Trump e Zelensky: equilibri in bilico

Il catastrofico confronto

Si era concluso in maniera disastrosa l’incontro tenutosi il 28 febbraio scorso alla Casa Bianca presso lo Studio Ovale tra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. I due, insieme al vicepresidente americano JD Vance, avevano tentato di discutere le condizioni che avrebbero potuto dare inizio delle trattative di pace per la guerra in atto tra Ucraina e Russia. Ma alla fine i toni si sono accesi, divenendo denigratori nei confronti del leader ucraino, accusato di non essere abbastanza diplomatico, addirittura un dittatore, e di non auspicare ad una vera pace per il proprio paese.

Il colloquio si era concluso con l’abbandono anticipato del suolo americano da parte di Zelensky, la mancata concessione delle terre rare e, di conseguenza, la mancata firma degli accordi.

Zelensky pronto alle trattative in virtù di un nuovo dialogo

Subito dopo, la notizia che aveva messo in agitazione tutto il mondo: l’America non avrebbe più fornito a Kiev le armi, e sarebbe saltata anche la condivisione di dati di intelligence da parte della Cia, come affermato dal suo capo John Ratcliffe. Tali pressioni probabilmente avevano l’obiettivo di “costringere” l’Ucraina ad accettare senza troppe pretese le condizioni americane, privandola delle sue difese.

Dunque, messo alle strette, Zelensky alla fine sembra cedere, dichiarando che il dialogo con gli Stati Uniti è stato ristabilito, e “molto presto” avverrà un nuovo incontro, in cui probabilmente i leader ridiscuteranno l’intesa sui minerali. Ad esortare il presidente ucraino affinché avvenisse un riavvicinamento era stato anche il primo ministro inglese Keir Starmer.

Sul social X Volodymyr Zelensky scrive: “Vogliamo tutti un futuro sicuro per il nostro popolo. Non un cessate il fuoco temporaneo, ma la fine della guerra una volta per tutte. Con i nostri sforzi coordinati e la leadership degli Stati Uniti, questo è del tutto realizzabile”, riferendo della telefonata avuta con il cancelliere tedesco Olaf Scholz.

Dmitry Peskov, portavoce di Putin, afferma che il Cremlino giudica ora positivamente il riavvicinamento di Stati Uniti d’America e Ucraina per le trattative.

Le reazioni dal mondo

Tutti i paesi europei, nel frattempo, stanno avviando un processo di mobilitazione compatto per correre al riparo.

Visto il cambiamento delle posizioni americane, il presidente francese Emmanuel Macron si è mostrato preoccupato, e nel suo discorso alla Nazione francese, sottolineando la pericolosità della Russia per la Francia e per tutti i paesi europei, ha invitato questi ultimi ad un “summit militare con chi vuole la pace”, affermando: “L’Europa rafforzi la difesa e sia più indipendente”.

A questo proposito, si è riunito nella giornata del 6 marzo il vertice europeo straordinario di Bruxelles sull’Ucraina e sulla difesa, per discutere il ruolo dei paesi europei nel progetto illustrato dalla presidente della commissione Ue Ursula von der Leyen, confluito nel piano ReArm Europe, che prevede 800 miliardi di euro da investire per equipaggiare militarmente Kiev.

Noemi Munafò

La First Lady a Gesso: intervista a Salvatore Grosso

Il ritorno alle origini della First Lady Jill Tracy Jacobs Biden, nella giornata del 4 dicembre scorso, ha portato un’ondata di freschezza nella piccola Gesso, una frazione di Messina sui peloritani. Qui, Jill ha deciso di ritornare per riscoprire le sue radici.

Gesso non è solo famosa per la visita della First Lady americana, ma è un paese su cui puntare, per la sua valenza storica, culturale e religiosa, che andrebbe valorizzata”.
Così ce l’ha descritta Salvatore Grosso, il giovane geologo ibbisoto, portavoce dell’Associazione Giovani e Volontari, il quale è stato parte attiva nel processo di ricerca e, in seguito, di organizzazione della visita.

L’intervista a Salvatore Grosso

Buongiorno Salvatore, ci racconti com’è stato vivere l’incontro con un personaggio così importante come la First Lady degli Stati Uniti d’America.

È stato un onore ospitare la First Lady, soprattutto perché questa visita ha rappresentato per lei la riscoperta delle proprie origini. Quindi è stato un momento molto bello, entusiasmante, sia per noi abitanti del Paese che per Jill Biden, che ha avuto la possibilità di vedere il luogo da cui i suoi bisnonni nell’Ottocento sono partiti per trovare fortuna in America. Anche se, come sappiamo, essi hanno portato tutte le tradizioni siciliane lì dove si sono stabiliti, come le grandi tavolate, i prodotti culinari locali… Lei stessa ha raccontato che mangiava spesso braciole messinesi.

Tutto nasce nel 2007 quando uno storico, nostro compaesano che vive a Torino, Eugenio Campo, ha scoperto la connessione tra i cognomi di molti cittadini di Hammonton (ndr. nel New Jersey, città natale della First Lady) e i cognomi delle famiglie di Gesso. Molti cittadini di Gesso, nella prima e nella seconda emigrazione americana, vi si erano trasferiti. Egli scoprì che le famiglie Giacoppo (Jacobs) erano molte ad Hammonton.

Da quando Biden diventa vicepresidente degli Stati Uniti si intensificano le ricerche: Eugenio Campo scopre che Jill, dal cognome Jacobs, era proveniente da Hammonton e aveva un legame interessante con i Giacoppo, dunque poteva essere originaria di Gesso.

Nel 2019, pre-covid, io stesso ho iniziato a intensificare le ricerche attraverso documenti storici, anche grazie a dei miei parenti che vivono ad Hammonton. Si è stabilita una connessione con il certificato di nascita trovato nell’archivio della Chiesa di Gesso. E si è scoperto che i bisnonni Gaetano e Concetta alla fine dell’800 si sono trasferiti lì negli Stati Uniti, da dove è nata la famiglia che ha portato alla nascita della First Lady.

Lei ha scritto una lettera di ringraziamento a Jill Biden, in cui ha affermato l’entusiasmo di tutta la comunità a seguito di questa visita. In chi lo ha percepito particolarmente?

Sicuramente l’entusiasmo era presente in tutte le persone che hanno lavorato e hanno contribuito alla ricerca delle origini della First Lady, tutti quelli che in primis ci hanno creduto e hanno sperato che lei potesse venire di persona: Eugenio Campo, Nino Squatrito, io stesso. Anche il Museo ha contribuito attraverso la creazione un volume in cui ha messo insieme tutte le ricerche, trasmettendole alla Casa Bianca. Tutto nasce così: la First Lady legge questo volume, si entusiasma e vuole fare visita prima della fine del proprio mandato per scoprire le proprie origini e rivivere le emozioni di quando era piccola con i nonni della famiglia tradizionale siciliana.

Qual è stato il clima generale in preparazione di un evento di tale portata?

La preparazione si è svolta tutta in poco tempo, nel giro di una settimana, perché la notizia doveva rimanere riservata fino all’ultimo, ma già nei mesi precedenti dall’ambasciata di Roma e dal consolato di Napoli è stata avviata l’organizzazione, visitando il paese per capire come svolgere l’evento.

In settimana c’è stata molta frenesia ed emozione da parte di tutti gli abitanti di Gesso e dei paesi limitrofi, quindi è stato molto emozionante. È anche stato bello perché ha portato persone nuove nel paese, finora abbastanza degradato, abbandonato a sé stesso. Dunque, finalmente si è trovato spazio per lavori di asfaltatura delle strade, scerbatura, pulizia generale del paese, comportando dei benefici che non si erano mai visti.

Rispetto a chi afferma che “tutto a Gesso è ritornato alla normalità” dopo la visita della First Lady, lei che ne pensa? Vede, invece, aria di cambiamento? È ottimista in questo senso?

Dipende dalla volontà dell’amministrazione nell’approfittare dall’ondata di questo grande evento. Ma Gesso non è solo famosa per questo, per esempio ha dato i natali ad Ettore Castronuovo. Ha una sua storia che dovrebbe essere molto più valorizzata.

Ad oggi non c’è stata una reale programmazione ufficiale per realizzare qualcosa di importante che metta al centro i valori del paese. Speriamo che nel futuro prossimo ci si riesca a convincere che Gesso è un paese su cui puntare perché ha una valenza storica, culturale, religiosa che bisogna valorizzare. Anche perché, a Messina è rimasto poco a livello storico dopo il terremoto del 1908, facendo dei paesi come Gesso il vero centro storico della Città.

Alcuni hanno fatto riferimento alla chiusura della scuola primaria Ettore Castronuovo in un’ottica di critica. Che cosa ha comportato? Quali sono le prospettive future rispetto a questo?

La scuola è chiusa ormai da una decina d’anni. È un trend tipico di tutti i villaggi, a livello nazionale, dove ci sono meno bambini e le scuole vanno a chiudere.

Ora la scuola è di utilizzo di una base scout. Si tratta di uno spazio importante, e io ero promotore di utilizzarla come un presidio sanitario, essendo che Gesso è scoperta da un Pronto Soccorso, oppure come presidio della Protezione Civile per evitare gli incendi boschivi, per creare una struttura importante per la comunità stessa.

Noemi Munafó

USA: approvata in Senato la proposta di legge sulla sicurezza delle armi da fuoco

Il Senato degli Stati Uniti ha dato l’ok alla legge bipartisan che imporrà restrizioni sulla vendita e sul possesso di armi da fuoco per aumentare la sicurezza della nazione.

Il passaggio al Senato e i motivi della richiesta della legge

Dopo decenni di attesa per l’approvazione di una legge significativa sulla sicurezza delle armi da fuoco, martedì è stato approvato il disegno di legge per introdurre alcune restrizioni sulla loro vendita e possesso. 65 sono stati i voti a favore e 33 quelli contrari. La Camera dei rappresentanti non dovrebbe avere problemi ad approvarla. Anche se il presidente Biden, così come i democratici, avrebbe voluto una legge più restrittiva, la Bipartisan potrebbe rappresentare, una volta definitivamente approvata, un grande passo avanti per la sicurezza degli USA.

La proposta di legge, che si chiama “Bipartisan Safer Communities Act”, è stata presentata a seguito di due principali stragi avvenute nel mese di maggio: la prima, la strage di Buffalo, in cui sono stati uccisi dieci afroamericani da parte di un 18enne. La seconda, in Texas, in cui un altro 18enne ha ucciso 19 bambini e due insegnanti in una scuola elementare.

Joe Biden (Fonte: armimagazine.it)

Cosa prevede la proposta di legge

La proposta di legge prevede maggiori controlli per gli acquirenti di età inferiore ai 21 anni, ai quali saranno accertati eventuali precedenti penali e condizioni di salute mentale; 2 miliardi di dollari per i programmi di sicurezza scolastica e 11 miliardi di dollari di finanziamenti per la salute mentale.

Inoltre, il testo contiene finanziamenti per incentivare gli Stati a implementare leggi a “bandiera rossa” per confiscare temporaneamente le armi possedute da persone considerate una minaccia.

La proposta di legge prevede anche un ampliamento del divieto d’acquisto (già in atto) di armi per i condannati per abusi domestici, includendo anche chi ha o ha avuto recentemente una relazione romantica con la vittima. In tal modo, oltre i conviventi o sposati, anche i fidanzati saranno privati dell’acquisto di armi da fuoco.

Oltre ciò, aumenteranno le sanzioni per chi acquista armi per rivenderle illecitamente a chi non ha i requisiti per farlo.

(Fonte: lavocedibolzano.it)

Le posizioni in proposito

I gruppi di attivisti per l’aumento dei controlli sulle armi sono a favore di questa proposta che aspettavano da anni. Chi si esprime a sfavore è la National Rifle Association (NRA), la potentissima organizzazione americana delle armi da fuoco.

Anche Democratici e Repubblicani hanno espresso il proprio parere sulla questione. Infatti, il Leader della Maggioranza (democratica) in Senato, Chuck Schumer, ha dichiarato:

“Stasera il Senato degli Stati Uniti sta facendo qualcosa che molti credevano impossibile anche solo poche settimane fa: stiamo approvando la prima legge significativa sulla sicurezza delle armi da fuoco in quasi 30 anni”.

Mentre il Leader della Minoranza (repubblicana) in Senato, Mitch McConnell, si è così espresso:

“La legge renderà l’America più sicura senza rendere il nostro Paese un po’ meno libero”.

Eleonora Bonarrigo

UniMe tra eccellenza e nuovi traguardi

Pensare che la soddisfazione dello studente stia esclusivamente nell’ottenere risultati personali non è del tutto corretto. Questa, infatti, rientra anche nell’essere consapevole di far parte di un Ateneo che si distingue e che si fa strada in diversi ambiti anche a livello internazionale, fornendo opportunità e prestigio.

Di seguito, le ultime novità.

UniMe e RSMAS: firmata la cooperazione

Dopo l’incontro telematico svoltosi tra rappresentanti dell’Università degli Studi di Messina e della Rosenstiel School of Marine and Atmospheric Science (RSMAS) dell’Università di Miami, pochi giorni fa è stato firmato il Framework Cooperation da parte del Magnifico Rettore, Prof. Salvatore Cuzzocrea. Con tale accordo, i due enti si sono impegnati a condividere didattica, ricerca e attività culturali per favorire maggiori scambi scientifici in aree di interesse comune. La RSMAS è una delle più prestigiose scuole di scienze marine ed atmosferiche impegnate nella ricerca e, grazie alla Prof.ssa Concetta De Stefano, che ha fortemente promosso l’incontro, tutti gli studenti, dottorandi e ricercatori di UniMe che si occupano di scienze marine avranno modo di confrontarsi e relazionarsi con i massimi esperti nel settore.

I referenti della convenzione sono la Prof.ssa Concetta De Stefano, del Dipartimento CHIBIOFARAM e il Prof. Roni Avissar, decano della RSMAS.

Fonte:
Fonte: unime.it

UniMe selezionata tra i tre migliori articoli dell’anno della rivista Thyroid

“Influence of Dietary Habits on Oxidative Stress Markers in Hashimoto’s thyroiditis”  è il titolo del lavoro che vede impegnati i proff. Rosaria Maddalena Ruggeri, Salvatore Giovinazzo , Maria Cristina Barbalace, Mariateresa Cristani, Angela Alibrandi, Teresa M. Vicchio, Giuseppe Giuffrida, Moahamed H. Aguennouz, Marco Malaguti, Cristina Angeloni, Francesco Trimarchi , Silvana Hrelia, Alfredo Campennì e Salvatore Cannavò.

Il progetto nasce dalla cooperazione di tre diversi dipartimenti dell’Ateneo Messinese e le Università di Camerino e Bologna ed è stato selezionato dall’E-i-C di Thyroid, organo ufficiale dell’American Thyroid Association. Lo studio dimostra come una corretta dieta è necessaria per prevenire lo sviluppo di patologie a carattere autoimmune come la tiroidite di Hashimoto.

Fonte: unime.it

Clicca qui per accedere all’articolo.

Conferenza sul futuro dell’Europa: il CDE diventa HUB

Il Centro di Documentazione Europea (CDE) dell’Università di Messina è stato inserito tra i 17 CDE italiani in occasione della Conferenza sul futuro dell’Europa (CoFE).

Fonte: unime.it

I 17 centri individuati come Hub in Italia, insieme agli altri Hub europei, si occuperanno di promuovere eventi e dibattiti sui temi stabiliti dalla conferenza e di far conoscere la piattaforma digitale che darà a tutti gli interessati modo di partecipare e contribuire attivamente al miglioramento della comunità.

Per ulteriori informazioni, ecco il sito del CDE.

La rivista ASCE-ASME selezione la ricerca UniMe come “Best paper published in2020”

È il prof. Muscolino (professore ordinario di Scienza delle Costruzioni presso il Dipartimento di Ingegneria) il coautore del lavoro scientifico A Sensitivity-Based Approach for Reliability Analysis of Randomly Excited Structures with Interval Axial Stiffness. Questo è stato selezionato come Best Paper published in 2020 dalla rivista ASCE-ASME Journal of Risk and Uncertainty in Engineering Systems, Part B: Mechanical Engineering. Il lavoro, che affronta una tematica fondamentale nell’ambito dell’Ingegneria Civile, consiste principalmente nella messa a punto di una procedura rigorosa ma, allo stesso tempo, semplice per valutare l’affidabilità delle strutture fortemente esposte al vento. Il premio sarà consegnato durante l’International Mechanical Engineering Congress & Exposition organizzato dalla ASME (American Society of Mechanical Engineering).

Fonte: unime.it

UniMe si classifica 85° al mondo nel ranking THE Impact

L’impatto delle università di tutto il mondo nella realizzazione degli obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile definiti nell’agenda 2030 delle Nazioni Unite è stato misurato e classificato nel ranking THE Impact. Qui, UniMe si classifica 85° a livello mondiale tra gli oltre 850 partecipanti. È il primo anno di partecipazione per l’ateneo, che si occupa principalmente dell’obiettivo Salute e Benessere .

La soddisfazione espressa dal Rettore prof. Salvatore Cuzzocrea è chiara:

Entrare nella classifica THE Impact premia il grande lavoro che il nostro Ateneo sta facendo per mettere a sistema il complesso insieme di iniziative ed azioni già esistenti, e progettarne di nuove, per contribuire concretamente allo sviluppo sostenibile ed alla promozione degli obiettivi dell’Agenda 2030. Questo è solo l’inizio di un percorso che intendiamo portare avanti con convinzione e impegno perché le Università svolgono un ruolo strategico nel favorire una crescita sostenibile ed equa.

Fonte: unime.it

Come ricorda il prorettore  alla Internazionalizzazione professor Antonino Germanà al Rankings  partecipano tutte le più importanti università al mondo, rafforzando ancora di più il riconoscimento ottenuto.

Nomina ESEVT per la professoressa Puglise

L’European Association of Establishments for Veterinary Education (EAEVE) ha accolto la candidatura della prof.ssa Michela Pugliese a European System of Evaluation of Veterinary Training (ESEVT) expert. Il suo nome adesso risulta tra gli esperti come commissario nominabile per le prossime visite utili per l’accreditamento dei Corsi di Laurea in Medicina Veterinaria.

Fonte: unime.it

La prof.ssa Serranò prende parte alla commissione interministeriale sulla giustizia tributaria 

Con decreto del  Ministro dell’Economia e delle Finanze e della Ministra della Giustizia, la prof.ssa Maria Vittoria Serranò è stata nominata componente della commissione interministeriale sulla Giustizia tributaria. La commissione, che vede a capo il prof. Giacinto Della Cananea, docente di diritto amministrativo presso l’Università Bocconi di Milano, si occuperà di analizzare e formulare proposte di intervento per far fronte al contenzioso arretrato e ridurre la durata dei processi. La relazione sull’esito dei lavori svolti sarà presentata al consiglio dei ministri dalla stessa commissione entro il 30 Giugno 2021.

Fonte: unime.it

 

Giovanni Alizzi

Chauvin dichiarato colpevole per la morte di George Floyd. Biden: “É ora di cambiare”

Guilty” (colpevole) è la sentenza emessa dal Tribunale di Minneapolis per il poliziotto Derek Chauvin, accusato di aver ucciso George Floyd il 25 maggio 2020. Quest’ultimo era stato trovato in possesso di una banconota falsa da 20 dollari.

Costretto dagli agenti intervenuti a rimanere immobile, a terra ammanettato, è morto in seguito al soffocamento causato dal ginocchio di Chauvin stretto sul suo collo per più di nove minuti. Non ci sono più dubbi. La violenza non si è arrestata neanche dopo le implorazioni e ultime parole di Floyd I can’t breath, divenuto poi simbolo di numerose proteste in tutta l’America.

Chauvin lascia l’aula dopo la sentenza della sua condanna, in custodia alle autorità. Fonte: Deutsche Welle.

La sentenza

Chauvin è tre volte colpevole: per omicidio colposo, per omicidio di secondo grado preterintenzionale e per omicidio di terzo grado. Una decisione che ha richiesto solo due giorni di deliberazione e che, per questo, aveva lasciato presagire la lapidaria sentenza dei giudici di Minneapolis che, senza attenuanti, potrebbero far rischiare all’ex poliziotto fino a 40 anni di carcere.

Mentre Chauvin si allontana in manette dall’aula del tribunale, in custodia alle autorità, fuori la folla esplode di entusiasmo con con applausi e cori che invocano Justice!. Scene analoghe hanno attraversato molte altre città americane, da Times Square (New York) a Washington, fino a Los Angeles e Chicago. Nella stessa città in cui si è consumata l’ingiustizia è stato dichiarato lo stato d’emergenza, in via del tutto precauzionale, schierando la guarda nazionale nei punti nevralgici.

Oggi si rivendica una “svolta storicaper gli Stati Uniti, come affermato dal legale della famiglia Floyd.

Il supporto del presidente Joe Biden

Joe Biden conferma il suo supporto alla causa e dichiara: “Bisogna riconoscere e confrontare il razzismo sistemico, nelle attività di polizia e nel sistema della giustizia”. Fonte: Corriere della Sera.

Lo stesso Joe Biden, che aveva espresso vicinanza ai familiari della vittima con una telefonata del tutto eccezionale, si è spinto a parlare di “prove schiaccianti” emerse durante il processo, auspicando la fine delle violenze razziste e l’inizio di una nuova stagione sociale per il Paese:

E’ stato un omicidio in piena luce, che ha strappato i paraocchi e tutto il mondo ha potuto vedere. Il razzismo sistemico è una macchia sull’anima dell’America” e ancora Dobbiamo ricordare le sue parole “non posso respirare” per cambiare. Questo può essere un momento di significativo cambiamento”.

La denuncia delle violenze

E’ stato uno dei processi più seguiti nella storia d’America, che ha tenuto tutti col fiato sospeso, per il timore delle eventuali conseguenze che una decisione differente da quella emessa oggi avrebbe potuto scatenare, in particolar modo per alcune comunità, come quella afroamericana e ispanica, spesso oggetto di violenze da parte della polizia americana.

Proteste per George Floyd a Minneapolis. Fonte: Il Post. 

Secondo le statistiche, infatti, dal 2005 solo sette agenti sono stati trovati colpevoli in casi violenza letale, mentre sono circa 1.100 le persone uccise durante interventi della polizia americana. Eventi drammatici che hanno trovato voce nel movimento di protesta Black Lives Matter, che ha denunciato il controverso uso della forza letale da parte degli agenti e si è, inoltre, attivato per chiedere giustizia di altre vittime dopo la morte di Floyd; l’ultima, quella del ventenne afroamericano Daunte Wright, ucciso qualche giorno fa da un agente che sostiene di aver utilizzato erroneamente la pistola invece del teaser.

La riforma George Floyd Justice in Policing Act

Il verdetto di oggi assume, dunque, un valore altamente simbolico, che vuole consegnare al Paese la pace sociale, assente dalle ultime proteste, e la speranza di una riforma della polizia, sia a livello locale che federale, che necessita di essere realizzata in tempi più celeri.

La riforma, chiamata “George Floyd Justice in Policing Act“, sostenuta in prima linea dalla vice-presidente Kamala Harris, crea standard nazionali per gestire l’ordine pubblico, vieta tecniche di strangolamenti e banche dati sugli agenti accusanti di abusi, fino a una revisione radicale dell’immunità, concessa ai poliziotti in caso di accuse di maltrattamenti verso i civili. Nonostante ciò, la riforma sembra essere destinata ancora a lungo a rimanere bloccata in Senato, sia perché contrariata all’unanimità dai repubblicani sia per due defezioni democratiche. 

 

Alessia Vaccarella

Il Processo ai Chicago 7: cronaca di uno dei più grandi processi politici della storia americana

Due ore di pellicola in cui ci si sente realmente spettatori di un vero processo -Voto UVM: 4/5

Nonostante la pandemia abbia caratterizzato tutto il 2020 e stia continuando ad accaparrarsi anche buona parte del 2021 con i cinema ancora chiusi, non possiamo dire tuttavia di essere rimasti a corto di grandi produzioni cinematografiche trasmesse dalle varie piattaforme streaming.

Una di queste è Il Processo ai Chicago 7 da una produzione del genio di Spielberg, regia e sceneggiatura firmate da Aaron Sorkin, reduce del successo ai Golden Globe e con ben 5 nominations per gli Oscar 2021.

Vicenda storica

Questa pellicola, la prima con cui inauguriamo la nostra maratona dedicata agli Oscar 2021, narra una vicenda realmente accaduta: una pagina di storia occidentale in cui è protagonista la nazione più “democratica” del mondo.

Siamo a Chicago nell’agosto del 1968, in piena rivoluzione giovanile e studentesca a seguito del maggio francese. “Impera” il movimento culturale e pacifista degli hippie:  cresce l’impegno politico all’interno delle università e, in seguito alle proteste studentesche, le nuove generazioni stanno maturando una certa autonomia ideologica. Forse il mondo sta cambiando.

Ma è anche l’anno in cui il Presidente Johnson, succeduto a Kennedy, incrementa il numero di truppe da inviare in Vietnam. Sullo sfondo abbiamo anche le proteste degli afroamericani che lottano per i loro diritti sia attraverso il movimento delle Pantere Nere, sia attraverso l’ala più pacifista di Martin Luther King che quell’anno stesso troverà la morte.

“Anni 60” contro una classe dirigente ancora “anni 50″.

Fonte: Gli acchiappafilm- Scena dello scontro con la polizia

A Chicago, nell’occasione della Convention democratica per scegliere il candidato che dovrà sfidare Nixon alle prossime elezioni presidenziali, molti giovani di diversa estrazione sociale, culturale e anche ideologica si riuniscono con l’unico intento di protestare pacificamente contro la guerra in Vietnam. Purtroppo incontreranno manganelli e gas lacrimogeni. Vi saranno feriti e oltre 700 arresti, ma solo sette tra i manifestanti subiranno un processo con l’accusa di cospirazione e di aver istigato la rivolta.

 Struttura del film

Ne esce fuori un legal drama, o per dirla all’italiana un “giudiziario americano” con tutte le caratteristiche del genere: dall’ambientazione nell’aula del processo e negli uffici giudiziari, polizieschi e penitenziari ai colori della fotografia tendenzialmente più cupi, per poi passare ad una spiccata dialettica che Sorkin attribuisce a ciascun personaggio sia esso imputato, difensore, giudice, pubblica accusa o teste che depone.

Fonte: Io Donna- il giudice Julius Hoffman in aula (Frank Langella)

La maggior parte del film è dedicato alle udienze che vedono come protagonisti i sette imputati che sono i due hippie Abbie Hoffman (Sacha Baron Cohen) e Jerry Rubin (Jeremy Strong), i due studenti del movimento SDS (Students for a Democratic Society) Tom Hayden ( Eddie Redmayne) e Tennis Davis ( Alex Sharp),  i fabbricanti di piccoli ordigni rudimentali Lee Weiner (Noah Robbins) e Jhon Froines ( Daniel Flaherty), l’attivista pacifista David Dellinger (John Carroll Lynch) e “l’ottavo” imputato poi escluso dal processo Bobby Saele (Yahya Abdul Mateen II), uno dei capi delle Pantere Nere che non aveva partecipato attivamente, ma viene arrestato semplicemente perché “nero”.

Fonte: Rivista Studio- Bobby Seale con il legale William Kunstler (Mark Rylance)

Il regista si serve poco della finzione; si basa invece sulle trascrizioni delle udienze dibattimentali di quello che è stato uno dei più grandi processi politici della storia americana. Difficile non notare come agli imputati venga negato il diritto ad un equo processo davanti ad un giudice di parte già pienamente propenso a condannarli.

Vengono fuori le storture di un sistema giudiziario fortemente politicizzato: giudici e procuratori generali (pubblica accusa) sono eletti dal Congresso dietro nomina del Presidente. E ancora ci saranno depistaggi e corruzione: insomma un processo politico alle intenzioni.

D’altro canto Sorkin metterà in luce anche le varie fazioni e gli scontri ideologici esistenti all’interno dei movimenti giovanili di attivisti. Da un lato abbiamo Abbey Hoffman, interpretato in modo encomiabile da Sacha Baron Cohen, membro del Partito Internazionale della Gioventù,  convinto di demolire l’establishment con la rivoluzione culturale. All’opposto abbiamo il più moderato e politically correct Tom Hayden, che snobba il proselitismo degli anarchici e pacifisti hippie come Hoffman; secondo lui la rivoluzione passa attraverso l’impegno politico che porti poi  giustizia e uguaglianza al popolo. Nonostante tutto l’obiettivo dei due è uguale: cambiare il sistema.

Fonte: Wired- Tom Hayden

Con un cast d’eccezione in cui vi è anche la partecipazione straordinaria di Michael Keaton, Il Processo a Chicago 7 conquista 5 meritatissime nominations agli Oscar nelle categorie miglior film, miglior attore non protagonista a Sacha Baron Cohen, miglior fotografia, miglior montaggio e miglior sceneggiatura originale.

                                                                                                                                                                                                Ilenia Rocca

Il Coronavirus nel continente Americano: gli ultimi sviluppi

In Italia l’emergenza Coronavirus sembra essersi attenuata. Tuttavia i contagi continuano a crescere a dismisura negli altri paesi.
Il continente Americano è al momento quello più colpito. Oggi infatti l’Organizzazione mondiale della sanità conta quasi 6,500,000 casi.
Di seguito ecco spiegata la situazione nelle nazioni più colpite:

Gli Stati Uniti

Gli Stati Uniti sono il paese più colpito.
I dati OMS aggiornati quest’oggi rilevano un totale complessivo di 3,000,000 casi. Di questi solo 130,000 a Los Angeles.

Dati OMS
Dati OMS

Secondo un’analisi della Johns Hopkins University, nelle ultime 24 ore, si sono registrati 66.528 nuovi casi, facendone degenerare l’andamento.

Questi dati preoccupano anche il presidente Trump che per la prima volta si mostra i pubblico indossando la mascherina. In questi mesi infatti si era dimostrato diffidente nei confronti dei dispositivi di protezione personale.
Recentemente però ha visitato, poco lontano dalla Casa Bianca, l’ospedale militare Walter Reed a Bethesda nel Maryland indossando la mascherina insieme ai membri del suo staff.

Il Brasile

In Brasile si registrano 1,800,827 casi in totale. Soltanto venerdì 1.214 decessi e 45.048 contagi.

Dati OMS

Il presidente Bolsonaro si era fin da subito opposto ad ogni forma di lockdown, negando la pericolosità del virus.
Martedì scorso ha annunciato di aver contratto il virus e adesso sui social afferma di stare bene grazie alla cura fatta con idrossiclorochina. Tuttavia si dubita fortemente che egli abbia contratto il virus, e ancor più che la sua cura funzioni.
Intanto il Brasile sta vivendo una profonda crisi interna, dovuta al crollo del Pil.

Il Perù

Al contrario del Brasile, il Perù non ha minimamente sottovalutato l’emergenza e il suo presidente, Vizcarra, ha attuato fin da subito diversi provvedimenti. Il Lockdown è iniziato a marzo ma la fascia di popolazione più povera è stata aiutata, fornendo sostegno in cibo e denaro.

Dati OMS

Tuttavia non è stato abbastanza: ad oggi i casi sono più di 300.000, con una media di 8 mila al giorno.
Il sistema sanitario è crollato molto presto.

Il Cile

Anche in Cile si contano poco più di 300.000 casi.

Dati OMS

Il lockdown sta colpendo pesantemente l’economia interna, scendo crescere di molto il tasso di disoccupazione. La popolazione ha risposto scendendo in piazza a protestare e le violenze sono state affrontate dalle forze di polizia in uno scontro diretto.
Durante un discorso sulla tv nazionale il presidente Sebastián Piñera ha ammesso che il paese non è pronto ad affrontare un’emergenza simile.
Numerosi membri del governo sono stati posti in quarantena dopo essere stati in contatto con dei parlamentari risultati positivi al virus.

Il Messico

Il Messico invece conta un totale di 289,000 casi, con 7.280 nuovi casi nelle ultime 24 ore, secondo i dati del ministero della Salute.

Dati OMS

Angela Cucinotta

Possibile vaccino contro il nuovo coronavirus?

Negli ultimi giorni l’infezione da coronavirus ha scatenato il panico nel nostro Paese: da un lato l’aumento dei contagi, dall’altro il diffondersi sui social di informazioni fuorvianti o del tutto fasulle, che mettono in ombra addirittura i canali ufficiali.
Arriva però una buona notizia, riportata inizialmente dal Wall Street Journal, riguardante il possibile inizio di un trial clinico in America per un vaccino, con un gruppo di volontari sani.

Il vaccino


La sintesi era iniziata lo scorso 7 febbraio e adesso alcune fiale di questo siero, denominato mRNA-1273, sono state inviate dalla società biotecnologica Moderna all’Istituto Nazionale delle Allergie e Malattie Infettive di Bethesda.
L’idea, secondo quanto comunicato stanotte dalla società stessa, è di far partire lo studio entro fine aprile, per verificare la risposta dei soggetti e l’eventuale immunizzazione nei confronti di Covid-19.

Per sintetizzare il vaccino, gli scienziati hanno utilizzato gli RNA messaggeri, molecole che trasferiscono informazioni genetiche all’interno delle cellule.
In particolare mRNA-1273 codifica per una forma stabilizzata di prefusione della proteina Spike del coronavirus.  
Questo siero dovrebbe simulare un’infezione naturale, stimolando una risposta più potente da parte dell’organismo e la produzione degli anticorpi.
Inoltre, rispetto ai vaccini tradizionali, quelli che utilizzano gli mRNA sono più rapidi nella loro azione e meno costosi da produrre, caratteristica fondamentale visti i tempi ristretti della ricerca.

Cosa accadrà?


Secondo Juan Andres, direttore delle operazioni tecniche e del controllo qualità presso Moderna, l’azienda “ha fatto uno sforzo immane, da record, per sintetizzare il vaccino” .
Dal sequenziamento del genoma virale sono infatti trascorsi circa 42 giorni e se il trial andasse a buon fine, sarebbe un traguardo incredibile.
I risultati, tuttavia, si avranno tra agosto e luglio, e in caso di riuscita ci vorranno mesi prima che il vaccino possa essere prodotto in massa.


Nei giorni scorsi, altre nazioni si sono prodigate nella ricerca di un modo per contrastare il Covid-19.
La
Cina ha dichiarato di aver iniziato a testare un vaccino sugli animali, mentre l’Australia ha terminato la fase di sperimentazione in laboratorio e sta per procedere nella stessa direzione.
In attesa di altre notizie dal mondo, ricordiamo ai nostri lettori di attenersi alle direttive del ministero e alle fonti di informazione ufficiali, senza cedere alle facili lusinghe della paura.

 

 

Maria Elisa Nasso

Morto Dick Leitsch, pioniere del movimento LGBT

È morto nella sua casa di Manhattan all’età di 83 anni, stroncato da un cancro al fegato con cui combatteva ormai da mesi Dick Leitsch. Giornalista e attivista statunitense, fu uno dei primi a impegnarsi nella lotta per la liberazione omosessuale e il riconoscimento dei diritti dei gay.

Nell’America degli anni 60, l’essere gay veniva considerato ancora come una vergogna da tener nascosta. Non esisteva tutela nei loro confronti, non esisteva diritto alcuno. E anche il più piccolo moto di protesta richiedeva una notevole dose di coraggio. Leitsch dimostrò tale coraggio nel 1969, con il Sip-In, uno dei primi atti di disobbedienza civile gay: ai tempi gli omosessuali non potevano essere serviti in bar e ristoranti o addirittura ne venivano allontanati, il suo atto rivoluzionario fu quello di dichiararsi pubblicamente gay e affermare di voler essere servito in quanto tale.

Gesto tanto semplice quanto allora impensabile e al contempo significativo.

Dick fu il leader della Mattachine Society, organizzazione americana a difesa dei diritti dei gay, causa per cui impegnò tutta la sua vita.

Negli ultimi mesi, in lotta con il suo male, ha ricevuto l’appoggio e l’affetto di migliaia di persone, anche l’ex presidente Barack Obama ha manifestato la sua gratitudine con una lettera, resa poi pubblica.

«Grazie per i decenni di lavoro che hanno aiutato il Paese a muoversi sulla strada dell’uguaglianza Lgbt. Il nostro viaggio come Paese dipende, come è sempre stato, dagli sforzi collettivi e persistenti di gente come te».

Benedetta Sisinni