L’incubo

Ogni respiro era come una lama che tagliava le mie narici in quella notte ruggente. Mi giravo e rigiravo tra le lenzuola e, di tanto in tanto, mi pareva di essere sul punto di cadere da un dirupo. L’esasperazione non mi consentiva neanche il pianto: ogni qualvolta gli occhi iniziavano a irrigarsi, una corsa senza fine agitava il mio cuore, prosciugando tutto. Non trovavo pace. Non nel pianto, non nel sonno. Ero riuscita a dormire per un’ora soltanto, poi l’incubo feroce mi aveva strappato via il sonno. Ero sola, al buio e poi, sola, in mezzo alla gente. Poi c’era lui. Affascinante, alto, elegante. Era lontano prima, poi mi venne incontro, ma a quattro zampe e, appena fu abbastanza vicino, mi aggredì. Non riuscivo a comprendere perché fossero tornati i miei brutti incubi. Odiavo e amavo.

Ma amavo davvero? Odiavo davvero?

Pensavo a quegli occhi verdissimi che, circondati da mille rughette, ridevano. D’un tratto, il calore riempiva le mie tempre e sentivo di volergli un tale bene da volerlo proteggere a tutti i costi. Così bene da condividergli con generosità ogni mia gioia, da dedicargli versi e quadri. Poi l’immagine diveniva sfogata, gli occhi si deformavano e mutavano in due fessure inespressive e riuscivo a vederlo in un sorriso marpione, con le sopracciglia inarcate, fieramente cattivo ed egoista. Aveva un’aria sadica e il temperamento di chi scalpita e afferra tutto ciò che vuole, senza provare alcuna empatia o rimorso.

Confermai sommessamente, invece, la mia decisione, perché ero corda tesa sul punto di spezzarmi. Tutto il dolore che avrei provato a seguire, mi avrebbe consentito di fermare gli incubi e di essere nuovamente libera.

Mi misi su con una certa angoscia e, tremante e impaziente, digitai il suo numero. Al terzo squillo rispose, la voce era incupita dal sonno, ma rimaneva quella che donava parole di miele al mattino.

“Pronto?”

Non potevo più trattenermi e scoppiai in un pianto sommesso. “Scusami.” Iniziai. “Volevo sentirti. Avevo solo bisogno di sentirti. Non riesco a dormire stanotte. Faccio gli incubi.” Le lacrime mi inondavano il viso e mi feci piccola contro il muro. Volevo sparire tra le pareti, attendendo le prime luci del mattino.

“Che hai sognato?” Mugugnò a malapena e riuscivo a immaginarlo messo su un fianco con gli occhi chiusi e tanta voglia di dormire ancora. “Ma stai piangendo?”

“Sì, io ho paura.” Gli confidai, sedendomi sul letto sfatto. “Ho paura che non mi vuoi bene.”

“Certo che ti voglio bene!” L’impasto del sonno era quasi del tutto sparito e sentii dei rumori. Immaginavo si fosse alzato in modo da rendersi abbastanza sveglio per la conversazione. Ci fu silenzio per qualche secondo e poi rise confuso. “Sei impazzita?”

“Non so… io ho molta paura,” iniziai, “che tu mi faccia del male.”

Rimase in silenzio. Lo percepivo, anche se solo attraverso un telefono, cupo e irrequieto.

“Sento come se tu fossi un selvaggio. Ho sognato che eri un animale. Come se tu fossi un animale senza padrone, come se non avessi regole e limiti. Mi spaventa molto.” Ammisi, con una forte dose di apparente tranquillità sul finire. “Le persone che mi vogliono bene sembra mi vogliano tutte difendere da te. Anche se non fai nulla, anche se non fai nulla…”

“Io sono ciò che sono.” Sbuffò. “Che importa poi quello che pensano gli altri?”

Era vero. Che importava? Il problema era che, infondo, mi sentivo in pericolo e il fatto che lo pensassero gli altri era solo la conferma esterna a quella parte di me che voleva scappare via. Seguì, quindi, un lungo silenzio dove la tensione era alle stelle. Io non riuscivo a parlare, perché avevo troppo da dire; la mia controparte, forse, perché non aveva o non poteva dire nient’altro.

“Finirà presto. Io lo so. Tu che pensi?”

“So solo che non ti voglio perdere. I miei comportamenti a volte prescindono da ciò che provo.” Era molto triste. Guardai l’ora. Erano le tre e trentasette di mattina. “Sappi che ho paura anch’io. Ho una paura matta, spesso irragionevole, di farti male.”

“E allora perché lo fai?” Ripresi a piangere a dirotto mentre lui sussurrava parole delicate per rasserenarmi, ma non riuscivo proprio a fermarmi.

“Perché sono egoista e devo ancora crescere probabilmente.” Rispose poi e seguì un continuo rumore di passi. Era chiaro camminasse avanti e indietro per la stanza e mi alzai d’istinto. “Io credo però che non sia giusto che finisca. Sento che non deve andare così.” Aggiunse profeticamente. Aveva capito le mie intenzioni.

Non negai. “E come dovrebbe andare?”

Sospirò. Sospirai. Aumentai il passo, come un leone in gabbia, percorrevo la stanza senza una logica precisa. L’ansia mi mangiava, il pianto silenzioso mi corrodeva, pur fingendomi serena in attesa di una risposta degna della domanda.

“Noi due siamo come i tronchi di alberi sulla neve: apparentemente stanno sulla neve e sembrerebbe a tutti possibile spostarli con un piccolo colpo…” ragionò con grande pragmatismo e mi lasciai cullare dalla voce limpida e paterna, “ma no, è impossibile perché le loro radici sono ben ancorate al terreno.”

Questo pensiero mi impedì di continuare a piangere. Aveva la capacità innata di innestare serenità nel mio cuore, quando voleva, grazie alla sua sensibilità dosata. Non potevo però dimenticare il talento senza uguali nel distruggere tutta la mia pace. Pensai: “Se non ci fossero le irrequietezze che lui stesso crea, non avrei bisogno di essere rasserenata”

“Noi ci vogliamo bene.” Risposi. Ero tranquilla, ma stava per finire e, lasciandolo, sapevo che avrei amato di nuovo. “Ti voglio non bene, benissimo.”

“Anch’io, tantissimo. Mi raccomando, dormi con la luce accesa, magari…”

“Scusami ancora… dormi bene…”

“Buonanotte.”

Poi uscii dalla stanza per rimanere sotto il cielo. Il vento autunnale soffiò via il grigiore, così respirai. Vidi la Luna pallida, piena, gioire. Sentii la Luna cullarmi, materna, eterna. Sotto un cielo infinito, felice e innamorata come mai, piansi.

              Isabel Pancaldo

*immagine in evidenza: illustrazione di Marco Castiglia e Isabel Pancaldo

In questa terra arida

In questa terra arida
che era la mia vita,
hai scavato a fondo con le dita
una buca dritta e profonda,
che hai riempito con tanti
piccoli semi di te.

In questa terra arida
che era il deserto del mio cuore,
da quei piccoli semi di te
è nata, nel sole di maggio,
una distesa d’amore,
fatta di frutti e di fiori,
verde di speranza e
profumata di petricore.

In questa terra arida
era sbocciata la primavera,
ma ora è tornato l’autunno
che mi spoglia di ogni cosa,
lasciandomi inerme al gelo,
e nella solitudine del dolore,
vorrei solo essere ancora
quella nuda terra che t’accoglie.

 

Gaetano Aspa

 

Immagine in evidenza: illustrazione di Marco Castiglia

Ciò che noi siamo

Maggio, che a tutti porti consiglio
A me hai portato consapevolezza
Di star vivendo qualcosa di inaspettato
Con in pancia un respiro spezzato
Pensando di non essere all’altezza
Convincendomi con un tuo piccolo bisbiglio
Che noi siamo ciò che si scrive
Ciò che si cela dietro ogni canzone
L’intenzione di ogni artista che crea
Che vuole dipingere una marea
Ma alla fine dipinge un’emozione
Che prova solo chi l’amore vive.

Francesco Pullella

Parigi degli intelletti

Due amanti. Lui e lei. Vuoti, corpi miseri intrecciati, incastro perfetto.

Era Parigi, in una delle stanze sui tetti. Un piccolo appartamento polveroso, disordinato, rifletteva la casualità di quell’incontro. Due singoli a cui piaceva vincere o sapere di avere ragione. E fu una lotta senza il desiderio di distruggere l’altro.

Non era la città degli amanti, del romanticismo, dell’amore puro. Era la Parigi degli intelletti, la festa mobile cantata da Hemingway. E loro amavano di un amore narciso, a tratti egoista. Amavano sapere di essere ammirati, ascoltati.

O forse non amavano affatto, ma trovavano un senso strano di appagamento nel riempire le loro menti di strani giochi, parole combinate che loro stessi afferravano a fatica.

Lei era smarrita, distratta, tratta lontano dal mondo e da se stessa, non più messa a fuoco. Si cercava nel posto sbagliato, usando gli altri come specchio per ritrovare il riflesso che più le faceva comodo. Giocava a fare finta di sapere la direzione, ma guardava la bussola sbagliata. In lui aveva trovato il riflesso di quello che sperava di essere, ma sapeva di non essere mai stata davvero.

Tra loro non c’era mai silenzio quando erano anime. Poi diventavano corpi, muti, che si rincorrevano nel ricordo dei discorsi infiniti.

Erano in una Parigi che è stata, che non è più, sulle tracce di amori proibiti e di relazioni profondamente effimere, radicate nell’alchimia tra le menti. Non vi era amore neanche tra i più grandi… era forse una profonda ammirazione o la brama di possedere l’altro e rubare ciò che di buono c’era.

Due individui, separati, girovaghi tra la polvere dei ricordi, tendando di rincorrere o provare ad afferrare qualcosa che fugge senza sosta. Il passato, le memorie, i ricordi: denti di leone che si sgretolano appena ci si avvicina con troppa foga.

Erano solo corpi che percepivano loro stessi e che si erano trovati per caso o per fortuna in una delle stanze sui tetti. Nessuna domanda, nessun significato. Solo la Parigi degli artisti e due corpi che si cercano nei vuoti dell’opposto.

Giulia Cavallaro

Immagine in evidenza: illustrazione di Marco Castiglia

Lascia che vada

La regina della notte fiorì. Gaia l’aveva accudita per anni in attesa di quel momento e adesso le donava la sua bellezza. Quando la vide, però, si accorse che non somigliava a ciò che aveva immaginato. Pensava sarebbe rimasta sorpresa dal fiore che, dondolando, si apriva e allargava. Credeva le sarebbe piaciuto il contrasto tra i petali delicati e la sua natura di spinosa pianta grassa. Adesso, invece, si rendeva conto che quel processo non aveva nulla di affascinante.
La guardò ancora per qualche minuto, solo perché un po’ si era affezionata. Presto, però, si addormentò sulla sedia in sala, mentre il fiore raggiungeva il massimo della sua espansione e, di nuovo, si chiudeva.

Quando il giorno dopo Amanda entrò in stanza la trovò ancora lì. Si avvicinò e le accarezzò i capelli. Terminavano sul collo e non poté trattenersi dallo spostare una mano in quel punto, mentre si abbassava e le baciava una guancia.
Gaia aprì gli occhi lenta e la sua ragazza rinacque un po’ mentre questi tornavano vispi.
“Com’era il fiore?” chiese.
“Bellissimo, l’ho guardato finché non è sfiorito”
Amanda non chiese altro perché, in fondo, non le importava granché di quel bocciolo ormai chiuso. Poneva quelle domande solo perché sperava di esserle un po’ più vicina, ma l’altra era sempre stata di poche parole.

Quando uscì di casa per andare a lavorare Gaia rimase sola e sollevata. Ancora in pigiama si affacciò al balcone che dava sulla strada. Si sedette fuori, ma la luce del sole la infastidiva e, quando intercettò lo sguardo di un bambino nella sua direzione, rientrò dentro casa e chiuse la porta.
Si rifugiò nella sua stanza, ma quel luogo portava troppi ricordi. Quelle mura parlavano di Amanda in ogni modo. Le ricordavano di lei che dormiva stanca dopo le sue giornate di lavoro. I capelli biondi si spargevano sulle lenzuola e in fronte le compariva sempre una rughetta concentrata. C’era, poi, Amanda innocente che usciva dalla doccia avvolta dall’asciugamano, la raggiungeva in stanza, si spogliava e rivestiva, come se Gaia non bruciasse dentro a guardarla. Erano loro che facevano torte e si rincorrevano per tutta la casa sporcandosi di cioccolata. Entravano, poi, nella loro stanza da letto. Gaia la seguiva finché non la bloccava tra il suo corpo e l’armadio. Amanda era completamente indifesa. I suoi occhi verdi luccicavano, mentre il petto si alzava e abbassava per la lotta appena avvenuta.

Gaia ripensava a tutto questo mentre l’ombra della sua ragazza entrava e usciva da quella porta. Sentiva le loro risate unirsi e ricordava cosa fosse stata per lei.
Era cambiata?
No, Gaia ne era certa. Amanda era ancora l’amore, ma lei non lo recepiva più come un tempo.

Si era invaghita della sua ragazza alle superiori.
Era in terzo liceo quando la vide per la prima volta passeggiare per i corridoi. Amanda non se ne era mai accorta, ma i suoi tratti erano combinati in un modo così particolare da farla risaltare sempre. A Gaia ricordava l’alba, con quei colori delicati che si riflettevano nella sua pelle, nei capelli e negli occhi che di scuro non avevano nulla, neanche quando la notte li copriva.
Per tutto il giorno non era riuscita a far altro che pensare a lei. Voleva conoscerla. Qualche settimana dopo la vide nel cortile della scuola. Accanto a lei sedeva una sua compagna di classe. Non avevano un rapporto stretto, ma mantenevano contatti pacifici. A volte si prestavano le penne o i fogli e non parlavano mai di qualcosa che permettesse loro di conoscersi davvero.
Quando iniziò la lezione successiva le si sedette accanto e si sforzò di essere loquace. Dopo più di una settimana era finalmente riuscita a organizzare un’uscita insieme a lei. Avevano deciso di portare un paio di amici a vicenda e Gaia si era discretamente assicurata che una ragazza in particolare fosse presente.

L’appuntamento tanto atteso si tenne in sabato primaverile. Gaia si accorse in quel momento di non riuscire quasi a parlare, ma non ebbe bisogno di fare molto. La ragazza le si avvicinò presentandosi e non passò molto tempo prima che iniziassero a conversare. Qualsiasi domanda trovava risposta da parte di Amanda. Non vi era un argomento su cui non avesse un’opinione che esprimeva col tono di chi era certo di non sbagliare. Dopo aver parlato si voltava verso Gaia e le chiedeva cosa ne pensasse, come se l’unico parere importante fosse il suo.
Dopo quella sera diventarono amiche, una gabbia dalla quale Gaia non seppe mai uscire. Il loro rapporto rimase inalterato finché non si diplomò, lasciando quella città e il suo primo amore.
Riuscì a laurearsi tra varie incertezze e tornò nella sua Palermo. Trovò lavoro e si stabilì in un piccolo appartamento, lo stesso che adesso condivideva con la sua ragazza.

Un giorno nella sua vita cambiò tutto. Gaia si svegliò stranamente presto e decise di far colazione fuori prima di andare a lavoro. Entrò in un piccolo locale in centro e si accomodò attendendo che il cornetto e il suo caffè fossero pronti.
Poco dopo la porta del bar si aprì. Si udì una voce chiedere una cioccolata calda. Gaia sorrise. Doveva essere proprio strana quella ragazza per ordinare una bevanda del genere con quel sole bruciante. In un angolo della sua memoria, però, qualcosa si mosse. Eppure, conosceva qualcuno con quella strana abitudine.
Si voltò veloce trovando ad attenderla degli occhi verdi e un sorriso che si allargava sempre più.
Amanda era rientrata a far parte della sua vita e Gaia la voleva lì, accanto a sé, ma non aveva la forza per trattenerla. La sua incapacità, però, era bilanciata dalla decisione dell’altra e, anche in questo caso, non dovette fare nulla.
Ricominciarono a uscire insieme, ma questa volta si vedevano da sole e parlavano a lungo, scoprendo di condividere gli stessi principi. Amanda si poneva ancora come chi possiede la verità assoluta, ma Gaia con calma spiegava le sue ragioni. La discussione proseguiva a lungo ed entrambe sfidavano la loro mente per trovare obiezioni e chiarimenti.

Una sera estiva Amanda la portò in un lido sul mare. Ballarono per molto tempo. Gaia non capiva più nulla. Aveva la possibilità di tenere vicino quella ragazza e ogni volta che i loro corpi si toccavano entrava in fibrillazione.
Quando si stancarono Amanda le prese la mano per condurla fuori dal locale. La portò a mare facendole vedere quanto fosse bella la luna. Gaia la guardò e, quando si voltò di nuovo, trovò la ragazza a osservarla. Anche lei ricambiò quello sguardo, mentre nella sua mente continuava a trovarla bellissima in ogni momento.
Vide, poi, che adesso la sua amica le osservava le labbra e non poté che imitarla. Quando Amanda tornò a immergersi nei suoi occhi li trovò, quindi, puntati in basso. Sorrise e le circondò la vita con le braccia attirandola a sé.
Il corpo di Gaia bruciava, non vi era una parte che non fremeva e il suo cuore sembrava impazzito. Amanda continuava a essere troppo vicina e infinitamente sensuale. Con una mano le accarezzava la guancia lasciando scie elettriche su ogni pezzo di pelle che toccava.
“Fallo” sussurrò sulla bocca di Gaia.
La ragazza, allora, avvicinò piano il volto al suo, quasi a volerle chiedere consenso per ogni centimetro che rubava. Posò, poi, le labbra su quelle di Amanda e si sentì felice come poche volte era stata. Una mano andò ad accarezzarle il collo da cui poteva sentire il cuore battere con forza.
Le labbra di Amanda erano zucchero e cercavano le sue con insistenza. Lei si donava felice e desiderava solo che quella ragazza prendesse tutto, come più preferiva.
Quella sera dormirono in spiaggia e si immersero ancora più a fondo l’una nell’altra. Gaia raccontò di quella cicatrice sul ginocchio che si era fatta da bambina, Amanda disse di come aveva perso e cercato l’amore per se stessa. Finirono, poi, per parlare del loro rapporto e Gaia ammise di non aver smesso di pensare a lei dal primo momento in cui l’aveva vista. Amanda confessò che quella sera nulla era accaduto per caso.

Dopo circa un anno decisero di iniziare la convivenza e scoprirono che il risveglio era più dolce quando la prima cosa che vedevano era l’altra accanto nel letto.
Gaia non sapeva dire con esattezza quando le cose avessero iniziato a cambiare. Notava solo che adesso guardandola non sentiva il solito formicolio. Quando Amanda la accarezzava e baciava il suo corpo sembrava fatto di stoffa morbida, ma inanimata.

Gaia guardava la sua relazione senza farne davvero parte e Amanda la portava avanti per entrambe. Si sentiva vuota e sempre stanca. Non le dava più gioia passare il tempo con nessuno. Si era spenta piano lasciando fuori dalla sua vita tutto. Non credeva, tuttavia, che sarebbe arrivata a escludere Amanda. Eppure, era successo.
Gaia si chiedeva se non fosse il caso di chiudere tutto, di lasciare che almeno la sua ragazza fosse felice con qualcuno che l’avrebbe amata più profondamente. Il suo egoismo le impediva, però, di valutare attentamente quella possibilità. Il pensiero di non averla in giro per casa era troppo doloroso. Preferiva quella specie di nulla che avevano, perché almeno c’era. Si trattava di una presenza leggera, quasi invisibile, ma continuava a volere quel sospiro.
Adesso i litigi non si accendevano più, si trasformavano in fastidi che somigliavano a baratri senza uscita. Gaia abbracciava la polvere che la sua storia continuava a depositarle addosso.

Era sera tardi quando il portone di casa si aprì. Amanda trovò Gaia accasciata sulla regina della notte. Le sue lacrime innaffiavano quel fiore, mentre lei donava il suo dolore, perché non aveva altro da dare. Le prese le mani nelle sue e la accudì. Gaia si fece cullare da quella stretta fredda che era la sua quotidianità.

Alessia Sturniolo

*immagine in evidenza: illustrazione di Marco Castiglia

Innamorarsi di nuovo

Costantemente
Con gli occhi pieni di sogni
Con gli occhi pieni di lei
Un sorriso sul volto
Solo si disegna
Costantemente
Vibra il cuore e va
A ballare felice ove nessuno lo vede
Mentre negli occhi suoi profondi
Beato lentamente mi perdo
Mentre la dolcezza del suo animo
Tacita mi solletica
Mentre attorno a noi il mondo
Seguitava i suoi giri
Noi la meraviglia della nostra danza
Delicati proseguiamo
Soli in una piazza gremita di nulla
Soli mentre il resto dell’universo scompare
Costantemente
Il desiderio di averla tra le braccia
Dei miei baci farle dolce dono
Costantemente
Volano alti il cuore e la mente
Nel trapunto romantico cielo
Di stelle e di sogni
Mentre la voce sua calda
Delicata mi parla
Mentre l’onda dei suoi capelli corti
Silente contemplo
Mentre il suo solo radioso sorriso e la sua risata
All’istante in ogni momento mi accendono
Di nuovo mi innamoro

Un inno all’Amore da parte di Giuseppe Fiorello

Non un mero film storico ma una vera e propria testimonianza! – Voto UVM: 5/5

 

Sono tante le nuove perle che il mondo del cinema ci ha regalato e ci sta regalando nel corso di questo mese di aprile, tra le tante possiamo annoverare la sorprendente animazione di Super Mario Bros (qui la nostra recensione), l’avventura di stampo storico de I tre moschettieri – D’Artagnan, ma uno dei titoli più emozionanti ce lo regala senza alcun dubbio il cinema italiano con un meraviglioso Giuseppe Fiorello alla regia di Stranizza d’amuri.

Una storia vera

Uscito nelle sale il 23 marzo è tratto da una tragica storia vera e da un tremendo fatto di cronaca.

La pellicola racconta dell’amore che sboccia tra due ragazzini, Gianni Accordino (Samuele Segreto) e Nino Scalia (Gabriele Pizzurro) in una coloratissima e inebriante Sicilia dell’ ’82.

Una Sicilia che non può accettare, per motivi sacri legati all’onore e alla famiglia, che due ragazzini possano provare, l’uno per l’altro, un amore così profondo e puro, ma tuttavia i sentimenti più veri non conoscono limiti e in un atmosfera tanto folkloristica quanto pesante, i due giovani si ostinano ad andare avanti, seguendo il loro cuore, in barba a tutto il resto del loro mondo che si ostina a remargli contro, finché due spari, due secchi colpi di pistola, non mettono brutalmente la parola fine ad una semplice e meravigliosa storia d’amore così pura e delicata: la fine di due poveri ragazzi colpevoli solo di amarsi.

Nino e Gianni in una scena del film
Nino e Gianni in una scena del film. Fonte: Fenix Entertainment

Una lotta per l’amore, tra realtà e finzione

“Non è un film d’amore, è l’Amore”

Sono le parole di Giuseppe Fiorello che ha, con questo film, esordito nella sua prima esperienza alla regia. Un inizio si potrebbe dire “col botto” per l’esito schiacciante degli incassi e la risposta del pubblico che a distanza di tempo dall’uscita del film ancora riempie le sale!

L’intento è, innanzitutto, quello di riportare a galla un cupo delitto sul quale, ancora, a distanza di anni, aleggia il mistero più totale. Ma non si tratta di un delitto qualsiasi, si tratta dell’uccisione di Giorgio Agatino Giammona e di Antonio Gatalola detti “i ziti di Giarre” dai loro compaesani, trovati morti mano nella mano il 31 ottobre 1980, vale a dire il primo delitto omofobo della Storia.

Un delitto che ha fatto rumore, che ha fatto scalpore, turbando gli animi di molta gente tra cui un piccolo gruppo che il 9 dicembre di quell’anno fondò a Palermo la comunità Arcigay. La prima comunità che si sarebbe da allora battuta per i diritti LGBT è nata in Sicilia.

Luci ed ombre di una Sicilia anni ‘80

È anche di questo che Fiorello ci vuole parlare in questo film, girato interamente nelle zone della sua infanzia da Marzamemi a Pachino.

Ci vuole raccontare la sua terra, la Sicilia com’era e invitarci ad un confronto su quanto è cambiato oggi, immergendoci, dunque, in un inebriante atmosfera piena di suoni e di colori che si riflettono negli sfiniti occhi di Gianni che insieme con Nino ha avuto per un attimo l’impressione di aver finalmente trovato un posto chiamato casa, un qualcuno da chiamare famiglia e qualcosa chiamata felicità.

È un attimo, però, che dal sentire la freschezza del mare e la torbida calura del sole, arriviamo a sentire anche le malelingue della gente del bar e dei paesani, lo sdegno e lo “sfottò” di tutti coloro che un “puppu cu bullu” non lo vogliono avere e non lo vogliono vedere, etichettandolo aspramente e segnandolo in eterno come diverso da loro.

È questa l’angosciante realtà che Nino ma soprattutto Gianni si trovano costretti a vivere in quel dorato angolo di Sicilia.

Gianni mentre viene importunato in una scena del film
Gianni mentre viene importunato in una scena del film. Fonte: Fenix Entertainment

Un dramma che persiste

È qui che parte inevitabilmente un altro tema che Fiorello ha voluto mettere in luce con questo film: la denuncia alla discriminazione degli omosessuali e in generale della comunità LGBT.

È, dunque, questo un film che vuole ricordarci che nonostante il tempo trascorso, l’omofobia è un grave dramma che persiste tutt’oggi.

Forse è proprio questo lo scopo principale del film: riuscire a scuotere il pubblico così come avvenne quando nei lontani anni ’80 vennero ritrovati i corpi senza vita di questi due poveri ragazzini.

Fiorello: una garanzia di sensibilità e un film testimonianza

Ambientato nella leggendaria atmosfera dell’82 anziché, come la storia vorrebbe, nell’80, Fiorello decide di inserire questo misterioso, e quasi sconosciuto, fatto di cronaca nell’atmosfera di un grande evento invece di rilevanza internazionale in quel periodo. Si parla dei mondiali dell’82 e della vittoria dell’Italia, evento che si incastra perfettamente con gli avvenimenti del film.

Il cast ci regala figure come Fabrizia Sacchi, Enrico Roccaforte, Simona Malato e tanti altri ma soprattutto degli straordinari Samuele Segreto (già noto per il ruolo di Sebastiano in In guerra per amore di Pif nel 2016 e recentemente come concorrente ad Amici) e Gabriele Pizzurro nel ruolo dei protagonisti.

Ruolo rilevante lo detiene anche la colonna sonora con le musiche dell’intramontabile Franco Battiato (a cui è dedicato il titolo del film) che accentuano maggiormente la poesia e l’inebriante atmosfera estiva che pervade tutto il film.

Cos’altro aggiungere? Ancora una volta Giuseppe Fiorello ci dà dimostrazione della purezza del suo animo e della profonda bontà del suo cuore regalandoci quello che a tutti gli effetti possiamo considerare, non un mero film storico, ma un film testimonianza; il racconto di una storia antica e moderna al tempo stesso che ha l’intento di svegliarci e farci aprire gli occhi, per fare in modo, una volta per tutte, che mai più saremo costretti ad ascoltare storie come questa: l’amore, in ogni sua forma, non dev’essere più considerato un difetto!

 

Marco Castiglia

Rileggere “Il grande Gatsby” in un graphic novel


Il riadattamento a fumetti de “Il grande Gastsby” è un’opera emblematica per i contenuti e le caratteristiche – Voto UVM: 4/5

 

Pubblicato a New York, nel 1925, Il grande Gatsby, il capolavoro di Francis Scott Fitzgerald, è tra le opere letterarie  più importanti del romanziere americano.

L’opera, dopo diverse trasposizioni cinematografiche,  è stata adattata per la prima volta al linguaggio delle immagini, in un romanzo a fumetti pubblicato in Italia dalla casa editrice Tunué. Il graphic novel curato dalla pronipote dello scrittore americano, Blake Hazard, è illustrato dall’artista Aya Morton, scelta dalla stessa e dal team di creativi dopo un’ attenta e articolata ricerca.

Le trasposizioni cinematografiche o teatrali dei grandi romanzi corrono infatti  il rischio di tradire l’essenza dell’opera nell’adattamento: di qui la necessità di rintracciare tra diversi artisti, quello dallo stile capace di restituire al lettore il vero spirito del protagonista e l’atmosfera del racconto. Aya, come la stessa Hazard scriverà nell’introduzione del graphic novel

“E’ riuscita a cogliere perfettamente lo spirito travolgente delle feste di Gatsby a West Egg, l’atmosfera languida dei pomeriggi trascorsi a casa Buchanan e lo strepitoso paesaggio urbano di New York.”

L’adattamento del testo originale è stato affidato invece al sapiente lavoro di Fred Fordhan, che oltre alla sua esperienza con lavori precedenti come quello su Il buio oltre la siepe di Harper Lee, vanta anche una carriera come illustratore.

 Il grande Gatsby, graphic novel. Fonte: Tunué

 

Pagina dopo pagina, tavola dopo tavola, vediamo delinearsi la vicenda di Jay Gatsby, il protagonista dell’opera, un uomo ricco e dal passato misterioso, le cui memorabili feste nella villa di Long Island sono note a tutti e a cui tutti possono partecipare. Nonostante la sua grandezza e la sua fama siano sulla bocca di tutti, nessuno degli ospiti sa veramente chi egli sia. Il lettore è accompagnato nel mondo di Gatsby attraverso la voce narrante, quella di Nick Carraway, suo vicino di casa e cugino di Daisy, amore giovanile del protagonista.

Daisy è il motore immobile che muove l’intero mondo di Gatsby, mondo che Fitzgerald ci presenta in nove capitoli disvelando piano piano la sua personalità e il suo passato attraverso il racconto della sua ossessione per quest’amore ideale e irraggiungibile.

 

Il bacio tra Jay Gatsby e Daisy

 

Dalla trama emerge un senso di disagio e inadeguatezza nei confronti della società americana di inizio secolo scorso, società caratterizzata  dalla perdita di ogni senso morale e guidata dal mito del guadagno ad ogni costo. Si delinea un’ideale di ricchezza che si sovrappone in modo grottesco ai valori fondanti dell’identità di popolo americano, quelli della cultura del lavoro e del sacrificio. Dunque non solo il racconto di giovani eleganti del mondo newyorkese, di macchine, ville lussuose, amori e omicidi, ma anche cronache di quella stagione indimenticabile degli anni Venti definita età del Jazz.

Il jazz è il genere musicale che  meglio si presta per cogliere le contraddizioni della società americana degli anni Venti. Nato per esprimere la pena e la sofferenza degli afroamericani in schiavitù, viene assunto dai benestanti come colonna sonora di una vita frenetica e sfrenata. Età segnata dall’apparente spensieratezza di una vita ricca e da un’euforia collettiva e individuale che si esprime in un vortice di danze, tradimenti, frivolezze e alcool in bilico tra il tutto e il nulla, all’insegna di un sentimento di solitudine, incomunicabilità, vuoto e sconfitta che permea ogni vita e ogni interazione.

 Il grande Gatsby, disegno.

 

Il grande Gatsby è sicuramente il capolavoro della carriera di Fitzgerald. Riportando le parole di Blake Hazard, stampate all’interno di una cornice dorata nella sua introduzione del graphic novel, celebriamo ancora una volta questa magnifica opera restituita ai lettori in una veste del tutto nuova, incorniciandole a nostra volta tra le virgolette:

 “Il mio bisnonno era un uomo che sapeva apprezzare le novità tanto quanto i classici e i capolavori senza tempo. So che sarebbe stato incantato dalla freschezza di queste immagini, perché fedeli all’originale. [..] mi auguro davvero che questo Graphic novel possa essere apprezzato da tutti coloro che hanno letto e amato il grande Gatsby. Per quelli che invece si confrontano per la prima volta con il capolavoro di Fitzgerald, il mio augurio è quello che queste pagine rendano l’originale ancora più fruibile.”

Martina Violante

8 canzoni moderne da dedicare a chi ami a San Valentino

Oggi è San Valentino, la festa dell’amore. Ogni anno le coppiette di innamorati si scambiano piccoli pensieri per celebrare il sentimento che li lega. C’è chi prepara una cena, chi compra dei fiori o dei cioccolatini, chi magari non fa nulla di speciale, ma vuole far sapere al mondo che è innamorato. Cosa fare in quel caso? Pubblicare una foto sui proprio social può essere una soluzione, però che canzone sceglieremmo come sottofondo?

Ecco a voi una piccola lista delle canzoni più belle uscite negli ultimi anni, selezionate per voi tra miriadi di brani che parlano d’amore.

“Fanne qualcosa di eterno, non lasciarne cadere neanche un solo frammento”

La sensibilità di Michele Bravi traspare dal suo brano Mantieni il bacio ( 2021), pubblicato dopo il lungo periodo di assenza a causa di problemi personali.

Mantieni il bacio è un inno all’amore che salva dalla ferita del mondo. Michele canta di come, in un periodo buio, l’unica cosa che lo ha ancorato alla realtà erano i baci con la persona amata perché era lì che il male smetteva di esistere e c’erano loro due, «soltanto io, soltanto tu». Il cantante dice che l’amore deve essere protetto da tutto e tutti e che si esprime attraverso il bacio, che permane nello spazio e nel tempo.

“Mantieni il bacio
Oltre l’errore del tempo
Fanne qualcosa di eterno”

 

“Come fai a toccare la mia anima dall’esterno?”

Forse i più conosceranno questa canzone, Pov ( 2020), a causa dell’enorme successo ottenuto via TikTok e Instagram Reels.

Questo non è l’unico singolo virale che la popstar statunitense Ariana Grande vanta nella sua discografia, ma è probabilmente la dedica più dolce mai fatta a qualcuno. Nella canzone, Ariana dice di voler capire il “punto di vista” del marito, Dalton Gomez,  per poi farlo proprio. Vuole vedersi come la vede lui, con pregi e difetti perché in questo modo può imparare ad amare se stessa:

“Voglio amarmi (ooh)
nel modo in cui mi ami (ooh)
per tutti i miei pregi e anche i difetti

Mi piacerebbe vedermi dal tuo punto di vista”

 

“L’universo si è mosso a nostro favore, non c’era nulla leggermente fuori posto”

Il gruppo k-pop più famoso al mondo, BTS, ha una moltitudine di canzoni che parlano dell’amore in moltissime forme ma probabilmente Intro: Serendipity ( 2017) è quella che più sembra una poesia per la dolcezza delle parole usate.

La canzone non è pensata per il gruppo ma per il membro Jimin, particolarmente apprezzato per il tono di voce delicato e sensuale. Nella canzone l’incontro con la propria metà viene descritto in due modi: può essere un caso ma allo stesso tempo era destino che i due si conoscessero. In sostanza quindi l’amore è un bellissimo paradosso, perché i due amanti erano destinati ad “incontrarsi accidentalmente“:

Sin dalla creazione dell’universo
Tutto era già stato deciso
Just let me love you (let me love, let me love you)”

 

 

“Il tuo amore è un segreto che spero, sogno, muoio per tenerlo”

La cantautrice statunitense per eccellenza Taylor Swift prende il microfono e incide King of my heart ( 2017), una canzone che narra un sentimento inaspettato sfociato poi in relazione stabile.

L’amore per Joe Alwyn, un attore britannico, è “rinfrescante” per la vita personale della «regina americana», talmente rinfrescante che si è consolidato facilmente. Taylor accetta questo sentimento improvviso e arriva a definire il suo compagno quello “definitivo”. Con lui, sta guarendo da precedenti relazioni disastrose e sta maturando nuove consapevolezze riguardo se stessa:

“E’ questa la fine di tutte le fini?
le mie ossa rotte stanno guarendo
grazie a tutte queste notti passate insieme”

 

“Nessuno raggiunge il tuo livello, non importa quanto ci provi”

Il trio messicano Reik non è molto conosciuto in Italia, ma il cantante colombiano Maluma ci fa ballare ogni anno a suono di hit raggaeton. La canzone nata dalla loro collaborazione, Perfecta (2021), ha un testo semplice e – se si hanno conoscenze basiche della lingua spagnola – è facile da cantare. Il brano ruota attorno alla devozione per la persona amata e alla gratitudine per aver ucciso la propria solitudine imprimendo una direzione alla propria vita.

“Nessuno me lo fa come te,
Hai qualcosa che mi cattura
Nessuno raggiunge il tuo livello, non importa quanto ci provi”

 

“Non so cosa voglio ma so che voglio veramente aggrapparmi a te”

Ovviamente, quando ci si innamora, non si inizia con rose e fiori. Seori, cantante indie coreana classe 1996, canta questa fase nella sua Lovers in the night.

Descrive le sensazioni positive e negative che le fanno desiderare di vestirsi di rosso o di cantare a squarciagola, i desideri e le tentazioni che il cuore prova in quei momenti, pur restando puro.  Seori dice poi di «non voler dare un nome a questo sentimento» che è pesante nel suo petto.

“So che è meglio essere freddi
Meglio chiedersi che sapere
E quindi interpreterò il ruolo”

“Ne prendo un piccolo pezzo e il resto è tuo, mio amore”

Il genere rap non poteva rimanere fuori da questa piccola lista di canzoni d’amore. Own it ( 2019)è una canzone di Stormzy, rapper originario di Londra; partecipano al brano il cantautore inglese Ed Sheeran e il rapper nigeriano Burna Boy.

Il tema centrale della canzone è una ragazza che vuole avere il controllo – in questo caso del cuore del proprio partner – e che quindi «lo possiede».

Quando è stato chiesto il significato della canzone a Stormzy, ha risposto: «A volte la musica sa essere sessista o usa le donne come oggetti. Io non voglio questo.»

“Amavo stare da solo, ma adesso non lo sopporto
Allungo il mio palmo per te così puoi metterci la mano
Ragazza, sei l’unica e non lo capisco
Come illumini la stanza con la tua luce?”

 

“Ti comporti così perché sai che impazzirò, vero?”

She is ( 2016) di Junghyun, membro ormai scomparso degli SHINee, è una delle canzoni più ascoltate durante il giorno di San Valentino. In Corea del Sud è un testo molto apprezzato per la sua sensualità volutamente non esplicita, discreta e incredibilmente romantica.

Il brano ha caratteristiche RnB ed è leggero e gioioso, a tratti civettuolo, a tratti a sfondo sessuale (per quanto un brano k-pop possa esserlo!).

Jonghyun descrive come il suo interesse amoroso lo faccia sentire e come a volte lui e la sua partner si mettano a giocare “al gatto col topo”:

“Mi piace come sembra che tu non sappia niente

Mi piace come ti comporti in modo timido

Mi piace così come è”

 

 

San Valentino è quel giorno in cui ti dedichi alla persona amata. Basta poco: non occorre esagerare con regali costosi o con poesie di tempi ormai lontani, che fanno sempre effetto ma a volte non descrivono dinamiche moderne. Una canzone è un ottimo sostituto e, anche se quella che piace a te o alla tua metà non è tra queste, in rete ne esistono diverse centinaia di migliaia. Tocca a te scoprirla!

Sarah Tandurella

Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino: top o flop?

“Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino” (2021) non sarà al pari di film e romanzo, ma non così mediocre come tutti affermano – Voto UVM: 3/5

Dopo quaranta anni ritorna in scena Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino nella veste di una serie tv disponibile su Amazon Prime Video e Sky Q.

Il film e il libro hanno sconvolto varie generazioni, sono opere entrate a far della storia non solo del cinema, ma anche della società, quindi di tutti noi. Difatti raccontano la vera storia della protagonista Christiane F e del suo periodo buio  nella Berlino degli anni 70, tra droga, discoteche e primi amori col sottofondo musicale della voce indimenticabile di David Bowie.

La serie tv è approdata nella piattaforma streaming il 7 Maggio 2021 ed è il secondo adattamento del romanzo, uscito a puntate nel 1979 sulla rivista tedesca Stern. Questa nuova versione della storia di Christiane F. ha fatto subito parlare di sé, ma non è stata accolta in modo positivo né dalla critica e né dal pubblico. Per quale motivo? Cosa non ha funzionato? Ma soprattutto è davvero così mediocre questa produzione?

La protagonista Christiane F (Jana McKinnon) – IFonte: today.it

Noi, ragazzi dello zoo di Berlino (2021): tre ragioni per guardarla

Si imparava in maniera del tutto automatica che tutto quello che è permesso è terribilmente insulso e che tutto quello che è vietato è molto divertente.

Grande attesa e grandi spersanze si prospettavano, ma la serie non ha avuto la critica sperata: difatti, dopo meno di 24 ore, gli haters più accaniti, come fossero Zorro in prima linea col loro smartphone, si sono riversati sui social e hanno detto la loro: c’è chi ha elogiato la serie, chi l’ha definita una produzione da quattro soldi, c’era anche chi si era svegliato con la luna storta ed era spinto a demolire accompagnato più da un gusto personale che da reale senso critico. O forse, ancor meglio, la maggior  parte degli utenti ha seguito la massa dei pareri negativi.

Ma ora fermiamoci un attimo e immaginiamo: se la serie avesse avuto recensioni positive, gli utenti social l’avrebbero comunque criticata? Io credo di no. Ma voglio dire la mia: Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino (2021) a pieno neanche me, ma, analizzandola nei minimi dettagli, è un’opera che ha il suo perché . Per ben tre ragioni:

1) Si presenta allo spettatore in modo onirico, narra una realtà che non tutti noi possiamo capire se non la viviamo in prima persona o come testimoni diretti.  Come i suoi due “antenati” (film e romanzo), mostra alle nuove generazioni a cosa possa portare la droga e come pian piano possa distruggere non solo il proprio corpo ma anche l’anima.

2) Non c’è solo la storia di Christiane a 360 gradi, ma anche quella degli altri ragazzi. Nel film vediamo nello specifico solo il racconto della protagonista, mentre la serie mostra la storia dei ragazzi dello zoo, dimenticati dai propri genitori, abbondonati per ore e ore in una metropoli come Berlino.

3) C’è un ritorno al passato degli anni ’70, tra rock e mode del momento, niente cellulari e social, ma solo un mondo fatto di maggiore realismo e meno immagini.

I sei “ragazzi dello zoo di Berlino” – Fonte: today.it

Promossa o bocciata?

E’ vero, la serie non presenta quel crudismo dei suoi “predecessori”: non notiamo la sgradevolezza di quei ragazzi distrutti o il disgusto che si riversava nello zoo, ma ci troviamo di fronte a un racconto che si è più adattato alle generazioni attuali.

Forse proprio per questo la serie non rimarrà nella storia: perché è andata a perdere quel senso di empatia che manca alla nostra società attuale. Che lo si voglia o no, ricordiamoci però che mette in scena le vite di quelle persone abbondanate o cacciate di casa, persone che non sanno cosa fare, persone sole, che si rifugiano in un mondo psichedelico perché troppo spaventati da un mondo che non sentono loro, mentre davanti ai loro occhi passano famiglie felici che rientrano nella loro case calde.

Insomma Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino non sarà al passo con i propri “genitori”, ma è comunque una serie che merita di essere guardata e capita fino in fondo.

L’amore è come l’eroina: «che mi fa un solo buco?» e ricadi nella dipendenza totale, «che mi fa un solo sguardo?» ed eccoti qui a piangere di nuovo.

                                                                                    Alessia Orsa