L’amore al cinema: i 5(+1) film da non perdere a San Valentino

Rose rosse e cioccolatini? Pellicole sdolcinate e immancabili happy ending con fiori d’arancio?

Quando si tratta d’amore qualsiasi cineasta ha qualcosa da dire e il romanticismo in tutte le sue forme si insinua nelle trame più disparate … persino in un film horror!

Insomma, ce n’è di materiale per stilare una lista lunga 10 km, ma noi di Universome ci siamo calati nella difficile impresa di scegliere per voi solo 5 film che parlano d’amore anche in modo profondo e inaspettato.

1) One day (Lone Scherfig, 2011)

«Qualsiasi cosa accada domani, viviamo oggi… non lo dimenticare mai.»

Emma (Anne Hathaway) e Dexter ( Jim Sturgess)
Fonte: mymovies.it

Iniziamo con un film relativamente recente, ma che ormai può considerarsi un classico: One day vanta due protagonisti del calibro di Jim Sturgess e Anne Hathaway e non racconta una storia d’amore, ma quella di un incontro che si ripete nel tempo.

Emma e Dexter sono due giovani appena laureati che il 15 luglio del 1988 passano una notte indimenticabile insieme senza finire a letto. Le loro strade da qui si dividono – lei diventa una precisa insegnante e lui uno showman dalla vita sregolata – per incrociarsi però ogni 15 luglio. Diventeranno grandi amici o qualcos’altro era rimasto in sospeso?

 

2) William Shakespeare’s Romeo + Juliet (Baz Luhrmann, 1996)

 «Il mio unico amore spunta dal mio unico odio…»

Leonardo Di Caprio e Clare Danes nella celebre scena dell’incontro
Fonte: paroleacolori.com

Eros e thanatos, la passione fulminea che non lascia scampo, Cupido che si fa beffe mirando sul nemico: quella di Romeo e Giulietta, i due amanti uniti anche nella morte, è una storia che non stanca mai! Bellissima e piena di pathos questa rilettura di Luhrmann in chiave moderna che riporta quasi per intero i dialoghi shakespeariani e vi trasporta in un’improbabile Verona beach teatro di sparatorie da gangster movie. Notevoli gli sguardi di Leonardo Di Caprio e Claire Danes nella scena dell’incontro dietro l’acquario. E pensare che i due bravissimi attori nella realtà si odiavano!

3) Se mi lasci ti cancello (Michel Gondry, 2004)

«Almeno torna indietro e inventati un addio. Facciamo finta che ci sia stato.»

Clementine ( Kate Winslet) e Joel (Jim Carrey) in un “ricordo surreale”
Fonte: repubblica.it

Di un bel po’ d’anni fa, ma mai come ora attuale, Se mi lasci ti cancello è un film per niente banale. A partire dal titolo originale tradotto ingiustamente in Italia che in inglese è in realtà: Eternal Sunshine of the spotless mind (L’infinita letizia della mente candida). A metà strada tra film di fantascienza e melodramma, piena di poesia soprattutto nella scelta delle ambientazioni, ma mai sdolcinata, la pellicola racconta la storia di Clementine (Kate Winslet) e Joel (Jim Carrey) che si rivolgono alla scienza per cancellare dalla mente i ricordi di una relazione finita.

Perché vederlo? Forse perché Clementine e Joel sono un po’ come tutti noi che cerchiamo di dare finali diversi e non sappiamo lasciar fare alla vita, mettendo spesso a tacere la voce del cuore. Ma … chi avrà l’ultima parola?

 4) Notting Hill (Roger Michell, 1999)

   «E’ stato bello conoscerla. Surreale, ma bello!»

Anna ( Julia Roberts) e William ( Hugh Grant)
Fonte: cinematographe.it

Se siete invece per la leggerezza e preferite che a raccontarvi l’amore sia una commedia non perdetevi allora questo cult degli anni ’90. Il fascino tutto inglese di Hugh Grant nei panni di un timido e impacciato libraio di Londra e quello accattivante della Roberts nella parte di un’attrice americana di successo sono gli ingredienti principali di una favola moderna, in cui a far da contorno sono scenari pittoreschi del quartiere londinese, ma anche dialoghi divertenti e personaggi bizzarri. Insomma, se avete voglia di romanticismo condito da risate Notting Hill la sera di San Valentino è proprio quel che ci vuole!

5) Colazione da Tiffany (Blake Edwards, 1961)

Paul: «Io ti amo e tu mi appartieni!»

Holly: «Oh no! Nessuno appartiene a un altro.»

Holly ( Audrey Hepburn) e Paul ( George Peppard) in un negozio di New York
Fonte: culturaeculture.it

 

Sempre per gli amanti della commedia e per quelli che hanno voglia di rispolverare gli scaffali della storia del cinema, Colazione da Tiffany è sicuramente il must dei must. Il breve romanzo di Truman Capote si presta alla riscrittura cinematografica di Edwards che lo trasforma in una delle storie d’amore più belle ed esemplari di tutti i tempi: quella di Holly Golightly (un’indimenticabile Audrey Hepburn), eccentrica e ribelle e del suo vicino e  “amico”, l’introverso scrittore Paul Borjack (George Peppard).

A far da sottofondo le note della dolcissima Moon River: non potrete fare a meno di commuovervi!

5+1) Mine vaganti (Ferzan Ozpetek, 2010)

«Gli amori impossibili non finiscono mai, sono quelli che durano per sempre.»

Il bacio tra Tommaso (Riccardo Scamarcio) e Marco ( Carmine Recano)
Fonte: tumblr.png

Ultimo, ma non meno importante, Mine Vaganti non è un classico film d’amore, piuttosto un dramma corale. Allora perché ve lo proponiamo?

La vicenda di Tommaso ( Riccardo Scamarcio) e Antonio ( Alessandro Preziosi) , due fratelli gay che tentano di ribellarsi alla propria famiglia borghese è in realtà il pretesto per far raccontare al regista italo-turco tutti i tipi d’amore: quello omosessuale, quello non corrisposto, quello extraconiugale, quello irrealizzabile che però dura tutta la vita e, non ultimo, quello familiare.

Con questa rassegna, quindi, auguriamo buon San Valentino non solo ai fidanzati, ma a tutti gli amanti… anche del cinema!

              Angelica Rocca

Donating is caring! A San Valentino dona un gesto d’amore

Questo evento è dedicato alla sensibilizzazione sul tema della donazione del sangue.
Appuntamento ore 10:00 Piazza Pugliatti di fronte all’Università Centrale, venerdì 14 febbraio.

Quest’anno più che mai cercheremo di spronare la cittadinanza a partecipare ad un evento il quale oltre a prendere i connotati di un esempio di generosità e di altruismo sarà anche un momento di aggregazione e di partecipazione sociale, grazie all’impegno dell associazione AVIS, all’Università degli Studi di Messina e le associazioni organizzatrici: AEGEE Messina, ESN Messina e BEST Messina.

I partecipanti potranno effettuare IL PRELIEVO PRELIMINARE alla donazione, grazie alla presenza dei volontari dell’Avis Messina che effettueranno in loco i prelievi presso le autoemoteche dell’associazione, con massima professionalità e nel pieno rispetto delle norme igienico-sanitarie.

Non è un caso che sia stata scelta come data il 14 Febbraio, San Valentino, una giornata storica dedicata all’amore. Ma quante tipologie di amore ci sono?

L’invito nel corso di questa giornata è chiaro e diretto: donate! Donare il sangue non è solo un gesto altruistico e di amore verso gli altri, ma presuppone anche un controllo sul proprio corpo, la propria salute e il proprio stile di vita.

Saranno coinvolti nel progetto anche studenti Erasmus Internazionali, con lo scopo di permettere l’integrazione nel tessuto sociale della realtà ospitante. Un’attività da svolgere insieme, utile e necessaria: la fascia di donatori di età compresa tra i 18 e i 35 anni è infatti cruciale per il mantenimento del sistema di donazioni di sangue, un piccolo grande gesto d’amore e consapevolezza.

… a Messina c’è una casa rotante?

Siamo abituati a pensare al concetto di casa come ad uno spazio delimitato da quattro mura, dalle dimensioni variabili ma forme più o meno fisse, ancorate al terreno e – soprattutto – immobili.

E se non fosse sempre così?

Esistono nel mondo infatti case che non rispecchiano esattamente quest’idea. Un esempio del quale ho voluto parlarvi è quello delle case rotanti, che si presentano come un vero e proprio capolavoro di ingegneria: strutture dotate di un motore che permette loro di ruotare in modo da ricevere la luce solare dalla stessa finestra a tutte le ore del giorno, dall’alba al tramonto. Si tratta di una tipologia di case adottata in tutto il mondo, dall’Australia all’Italia, e ognuna nasce da un’idea e da necessità diverse, da un desiderio preciso del proprietario o dell’ingegnere che ha realizzato il progetto.

 

Villa Rotante di San Maurizio d’Opaglio – Fonte: valerossini.wordpress.com

Una delle più famose si trova in Australia e presenta una pianta ottagonale e un sistema alimentato da un motore elettrico che permette alla casa di girare a comando. In provincia di Verona invece troviamo ancora oggi Villa Girasole, costruita nel 1935 su progetto dell’ingegnere Angelo Invernizzi, che si mostra oggi come centro di ricerca sulle energie rinnovabili. Sempre in Italia, in provincia di Cuneo, troviamo un altro esempio di casa rotante, voluto dal proprietario stesso per poter ammirare diversi panorami sempre dalla stessa finestra, sfruttando appunto il momento (forza rotante) della casa.

Villa Girasole – Fonte: epdlp.com

Ma può un capolavoro di ingegneria nascondere anche un messaggio che poco ha a che vedere con progetti e necessità architettoniche?

La risposta a questa domanda la troviamo proprio a Messina, a pochi passi dalla strada Panoramica (località Faro superiore): esiste qui un esempio di casa nata da un vero e proprio gesto d’amore, una necessità di cura e premura, che la rendono più che una semplice, se pur già di per sé spettacolare, opera di ingegneria.

Dietro al progetto si nasconde infatti la storia di un marito che apprende la notizia della malattia della moglie, alla quale viene consigliato di trascorrere più tempo possibile al calore e alla luce del sole. La casa infatti nasce dall’idea dell’uomo, il signor Ganci, che lavora assiduamente al design, mettendo da parte i risparmi mese dopo mese e ordinando i migliori materiali anche da diverse città d’Italia, per far sì che la moglie abbia la possibilità di ricevere la luce e il calore del sole durante tutte le ore del giorno.

La casa, oltre ad essere esempio d’amore, di premura e di cura, mostra anche una differenza rispetto alle altre, che la fanno apparire unica: grazie al moto del vento o all’utilizzo di una manovella, gira su se stessa senza utilizzare un motore elettrico. Purtroppo la casa rimane poco conosciuta,  anche e soprattutto a Messina, città che l’ha vista costruire.

Casa rotante di Messina – Fonte: ilcarrettinonews.it

Rimasta incompleta, si cerca oggi di darle un valore e un utilizzo: la figlia del signor Ganci propone ad esempio di terminarla utilizzando fondi regionali per renderla poi un museo.

Ma l’idea sembra davvero così assurda?

La verità è che oggi l’idea di museo supera il passato e cerca di adattarsi alle necessità e al sentire del tempo: troviamo ormai musei in cui il messaggio contenuto nelle opere supera le opere stesse, in cui importante è la storia delle cose, il significato emotivo a cui sono legate. Bisognerebbe valorizzare e dare voce a tutto ciò che viene realizzato e che porta con sé una storia, che rischia invece di rimanere inascoltata e di finire con l’essere dimenticata.

Bisognerebbe valorizzare le cose belle, le cose vere, permettergli di rimanere, di diventare punti fermi di tutta la comunità. Noi, come redazione della rubrica Cultura locale, proviamo a mettere in luce queste storie poco conosciute che, a mio parere, andrebbero ascoltate e rese parte di un patrimonio culturale che vada al passo coi tempi, si evolva e non rimanga ancorato al passato, ma riceva nuova vita ogni giorno.

E se oggi ovunque nel mondo viene valorizzato ciò che appare unico, storico e significativo, sarebbe bene che la città riconoscesse ciò che di unico possiede e sappia darne valore, proprio perché – senza dubbio – l’unicità di questa storia merita di essere valorizzata.

Cristina Lucà

 

Fonti: 

https://www.ilmessaggero.it/casa/news/casa-news/case_girevoli/3684407.html

https://www.ilcarrettinonews.it/una-casa-nata-per-amore/ 

Immagine in evidenza: ilcarrettinonews.it

Diario di una fuorisede superstar 6° parte

“Sentirsi grandi

Eravamo giovani, e stanchi di sentirci dire – dovete crescere -.
Eravamo belli, annoiati di dover prenderci la vita oppure lei avrebbe preso noi.
Fuori dai cassetti tutti i sogni, gettati poi nei cassonetti.
E via con le lauree, i lavori, i master, il matrimonio e la dipendenza da serie TV e da quel bar.
Avevamo paura di crescere ma eravamo più terrorizzati all’idea di rimanere piccoli per sempre.
I nostri sogni ci tormentavano, ci facevamo l’amore insieme agli appunti degli esami, le notti opache, svegli fino alle quattro con le cuffie alle orecchie e quel messaggio non visualizzato.
Visualizzavamo gli obiettivi a lungo termine e ignoravamo quelli a termine breve.
La colazione fuori, un caffè e una sigaretta.
Il tramonto oltre i tetti.
Un 30 senza lode.
Un amore ricambiato ma sciupato in poche sere.
Quell’amore disgraziato ma bandito dalle sue stesse crepe.
Poche cose ci rendevano felici ma molte insoddisfatti, non leggevamo più lettere scritte a mano, eravamo troppo distratti.”

-È bellissima, Oscar- Penny lo guardava, erano seduti sul divano della casa di lui; fuori pioveva.
Penelope gli restituì la poesia; Oscar l’aveva scritta in un foglio a quadri, strappato da un vecchio quaderno.
-Beh, tu di più- disse lui poco prima di baciarla.

Ilaria Piscioneri

Ohana significa famiglia

Ohana significa famiglia e famiglia vuol dire che nessuno viene abbandonato o dimenticato.” 

La citazione, tratta dal cartone Disney “Lilo & Stitch”, rimanda all’idea di famiglia secondo la cultura hawaiana. Con il termine ohana si intende la famiglia non solo in senso lato (legame di sangue), ma anche come rapporto adottivo o intenzionale che unisce le persone amiche in funzione dell’affetto e dei valori di cooperazione, condivisione e rispetto. Significa prendersi cura gli uni degli altri scegliendosi e accettandosi reciprocamente così per come si è.

Questa concezione sta alla base della tradizione dei nativi hawaiani, ma in fondo la si potrebbe estendere anche ad altre culture, che ne condividono il valore. Ad esempio, spostandosi di continente, la famiglia è molto sentita e vissuta anche in Italia, e rappresenta un elemento fondante della cultura e della società. È emblematico e interessante pensare, ad esempio, che in una delle attività di formazione che l’associazione Intercultura (onlus che si occupa di scambi interculturali) organizza per i ragazzi in partenza all’estero, la maggior parte di questi ultimi, nel dover stilare la loro scala dei valori, tenda a posizionare tra i primi proprio quello della famiglia, attribuendovi importanza primaria.

Tornando al concetto di ohana: le parole del personaggio di Lilo potrebbero essere tornate in mente facilmente mentre la scorsa settimana ci si imbatteva negli aggiornamenti quotidiani dei tg in merito al XIII congresso mondiale delle famiglie (World Congress of Families) che si è svolto dal 29 al 31 marzo a Verona. Tra i relatori spiccano personalità più o meno note del panorama politico nazionale e internazionale. Cos’è la famiglia per una parte di Italia hanno tentato di spiegarcelo loro, argomentando delle tesi a supporto di teorie pro vita che contemplano l’esistenza di un solo modello di famiglia riconosciuto come unicamente valido poiché costituito dalle figure genitoriali di madre e padre. Ecco perché, leggendo e ascoltando queste parole, se ne possono pensare di altre diametralmente opposte, come quelle di Lilo, che se interpretate con un principio di inclusione, alludono a una realtà dove nessuna tipologia di famiglia, seppur non tradizionale, viene dimenticata o non celebrata. Una famiglia per essere definita tale deve rispondere a poche ma essenziali condizioni: il sentirsi a casa e l’amore disinteressato e incondizionato. Quali altri canoni dovrebbe rispettare una famiglia ideale? Quali criteri determinano un modello di famiglia migliore rispetto a un altro? Quali dovrebbero essere i tratti distintivi che costituiscono una famiglia cosiddetta “normale” e naturale? Le altre sono anormali? Altre forme d’amore e altri modi d’amare sono impensabili?

Laddove c’è amore, c’è famiglia: ed è proprio questo lo slogan proiettato nelle facciate di alcuni monumenti a Verona, in occasione di una manifestazione di protesta avanzata da All out, movimento globale che lotta a favore dei diritti LGBT+, a cui hanno aderito anche altri enti ed associazioni che sposano la stessa mission. L’intento era quello di trasmettere, attraverso l’azione non violenta, il seguente messaggio: “è l’amore che fa una famiglia e tutte le famiglie contano!”. Questa insurrezione non deve essere confusa e fraintesa con una pretesa di voler imporre a tutti i costi idee opposte a quelle portate avanti dal congresso, ma è dettata dal principio della libertà di espressione di posizioni diverse su alcuni temi. Così come al congresso delle famiglie si dibatteranno alcune opinioni, allo stesso modo si deve poter esercitare il diritto di controbattere, ribellandosi a una determinata corrente di pensiero.

Željka Markić, fondatrice e presidente di “Per conto della famiglia” (U ime obitelji) in Croazia, uno degli ospiti del congresso, ha dichiarato: “Preferirei dare mio figlio all’orfanotrofio, piuttosto che in adozione a una coppia dello stesso sesso.”Un pensiero del genere vorrebbe negare dunque a un bambino la felicità e l’armonia di cui avrebbe bisogno in assenza dei genitori biologici, in funzione di quella distorta idea secondo cui i bambini che crescono con genitori dello stesso sesso non abbiano come riferimento un modello educativo solido e stabile, ma deviato. Sempre secondo questa visione, altre conseguenze sarebbero lo stato di isolamento e di discriminazione che il bambino potrebbe subire, sottoposto ai giudizi di chi lo considererà diverso e lo additerà come “fuori dal comune”. È davvero con questi presupposti che ci si vuole rivolgere e approcciare alle nostre comunità? Le esigenze della società si sono evolute e le società stesse hanno imparato ad accettare tipi nuovi di relazioni, le cosiddette unioni civili. Anche la politica e le leggi dovrebbero adattarsi ai cambiamenti sociali, aggiornando il codice civile, introducendo e promulgando nuove leggi a favore dei diritti di tutti, che una volta approvate ed entrate in vigore, garantiscano più equità sociale. Sono stati già fatti molti passi avanti (la legge Cirinnà che dal 2016 riconosce le unioni civili), ma ancora tante altre proposte devono essere oggetto di confronto per nuovi disegni di legge.

©FernandoCorinto, Parco Don Blasco – Marzo 2019

Altro argomento controverso oggetto di pregiudizi e disinformazione è la questione dell’utero in affitto e della maternità surrogata. Agli occhi dei famigerati e fantomatici garanti della vita ospiti del congresso, questi metodi ridurrebbero la volontà di coppie dello stesso sesso di avere figli a un mercato e a una forma di business che mercificherebbe la donna in quanto oggetto utile alla procreazione, in cambio di denaro. Questa pratica effettivamente viene eseguita in alcune parti del mondo ed è una realtà da molti denunciata. Ma occorre ricordare che in Italia non è consentita, e che dopo aver constatato questo dato, è necessario avviare e supportare una corretta campagna informativa, specificando che non si tratta delle uniche opzioni per una coppia gay di avere figli. Esiste la possibilità di ricorrere a tecniche lecite e legali di procreazione assistita.

Sul fronte della tematica della donna, il congresso si è espresso in modo altrettanto retrogrado e maschilista: la donna viene ancora una volta relegata al ruolo di moglie e madre, come fosse una macchina deputata esclusivamente alla riproduzione, senza diritto di occupazione e ambizioni di carriera. È frustrante quanto vero dover riportare il seguente dato, che emerge da statistiche e da testimonianze che corrispondo al vero: è ormai risaputo che l’Italia rientra tra i paesi le cui prospettive professionali per una donna sono ridotte, con salari più bassi rispetto agli uomini, unitamente all’amarezza di una mentalità diffusa che vede le figure manageriali e di potere come prerogativa dell’uomo. Per non vanificare anni di lotte per l’emancipazione, bisogna intraprendere politiche a favore delle pari opportunità e investire su un tipo di formazione che dia una svolta a quell’approccio machista che ad esempio ha indotto Sergio Vessicchio, cronista calcistico attualmente sospeso dall’ordine dei giornalisti, a rivolgere in diretta da una web tv di Agropoli, commenti sessisti e offese nei confronti di una donna che arbitrava ad una partita. Ha cercato poi di difendersi goffamente, definendo i suoi commenti solo come “dei modi per evitare la promiscuità.” Ai suoi occhi, le donne devono arbitrare le donne, e gli uomini devono arbitrare gli uomini, ignorando il fatto che se si procederà sempre seguendo tali parametri di esclusione, si accentueranno i divari di genere e non si combatterà mai l’idea che le donne siano considerate inferiori, o peggio, non esperte tanto quanto gli uomini riguardo a uno sport in prevalenza maschile.

È evidente come ci sia un’emergenza seria che merita la priorità rispetto agli investimenti sulla maternità. Innanzitutto, se proprio si vuole agire efficacemente, si dovrebbero adottare e applicare politiche di investimento sugli asili nido, promesse puntualmente da ogni legislatura e mai realmente messe in atto. Ad oggi è un problema rilevante per tutte quelle famiglie e tutte quelle mamme che, trovandosi in difficoltà a causa della mancanza di sussidi e luoghi sufficienti in cui poter portare i figli durante la loro assenza, trovano inconciliabile maternità e lavoro. Perché inoltre non ci si concentra su politiche concrete mirate a creare posti di lavoro? Il lavoro nobilita l’uomo, e l’uomo, per creare un nucleo familiare sereno, deve prima poter essere messo nelle condizioni di avere una dignità economica per poterne assicurare il sostentamento. Una donna non ha voglia di essere madre se prima non le viene riconosciuto a pieno il suo status sociale di persona, con uguali diritti di un uomo, senza distinzioni di genere. Una donna per sentirsi appagata e realizzata non è costretta necessariamente a diventare madre, e deve poter avere la libertà di scegliere attraverso la contraccezione, che nonostante abbia diminuito il tasso di natalità da un lato, dall’altro ha limitato e prevenuto molte gravidanze indesiderate, e quindi aborti.

A tal proposito, veniamo al discorso sull’aborto, altro aspetto che il congresso delle famiglie lamenta e condanna. Sorge spontaneo chiedersi se, nei loro ragionamenti, i relatori tengano in considerazione tutte le ragioni che possono portare a un aborto. Per citarne qualcuno: i concepimenti frutto di stupri e violenze o di rapporti non consenzienti; i casi di gravidanza rischiosa per il feto e/o per la madre; l’impossibilità economica di mantenere il feto quando nascerà e diventerà bambino. Abortire non è mai una scelta semplice, per nessuno, ma c’è una legge che lo permette, e regredire non è proficuo. Inoltre, esiste già l’assistenza adeguata che non lascia soli chi desidera portare avanti la gravidanza fino al parto e poi far adottare il bambino. Questa soluzione alternativa all’aborto è il parto in anonimato. Credere di aver costituito un governo politico da appena un anno e poter illudersi di apportare riforme che esistono già è molto inutile, oltre che una pericolosa manipolazione all’insegna del pressappochismo e del buonismo che vorrebbe solo accaparrarsi il consenso della massa.

LGBT+, madri e padri single, e le donne sono le categorie coinvolte nei dibattiti del congresso tenutosi una settimana fa a Verona. Sono nel mirino perché considerate minoranze e gruppi deboli, e che per questo motivo secondo il punto di vista dei partecipanti all’evento, non dovrebbero essere tutelati e godere degli stessi diritti di tutti. Come in ogni fase della storia, in questo momento è toccato a loro diventare i capri espiatori, accusati di essere tra i colpevoli del depauperamento della popolazione. Questa convinzione infondata cela un motivo ben più profondo: rappresenta un comodo deterrente che servirebbe a non ammettere un susseguirsi di sbagli di strategie e logiche politiche, su cui ricadono le principali responsabilità di cali demografici e crisi economica.

Il motto del congresso nonché titolo del manuale di presentazione del programma è “Wind of Change”, cioè “Vento del cambiamento”. È inevitabile il paragone con la celebre canzone degli Scorpions, che cantavano sulle note di “Wind of Change” come simbolo di resistenza e speranza contro la guerra. Non sembra esserci comunanza di intenti nel messaggio che l’organizzazione internazionale delle famiglie (IOC), organizzatrice del congresso mondiale delle famiglie, intende trasmettere e di cui si fa portavoce. Sicuramente non incita esplicitamente alla guerra, ma diffonde idee che sottostanno a un pensiero intollerante e chiuso. E si sa che fenomeni come i totalitarismi, prima di diventare tali, sono partiti in origine da politiche apparentemente accettabili che poi sono sfociate in crimini contro l’umanità e nel secondo conflitto mondiale. Da un’ideologia all’istigazione all’odio il passo è breve. 

Perché Verona e non qualche altro luogo in cui ambientare il congresso? Nel sito ufficiale dell’evento si spiega che Verona è stata scelta “per onorare i suoi cittadini e i loro continui sforzi e azioni in difesa dei valori della vita e della famiglia a livello sociale e politico”. Verona è conosciuta nel mondo per la sua storia e per il suo patrimonio artistico e culturale. Romeo e Giulietta e l’Arena ad esempio sono solo due tra quei simboli che rimarranno sempre predominanti. Non sarà di certo il congresso a rendere la città più speciale. Torniamo a dare il giusto peso e senso alle cose. Per fortuna che c’è la bellezza della cultura e dell’arte a salvare il mondo.

Giusy Boccalatte

L’interrogatorio di un viandante sull’amore

Cammino per strada e non riesco a smettere di pensarci. Continui flashback attraversano la mia mente, senza darmi tregua. Ci sei tu, ci sono io. Ci siamo io e te a ridere di una giornata che proprio non vuole saperne nulla di andare bene, ci siamo noi a fissare il soffitto con un sorriso ebete stampato in faccia. Quante volte ti ho detto che quel sorriso ti faceva più ragazzina, e tu nemmeno ci credevi.

E poi ci sei tu che gridi e piangi e io che grido più forte, chissà su quale legge animalesca si fonda l’idea che, alzando la voce, l’altra persona smetta di parlare. Mi si è gonfiata una vena sul collo, era tanta la rabbia.

Continuo a pensarci, guardando i fari delle macchine sulla strada, nella speranza di trovare il sassolino nella scarpa che fa camminare male, quell’arancia amara che ti ha guastato tutto il pranzo, il quadro storto che per quante volte potrai drizzarlo tornerà sempre a inclinarsi, oppure la canzone sbagliata in radio che un po’ l’umore te lo cambia. E questi fari mi fanno sentire un po’ sotto interrogatorio, sono innocente, commissario, però le cose si fanno in due quindi un po’ è anche colpa mia. Mi capisca commissario, io proprio non lo so … qual è il momento esatto in cui l’orologio fa Dong, e cosa fa, l’orologio, nella restante mezz’ora prima del Dong? È felice, forse.

Davanti a me vedo una coppia e lei ha una rosa in mano. Chissà se se lo immaginano che prima o poi litigheranno fino a odiarsi, chissà se in cuor loro sanno che alla fine ritorneranno insieme, chissà se anche lontanamente immaginano tutto il male che in futuro si faranno.

Mi sento quasi in dovere di avvertirli, lasciate perdere tutto, anche le rose. A che servono? Tanto marciscono.

La verità è che a marcire siamo stati noi.

Sentimenti … sentimenti … non ne provo nessuno, li ho gelati tutti. Sono diventato egoista, ecco tutto. Mi sento felice solo per me stesso, è questa la verità. E per una volta, nella vita, ho tutto il diritto di essere egoista per quanto mi pare e piace. Si, sono un insieme di rabbia e cinismo, forse. E ora basta, non voglio saperne niente, d’ora in poi ci sarò io il calcio, qualche porno, birra come se piovesse … è d’accordo con me, commissario?

Sono rimasto solo, ancora. Fisso le vetrine dei negozi che stanno per chiudere, sono le 21 e francamente me ne infischio (diceva qualcuno).

Che voglia di andare al cinema, almeno starò un po’ al calduccio a rilassarmi, però che pizza ci sarà sicuramente una coppia. Ma ovunque io possa andare, ci sarà sempre una coppia. Forse devo cambiare casa. Ma che sto dicendo? Vedi un po’ se devo cambiare casa per colpa di quella stronza che nemmeno vive lì, solo per non rivedere più i fantasmi di me e lei felici.

Conosco gente che si lascia e riesce a rimanere amica, o ancora gente che si lascia e, dopo tanto soffrire, riesce a ricominciare da capo e tornare insieme.

E allora perché, io e te, non riusciamo nemmeno a guardarci in faccia? Perché dobbiamo evitarci? Dividerci i luoghi o gli amici?

Perché non meritiamo di essere felici?

Perciò adesso, su questa strada e con tutti questi fari puntati contro di me, non riesco a spiegarmi come siamo arrivati a questo …

Tornerò ancora ad amare?

Lo giuro, commissario, mai più. Anzi, ritiro tutto. La prossima volta starò più attento. 

Sì, sto mentendo, lo so. A presto.

Serena Votano

Resta con me: un viaggio che si è tramutato in naufragio

Resta con me. Un titolo, uno scenario che ha fatto sognare un milione di persone, con mille emozioni che richieggiavano nelle sale cinematografiche. Un film che ci fa sembrare il Titanic solo un ricordo lontano. Lo scontro con un violento uragano per raggiungere Thaiti.

Due giovani sfidano il mare ma non sanno cosa troveranno o se si ritroveranno loro stessi, in un’avventura che si è trasformata in un drammatico naufragio. Una storia vera accaduta a una giovane coppia che, durante un viaggio verso Tahiti, a bordo di una barca a vela, dovette affrontare un uragano. In Italia al Box Office Resta con Me ha incassato 3,2 milioni di euro.

“Non aver paura di spiegare le tue vele”

Dalila De Benedetto

Sophie, la luna e chissà

Sophie pensava ai mille volti dell’amore…

Quella sera in tv non c’erano programmi interessanti o almeno a lei non importavano più di tanto.

Da tempo si chiedeva cosa l’aspettasse là fuori: quella persona che tanto desiderava accanto in che parte del mondo poteva essere?

“L’amore”… si proprio questa parola dai mille significati… era ogni giorno circondata d’amore, amici, famiglia, il suo gattino bianco che ogni sera l’aspettava davanti casa. Ma cos’era veramente per lei l’amore?

La notte si fermò un momento a pensare, poi ad un tratto il silenzio, il vuoto.

Si riprese dopo un po’, ritornó in sè e diede una risposta … per lei l’amore era elevare a potenza, qualcosa che capiva lei e solo lei. Le delusioni del passato l’avevano spinta a chiudersi e costruirsi l’armatura, un muro che anche chi le stava accanto faceva fatica ad oltrepassare.

Giorno dopo giorno decise di dedicarsi un minuto della giornata, capire cosa le piacesse veramente e cosa la facesse stare bene. Ritagliarsi un mondo tutto suo, in cui le parole invece che volare al vento restavano scritte su un foglio non bianco, ma colorato dalle sue mille idee e dal suo amore che teneva solo per sè. Prese una penna e iniziò a scrivere.

Quella notte non riuscì a dormire, non importava se l’indomani la sveglia suonasse, quella era la notte dei miracoli, qualcosa stava accadendo, qualcuno stava bussando alle porte del destino di Sophie. In quel foglio scrisse solamente una frase che racchiudeva tutto l’amore che aveva e diceva proprio così: 

È la notte dei miracoli, forse qualcuno mi sta aspettando là fuori, voglio continuare ad amare come un tempo facevo, voglio ritornare a vedere il rosso sangue dell’amore, voglio sentire le nostre anime unirsi per poi amarsi più di prima “.

Qualunque cosa stesse pensando Sophie stava intuendo qualcosa e chissà cosa starà facendo adesso, magari sotto la luna di dicembre con un bicchiere di vino in mano, accanto a qualcuno o soltanto a danzare con le stelle e farsi compagnia.

Gabriella Puccio

Il rumore dei tuoi passi: un libro che rapisce

Dicono che ogni libro contribuisce a renderci persone migliori, a cambiare una parte di noi, a cambiare il modo di intendere e vivere la vita. Dicono che ci sono libri che rimangono per sempre dentro di te. Questo è quello che mi è successo leggendo Il rumore dei tuoi passi di Valentina D’Urbano uscito nel 2012.

Casualmente un giorno ho letto questo libro, non mio tra l’altro, solo perché mi stavo annoiando a dir la verità. Ma è bastata la prima pagina per catapultarmi nel mondo di Beatrice e Alfredo, o come tutti li chiamavano, i “gemelli”. I due però non hanno il sangue in comune, ma bensì qualcosa di più importante: l’amicizia, l’amore, l’odio e la morte.

La storia viene raccontata dal punto di vista di Beatrice, ma per non farci mancare niente Valentina D’Urbano ha scritto anche un secondo libro intitolato “Alfredo” che racconta la stessa storia ma dal punto di vista di Alfredo.

Il luogo in cui si svolge questa storia, che non si può assolutamente solo definire d’amore, non è ben specificato. Da chi ci vive viene chiamato “fortezza”, ma non è altro che un quartiere pieno di case fatiscenti occupate abusivamente da nullatenenti che si sono ritrovati senza lavoro e speranze per il futuro. Beatrice è una di questi, che, nella povertà, è comunque fortunata ad avere dei genitori che la amano e cercano di occuparsi al meglio di lei. Alfredo invece non ha la stessa fortuna. Orfano di madre, si ritrova a vivere con un padre che non fa altro che maltrattare moralmente e fisicamente lui e i suoi fratelli. Ma è proprio in questa triste situazione che i due si incontrano sin da piccoli legando il loro destino in modo indissolubile.

La particolarità di questo racconto è il passaggio continuo tra passato e presente. La storia non è scontata, non mancano i colpi di scena e, le emozioni che provano i protagonisti, vengono trasmesse attraverso le parole forti e dettagliate della scrittrice che riesce ad arrivare fino alla parte più profonda dei nostri sentimenti e della nostra sensibilità. Ammetto infatti di aver pianto leggendo questo libro.

Quindi se volete fuggire per un attimo dalla realtà, se volete provare emozioni forti e se volete conoscere una storia diversa da ciò che siamo abituati, leggete questo libro e perdetevi nella sua bellezza. Vi sorprenderà.

 

Sara Cavallaro

L’amore ai tempi del tram

Nel 21 secolo l’amore ha preso casa nei social network. Le richieste d’amicizia su Facebook hanno finito per sostituire la presentazione faccia a faccia, il primo passo è un like sulle foto di Instagram e si finisce per lasciarsi per un ultimo accesso di Whatsapp.

In tutto ciò ci siamo noi, giovani in balia di tutti questi social che si sovrappongono tra di loro, presi da notizie, fake news e soprattutto meme di serie tv che guardiamo quando dovremmo studiare.

Così, un mattino, ricordi casualmente di dover andare a lezione all’università e prendi il tram (pieno e puzzolente, come sempre), indossi le tue cuffie e parte la solita playlist di Spotify che segue un ordine sconosciuto e che ti propone la solita canzone d’amore, solo che tu hai finito le tue 6 possibilità di cambiare canzone perciò ti arrendi, sposti finalmente gli occhi dal cellulare e … “tra rose e fior nasce l’amor

È così facile innamorarsi di uno sconosciuto, chissà cosa avrebbe fatto Dante … Forse l’avrebbe stalkerata sui vari social inondandola di like, o forse avrebbe cominciato a pubblicare stories minatorie con canzoni, mare, libri, paesaggi che gli altri comuni mortali non avrebbero capito.

In fondo non sappiamo cosa avrebbe fatto Dante, ma sappiamo cosa ha fatto una ragazza a Milano.

AL RAGAZZO DEL TRAM. La notte del 9 maggio, sei sceso qui. Eravamo sul 33, occhi blu e orecchino. Mi hai lanciato un bacio. Dove sei. Mi trovi al Lume mercoledì 16

Di lei non si sa nulla, e altrettanto poco si sa sul misterioso ragazzo. Il biglietto è stato ritrovato in zona Città Studi, è  stata la giornalista e scrittrice Daniela Faggion a beccare il biglietto e a far crescere l’attenzione intorno alla storia.

E ora? L’appuntamento è stasera, mercoledì 16 maggio: i gestori del Lume hanno fatto sapere che c’è una prenotazione per due.

E se il ragazzo non dovesse presentarsi, dopo averle mandato un bacio, ma soprattutto dopo un biglietto così, io direi alla cara ragazza di non temere … sarà soltanto lo spunto per scriverci una nuova canzone sul 9 maggio.

Serena Votano