Muore una diciottenne in Liguria: si indaga su possibili correlazione con vaccinazione AstraZeneca, il vaccino che continua a generare aspri dibattiti

Muore a soli diciott’anni: si indaga sulla causa

Camilla Canepa, muore a diciotto anni (fonte: tg24.sky.it)

Non ce l’ha fatta Camilla Canepa, la diciottenne di Sestri Levante ricoverata per la rimozione di un trombo. L’attenzione è rivolta soprattutto a capire i legami tra l’accaduto e la somministrazione del vaccino contro il Covid a cui la ragazza si era sottoposta pochi giorni prima.

“Purtroppo, poche ore fa, Sestri Levante è stata colpita da un lutto che mai avremmo voluto vivere. L’amministrazione comunale e tutta la città si stringono intorno alla famiglia della ragazza scomparsa oggi. In questo momento di dolore esprimo tutto il mio affetto e la mia vicinanza ai familiari di Camilla.”. Queste sono le dichiarazioni della sindaca di Sestri Levante, Valentina Ghio.

Camilla era stata vaccinata con AstraZeneca il 25 maggio, durante il primo open day in Liguria aperto agli over 18.

L’anamnesi di prassi era risultata negativa, perciò si era proceduto con la prima dose di AstraZeneca. Il 3 giugno, la ragazza era stata costretta a recarsi al pronto soccorso dell’ospedale di Lavagna per cefalea e fotofobia. Così era stata sottoposta a Tac cerebrale ed esame neurologico, entrambi risultati negativi e perciò dimessa, ma con raccomandazione di ripetere gli esami del sangue dopo 15 giorni.

Pochi giorni dopo, il 5 giugno, era tornata al pronto soccorso presentando deficit motori. Così venne ricoverata al San Martino. Sottoposta a Tac cerebrale, risultò un’emorragia e così era stata trasferita nel reparto di Neurochirurgia dove è stata sottoposta a due interventi chirurgici. I medici hanno proceduto con la rimozione di un trombo al seno cavernoso, per la ridurre la pressione intracranica.

 

Le autorità ipotizzano un reato, ma in Procura aperti altri fascicoli per possibili correlazioni con vaccino AstraZeneca

L’autorità ora avanzano l’ipotesi che, forse, Camilla avrebbe potuto essere operata già due giorni prima. È questo quanto vogliono verificare il pubblico ministero Stefano Puppo e il procuratore aggiunto Francesco Pinto, i quali, in un primo momento, avevano aperto un fascicolo senza ipotesi di reato sulla vicenda. Il reato ipotizzato, dunque, è stato quello di lesioni colpose, ma, in seguito al decesso, il procuratore capo Francesco Cozzi annuncia l’indagine per omicidio colposo, al momento, contro ignoti.

La Procura, intanto, ha richiesto tutta la documentazione relativa all’iter per la vaccinazione, ma anche al primo accesso al pronto soccorso, le successive dimissioni e il secondo ricovero.

Inoltre, però, vi sono già altri quattro fascicoli aperti per persone morte dopo la vaccinazione, tutti affidati al medico legale Luca Tajana che sta collaborando con l’ematologo Franco Piovella. Entrambi si occuperanno anche del caso di Camilla, procedendo con l’autopsia.

Il primo dei quattro casi indagati riguarda un’insegnante di 32 anni, Francesca Tuscano, a cui era stato inoculato AstraZeneca. Poi, il decesso del 15 maggio di un’anziana di 83 anni a cui era stato somministrato Pfizer, in quanto soggetto fragile. Sempre al San Martino, pochi giorni fa, è stata ricoverata anche una donna savonese di 34 anni che, mentre si trovava al lavoro, ha avvertito un forte mal di testa, che l’ha spinta a recarsi al pronto soccorso del Policlinico. Dai primi esami effettuati, era emerso un livello basso di piastrine nel sangue. Poi, da quanto riferito dai medici, anche questa donna è stata operata e ora si trova in Rianimazione.

Alla luce dei fatti, la Regione Liguria ha proceduto con la sospensione di un lotto di dosi AstraZeneca.

 

Altri casi sospetti in Italia, come quello di Irene Cervelli, insultata sui social

Si trova adesso a Pisa in prognosi riservata, la 41enne di Capannori, Irene Cervelli, colpita da ictus una settimana dopo aver ricevuto la prima dose di AstraZeneca. Ancora non si hanno certezze sulla correlazione, anche in questo caso, tra la vaccinazione e l’accaduto.

Irene Cervelli (fonte: blogsicilia.it)

La vicenda ha dell’inverosimile: sulla pagina Facebook della donna, sono comparsi molti insulti choc da parte di alcuni No Vax. «Te la sei cercata», «Non dovevi vaccinarti» sono alcune delle orribili frasi che si possono trovare.

Intanto il legale della donna Giovanni Mandoli, in una nota ha dichiarato che la famiglia non vuole dare spazio a questi “leoni da tastiera” e di sperare che «il Cts e la Regione Toscana rivalutino l’apertura di open day AstraZeneca per persone under 50 fintanto che non sia stata fatta piena chiarezza su quanto accaduto».

Il blocco AstraZeneca per gli under 60: si attende la decisione del Cts

Sembra che il Ministero della Salute stia andando verso un definitivo e generale blocco delle vaccinazioni AstraZeneca agli under 60. Questa sarebbe un grande cambio di rotta, poiché molti sono stati gli open day organizzati proprio per vaccinare i più giovani con questo vaccino.

In alcune zone di Italia vi erano già delle disposizioni a procedere con altri vaccini per i più giovani, riservando AstraZeneca principalmente agli over 60 e agli uomini. Molti dubbi, infatti, anche sulla somministrazione a donne under 40, le quali in molte Regioni venivano indirizzate alla somministrazione di altre dosi.

I Governatori delle Regioni protestano e chiedono una linea chiara e definitiva. Intanto il ministro della Salute, Roberto Speranza, in attesa della decisione del Cts, continua a sostenere che “tutti i vaccini sono sicuri”. Il responso sta tardando ad arrivare e ciò sottolinea la difficoltà nella decisione. La natura di quest’ultima pregiudicherà anche lo sviluppo di un altro dibattito molto acceso, ovvero quello sulla decisione di somministrare, o meno, come seconda dose un vaccino diverso da AstraZeneca, a vettore adenovirale, anche a chi è stato vaccinato con quest’ultimo per la prima dose.

 

Rita Bonaccurso

Fake news e COVID: il virus dell’infodemia

Quante volte abbiamo letto in rete o ascoltato in TV notizie contrastanti a proposito del COVID-19? “È un semplice virus influenzale”, “assumere integratori a base di vitamina C previene il rischio di infezione”, fino alle più varie teorie complottiste sulla presunta creazione del virus in laboratorio. Dopo più di un anno di pandemia quanto sappiamo realmente del Coronavirus e della malattia ad esso correlata? Facciamo un po’ di chiarezza.

In breve

  • Il COVID-19 ha un’origine zoonotica e il passaggio all’uomo si deve a un meccanismo di spillover
  • Il COVID e il virus dell’influenza appartengono a classi tassonomiche differenti
  • La trasmissione non prevede veicoli
  • I vaccini non introducono il virus all’interno dell’ospite e sono accuratamente vagliati
  • Scegliere accuratamente le fonti di informazione è un dovere morale

Il COVID è stato creato in laboratorio

Nulla di più artificioso. Il SARS-CoV-2 è un virus appartenente alla famiglia dei Coronaviridae, genere Betacoronavirus. Ebbene, l’agente eziologico di una pandemia riconosce nella maggior parte dei casi un’origine zoonotica. Si tratta, infatti, di un meccanismo definito spillover, o “salto di specie”: ovvero, la capacità di un patogeno di passare da un ospite abituale ad un altro di specie differente. Il nuovo ospite è privo di difese immunitarie specifiche e questo favorisce la propagazione del patogeno tra la popolazione. Nel caso dei Sars-CoV-1 e 2 vari studi hanno identificato pipistrelli e pangolini quali ospiti abituali, specie nel Sud-Est asiatico. I pipistrelli contengono oltre 200 Coronavirus: tanto i virus pandemici quanto quelli responsabili del comune raffreddore. Il successivo passaggio all’uomo sarebbe poi avvenuto per mezzo di vari ospiti intermedi, come i serpenti.

Il virus causa un’influenza

I virus responsabili della comune influenza appartengono alla famiglia degli Orthomyxoviridae, con caratteristiche microbiologiche molto diverse da quelle dei Coronavirus. Il SARS-CoV-2, quindi, essendo un virus completamente differente rispetto ai virus influenzali, non può causare l’influenza.

Le mosche trasmettono il virus

Anche qui bisogna dissentire. L’infezione da SARS-CoV-2 prevede una trasmissione aerea semidiretta. La sorgente uomo, malato o asintomatico, elimina il patogeno all’esterno, questo è veicolato dall’aria e inalato dall’individuo suscettibile. Attività come parlare, cantare, tossire e starnutire determinano l’eliminazione di aria espirata contenente le droplets, goccioline di pochi micron di diametro in grado di trasportare il virus.

Più recentemente si è visto che il virus ha anche la capacità di resistere su alcune superfici, come vetro e plastica, per qualche giorno. Non c’è comunque alcuna evidenza scientifica riguardante il fatto che il virus possa essere trasmesso da mosche o insetti.

Rimane comunque importante un’accurata detersione delle mani utilizzando comuni saponi che, essendo tensioattivi, sciolgono i grassi e l’envelope virale (una struttura glicoproteica di rivestimento). Occorre, invece, evitare il ricorso a falsi miti, come l’uso di sostanze ben più aggressive, tra cui la candeggina, che espongono al rischio di dermatiti da contatto.

Il vaccino inocula il virus e può causare la malattia

Assolutamente no. Le principali tipologie di vaccini anti-Covid finora disponibili comprendono quelli a mRNA (Pzifer-BioNtech e Moderna) e quelli a vettore virale (AstraZeneca e Johnson&Johnson). L’mRNA è una molecola indispensabile per la sintesi delle proteine virali, tra cui la proteina spike. Ricordiamo che il virus utilizza questa proteina per legare un recettore, ACE2, espresso dalle cellule dell’epitelio respiratorio dell’ospite e così infettarle. La vaccinazione introduce l’mRNA virale che codifica per la proteina Spike, opportunamente protetto da nano particelle lipidiche. Le cellule vaccinate produrranno questa proteina e la esporranno sulla loro superficie così da stimolare una risposta immunitaria specifica contro la proteina Spike. L’mRNA è una molecola instabile e viene distrutta poco dopo senza creare alcun danno alla cellula.

Il concetto di vettore virale si riferisce all’utilizzo di una versione modificata dell’adenovirus dello scimpanzé. Questo viene messo in condizioni di non potersi replicare e viene utilizzato per veicolare nell’organismo la sequenza genetica virale codificante per la proteina Spike.

Il vaccino non è stato testato abbastanza

I vaccini, così come i nuovi farmaci, passano sotto il vaglio di un’accurata sperimentazione. Le prime tre sono fasi pre-marketing, cioè avvengono prima che il farmaco sia messo sul mercato. L’ultima avviene post-marketing ed è la farmacovigilanza. Le prime tre hanno lo scopo di testare il profilo di sicurezza/pericolosità e l’ultima monitora eventuali reazioni avverse. Queste possono derivare da molteplici fattori, come le interazioni tra farmaci o la presenza di comorbidità nel paziente.

Normalmente questi passaggi richiedono anni, ma nel nostro caso è stato possibile condensare tutto in poco tempo. Perché? Sicuramente gli investimenti economici da parte dei vari Stati hanno avuto un ruolo sostanziale. Inoltre, gli scienziati avevano già una base pronta, quella dell’esperienza di SARS-CoV-1 e di Mers. A tutto ciò si aggiungono le nuove frontiere dell’ingegneria genetica che ha permesso l’impiego di mRNA.

L’utilità della vaccinazione è, invece, incontrovertibile nel prevenire tanto le forme sintomatiche quanto quelle asintomatiche. Uno studio dell’Università di Oxford sul Pfizer-BioNTech ha dimostrato come una singola dose di vaccino sia efficace nel prevenire l’infezione nel 65% dei casi. Questa percentuale sale poi al 90% con la seconda dose.

Il fumo non incide sul rischio di ammalarsi

Alcuni studi hanno dimostrato come i fumatori abbiano un rischio circa tre volte superiore di polmonite severa da COVID-19. Inoltre, hanno anche una maggiore suscettibilità per patologie polmonari croniche.

Le principali fonti d’informazione durante la pandemia

È stato effettuato un rapporto sulla disinformazione e fake news durante la pandemia da parte dell’istituto di ricerche Censis. Da quanto appreso dal gruppo degli intervistati la prima fonte di informazione (75,5%) sono i media tradizionali. Con un 51,8% si aggiudica il secondo posto internet. Al terzo posto figurano i social networks e per ultimi medici di medicina generale, specialisti e farmacisti di fiducia.

Per concludere, occorre non affidarsi a notizie di dubbia provenienza: scegliere fonti adeguate è un dovere morale, ma anche la nostra arma contro il virus dell’infodemia e della disinformazione.

Elena Allegra

Vaccinazioni Anti COVID-19, Sicilia e isole minori: le novità annunciate da Musumeci

La Sicilia apre, da domani, giovedì 6 maggio, alle prenotazioni per i vaccini anche ai cittadini dai 50 anni in su, ‘’smarcandosi’’ così dal piano vaccinale nazionale, stabilito dal generale Figliuolo. Lo ha annunciato il Presidente della Regione Nello Musumeci durante una conferenza stampa a Palazzo d’Orleans.

Nello Musumeci lancia un appello a Figliuolo. Fonte: Normanno.com

Dal prossimo weekend verrà inoltre dato il via alla vaccinazione di massa nelle isole minori, con una somministrazione di dosi prevista per tutti i cittadini dai 18 anni in su.

Per quanto riguarda la provincia di Messina sono state finora somministrate 194 mila dosi, mentre la psicosi da AstraZeneca spiega le 250 mila dosi inutilizzate nei frigoriferi siciliani.

Da giovedì vaccini agli under 60

La prenotazione per la vaccinazione sulla piattaforma nazionale potrà essere effettuata da tutti i cittadini tra i 50 e 59 anni, a partire dalle ore 20 di questo giovedì (anche se inizialmente era stato indicato il 5 maggio come giorno di avvio).

Fonte: RomaSette

Le somministrazioni saranno effettuate con il siero AstraZeneca e cominceranno a partire da giovedì 13 maggio, secondo l’ordine di prenotazione. In base a quanto previsto poi dalle raccomandazioni del Piano Nazionale, le vaccinazioni per i soggetti con patologie pregresse, della stessa fascia di età, saranno effettuate a partire dal 7 maggio, durante gli open day organizzati nei Punti vaccinali dell’Isola e negli Hub, con Pfizer-Biontech. In quest’ultimo caso, non sarà necessaria la prenotazione.

Queste le parole del governatore siciliano Musumeci in merito ai nuovi provvedimenti:

«Abbiamo chiesto al commissario Figliuolo, con due lettere, la possibilità di ammettere al vaccino anche le persone al di sotto dai 50 ai 60 anni. Ci è stato sempre risposto che non è possibile, e che può essere consentito solo quando avremo messo al sicuro gli ultra 80enni ma è chiaro che non abbiamo poteri sanzionatori o coercitivi, per convincere i riottosi, i diffidenti, gli ultraottantenni e persino i soggetti fragili, a sottoporsi al vaccino. Quindi noi abbiamo deciso di aprire, a partire da domani, la prenotazione ai cittadini dai 50 in su».

«Spero che il generale Figliuolo voglia comprendere che da parte nostra non c’è alcuna volontà di essere disobbedienti – continua – ma avvertiamo tutti il peso della responsabilità della specifica condizione epidemiologica dell’isola ma anche di carattere sociale. Dobbiamo correre, altrimenti non ce ne usciremo più da questo tunnel».

La priorità vaccinale alle isole minori

Con il via libera alla campagna di vaccinazione di massa nelle isole minori siciliane – annunciato da Musumeci – le prime somministrazioni verranno effettuate il prossimo venerdì a Lampedusa e Linosa, mentre per il resto delle isole sarà possibile a partire da lunedì prossimo.
La decisione del Presidente Musumeci è stata accolta con grande soddisfazione dal referente di Eolie in Azione e responsabile organizzazione provinciale messinese del partito di Calenda, Francesco De Pasquale, il quale spiega:

«Non più tardi di una settimana fa avevamo incalzato e chiesto a gran voce al Governo regionale di procedere in questa direzione, in considerazione delle grandi fragilità che caratterizzano i sistemi sanitario e infrastrutturale delle nostre isole siciliane. Due punti sui quali, certamente, la pandemia ha acceso fortemente i riflettori. E non è più tempo di nascondere la testa sotto la sabbia: certe criticità, adesso, vanno affrontate una volta per tutte, con massima urgenza e profonda serietà. Da troppo tempo gli isolani sono trattati, inaccettabilmente, come figli di un Dio minore».

Fonte: Gazzetta del Sud Sicilia

«Intanto, applaudiamo alla scelta di buonsenso del Presidente Musumeci, auspicando una sempre maggiore attenzione per la Sicilia tutta e per i suoi territori con bisogni speciali e urgenti; e, in special modo, per quelli che sono zone di frontiera (come, ad esempio, Lampedusa) o i centri di grande affluenza turistica. Una politica seria non è certamente quella che attende inerme si verifichino le tragedie prima di intervenire. Dunque, se è possibile, tentare di ridurre i rischi (e conseguenti costi) non solo è giusto ma assolutamente doveroso» conclude.

I dati sulle vaccinazioni in provincia di Messina

Le dosi di vaccino anti Covid somministrate finora in provincia di Messina sono 193.750, di cui 127.188 sono prime dosi e 66.562 seconde dosi. Per quel che riguarda le prime, 90.355 sono Pfizer, 24.390 AstraZeneca e 12.443 Moderna, mentre ancora non è stata registrata alcuna dose Johnson. E ancora, 29.949 sono state le dosi somministrate agli ultra 80enni, 52.420 alle persone che hanno tra i 60 e i 79 anni e 44.819 a persone di età inferiore ai 60 anni.
La Sicilia, comunque, resta la regione con la peggiore percentuale nazionale di somministrazioni rispetto alle dosi disponibili: dall’inizio della campagna vaccinale sono stati somministrati circa un milione e mezzo di vaccini (poco più di un milione come prima dose e il resto come seconda) su una disponibilità di 1 milione 923mila 625. Tali numeri corrispondono ad una percentuale del 78.3 %, contro una media nazionale del 85.6 %. Al momento nell’Isola risulta già immunizzato (con doppia dose) il 10% della popolazione, mentre la percentuale sale a 21 se si tiene conto soltanto della prima somministrazione.

Il problema dosi di AstraZeneca

In Sicilia, sono 250 mila le dosi di AstraZeneca chiuse nei frigoriferi e per il momento inutilizzate. A comunicare il dato aggiornato è il dirigente generale del Dasoe, Mario La Rocca, in conferenza stampa a Palazzo D’Orleans, sede della Presidenza della Regione siciliana.
Il Presidente Musumeci ha ritenuto dunque necessario fare chiarezza su alcuni decessi non legati in alcun modo alla somministrazione dei sieri AstraZeneca:

«Abbiamo avviato l’open day tre settimane fa per dare forza e impulso alla campagna di vaccinazione e a quella con AstraZeneca in modo particolare, la cui scorta nei frigoriferi è sempre stata abbondante. Verso AstraZeneca c’è stata e c’è una comprensibile ma ingiustificata psicosi, a fronte di 5-6 decessi la cui connessione con il vaccino comunque è stata esclusa».

Fonte: ANSA.it

Gaia Cautela

Perché il vaccino AstraZeneca è stato raccomandato agli over 60. Gli effetti sul piano vaccinale

AstraZeneca (ribattezzato Vaxzevria) sarà raccomandato alla popolazione over 60: così ha decretato una circolare del Ministero della Salute in seguito alla consultazione col Cts (Comitato tecnico-scientifico) del 7 aprile. Sarà tuttavia possibile, per chi ha già ottenuto la prima dose di Vaxzevria, completare il ciclo. Il parere del Comitato è chiaro:

Attualmente il bilancio benefici/rischi (del vaccino) appare progressivamente più favorevole al crescere dell’età, sia in considerazione dei maggiori rischi di sviluppare COVID-19 grave, sia per il mancato riscontro di un aumentato rischio degli eventi trombotici sopra descritti nei soggetti vaccinati di età superiore ai 60 anni.

In sostanza, il Cts ha notato che i maggiori rischi del vaccino si sono manifestati in capo a soggetti inferiori ai 60 anni. Tuttavia, il parere del Cts si basa su una somministrazione avvenuta, fino alle recenti settimane, prevalentemente su fasce d’età inferiori ai 55 anni, con conseguenza che gli effetti collaterali si siano sviluppati maggiormente tra persone sotto i 60.

L’EMA (Agenzia Europea per i Medicinali) ha aggiornato al 9 aprile il riepilogo del prodotto AstraZeneca in seguito all’accertamento della correlazione tra la somministrazione del vaccino Vaxzevria e rari casi di trombosi.

(fonte: ema.europa.eu)

 La maggioranza di questi casi (disturbi del sangue) si è manifestata nei primi 14 giorni seguenti la vaccinazione e prevalentemente nelle donne sotto i 60 anni d’età. Alcuni di essi hanno avuto conseguenze fatali.

Effetti collaterali di AstraZeneca e sintomi

Quanto agli effetti collaterali, il riepilogo del prodotto presenta una lista basata sull’incidenza dei sintomi. Comuni  (1 su 10 persone) sono senso di stanchezza, febbre >38° per alcuni giorni successivi alla somministrazione, rossore attorno alla zona di somministrazione.

Molto rari (con un’incidenza media di 1 su 10,000 persone) sono coaguli di sangue in punti inusuali (es. cervello, fegato, intestino, milza) accompagnati da un basso livello di piastrine del sangue.

Sono forme rarissime, un caso su un milione nella popolazione normale. Adesso sono state osservate con una frequenza maggiore, circa 1-2 ogni 100mila vaccinati.

Ha osservato Giorgio Palù, microbiologo e presidente dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco). Ma si tratta di una frequenza osservabile solo grazie alle vaccinazioni di massa. Per questo motivo il presidente preferisce non additare mancanza di accortezza alle agenzie regolatorie.

In seguito alle dichiarazioni dell’EMA sulla correlazione tra vaccino e rari casi di trombosi, l’Aifa ha aggiornato le informazioni al pubblico riguardanti Vaxzevria, includendo una tabella di sintomi sospetti seguenti la somministrazione. In questo modo, prevenire la manifestazione di coaguli sanguigni e trombi è possibile.

(fonte: aifa.gov.it)

Perché proprio agli over 60?

Ci si chiede se la scelta di raccomandare il vaccino agli over 60 sia di natura politica. Ed effettivamente, l’EMA ha affermato che non sono stati riscontrati elementi predittivi della manifestazione degli effetti collaterali. Ciò significa che la natura degli effetti non può ricondursi a nessuna categoria in particolare – ed è per questo che l’Agenzia non ha predisposto alcun limite di somministrazione.

Ancora, una ricerca sul bilancio rischi/benefici di AstraZeneca condotta dall’Università di Cambridge ha rivelato la positività dei benefici rispetto ai rischi per ogni fascia d’età. Lo studio è stato condotto tramite un campione di 100,000 persone e basandosi su tre fasce di esposizione al rischio:

  • Fascia bassa: incidenza di 2 ogni 10,000 abitanti (circa il Regno Unito nell’ultimo periodo) .
  • Fascia media: incidenza di 6 ogni 10,000 abitanti (circa il Regno Unito a febbraio).
  • Fascia alta: incidenza di 20 ogni 10,000 abitanti (circa il Regno Unito al picco della seconda ondata).

Al momento, l’incidenza epidemiologica in Italia supera quella britannica durante il picco della seconda ondata, con ben 48 contagi ogni 10,000 abitanti (dati aggiornati al 28 marzo). Ciò significa che l’Italia ben si colloca in una fascia d’alto rischio all’esposizione al virus.

(fonte: assets.publishing.service.gov.uk)

Il grafico evidenzia potenziali benefici (in blu) e potenziali danni (arancione) derivanti dalla somministrazione. Per la fascia d’età 60-69, il vaccino presenta moltissimi risvolti positivi, prevenendo l’ammissione nella Intensive Care Unit (terapia intensiva) per quasi 128 persone ogni 100,000, in opposizione alle 0.2 persone ogni 100,000 che dal vaccino hanno subito gravi danni.

Ma i benefici derivanti da AstraZeneca superano di gran lunga i danni anche per le altre fasce di età, con i minori benefici derivanti per la fascia 20-29 anni. Ogni fascia di età trarrebbe dal vaccino, col rischio d’esposizione calcolato al momento in Italia, molti più benefici che danni.

Cosa ne sarà del piano vaccinale

Ad oggi, le conseguenze che ne deriveranno per il piano vaccinale italiano sono ignote. Si è seguita un’iniziativa presa dalla Germania, iniziativa prevalentemente politica – secondo Andrea Crisanti – in quanto la Germania ha un’alta percentuale di no-vax ed è anche sede del vaccino Pfizer, senza contare che lo stato delle vaccinazioni è diverso rispetto al nostro. Ma per l’Italia, che aveva investito tantissimo su AstraZeneca, la limitazione del farmaco agli over 60 potrebbe avere grosse conseguenze.

Non si esclude, tuttavia, che si tratti di una misura temporanea, tenuto conto del fatto che non è ancora stata ultimata la vaccinazione degli over 80 ed è appena stata iniziata quella degli over 70.

 

Valeria Bonaccorso

Il discorso di Draghi in Parlamento: ecco cosa ha detto sulle vaccinazioni e sulle riaperture dopo Pasqua

Ieri, mercoledì 24 marzo, è stata una giornata di interventi parlamentari per il Presidente del Consiglio Mario Draghi: ascoltato prima al Senato e poi alla Camera, il premier ha reso note le comunicazioni in vista del Consiglio europeo del 25 e 26 marzo.

Mario Draghi in Senato. Fonte: La Nazione

Fulcro del suo intervento sono stati il tema sull’accelerazione della campagna vaccinale – dopo i ritardi di questi mesi – e il severo richiamo alle Regioni per l’osservazione delle priorità indicate dal ministero della Salute. Tra gli applausi ricevuti in Aula, Draghi ha anche annunciato la necessità di programmare le prime riaperture subito dopo Pasqua, per poi spostare la discussione sul caso dei milioni di dosi AstraZeneca giacenti ad Anagni.

Intensificazione della campagna vaccinale

Draghi ricorda davanti ai parlamentari che «vaccinare più persone possibili nel più breve tempo possibile» è la giusta soluzione per combattere con efficacia la pandemia, e per poter finalmente ritornare alla normalità. Attualmente – e a partire dalle prime tre settimane di marzo – si procede ad un ritmo medio di 170 mila dosi al giorno, ma l’obiettivo resta sempre quello: 500 mila dosi giornaliere.

Fonte: Castelfranco Piandiscò

Il governo è già all’opera per compensare i ritardi vaccinali degli ultimi mesi, cosicché cominciano ad essere visibili i primi dati sull’intensificazione della campagna vaccinale italiana. L’Italia è infatti la seconda (dopo la Spagna) in Ue per somministrazione, ma va comunque guardato come esempio – a detta del premier – l’operato di Paesi come la Gran Bretagna, che nel giro di poco tempo ha moltiplicato siti e operatori sanitari per eseguire i vaccini.

Avere un coordinamento europeo sui vaccini è importante e, durante la sua replica al Senato, Draghi ribadisce che l’Italia pretenderà «il rispetto dei contratti» da parte delle case farmaceutiche. Se il coordinamento non funziona «occorre anche trovare delle risposte da soli».

«La nostra azione è fondata su tre pilastri: pretendere il rigoroso rispetto; sanzionare o bloccare le esportazioni; pronta sostituzione dei vaccini mancanti», ha detto il primo ministro.

Richiamo alle Regioni e riaperture dopo Pasqua

Il Presidente del Consiglio non resta indifferente alle differenze tra regioni nella somministrazione delle dosi fra gli over 80, ribadendo la priorità delle vaccinazioni per le fasce più deboli e fragili della società:

«Abbiamo quattro vaccini sicuri ed efficaci. Sono la chiave per superare la crisi. Prima gli anziani e i fragili. Mentre alcune Regioni seguono le disposizioni del ministero della Salute, altre trascurano i loro anziani in favore di gruppi che vantano priorità probabilmente in base a qualche loro forza contrattuale. Dobbiamo essere uniti nell’uscita dalla pandemia come lo siamo stati soffrendo, insieme, nei mesi precedenti».

È per questo che il governo assicurerà, d’ora in avanti, la massima trasparenza sui vaccini, fornendo tutti i dati entro la settimana sul sito della presidenza del Consiglio.
E mentre si procede con i vaccini, Draghi conferma un messaggio di fiducia sulle prossime aperture, che dovrà arrivare al prossimo Consiglio europeo:

Riapertura delle scuole. Fonte: ilMeteo

«È bene pensare e pianificare le riaperture. Se la situazione epidemiologica migliorerà cominceremo a riaprire la scuola in primis, almeno le scuole primarie e l’infanzia anche nelle zone rosse già subito dopo Pasqua».

Accolto positivamente l’intervento di Mario Draghi al Senato dal segretario leghista Matteo Salvini, il quale scrive su Twitter:

I 29 milioni di dosi ‘’nascoste’’ AstraZeneca

Tra i tanti temi toccati dal discorso di Draghi vi è stato anche il caso dosi di Anagni: i carabinieri dei NAS (Nuclei Antisofisticazione e Sanità) hanno trovato, tra sabato e domenica, ben 29 milioni di dosi del vaccino AstraZeneca nella fabbrica laziale, che è una delle diverse sedi dell’azienda statunitense Catalent. Il ritrovamento delle dosi è avvenuto dopo un’ispezione richiesta dall’Unione Europea e disposta dallo stesso Presidente del Consiglio italiano.

In una prima versione della Stampa sulla destinazione delle dosi si era ipotizzato che i 29 milioni di fiale sarebbero stati destinati al Regno Unito, con il quale l’azienda biofarmaceutica ha puntualmente rispettato i suoi impegni contrattuali di fornitura (a differenza di quelli con l’Unione Europea). Tuttavia, la versione è stata in seguito rettificata da fonti ufficiali: una nota della presidenza del Consiglio italiana ha fatto sapere che «dall’ispezione è risultato che i lotti erano destinati in Belgio», senza però specificare quanti fossero.
AstraZeneca ha invece sostenuto che dei 29 milioni di dosi 16 fossero destinati al mercato europeo, mentre i restanti 13 milioni fossero da esportare verso paesi a basso reddito, sulla base dell’iniziativa promossa dall’Organizzazione mondiale della sanità e soprannominata COVAX.

Dosi di vaccino AstraZeneca. Fonte: la Repubblica

La versione sarebbe confermata dal commissario europeo per il Mercato interno e responsabile della strategia sui vaccini dell’Unione Thierry Breton, che ha detto:

«A parte le dosi destinate a COVAX, ai paesi poveri, il resto sarà distribuito esclusivamente tra i paesi dell’Unione Europea».

Breton ha poi ulteriormente specificato che si tratta di dosi prodotte principalmente nello stabilimento Halix di AstraZeneca, nei Paesi Bassi

«che necessita dell’autorizzazione dell’Agenzia Europea ma, come sappiamo, i dati sono già stati inviati all’Ema e ci aspettiamo una risposta nei prossimi giorni. Quando ottengono il visto come laboratorio di produzione, possono essere distribuiti tra i Ventisette».

Blocco delle esportazioni vaccinali: le nuove regole

La Commissione europea ha ieri annunciato le nuove regole per il controllo delle esportazioni dei vaccini per il coronavirus all’estero.

Le nuove limitazioni sono ancora più stringenti di quel «meccanismo di trasparenza» approvato alla fine di gennaio, e finora applicato dall’Italia una volta sola.

Vengono così ampliate di molto le possibilità di blocco delle esportazioni dei paesi membri, cosicché sia possibile che se i vaccini trovati ad Anagni dovessero risultare effettivamente destinati al Regno Unito, sarebbero subito bloccati. Questo, ovviamente, non varrebbe nel caso in cui le dosi siano invece destinate all’iniziativa COVAX, la quale è esclusa dal nuovo meccanismo di controllo basato su reciprocità e proporzionalità.

Gaia Cautela

AstraZeneca: facciamo il punto

AstraZeneca è un vaccino a vettore virale approvato per far fronte alla dilagante pandemia da COVID-19. Assieme agli altri vaccini proposti dalla Comunità Scientifica, si auspica che possa permettere una significativa protezione dell’intera popolazione. Sono stati numerosi i trials clinici che hanno portato alla sua immissione in commercio, confermandone l’alta sicurezza ed efficacia. Tuttavia, di recente, non pochi sono stati gli eventi che hanno suscitato allarme in merito alla somministrazione del vaccino. Di seguito verrà ripercorso l’intero iter subito dal vaccino, dalla sua approvazione all’inatteso ritiro precauzionale, per far luce sugli aspetti chiave emersi nelle ultime settimane.

Continua a leggere “AstraZeneca: facciamo il punto”

Numeri ed evidenze scientifiche contro le fake dell’infodemia: un invito all’equilibrio

L’insegnamento principale che possiamo trarre dall’anno appena trascorso è che siamo tutti profondamente diversi, in maniera non sempre prevedibile e non immediatamente evidente.

Abbiamo appreso che la COVID può evolvere in modo completamente differente in diversi individui: da casi totalmente asintomatici fino alla necessità di ricovero, che in alcuni casi non viene superato. Il tentativo di giustificare tali differenze sulla base del sesso, dell’età o anche delle patologie concomitanti non è sempre sufficiente.

Basta pensare che due soggetti identici, come due gemelli omozigoti, possono sviluppare una malattia con severità diversa. Il New York Times riporta la storia di due gemelle americane, Kelly e Kimberly, infettate nello stesso contesto: la prima ha sviluppato solo sintomi moderati, mentre la seconda ha trascorso più di un mese in terapia intensiva.

Tanta diversità dipende quindi da caratteristiche complesse, che non sono scritte solo nel DNA, e che quindi sono impossibili da valutare a priori nella loro interezza.

Cosa può aiutarci di fronte a tanta complessità? Un contributo ci arriva dai numeri. Quantificare ciò che succede ci permette di sbagliare meno e di avere contezza di ciò che osserviamo. I numeri non mentono, ma vanno ben analizzati e contestualizzati. Se “maneggiati” in modo improprio possono trarre in inganno, facendo sovrastimare o, al contrario, sottostimare certi eventi. Vanno, dunque, consegnati in mano ad esperti, in grado di elaborarli ed interpretarli correttamente.

Lo scopo è quello di fornire delle evidenze, ovvero delle prove su cui la scienza si basa per prendere ogni decisione. In medicina ogni nuova evidenza può permettere di decidere se continuare ad usare un farmaco, se investire in un vaccino o se eseguire un esame diagnostico. Allo stesso tempo nuove evidenze possono rigettare vecchi approcci o scoraggiarne di nuovi.

La pandemia ci fornisce numerosi spunti che confermano il valore dei numeri, in un braccio di ferro tra la (disperata) necessità di trovare soluzioni e il poco tempo disponibile.

L’esempio di un tentativo che si è dovuto arrendere di fronte alle evidenze prende il nome di idrossiclorochina. Si tratta di un farmaco di cui si è abusato all’inizio della pandemia, e di cui inspiegabilmente, ancora oggi, si continua a parlare. È stato dimostrato che la molecola non riduce il numero dei decessi, ma genera solo effetti collaterali. Sembra paradossale che, in passato, si pensasse addirittura di assumere la sostanza a scopo preventivo. La percezione e l’ipotesi che il farmaco funzionasse sono state annientate dai numeri.

Un altro esempio, ancor più significativo, è quello del plasma iperimmune. Nelle fasi più drammatiche della pandemia quest’approccio venne presentato come quasi miracoloso. Televisioni e giornali non parlavano d’altro e contribuivano ad alimentare la percezione di aver trovato una soluzione definitiva alla malattia.

Gruppi di ricerca di vari Paesi, quindi, si sono impegnati per verificare se l’efficacia del plasma fosse una percezione o un’evidenza. Uno studio pubblicato su una rivista di riferimento del settore (NEJM), coerentemente con quanto osservato successivamente in altri studi, dimostra che il trattamento con plasma non determina differenze significative nella mortalità. Anche in questo caso fidarsi dei tempi della scienza avrebbe potuto evitare una contagiosa illusione generale.

Questa pandemia ci dimostra, invece, che gli approcci migliori sono quelli messi in atto solo dopo aver avuto prova della loro efficacia. Un esempio? I vaccini: nessuno avrebbe mai pensato di somministrarli senza dei numeri che ne giustificassero l’impiego. Come previsto dagli studi, nel “mondo reale” si sta verificando una riduzione delle infezioni negli ambienti ospedalieri. I Paesi più avanti nella campagna vaccinale si dirigono addirittura verso un’apparente “normalità”.

I vaccini stanno dimostrando la capacità di superare le profonde differenze che ci contraddistinguono e che determinano l’imprevedibile decorso della malattia. Si tratta di un intervento prezioso che può abbattere le diversità e costituire fronte comune nella lotta al virus.

La sospensione precauzionale (termine fondamentale) di quello prodotto da AstraZeneca, per quanto detto finora, va analizzata con giudizio.

Quando si parla di reazioni avverse il problema è stabilire un rapporto di causa-effetto e non solo un rapporto temporale: se dopo aver mangiato una mela ci si frattura un osso, il problema non sarà stato certamente la mela. Ogni singolo evento grave o fatale va comunque approfondito con la massima attenzione: non possiamo permetterci farmaci meno sicuri rispetto a quanto dichiarato. Allo stesso tempo, la sospensione del vaccino AstraZeneca potrebbe determinare una quantità maggiore di morti per la mancata vaccinazione rispetto a quanti ne sarebbero avvenuti per un potenziale effetto raro non ancora dimostrato.

Le esperienze vissute nell’ultimo anno permettono di essere d’accordo su una cosa: i numeri, se corretti e ben utilizzati, alla fine presentano il conto. Non lasciamoci disorientare da percezioni errate e diffidiamo da chi amplifica queste percezioni in maniera poco convincente. Attendiamo informazioni affidabili senza cadere in conclusioni affrettate.

Lasciamo fare alla scienza quello che sa fare meglio: raccogliere e analizzare i numeri per costruire delle evidenze che possano superare le diversità e condurre verso soluzioni condivise e sicure alla pandemia.

Antonino Micari

Farmacovigilanza e vaccini: intervista al Prof. Edoardo Spina e alla Dott.ssa Paola Maria Cutroneo

I recenti eventi riguardanti il vaccino AstraZeneca sono l’esempio di come l’attività di farmacovigilanza funzioni in maniera tempestiva e a favore dei cittadini. Infatti, le agenzie regolatorie hanno prestato estrema attenzione alle segnalazioni di reazioni avverse ai vaccini raccolte negli ultimi tempi. Bisogna comunque sottolineare che il servizio di farmacovigilanza lavora costantemente per garantire la sicurezza di tutti i farmaci introdotti in commercio, compito tanto complesso quanto fondamentale.
Al fine di approfondire come tale attività viene svolta e per comprendere meglio le ragioni della sospensione precauzionale del vaccino AstraZeneca e della sua reintroduzione, abbiamo intervistato il Prof. Edoardo Spina, Professore di Farmacologia, Responsabile Scientifico del Centro Regionale di Farmacovigilanza e la Dott.ssa Paola Maria Cutroneo, Dirigente Farmacista, Centro Regionale di Farmacovigilanza.

Prof. Edoardo Spina e Dott.ssa Paola Maria Cutroneo

Per prima cosa vi chiediamo di spiegare ai lettori cos’è la farmacovigilanza e di quale tipo di attività si occupa.

Prof. SpinaLa farmacovigilanza consiste in una serie di attività che hanno lo scopo principale di studiare, identificare e prevenire le reazioni avverse ai farmaci. In senso più ampio, è lo studio di un farmaco post-commercializzazione. Infatti, oltre allo studio dei profili di tollerabilità e delle reazioni avverse, permette di scoprire anche nuovi effetti terapeutici e indicazioni dei farmaci. Basti pensare all’aspirina, conosciuta dal 1899, ma di cui solo da 15-20 anni si conosce il potenziale per la prevenzione di problematiche cardio- e cerebro-vascolari.
La necessità della farmacovigilanza nasce dai limiti degli studi di sperimentazione pre-marketing: basso numero di pazienti studiati, breve durata della sperimentazione, esclusione di alcune sottopopolazioni come bambini, anziani, donne in gravidanza, pazienti con patologie concomitanti ed in trattamento con altri farmaci. La farmacovigilanza consente quindi di identificare effetti indesiderati rari o che si verificano a lungo termine e infine di definire il reale rapporto rischio-beneficio di un farmaco.

Come è possibile fare una segnalazione e chi può farla? Cosa accade dopo aver segnalato un evento avverso?

Dott.ssa Cutroneo: La principale metodica di farmacovigilanza è la segnalazione spontanea che consiste nella raccolta di segnalazioni di sospette reazioni avverse, tramite apposite schede compilate da parte di medici, operatori sanitari e anche cittadini non addetti ai lavori.
La segnalazione non implica la certezza che si abbia una correlazione tra farmaco e reazione avversa. Si tratta di un sospetto, per una correlazione temporale o per un peggioramento delle condizioni cliniche in seguito all’uso del farmaco, che potrebbe rappresentare una reale reazione avversa oppure un evento coincidente ma non correlato.
Le segnalazioni vengono inserite in database nazionali (la Rete Nazionale di Farmacovigilanza gestita dall’AIFA) e internazionali (come l’Eudravigilance, database dell’EMA che raccoglie i dati europei) e vengono analizzate periodicamente. Man mano che si raccolgono le casistiche, le agenzie regolatorie studiano l’eventuale correlazione causale che potrà essere dimostrata attraverso l’analisi clinica dettagliata dei singoli casi e la valutazione delle evidenze scientifiche a supporto. Questo permetterà di definire un potenziale segnale di sicurezza o una reale reazione avversa.
La vaccinovigilanza, in particolare, è un settore ancora più complesso. Questo perché il vaccino si dà in somministrazioni singole, mentre i farmaci sono utilizzati in terapie che durano nel tempo e che si possono correlare attraverso diversi elementi al decorso clinico di una potenziale reazione avversa. Quindi l’evento avverso si può collegare temporalmente alla somministrazione del vaccino, ma potrebbe non essere affatto collegato causalmente ad esso e la valutazione della correlazione non è così semplice.

Potete spiegare ai lettori quali sono state le ragioni che hanno portato alla sospensione precauzionale del vaccino AstraZeneca?

Dott.ssa Cutroneo: In seguito agli eventi noti a tutti noi, ovvero alle segnalazioni di casi fatali con una stretta correlazione temporale con la somministrazione del vaccino, l’intervento immediato è stato quello di sospendere il lotto per escludere l’eventuale possibilità di problemi di qualità o di eventuali errori nelle procedure di stoccaggio e conservazione dello stesso. Si è visto, successivamente, che casi analoghi sono avvenuti con altri lotti. A questo punto la possibile correlazione è stata valutata, non più per il singolo lotto, ma complessivamente per il vaccino.
Nel momento in cui si accumulano dei casi di eventi avversi a un farmaco, si può decidere una sospensione a fini cautelativi, cioè per il tempo necessario a raccogliere i dati clinici necessari (contattando i segnalatori e raccogliendo le cartelle cliniche dei soggetti) e ad analizzare il quadro. È proprio ciò che è successo nella vicenda del vaccino AstraZeneca. Va detto che farmaci privi di rischio in assoluto non esistono, perché qualsiasi medicinale può dare effetti collaterali.

Prof. Spina: Questi tre giorni di sospensione hanno avuto come obiettivo quello di dimostrare l’eventuale correlazione tra la vaccinazione e l’insorgenza di rari eventi tromboembolici. Le analisi effettuate sui dati clinici ed il confronto tra l’incidenza di questi eventi nella popolazione vaccinata e non vaccinata non hanno al momento documentato nessun nesso tra la vaccinazione ed il rischio di questi rari e potenzialmente fatali effetti indesiderati. Ovviamente le autorità regolatorie ed i sistemi di farmacovigilanza presteranno particolare attenzione ad eventuali nuove segnalazioni di questi eventi e svolgeranno esami per capire se vi possano essere legami col vaccino. Inoltre, nella scheda tecnica del vaccino AstraZeneca verrà aggiunta la possibilità di questo nuovo e raro effetto indesiderato. 

Tali valutazioni non potevano essere fatte comunque evitando la sospensione?

Prof. Spina: Probabilmente, in seguito al ritiro del lotto per la rilevazione di eventuali anomalie, sarebbe stato possibile fare queste valutazioni indipendentemente dalla sospensione cautelativa del vaccino. Anche in Inghilterra ci sono stati dei casi simili ma, avendo visto i grandi risultati in termini di riduzione delle ospedalizzazioni e di mortalità legata a Covid-19 nella popolazione vaccinata, si è deciso di procedere senza una sospensione precauzionale per un effetto al momento incerto. In Europa, in pratica, si è chiesto di sospendere per il tempo necessario a fare chiarezza e allo stesso tempo di fare presto, ma soddisfare entrambe le richieste è impossibile.
Il punto è che in un periodo di tre giorni non è praticamente possibile documentare in maniera assolutamente approfondita e dettagliata l’estraneità dell’evento avverso, e la stessa cosa vale per il contrario. Tenuto conto degli indubbi vantaggi della vaccinazione, a mio avviso sarebbe stato possibile continuare comunque a vaccinare e, parallelamente, approfondire gli eventi accaduti come si sta facendo.

Si può dare una misura al numero degli eventi avversi segnalati in questi ultimi mesi di vaccinazioni? Qual è il confronto tra il numero di segnalazioni riguardo AstraZeneca e quelle relative agli altri vaccini?

Dott.ssa Cutroneo: Partiamo dal presupposto che c’è stata una grande attenzione agli effetti collaterali di questi vaccini, di conseguenza stiamo ricevendo un gran numero di segnalazioni. Si tratta comunque, nella maggior parte dei casi, di reazioni non gravi come febbre o dolore al sito di iniezione.
Una differenza che abbiamo notato è che alcuni vaccini hanno più tendenza a dare reazioni localizzate o dolore muscolare mentre altri, come AstraZeneca, correlano più frequentemente con la febbre.
Con i dati a disposizione è impossibile fare un confronto quantitativo dei rischi perché, visto che la segnalazione è su base volontaria, non abbiamo il reale numero di soggetti che hanno avuto reazioni avverse da rapportare al denominatore costituito dal totale di soggetti vaccinati. Potremmo correlare le segnalazioni ricevute al numero totale di dosi somministrate di ciascun vaccino, ma potrebbero esserci delle imprecisioni dovute alla sotto-segnalazione degli eventi avversi.

Prof. Spina: Ad esempio, non possiamo sapere quanti hanno in realtà un effetto e non lo segnalano. Immaginate quanti soggetti hanno avuto dolori o febbre senza notificarlo. Proprio questo è uno dei limiti della segnalazione spontanea.
Inoltre, la popolazione vaccinata non è esattamente la stessa, perché il vaccino di AstraZeneca era inizialmente rivolto verso chi aveva meno di 55 anni, mentre quelli a mRNA erano rivolti a tutti. Non si può fare, quindi, un confronto esatto.
Volendo analizzare i casi di tromboembolia di cui si parla soprattutto in relazione ad AstraZeneca, va innanzitutto sottolineato che c’è stato qualche caso anche con il Pfizer. Anche qui, però, tali casi si potrebbero notare meno con il vaccino Pfizer perché somministrato ad una popolazione più anziana che è più predisposta ad alcune di queste evenienze o ha già patologie. Al momento non è quindi possibile fare un confronto preciso.
Ciò che è sicuro è che questa tipologia di eventi, specie se avvenuti in soggetti senza fattori di rischio, vadano indagati, ma ciò richiede del tempo. Al momento non è possibile escludere con assoluta certezza che i casi di tromboembolia, sebbene rari, possano avere una base patogenetica comune.
Nel concreto l’attuale valutazione è che il beneficio del vaccino nella prevenzione della Covid è superiore rispetto al rischio rarissimo di trombosi, che è stato visto soltanto in circa 25 casi documentati su 20 milioni di vaccinati.

I comunicati contraddittori degli ultimi giorni hanno avuto probabilmente un impatto negativo sulla campagna vaccinale in corso. Pensate che in futuro il beneficio garantito dai vaccini riuscirà a superare lo scetticismo che si è creato?

Prof. Spina: La sospensione precauzionale, sebbene di soli tre giorni, potrebbe aver contribuito a confondere le idee dei cittadini e a creare in chi ascolta un maggiore scetticismo verso la pratica vaccinale, che è oggi fondamentale. La ripresa immediata potrebbe tranquillizzare molti, ma non tutti.
La gran maggioranza della popolazione ha fiducia e si è visto dalle numerosissime richieste di poter accedere alla vaccinazione da parte di tutte le categorie di cittadini. Non c’è dubbio che, a fronte di una quota di soggetti che negano l’utilità del vaccino o addirittura la malattia stessa, queste decisioni possano aver generato diffidenza o scetticismo. Credo che comunque, in futuro, prevarrà di gran lunga la consapevolezza dell’utilità e del beneficio della vaccinazione. Se si fosse evitato in parte ciò che è accaduto in settimana, o se l’analisi di quanto successo fosse stata affidata solo agli addetti ai lavori, sarebbe certamente stato più vantaggioso. Per il futuro è importante avere un atteggiamento rassicurante, ma soprattutto prudente. Va sottolineato che si stanno somministrando dei vaccini sicuri che, in base a quello che sta osservando la farmacovigilanza, possono dare luogo a reazioni lievi e solo eccezionalmente gravi, che al momento non possiamo escludere. Così come non possiamo escludere il rischio zero: ipoteticamente, se ora assumessi un prodotto da banco o semplicemente una tazza di tè potrei andare incontro ad un evento avverso. Ma capite bene che se capitasse solo a me sarebbe impossibile stabilire un nesso di causalità.

Il messaggio conclusivo che ci sentiamo di trasmettere è che i vaccini sono fondamentali in questo momento, in quanto strumento efficace in grado di limitare la diffusione del contagio, i ricoveri e la mortalità. Altri farmaci potranno contribuire a debellare l’infezione, ma il vaccino rimane indubbiamente l’arma principale.

Davide Arrigo
Antonino Micari

Certificati verdi per poter viaggiare: le proposte della Commissione UE per i passaporti di immunità per salvare il turismo

La Commissione Europea ha proposto un programma che salvi il turismo. Si prevede un documento che certifichi l’avvenuta vaccinazione o la guarigione da coronavirus consentendo a chi è negativo un’agevole circolazione fra gli Stati membri. L’EMA, inoltre, ha garantito la sicurezza della ripresa dell’uso del vaccino di AstraZeneca.

Commissione Europea: proposta certificati verdi –Fonte:leasenews.it

Mercoledì 17 marzo la Commissione Europea ha esposto un piano che miri allo sviluppo di un “certificato verde digitale”, con lo scopo di rendere più fruibili i viaggi tra i paesi dell’Unione. Questo progetto entrerà in vigore in estate permettendo così alle Nazioni, che più dipendono dal turismo, di affrontare la stagione con maggiore flessibilità.  Sebbene siano stati presentati i principi alla base del nuovo sistema, innumerevoli dubbi sorgono sulla sua reale funzionalità.

Passaporti di immunità

Il servirsi di passaporti di immunità validi in tutta l’Unione Europea, segneranno il lasciapassare per essere esclusi dalle diverse restrizioni vigenti a livello nazionale e internazionale, necessarie per arrestare l’avanzata della pandemia. È fondamentale ricordare che questo certificato non sarà il presupposto di base per permettere la libera circolazione, diritto fondamentale, né per viaggiare sugli aerei o sui treni ed attraversare i confini nazionali. Servirà bensì a dare la possibilità a chi si è vaccinato o risultato da recente tampone negativo oppure chi ha acquisito per via naturale l’immunità, di potersi spostare con maggiore facilità poiché risulterà essere un soggetto a minor rischio rispetto agli altri.

“Sarà un documento che descriverà la situazione medica

Certificati, app e test all’arrivo –Fonte:repubblica.it

Nel caso in cui, nonostante i certificati, lo Stato membro richieda al cittadino europeo l’obbligo della quarantena o l’effettuazione di un test, dovrà necessariamente informare della sua decisione la Commissione Europea e porre in essa una valida giustificazione.

Altresì è stata ritenuta inopportuna la definizione di “passaporto vaccinale”, in quanto avrebbe potuto avere un carattere discriminatorio verso chi non è stato ancora sottoposto al farmaco.

Necessità di attuazione del certificato

Sebbene siano ancora molto rilevanti i dubbi sull’effettiva utilità dei documenti, questi rappresenteranno una plausibile soluzione volta a tutelare il settore turistico messo gravemente in ginocchio dall’epidemia. Nonostante vi sia l’impossibilità di poter stabilire in modo preciso la durata della stessa.

L’impatto del Covid-19 sul turismo europeo –Fonte:mondointernazionale.com

L’istituzione del certificato verde discussa già lo scorso febbraio dai capi di governo dei Paesi membri, era stata accettata senza indugio dai leader degli Stati meridionali, la cui economia si fonda principalmente sul settore del turismo. Emergevano invece scetticismi dalle Nazioni settentrionali dell’Europa.

Il progetto

Il piano prevede l’emissione di un documento, che potrà essere sia in formato digitale che cartaceo, scritto in lingua italiano e in inglese e fornito di codice QR, che permetterà una rapida scansione e verifica sull’autenticità. Sarà altresì necessario il riscontro di almeno una delle seguenti condizioni:

  • L’avvenuta vaccinazione
  • Un recente risultato negativo ai test per coronavirus
  • La guarigione dal Covid-19

Covid, verso il passaporto di immunità –Fonte:ilmessaggero.it

Secondo quanto prescritto nel testo ufficiale della Commissione Europea, ciascuno degli Stati membri avrà a carico l’emissione dei certificati. Questi potranno perciò valutare le migliori modalità di distribuzione che vada dall’ausilio di un sistema centralizzato o che preveda una dislocazione presso i centri collaudati, per la somministrazione del vaccino, oppure che fornisca tale abilitazione agli operatori sanitari che riscontrano la completa guarigione dal Covid-19.  Le autorità nazionali dovranno dotare ogni organismo autorizzato di propria chiave digitale, che consentirebbe la creazione di una struttura che miri a limitare i rischi di contraffazione. Risulta evidente come ogni Paese debba tenere il registro delle stesse, garantendo così una maggiore tutela della privacy necessaria per custodire le informazioni delicate riguardanti la salute.

Informazioni richieste dal certificato

I dati personali richiesti sono:

  • Dati anagrafici: quali nome, cognome e data di nascita
  • L’eventuale vaccino inoculato, segnando opportunamente la somministrazione della prima o della seconda dose, oppure l’esito di un test recente o informazioni sulla guarigione
  • Codice identificativo univoco
  • Data e luogo del rilascio del documento

I controlli previsti dalle Nazioni saranno effettuati con il solo fine di verificare l’autenticità del certificato, eliminando alcuna possibilità di registrazione delle informazioni sensibili, che saranno mantenute unicamente dal Paese di origine che ha emesso il documento.

Vaccinati, guariti o testati –Fonte:europa.today.it

A seguito dell’impegno della Commissione Europea sulla definizione di un’adeguata infrastruttura informatica che possa garantire la gestione dei certificati verdi entro questa estate, gli Stati membri necessiteranno altresì della creazione di propri sistemi volti all’amministrazione dei dati sanitari che vadano di pari passo con la nuova soluzione proposta.

Dubbi degli Stati membri

Lo scetticismo del Nord Europa nasce della determinatezza del progetto che aspira nel giro di tre mesi al suo completo funzionamento. Sebbene ogni Paese sia libero di imporre restrizioni più o meno incisive sulle limitazioni turistiche, la Commissione vorrebbe evitare che tale scenario prenda piede nel continente, arginando così una totale mancanza di regole e sistemi comuni.

Le vaccinazioni –Fonte:marionegri.it

Alcuni ritengono che l’avvenuta vaccinazione sia più facile da dimostrare rispetto alla semplice guarigione, che renderebbe più rapida e chiara l’emissione dei certificati e conseguentemente la loro verifica. Altri ancora credono che una tale soluzione sia intrinseca di carattere discriminatorio nei confronti di chi è in attesa della somministrazione della dose o di chi a seguito di problemi di salute non potrà sottoporvi.

La ripresa del vaccino AstraZeneca

A questi dubbi seguono quelli relativi alla capacità dei vaccini di rendere meno contagiosi dalla divulgazione del virus. Fino ad adesso i farmaci usati mostrano un’elevata efficacia nella protezione dalle forme più gravi della malattia, facendo così diminuire i rischi di ricovero e mortalità.

L’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) ha però chiarito una tra le maggiori perplessità che dalla scorsa settimana circolavano nel continente. Questa ha terminato la propria indagine sui vaccini dell’azienda farmaceutica AstraZeneca evidenziando la totale assenza di nessi causali tra i casi di trombosi e l’utilizzo del farmaco.

Vaccini AstraZeneca –Fonte:gds.it

L’analisi effettuata su un’ampia fetta di dati raccolti negli scorsi giorni, ha permesso la ripresa della somministrazione del vaccino incriminato nei paesi dove l’inoculazione dello stesso era stata sospesa, tra cui l’Italia.

Le verifiche effettuate

Gli esperti dell’Agenzia hanno studiato i casi sospetti su un indagine statistica che abbraccia milioni di somministrazioni del vaccino nell’Unione Europea. Gli esami si sono mossi tenendo in conto di diverse variabili come:

  • Modalità e tempi di somministrazione del farmaco AstraZeneca
  • Condizioni di salute dei soggetti che avevano poi sviluppato i problemi circolatori

I controlli effettuati non hanno rilevato la presenza di anomalie o l’esistenza di fattori che possano causare rischi di trombosi negli individui sottoposti al vaccino.

AstraZeneca –Fonte:adnkronos.com

Perciò a seguito della registrazione di pochi eventi avversi sul totale delle vaccinazioni effettuate con AstraZeneca, l’EMA ha dato il via libera alla ripresa del farmaco. Da questa indagine però l’agenzia non ha escluso che vi sarà una possibile ulteriore analisi dei casi.

Cosa farà l’Italia?

AstraZeneca, c’è il via libera dall’EMA –Fonte:orizzontescuola.it

L’Esecutivo non ha atteso alcun comunicato dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), ha stabilito che da venerdì 19 marzo riprenderà a livello nazionale l’uso del vaccino, sospeso il 15 marzo scorso. In un comunicato il Governo italiano ha poi espresso che:

“ La somministrazione del vaccino AstraZeneca riprenderà già da domani. La priorità del governo rimane quella di realizzare il maggior numero di vaccinazioni nel più breve tempo possibile.”

I funzionari della Commissione Europea, perciò hanno previsto per il progetto del certificato verde l’uso di un sistema flessibile che possa essere aggiornato a seguito di nuove disposizioni scientifiche. Queste risulteranno necessarie al fine di fornire maggiori garanzie sulla validità del piano e contemporaneamente salvaguardare un settore turistico già fortemente debilitato.

Giovanna Sgarlata

La sospensione del vaccino AstraZeneca: perché non dobbiamo avere paura

Una grande ondata di dubbi e incertezze ha travolto l’Italia dopo la decisione, presa ieri dall’Aifa, di sospendere la somministrazione del vaccino AstraZeneca per ragioni esclusivamente precauzionali. La scelta ha seguito il colloquio tra il premier Mario Draghi e il ministro della salute Roberto Speranza che si sono allineati a quanto stabilito, sempre ieri, anche da Spagna, Germania e Francia. L’Ema in queste ore è impegnata in approfondimenti e verifiche, i cui esiti potrebbero essere resi noti già da domani.

Dosi di vaccino AstraZeneca – Fonte: www.ansa.it

I decessi degli ultimi giorni

A suscitare preoccupazione sono state le notizie degli ultimi giorni. Giovedì scorso un militare palermitano di 43 anni è morto per arresto cardiaco il giorno dopo essersi sottoposto alla prima dose del vaccino. Nei giorni precedenti anche un poliziotto cinquantenne in servizio a Catania si era sentito male fino a giungere al decesso, circa 10 giorni dopo la somministrazione del vaccino. Questi due avvenimenti avevano portato alla sospensione di un lotto di Astra-Zeneca. In ogni caso, fino a questo momento, non è stato riscontrato il nesso causa-effetto tra il vaccino e le morti. Ecco quanto dichiarato dall’Aifa:

I casi di decesso verificatisi dopo la somministrazione del vaccino AstraZeneca hanno un legame solo temporale. Nessuna causalità è stata dimostrata tra i due eventi. L’allarme legato alla sicurezza del vaccino AstraZeneca non è giustificato”.

Anche in Piemonte, due giorni fa, in seguito alla morte di un docente a Biella, la somministrazione di Astra-Zeneca era stata momentaneamente sospesa in tutto il territorio regionale dal commissario dell‘Area giuridico-amministrativa dell’Unità di crisi della Regione Piemonte, Antonio Rinaudo.

In questo momento il vaccino è stato sospeso anche da Spagna, Francia, Germania, Danimarca, Norvegia, Bulgaria, Islanda, Irlanda, Paesi Bassi, Indonesia. A preoccupare sono stati i casi di trombosi verificatisi. In Gran Bretagna, invece, la somministrazione di Astra-Zeneca sta procedendo senza ostacoli.

Perché non dobbiamo avere paura

Gli eventi delle ultime ore, senza dubbio, hanno in parte infranto tutte le già precarie certezze degli italiani e confermato le preoccupazioni dei più restii. La decisione dell’Aifa, sebbene precauzionale e temporanea, rischia di mettere in difficoltà la campagna di vaccinazione per il polverone di psicosi e panico che ha sollevato.

Non ci si può dunque esimere da una valutazione razionale della situazione che tenga conto di tutti i fattori in campo.

Guardiamo innanzitutto alla Gran Bretagna, il paese che ha somministrato il maggior numero di dosi AstraZeneca e che procede a gonfie vele con la vaccinazione. Il sistema vigente per valutare gli effetti collaterali del vaccino è quello della yellow card, cioè delle segnalazioni volontarie delle reazioni avverse da parte di chi ha ricevuto la dose. Con questo meccanismo sono stati registrati 275 decessi su 9,7 milioni di dosi di AstraZeneca. La MHRA (Agenzia di regolamentazione dei medicinali e dei prodotti sanitari del Regno Unito), dopo aver analizzato i casi dei decessi, ha concluso che la connessione tra la somministrazione e le morti è temporale, non causale. Si trattava, infatti, per lo più di persone anziane o con patologie pregresse. Rassicurante è anche lo studio condotto sulla popolazione vaccinata in Regno Unito dal professore di Oxford Andrew Pollard, che conferma che non vi è un aumento di casi di trombi sanguigni tra i pazienti che hanno ricevuto il vaccino.

Il professore di Oxford Andrew Pollard – Fonte: www.ross-shirejournal.co.uk

Positivi sono anche i pareri degli esperti. Andrea Crisanti ospite nella trasmissione “L’Aria che tira” ha affermato:

Io mi vaccinerei con AstraZeneca e ho consigliato a persone a me care di vaccinarsi con AstraZeneca. I 2-3 casi di sospetti eventi tromboembolitici dopo questo vaccino sono obiettivamente pochi, perché in Inghilterra hanno vaccinato 10 milioni di persone con AstraZeneca e non hanno evidenziato nessun caso di questa complicazione”.

Lo stesso Silvio Garattini, presidente dell’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri”, invita a mantenere la calma e a guardare alla Gran Bretagna dove su una grande fetta di popolazione vaccinata non sono state registrate particolari reazioni gravi da pensare ad un nesso causa-effetto.

Per quanto riguarda i casi di trombosi, quelli che maggiormente hanno preoccupato i Paesi che hanno stabilito la sospensione, i numeri sono rassicuranti: come riportato da una nota diffusa da Astra-Zeneca, stando a quanto registrato fino all’8 marzo, in Europa e in Regno Unito, su un totale di 17 milioni di soggetti vaccinati con il vaccino anti-Covid di AstraZeneca, ci sono stati 15 eventi di trombosi venosa profonda e 22 eventi di embolia polmonare. AstraZeneca sottolinea che tale numero di eventi

è molto più basso di quanto ci si aspetterebbe che si verifichi naturalmente in una popolazione generale di queste dimensioni ed è simile per altri vaccini Covid-19 autorizzati”.

Tra l’altro, come riportato dalla fondazione Veronesi, la trombosi è la terza più comune malattia cardiovascolare subito dopo l’ischemia miocardica e l’ictus cerebrale. Vi è dunque un’alta probabilità di morire per trombosi anche in casi normali.

Grafico che mostra che all’aumentare dei vaccinati e dei morti attesi in relazione alla mortalità generale, già con 1.000 morti attesi, la probabilità di osservare almeno un vaccinato che muore nel giorno del vaccino è quasi del 95%. – Fonte: www.tpi.it

Siamo continuamente esposti a rischi

Al di là dei dati e dei pareri degli esperti, non possiamo non considerare che ogni intervento medico e/o farmaceutico è un rischio. Se così non fosse, nelle scatole dei medicinali che compriamo ogni giorno, non troveremmo il famoso foglietto illustrativo che mostra tutte le controindicazioni del farmaco. Chiari esempi sono gli antibiotici e l’aspirina. Nel novembre del 2019, in occasione della settimana mondiale per l’uso consapevole degli antibiotici, l’Istituto superiore di sanità ha pubblicato dei dati preoccupanti relativi all’abuso degli antibiotici: ogni anno nei paesi dell’Ue sarebbero avvenuti 33.000 decessi per infezioni causate da batteri resistenti agli antibiotici. Nel 2017 gli scienziati dell’Università di Oxford hanno messo in luce i rischi legati all’abuso di aspirina: in Regno Unito sarebbe stata responsabile di 3000 morti ogni anno e di 20000 casi di sanguinamento gastrointestinale.

Il vaccino, al pari di un qualsiasi di questi farmaci quasi “da banco”, comporta dei rischi. Non è un segreto. Nell’altro piatto della bilancia, tuttavia, ci sono molti benefici: il vaccino è l’unica arma che abbiamo per sconfiggere il Covid, per impedire che faccia ancora altre vittime, per permettere all’economia di risollevarsi, per ricominciare a vivere davvero, per evitare che il distanziamento e le chiusure determinino irreparabili problemi psicologici.

“Nessun farmaco è sicuro al 100%, ma bisogna tenere conto dei vantaggi di vaccinare la popolazione”,

lo ha detto Soumya Swaminathan, scienziato capo dell’Oms.

Se i benefici del vaccino sono superiori ai rischi, se i rischi mettono in pericolo la nostra vita meno di quanto faccia la pandemia, se i rischi non sono maggiori rispetto a quelli che corriamo ogni giorno per l’assunzione di farmaci che dovrebbero proteggere la nostra salute e per la stessa casualità della morte, forse vale la pena rischiare.  Di fronte a questo equilibrio tra rischi e benefici la paura non può non cedere il passo alla ragione.

 Il caso Fluad del 2014

Stando a quanto detto, la decisione dell’Aifa non può farci perdere la fiducia nel vaccino. È stata sicuramente una scelta di cautela, legata da una parte alla volontà di camminare accanto agli altri paesi dell’Ue, dall’altra di garantire sicurezza e certezze ai cittadini. In questi casi la precauzione non è mai troppa.

Vaccino antinfluenzale – Fonte: www.scienzaesalute.blogosfere.it

Una cosa simile successe nel 2014: in occasione della somministrazione del vaccino antinfluenzale Fluad, l’Aifa, in seguito alla segnalazione di tre anziani di 87, 79 e 68 anni morti subito dopo la vaccinazione, decise di ritirare due lotti dei due vaccini antinfluenzali in uso. Subito dopo vennero svolti degli accertamenti che dimostrarono che il vaccino era conforme agli standard di qualità e che non conteneva sostanze tossiche. All’epoca la Siti, la Società italiana di Igiene, calcolò che nel corso dei 2 mesi dedicati alla campagna anti-influenzale, per un fatto puramente casuale, ogni giorno 15-20 persone morivano entro 2 giorni dalla vaccinazione. In quell’occasione, la decisione dell’Aifa compromise la campagna di vaccinazione: seminò il panico e diffuse dei dubbi intorno alla sicurezza del vaccino presenti ancora oggi.

La stessa cosa sta accadendo in questi giorni con il vaccino AstraZeneca. In questo caso, lottare affinché la paura non prevalga sulla ragione è ancora più importante. C’è in gioco la sconfitta di una pandemia che ha ormai messo in ginocchio il mondo intero.

Chiara Vita