concetto si utilizza spesso l’immagine di un iceberg: la parte che fuoriesce rappresenta l’Internet al quale accediamo ogni giorno, mentre la parte sommersa corrisponde a tutti i siti non indicizzati.

L’iceberg è un esempio perfetto per comprendere lo schema del Web nel suo complesso – Fonte: pattayatoday.net

Il Dark Web invece è un sottoinsieme del Deep Web ancora più oscuro e misterioso.

Vi si può accedere esclusivamente tramite dei software particolari, visto che gli indirizzi IP cambiano continuamente e non restano uguali come nel Surface Web (la parte conosciuta del Web). Ciò implica che è maggiormente complesso risalire eventualmente ad identificare un soggetto operante all’interno di questo ambito. È proprio per questo motivo che dentro il Dark Web sono attivi numerosi mercati illegali dove si commercia di tutto: droga, armi, credenziali aziendali e bancarie, organi, ecc.

Purtroppo è molto diffuso anche lo scambio dei cosiddetti snuff movie, cioè quei film in cui vi sono delle persone che vengono sottoposte a violenze.

Il fenomeno del Deep Web è emerso solo negli ultimi anni; fino a poco tempo fa, quasi nessuno ne era a conoscenza.

Eli Roth, con Hostel, ha praticamente spiegato per filo e per segno uno degli aspetti più orridi ed inquietanti della parte oscura di Internet. Conoscendo oggi cosa c’è dietro il Dark Web possiamo vedere questa pellicola in chiave diversa rispetto al passato, perché sappiamo che tutto quello che accade nel film potrebbe accadere in qualsiasi parte del mondo;  ciò amplifica notevolmente la sensazione di ansia e angoscia durante la visione della pellicola.

Tutto ciò deve farci riflettere sulle capacità possedute dal cinema: ancora una volta, una pellicola è stata capace di mettere in luce tematiche che sarebbero venute a galla approfonditamente solo diversi anni più tardi.

Vincenzo Barbera

 

Quando l’attore diventa il personaggio

Ha da pochi giorni compiuto 47 anni il protagonista di una delle interpretazioni più realistiche della storia del cinema.

Adrien Brody dagli inizi degli anni 2000 è considerato uno dei migliori interpreti a livello internazionale. Durante la sua carriera ha lavorato con grandi registi ed ha preso parte a numerosi film di successo come La sottile linea rossa (1998) di Terrence Malick, Il Pianista (2002) di Roman Polanski, The village (2004) di M. Night Shyamalan, King Kong (2005) di Peter Jackson, The Experiment (2010) di Paul Scheuring, Midnight in Paris (2011) di Woody Allen (cameo), Grand Budapest Hotel (2014) di Wes Anderson.

Adrien Brody – Fonte: livingadamis.it

Gli inizi

Adrien Brody nasce il 14 aprile 1973 a New York. Incoraggiato dalla madre si iscrive alla scuola d’Arte drammatica e debutta giovanissimo nella sit-com televisiva Annie McGuire.

Trasferitosi a Los Angeles prende parte ad una serie di film indipendenti grazie ai quali inizia a farsi conoscere.

La svolta per la sua carriera cinematografica arriva nel 1997 quando entra a far parte del ricchissimo cast del film  La sottile linea rossa (1998), seppur gran parte delle sue scene vennero tagliate in fase di montaggio.

Ma la consacrazione di Brody a stella del cinema avviene nel 2002 con l’uscita nelle sale del film Il Pianista di Roman Polanski.

Adrien Brody in una scena del film Il Pianista – Fonte: wyborcza.pl

Il Pianista

La pellicola narra la vera storia del pianista polacco Wladyslaw Szpilman durante gli anni dell’occupazione nazista e del ghetto di Varsavia.

Molte scene prendono spunto dalle esperienze personali del regista Roman Polanski, il quale essendo ebreo e polacco le ha vissute sulla sua pelle da ragazzo.

Non a caso lo stesso Adrien Brody ha dichiarato:” Il film racconta la storia di un sopravvissuto raccontata da un sopravvissuto”.

Per interpretare al meglio il ruolo di un ebreo al quale pian piano viene tolta qualsiasi cosa, l’attore ha deciso di lasciare il suo appartamento, vendere la sua macchina e di smettere di utilizzare i cellulari. Ciò non fu sufficiente per Brody, infatti per entrare maggiormente nel personaggio di Wladyslaw è partito per l’Europa, dove in poco tempo ha perso 15 kg ed ha imparato a suonare il pianoforte.

Grazie a quest’ardua preparazione è riuscito a mettere in scena una delle interpretazioni più realistiche della storia del cinema. Nel momento in cui l’attore ha deciso di spogliarsi dei suoi averi è stato capace di trasmettere questa sensazione di vacuità al suo personaggio, plasmandola in un vuoto ancora più profondo alimentato da tutta la tristezza e la disperazione che un ebreo poteva provare in quel tragico periodo.

Adrien Brody tra le rovine di Varsavia nel film Il Pianista – Fonte: cinelapsus.com

Il film è stato girato in ordine cronologico inverso, dalla fine all’inizio; quindi l’attore ha dovuto ripercorrere il percorso psicologico del proprio personaggio al contrario, partendo dalla fine, cioè dal momento sicuramente più intenso della storia.

Già di per sé risulta abbastanza complicato dover  interpretare un ruolo del genere, se in più lo si deve fare partendo dalla conclusione, ovviamente la difficoltà si alza notevolemente. Nonostante ciò comunque la prova d’attore di Adrien Brody è stata magistrale, infatti l’Academy lo ha premiato con l’Oscar per il miglior attore protagonista nell’edizione del 2003.

 

L’interpretazione di Adrien Brody nel film Il pianista costituisce un tesoro preziosissimo nel mondo del cinema. Anche se ha lavorato in altri grandi film ed ha dato prova del suo talento senza mai tirare il freno, in nessuno di questi ha raggiunto il livello ottenuto nella pellicola di Polanski: ma forse questo è impossibile.

Vincenzo Barbera