Museo di Messina: l’Italia è fatta, adesso bisogna fare gli Italiani

Il sabato scorso, dopo mesi e mesi di attesa trepidante, ho finalmente potuto varcare la soglia della sede definitiva del Museo Regionale di Messina, che dalle 20:30 alle 22:30 apriva i suoi battenti gratuitamente al pubblico: la prima apertura completa della struttura museale, a distanza di oltre cento anni dalla sua nascita. Insieme a me una folla notevole (lascio ai contabili del giorno dopo la stima dei numeri, per me erano e resteranno sempre “chio’ssai d’i cani i Brasi”, come si dice a Messina) composta da gente di ogni età, ceto e condizione sociale accorsa da tutta Messina e anche da fuori, anche a seguito della notevole campagna pubblicitaria che questa volta ha coinvolto anche le reti televisive nazionali.

Nel mio personale sentire, il Museo Regionale di Messina, fin dalle prime volte in cui lo visitai da piccolo, è sempre stato un luogo speciale, quasi sacro. Uno scrigno della memoria, come ebbi modo di scrivere in un articolo in occasione della apertura parziale di Dicembre. Un grande tempio laico dedicato a Messina. Mi piace pensare che nessun altro museo al mondo possa vantare una storia simile, anche se forse non è così. La sua storia si intreccia indissolubilmente con quella del Terremoto del 1908: prima era poco più che una pinacoteca comunale sorta dal confluire di collezioni private.

Poi accadde il disastro, e secoli interi della storia e del patrimonio artistico di Messina furono cancellati dalla faccia della Terra. Il moderno Museo Regionale nasce da quelle macerie, dal lavoro paziente di tanti messinesi che si misero a frugare in quelle rovine, a tirarvi fuori tutto ciò che potesse avere un qualche valore storico e artistico, ed ad ammucchiarlo, accatastarlo nella antica sede del convento del SS. Salvatore dei Greci, dove si trovava la filanda Barbera-Mellinghoff, che per tanti anni ne è stata la sede provvisoria. Il loro sogno era che un giorno tutto potesse tornare a vivere, che la antica Messina dei secoli d’oro, la Messina che il terremoto aveva sfregiata, distrutta, annichilita, potesse in parte tornare a esistere. Melior de cinere surgo: come l’araba fenice, anche Messina con la sua storia e la sua cultura sarebbe un giorno risorta dalle sue ceneri.

Ci sono voluti oltre cento anni affinché questo sogno divenisse realtà. Oggi, finalmente, Messina ha il suo Museo Regionale. Un percorso espositivo unico, fra i più estesi del Meridione, in grado di raccontarci secoli di storia: dalla Zancle greca al Medioevo arabo-normanno, dal Quattrocento della Scuola fiamminga e di Antonello fino al Rinascimento, Montorsoli, Calamech, Polidoro Caldara, Alibrandi, allievi di Michelangelo e Raffaello. E poi il seicento, Caravaggio e i caravaggeschi, gli splendori del barocco, gli argenti e i marmi a mischio del Settecento, la lenta decadenza dell’Ottocento. Un viaggio nella storia di Messina dalle origini ai giorni nostri attraverso i suoi capolavori più belli e preziosi. 

Insomma, l’Italia è stata fatta (e finalmente, aggiungerei). Adesso, però, si devono fare gli Italiani. L’apertura completa del Museo Regionale è senza dubbio un traguardo: ma deve essere il primo di una lunga serie. Un Museo così grande e importante come quello che ha appena aperto le sue porte rappresenta una risorsa invalutabile per quello che è e che sarà il turismo culturale nella Città dello Stretto e nei suoi dintorni. Non può né deve permettersi di restare confinato al margine della sua vita sociale; deve, al contrario, rivendicare orgogliosamente il ruolo e la posizione di fulcro, di guida e di punto focale per la rinascita culturale della città. 

Questa nuova apertura pone dunque alla direzione grandi responsabilità, apre nuovi orizzonti e offre nuove sfide. Una ad esempio potrebbe essere quella di porre il Museo, da sempre in una posizione periferica rispetto al centro storico, nel posto che si merita all’interno dei già ridotti circuiti turistici della città. La stagione estiva è alle porte, visitatori e croceristi cominciano timidamente ad affollare le vie del centro; se già adesso è difficile che si spingano oltre il “triangolo magico” incluso fra Piazza Duomo, l’Annunziata dei Catalani e Palazzo Zanca, e forse del Museo Regionale ignorano persino l’esistenza, chi li porterà fino al Torrente Annunziata per vederlo?

Insomma, il lavoro è appena cominciato e servirà un rinnovato impegno, e la formazione di nuove sinergie con il Comune e con gli enti pubblici, affinché il nuovo Museo possa sviluppare in pieno le sue potenzialità benefiche per l’intera città di Messina. A noi visitatori resta la speranza che la recente apertura completa si riveli non un comodo letto di allori su cui sdraiarsi a riposare, ma la prima tappa di un lungo percorso di rinascita: un percorso che abbia come obiettivo finale la riscoperta, agli occhi dei messinesi e del mondo intero, di Messina e della sua bellezza. 

Gianpaolo Basile

Ph: Giulia Greco

Antonello: il genio che rese grande il nome di Messina

 

Riapriamo dopo un lungo periodo di silenzio la rubrica dedicata ai Personaggi storici che hanno legato il loro

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Antonello da Messina: Ritratto d’uomo, (probabilmente autoritratto). 1475 ca. National Gallery of London.

nome alla città di Messina, alla sua storia e alla sua cultura. L’elenco sarebbe lunghissimo, ma senza dubbio uno di questi merita di spiccare su tutti gli altri. La sua fama, infatti, continua a far risuonare in tutto il mondo, da Dresda, a Londra, a Madrid fino agli Stati Uniti, il nome della nostra Città. Stiamo parlando, infatti, di uno dei più grandi pittori del primo rinascimento italiano: Antonio di Giovanni d’Antonio, noto ai più come Antonello da Messina.

Poco sulla sua vita è noto con certezza: la maggior parte delle notizie storiche su di lui sono frutto di un paziente lavoro archivistico su documenti che lo riguardavano, una ricostruzione ardua, povera di certezze e spesso punteggiata da ipotesi e congetture sul suo conto. A cominciare dalla data di nascita, ignota ma collocabile a Messina intorno al 1430; nulla sappiamo della sua formazione artistica, se non che una lettera scritta circa un secolo dopo la sua nascita, nel 1524, da un colto umanista appassionato d’arte, lo indica come allievo a Napoli del maestro Colantonio, pittore della corte aragonese.

 

Giorgio Vasari, noto artista e storico dell’arte cinquecentesco, autore nel 1568 di una mastodontica opera biografica sui maggiori artisti del Rinascimento, attribuisce al giovane Antonello un viaggio nelle Fiandre nel corso del quale conobbe e assimilò l’opera degli artisti fiamminghi a lui contemporanei; secondo la storiografia contemporanea un tale viaggio non avvenne mai (non ne avrebbe avuto il tempo) ed è più probabile che proprio a Napoli Antonello abbia avuto il primo contatto con l’arte fiamminga, che godeva in quel momento di grande popolarità alla corte angioina (e difatti lo stesso Colantonio era a sua volta stato allievo di un maestro fiammingo, Barthelemy d’Eyck). Quel che è certo è che l’arte fiamminga lascia una traccia indelebile nella formazione del giovane Antonello, la cui intera opera potrebbe essere inquadrata come il punto d’incontro fra la grande tradizione fiamminga quattrocentesca e il primissimo Rinascimento italiano. Dai fiamminghi Antonello impara la tecnica della pittura ad olio, l’attenzione maniacale e quasi miniaturistica per i dettagli, l’uso della luce, e l’impostazione a tre quarti dei ritratti, che consente una migliore resa psicologica dei personaggi.

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Antonello da Messina: Crocifissione di Sibiu. 1460 ca. Muzeul de arta, Bucarest.

È al 1460 che sono datate le sue prime opere, come la Crocifissione di Sibiu (sul cui sfondo appare quella che verosimilmente è una rappresentazione del porto falcato della città di Messina) o la cosiddetta Madonna Salting: in questo periodo Antonello si trova verosimilmente a Messina e ha una sua personale bottega. Negli anni successivi al 1470 invece, il pittore risale tutta l’Italia fino a raggiungere Venezia, nel 1474 circa; questo viaggio nella fucina del nascente Rinascimento gli fa apprendere la prospettiva geometrica di Piero della Francesca e l’attenzione alla resa dello spazio dei maestri veneti come Giovanni Bellini, che costituiranno ulteriori elementi di maturazione del suo stile.

 

È in questi anni che Antonello realizza i suoi capolavori: la tavoletta del San Girolamo nello studio, datata al 1475, racchiude in pochissimo spazio un intero mondo ed è unanimemente considerata uno dei più importanti manifesti della cultura dell’Umanesimo; l’Annunziata del 1476, oggi al Palazzo Abatellis, che fonde il rigore geometrico della struttura piramidale disegnata dal mantello azzurro con la vivace caratterizzazione dello sguardo intenso della Madonna; il San Sebastiano di Dresda, forse del 1478, mostra nella disposizione geometrica dello spazio il tributo a Piero della Francesca mentre il delicato lirismo della Pietà (1478) oggi al Prado di Madrid anticipa con la morbidezza delle forme la pittura rinascimentale.

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Antonello da Messina: San Girolamo nello studio. 1475 ca. National Gallery of London

Di ritorno a Messina nel 1476, è verosimilmente qui che Antonello muore, nel 1479, dopo aver chiesto nel suo testamento di vestire il saio da frate minore francescano; a Messina viene probabilmente seppellito, al monastero di Santa Maria del Gesù a Ritiro, anche se del suo sepolcro si sono perse le tracce. Di questo suo grande figlio Messina non serba dunque nulla se non il ricordo e due dipinti, la Madonna con bambino ed Ecce homo e il Trittico di San Gregorio, custoditi al Museo Regionale.

Gianpaolo Basile

Immagini: https://it.wikipedia.org/wiki/Ritratto_d’uomo_(Antonello_da_Messina_Londra)

https://it.wikipedia.org/wiki/Antonello_da_Messina

https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Saint_Jerome_in_his_study_by_Antonello_da_Messina?uselang=it

L’Amerigo Vespucci presenta “il Ritratto Trivulzio” di Antonello

Ci vuole abilità e ingegno, ispirazione e ambizione, oltre che una grande maestria. Antonello da Messina è questo ed altro, ed è per questa ragione che il museo di Torino ha voluto due dei suoi capolavori, “La Madonna col Bambino benedicente e francescano in adorazione” e “Ritratto D’Uomo” fino al 27 Maggio. La collocazione cronologica, tra il 1465 e il 1470, è attribuibile dai riferimenti alla pittura fiamminga e provenzale: quel patrimonio di cultura “internazionale” che il giovane Antonello aveva certamente conosciuto e che lo aveva reso capace di confrontarsi con i grandi artisti della nuova pittura fiamminga insieme con la tradizione italiana. Colpisce soprattutto “Ritratto D’Uomo” per la potenza dello sguardo, i colori forti e penetranti e anche, in un certo senso, il mistero sulla vera identità del personaggio. Questo singolare dialogo, tra due opere apparentemente simile i ma in verità cariche di peculiarità, potrà essere visitato dall’1 Giugno al 10 Luglio 2016. Proprio mercoledi arriverà la nave scuola Amerigo Vespucci, nell’ambito dell’VIII Tappa della Campagna Navale organizzata in occasione dell’85° anniversario dal varo della nave.
Alle 11:00 si terrà una conferenza stampa del capitano Curzio Pacifici per illustrare il programma della sosta. Al termine dell’evento, sulla nave più ricca di storia della Marina Militare, nominata Ambasciatrice di Roma2024, si parlerà dell’inaugurazione della mostra presso il Museo Interdisciplinare Regionale di Messina dal titolo “Il Ritratto Trivulzio di Antonello un atteso rientro”. Nel corso della sosta verranno svolti a bordo due seminari in tema ambientale: il primo dal titolo “Erosione costiera e portualità”, in programma l’1 giugno a cura del WWF Italia in collaborazione con l’Università degli Studi di Messina, con l’Unione Nazionale dei Cantieri e delle Industrie Nautiche (UCINA) e Legambiente; il secondo, in programma il 2 giugno, dal titolo “Mare mostro: un mare di plastica?” a cura di Marevivo in collaborazione con l’Università degli Studi Aldo Moro di Bari, Consiglio Nazionale Ricerche (CNR) e Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare (CoNISMa). La nave Vespucci sarà aperta alle visite della popolazione per tutta la durata della sosta.

vis, 27-10-2006, 11:14, 8C, 5990x7678 (10+232), 100%, IRbn, 1/8 s, R25.6, G18.0, B54.0
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