Viceversa e… viceversa

Fonte: Shockwave Magazine – Cover album

Il 14 febbraio è uscito il quarto album in studio di Francesco Gabbani dal titolo “Viceversa” come l’omonimo singolo che ha permesso all’artista di classificarsi secondo al 70° Festival di Sanremo.

L’album prodotto da BMG RIGHTS AND MANAGEMENT contiene 9 tracce tra cui il successo sanremese “Viceversa”, il brano dal ritmo estivo “E’ un’altra cosa rilasciato come singolo a maggio, e il brano Duemiladiciannove” lanciato per volontà del cantautore sui social a novembre.

Andiamo a scoprire più da vicino l’ultima fatica discografica del cantautore carrarese che dopo una lunga gavetta nel mondo della musica è emerso da cinque anni a questa parte nel panorama del pop italiano.

Fonte: Gogo Magazine – esibizione a Sanremo 2020

Sicuramente l’ascolto della title track “Viceversa”, che anche se recentissima si prepara ad essere annoverata tra le ballate romantiche della musica italiana, ci induce a pensare ad un cambio di rotta del cantautore, sia a livello di testo che di musica.

Gli arrangiamenti del brano portano la firma di Matthew Sheeran (fratello di Ed Sheeran). A livello sonoro in questa traccia non sono presenti sintetizzatori (spesso utilizzati da Gabbani nei precedenti dischi “Eternamente ora, 2016”  e “Magellano, 2017” ) ma abbiamo il classico accompagnamento al piano nella prima strofa e il predominio del basso nella seconda. La novità che potrebbe trarci in inganno e far pensare ad un cambio di stile di Gabbani è visibile a livello testuale. Il cantautore qui abbandona la critica sociale, l’ironia e “la profonda leggerezza” che lo contraddistinguono nei testi per mostrare, attraverso una canzone d’amore, una versione più introspettiva di sé giocando all’interno del verso tra concetti, parole e loro contrari: “up con un po’ di down, silenzio rotto per un grande sound”.

Fonte: Wikipedia.org – videoclip brano Viceversa

 

Ad aprire l’album troviamo il pezzo “Einstein”. In questo brano, come è tipico nella cifra stilistica di Gabbani, ciò che non viene trascurata è l’orecchiabilità. Sono presenti variazioni di strofe, tuttavia troviamo un sound semplice. In questo caso il titolo sta sul pezzo: Gabbani riprende la “teoria della relatività” del fisico Einstein per affermare che nella vita è quasi impossibile avere punti fermi e costanti ed aspirare alla coerenza. Nel ritornello l’artista simpaticamente immagina un dialogo tra lui e Einstein stesso che quasi come in una apparizione religiosa compare sul muro della sua stanza ad interrogarlo: “Einstein che mi dice tutto è relativo, il tuo punto fermo non è alcun motivo”. Notevoli i riferimenti all’attualità, a personaggi, film e programmi televisivi che sono diventati trend topic nella vita di tutti i giorni lanciati nel testo quasi come nonsense.

Rimanendo sempre nel “Gabbani style”, non poteva certamente mancare il brano quasi da pista, quello tra i papabili a diventare uno dei tormentoni dell’estate 2020. Stiamo parlando de “Il sudore ci appiccica”. Brano in cui non a caso l’artista cita all’inizio di ogni strofa – a mo’ di preposizione semplice – il diminutivo del suo nome. Sicuramente è uno dei pezzi più forti dell’album.

Non vi svelo altro. Ascoltatelo!

Cinesi è il quarto brano dell’album. Il testo, a differenza di quello che si può immaginare, non fa alcun riferimento a Mao, comunismo, contraffazione o ancor di più a Corona Virus. Il titolo non ci azzecca niente col pezzo, l’artista stesso ha affermato che è stato affibbiato alla canzone in via sperimentale al momento della registrazione. Cinesi parla del coraggio di una coppia di rimanere autentica e in pace con sé stessa in una società in cui il vestito catalizza ancora l’attenzione, una società in cui ancora ciò che conta è l’immagine che di noi stessi riusciamo a proiettare agli altri e l’essere sempre in tendenza nonostante tutto cambi ma in fondo rimane sempre uguale.

A Cinesi segue Shambola, anche questo possibile pezzo da pista. Dal ritornello latineggiante che farebbe subito muovere il bacino anche ai più pigri, il brano è uno dei più radiofonici dell’intero album e al pari de “Il sudore ci appiccica” sembra prestarsi benissimo a diventare hit estiva.

Fonte:La Voce Apuana – videoclip del singolo Duemiladiciannove

Seguono Duemiladiciannove, in cui l’artista ironizza su ciò che ha fatto tendenza nell’anno appena concluso con un originale videoclip pieno di personaggi anche trash, e poi “E’ un’altra cosa” tormentone estivo del 2019.

Fonte: Nuove Canzoni – singolo E’ un’altra cosa

Il Gabbani più cantautore lo si intravede in Bomba Pacifista, che presenta un testo criptico alla Battiato, al quale l’artista sembra spesso ispirarsi.  Chiude l’album la romantica Cancellami, diversa dalle altre, ma che a tratti pare riprendere le origini della sua carriera, ovvero l’album d’esordio Greitist Iz (2014) .

Insomma, in Viceversa non manca proprio nulla.

Ogni brano presenta strofe, ritornelli e bridge sempre orecchiabili ma mai banali, quasi come se il cantautore si ispirasse a Rino Gaetano. Nove tracce con testi profondi e attuali, in cui Gabbani abbandona la critica sociale dei precedenti album per raccontare una versione più introspettiva di sé (si chiama anche in causa in qualche brano).

Un racconto, attraverso questi nove brani, di come egli stesso si pone in rapporto con la collettività: questo sembra essere il filo conduttore di Viceversa.

Ilenia Rocca

 

 

Film, serieTV, dischi, libri: le migliori uscite del 2018. La nostra selezione

La casa di carta, la ragazza con la leica, Freddie Mercury sul palco del live AID, Lady Gaga in veste di attrice e l’ex Beatle Paul McCartney.

12 redattori di UniVersoMe scelgono un disco, un film o un libro uscito nel 2018. La nostra selezione tra perle e grandi successi di pubblico.

 

 

BRANDI CARLILE – BY THE WAY I FORGIVE YOU

“By the way I forgive you” non è solo il titolo è il messaggio di fondo di questo album, per spiegarlo con le parole di Brandi “We chose to talk about finding a way to fundamentally forgive and accept life for being fucking hard.” . L’empatia ci rende umani ed è ciò che più serve oggi. I testi scritti dalla stessa Carlile e i gemelli Hanseroth sono caratterizzati da grazia, sensibilità e schiettezza e affrontano la dipendenza, le dinamiche familiari, la politica, l’identità ed il bullismo. La musica eleva la delicatezza dei testi, le chitarre vengono suonate con forza nei momenti necessari, accentuate dalla presenza dell’orchestra. Le canzoni si estendono fra una vasta gamma di stili e suoni, dalla grandiosità orchestrale di “The Joke” che ricorda la sua canzone più famosa “The Story”, al pop-folk di “Hold Out Your Hand” misto fra canzone popolare ed inno e la straziante ballata di piano “Party of One ” (di cui suggerisco la visione del bellissimo video). La voce della Carlile, con i suoi acuti ed imperfezioni, ti entra nel cuore ancora prima che tu possa capire cosa sta cantando. Questo disco è un trionfo. Le sei nomination ai Grammy 2019, incluso uno per l’album dell’anno, rendono Brandi Carlile la più nominata dell’anno e conferiscono (finalmente) il dovuto riconoscimento mondiale che si merita. • Arianna De Arcangelis

 

BRYAN SINGER – BOHEMIAN RHAPSODY

Sicuramente il film più atteso e apprezzato di questo 2018. Il documentario su Freddie Mercury e sui Queen. Dagli esordi al successo planetario. Rami Malek, nei panni del re del rock, fa sognare, totalmente coinvolto nel suo personaggio. Un film autobiografico sincero e potente come pochi, epico, assolutamente da non perdere! • Benedetta Sisinni

 

GREG BERLANTI – TUO, SIMON

Vincitore di numerosi premi tra i quali MTV Movie & TV Awards, Teen Choice Awards e People’s Choice Awards, “Love, Simon” (in Italiano “Tuo, Simon”) è un film di genere drammatico, commedia e sentimentale uscito nelle sale cinematografiche nel 2018 e diretto da Greg Berlanti. Il film è un adattamento cinematografico del libro ”Non so chi sei, ma sono qui” di Becky Albertalli e ha come protagonista Simon, un ragazzo omosessuale che, costretto a nascondere la sua omosessualità, inizia uno scambio di email con un altro ragazzo di nome Bram. Il film tratta argomenti molto attuali come il bullismo e la paura di non venir accettati dai familiari o dagli amici perché si è ”diversi”. Nonostante la leggerezza con cui vengono trattati questi temi faccia sembrare il film adatto più ad un pubblico di adolescenti, non ne è sicuramente sconsigliata la visione anche ad una platea più adulta. Dal film: “Non l’ho detto a nessuno. Dire al mondo chi sei è abbastanza spaventoso” • Beatrice Galati

 

 PAUL MCCARTNEY – EGYPT STATION

Le note partono nel bel mezzo di un stazione affollata e arrivano dirette a un presente che appare già quasi nostalgico. Dalla ballata che apre il disco ai ritornelli trascinanti e orecchiabili la voce increspata dagli anni non allontana dal traguardo di commuovere e divertire. Paul McCartney raccoglie 16 tappe di un viaggio immaginario: il passato e il presente, l’adesione ai tempi e la straordinaria, inalterata, abilità di songwriting. Egypt Station trova la sua dimensione nell’equilibro tra forza e fragilità. • Eulalia Cambria 

 

 HELENA JANECZEK – LA RAGAZZA CON LA LEICA

La ragazza con la Leica, libro di Helena Janeczek, scrittrice tedesca naturalizzata italiana che vive proprio in Italia dal 1983, le ha garantito la vittoria del Premio Strega e del Premio Bagutta. La protagonista, Gerda Taro, è la prima fotoreporter a morire in un teatro di guerra (con precisione, durante la seconda guerra mondiale). La sua storia, narrata in questa biografia, si intreccia con quella di due uomini e una donna. Nel corso del romanzo, i loro ricordi delineano la figura di Gerda ma sono anche lo strumento grazie al quale Helena Janeczek descrive la rovina di una generazione che si è vista troncare la giovinezza a causa della Seconda Guerra Mondiale, delle persecuzioni razziali, dei genocidi su base etnica. Nell’ultimo capitolo scrive: “per ritrovare qualsiasi cosa è necessario affidarsi alla memoria, che non è altro che una forma di immaginazione”, parole che spiegano perfettamente ciò che l’autrice ha voluto trasmettere. • Susanna Galati

 

MOTTA – VIVERE O MORIRE 

Vincitore come miglior disco dell’anno dell’ambita Targa Tenco, Francesco Motta riesce a conquistare critica e pubblico tra cantautorato italiano e indie rock. Nonostante l’indie sia un genere molto apprezzato in questi anni, Motta se ne discosta dimostrando originalità e competenza tecnica. Il suono si presenta minimale, con ritmi semplici a tratti tribali, la musica avvolgente con una voce che ci fa vivere e rivivere emozioni facendo emergere immagini e sensazioni rinchiuse in ognuno di noi. • Marina Fulco

 

LA CASA DI CARTA

Una delle serie più viste quest’ anno, tutti ne hanno parlato (o ne hanno sentito parlare). Avvincente, chiacchierata, interessante, su alcuni punti criticabile, ma indubbiamente affascinante. Soprattutto per la trama intrigante e l’idea di fondo: rapinare la zecca di Stato Spagnola. Si, ma con stile! Inevitabile appassionarsi alle vicende di questa banda dove il carisma non manca, partendo dal Professore, e chiedersi chi sono davvero i buoni e chi i cattivi. Voi da che parte state? • Serena Saveria Foti 

 

ANIMALI FANTASTICI – I CRIMINI DI GRINDELWALD

L’attesissimo sequel di Animali fantastici e dove trovarli è arrivato al cinema permettendo agli appassionati di Harry Potter, e non solo, di tornare a sognare tra magia e sorprendenti colpi di scena. Tra personaggi che piacevolmente riappaiono sullo schermo e nuove comparse, la storia diventa più complessa e il finale lascia gli spettatori a bocca aperta. Non rimane che aspettare il prossimo capolavoro firmato J.K. Rowling • Federica Cannavò

 

PAOLO GIORDANO – DIVORARE IL CIELO

Dover scegliere un libro, tra i tanti che leggo, è sempre doloroso. Eppure stavolta un po’ meno. Il fulcro di questa storia sono Teresa e Bern, la loro storia e i mille modi che trova l’amore di riconoscere e lasciarsi attrarre dal proprio magnete. Allo stesso modo il lettore dovrà lasciarsi trascinare dalle parole e parole, pagine su pagine, che solo Paolo Giordano riesce a riempire, ammaliandoti. “Il corpo è il veicolo fragile e forte della loro violenta aspirazione al cielo.” • Serena Votano

 

RUPERT EVERETT- THE HAPPY PRINCE

Il soggiorno di Wilde con il compagno Douglas nel 1807, il viaggio che fece scandalo nella società del tempo. Film che prende il nome da una raccolta di racconti dello scrittore irlandese e che propone la storia vera del protagonista-autore, il giovane scrittore Oscar Wilde appunto, che oltre ad essere conosciuto per i suoi romanzi fu anche oggetto di uno scandalo a causa del suo orientamento sessuale. Egli si nascose dietro un matrimonio con una giovane donna del suo tempo ma questa grande “recita” non ottenne grandi risultati. Fu perseguitato tanto da allontanarsi dalla famiglia e finire là dove tutto per lui era buio, nelle carceri tanto odiate. Il film ha incassato in Italia al Box Office 425 mila euro e ha ottenuto una candidatura agli European Film Awards. • Dalila De Benedetto

 

 BRADLEY COOPER – A STAR IS BORN

A distanza di quarantatre anni torna nelle sale il remake di ‘A Star is Born’ con protagonisti Bradley Cooper (Jackson Maine) e Lady Gaga (Ally). Il musicista di successo Jackson Maine scopre e si innamora di Ally, una ragazza acqua e sapone con un enorme talento. Il film ha ottenuto 4 candidature ai Golden Globes e tantissime altre nomination, mentre in Italia al Box Office ha incassato nelle prime nove settimane di programmazione 6,8 milioni di euro e 228 mila euro nel primo weekend • Andrea Sangrigoli

 

NICOLÒ GOVONI – BIANCO COME DIO

Bianco come Dio è un viaggio inaspettato, non soltanto attraverso i luoghi e i tempi della narrazione, ma rappresenta la possibilità inaspettata di un viaggio fuori e dentro noi stessi. Fuori e dentro il torpore delle convenzioni sociali alle quali sono rilegate le nostre anime. Nicolò racconta, in prima persona, del viaggio che ha rivoluzionato la sua vita e quella di decine di bambini in un orfanotrofio dell’India più rurale, dove inizialmente era giunto da volonturista, ma ben presto capisce che quel viaggio che sarebbe dovuto durare pochi mesi, in realtà era la sua meta, e il sorriso di quei bambini la sua missione. Bianco come Dio non è una comune storia di volontariato, ma ti spoglia di tutte le sovrastrutture mentali, disarma dagli alibi di impotenza e ti colpisce con la più oscura e disarmante verità. Quella che non passa attraverso i media, quella che non viene rappresentata, ma quella che Nicolò, poco più che ventenne, ha deciso di vivere e raccontare. Il romanzo, partito con autopubblicazione verso il viaggio della speranza, approda in Rizzoli e diventa un caso editoriale, riuscendo così a fare da fondo per la costruzione di una biblioteca per i bambini dell’orfanotrofio. • Giusi Villa

GRAFICA DI Giulia Greco

8, il grande ritorno dei Subsonica

Il 12 ottobre è uscito il nuovo album dello storico gruppo italiano rock elettronico i Subsonica.

A distanza di quattro anni dall’uscita del precedente “Una nave nella foresta” e dopo 22 anni di carriera e sette album alle spalle, con 8 i Subsonica ritornano energici e attualissimi sia a livello di tematiche che sound.

Il numero 8 rappresenta non solo il loro ottavo disco ma anche l’infinito, ovvero un cerchio che si chiude per riaprirsi e procedere. E’ quello che rappresenta anche i Subsonica stessi, che dopo una pausa ritornano, cantando “Adesso siamo qui” nella prima traccia intitolata “Jolly Roger”. Traccia che sembra riportarci ai loro inizi, ovvero gli anni ‘90. Momento in cui sono nati e cresciuti, in un ambiente in cui la musica elettronica da underground stava diventando overground, e quindi mainstream. Il gruppo è nato come esperimento di ritmi elettronici, al quale poi sono stati aggiunti dei testi con la voce di Samuel e le parti strumentali del gruppo.

I Subsonica hanno presentato in anteprima il loro nuovo lavoro tramite dark room sparse per diverse città italiane, facendolo ascoltare ad alcuni fan lasciando la tecnologia fuori. E’ stato un modo per riappropriarsi di un momento sacro, ovvero di quando si scartava un vinile e lo si ascoltava in silenzio. Nella loro lunga carriera, nella quale sono usciti i loro dischi migliori basti pensare a Microchip emozionale del ’99 del quale fanno parte Colpo di pistola, Discolabirinto, Tutti i miei sbagli. Contano diverse partecipazioni a Sanremo e premi tra cui l’MTV European Music Awards. Sono riusciti a stare sempre al passo con i tempi mantenendo una loro originalità e stile. 

Dopo l’uscita del loro album nel 2014 decidono di prendersi una pausa, momento in cui sono nati diversi progetti personali solisti e non, decisivi per questo nuovo lavoro nel quale decidono di raccontare di sé e della loro storia. Unica collaborazione musicale del disco è con Willie Peyote, cantautore molto stimato dal gruppo e con il quale vi è una forte sintonia, “L’incubo” infatti risulta forse una delle migliori del disco. Ci si trova davanti l’incertezza sul fare un passo verso l’ignoto necessario per dare vita alle proprie aspirazioni.

Riescono nonostante la leggerezza, ad essere un gruppo che porta avanti temi attuali ed impegnati, restando sempre nelle sottigliezze. Noto nel secondo singolo “Punto Critico”, brano provocatorio nel quale si parla della impreparazione davanti ad un mondo ormai andato avanti fatto di nuove tecnologie e problemi globali. Bottiglie rotte” è stato il loro singolo ufficiale, il quale parla la superficialità e l’incapacità di ascoltare comuni nel mondo di oggi. Le Onde” rappresenta un tributo al loro carissimo amico e maestro di tecniche di registrazione Carlo Rossi, deceduto nel 2015 a seguito di un incidente. Carlo Rossi è stato un riferimento per la musica torinese e italiana. Con “La bontà” i Subsonica chiudono il loro disco con l’interrogativo “A cosa serve la bontà?” lasciandoci senza una risposta chiara, ma che ci fa riflettere.

8 rappresenta un disco che non si è dimenticato del passato ma che ha l’occhio puntato sul presente, sulla realtà che lo circonda ma come ogni altro, proiettato verso il futuro. Riescono a distinguersi e ad essere un gradino più in alto rispetto a molte produzioni italiane, nonostante questo non rappresenti il loro disco migliore. I Subsonica puntano ad essere una luce nell’oscurità, quella che ci fa resistere in un mondo pesante, fatto di notizie strazianti e che vorremmo cancellare. Per questo non bisogna dimenticare la realtà, ma cercare di viverla con leggerezza ed entusiasmo nonostante tutto.

Marina Fulco

“90MIN” di applausi per Salmo

Il cantante rapper Salmo torna nello scenario musicale con il suo nuovo singolo “90 Min” che prepotentemente conquista il podio delle principali classifiche italiane. Il 34enne sardo appare nuovamente dopo due anni dall’ultimo album “Hellvisback” e non delude le aspettative dei suoi fans. Il nuovo singolo, uscito il 21 Settembre, ottiene immediatamente grande successo e già il giorno seguente il cantante stesso scrive su Instagram: “Con oltre 1 milione di streaming in 24h, 90MIN si piazza al primo posto della classifica iTunes, Spotify e Apple Music, battendo così il record italiano di ascolti nelle prime ore dall’uscita“.

 

 

Il singolo, che è già disco d’oro, descrive la società italiana contemporanea nell’inconfondibile stile sarcastico che è caratteristico della maggior parte della sua produzione musicale. Il flow è incalzante e le rime potentissime evidenziano le innumerevoli contraddizioni che il rapper canta nel nuovo singolo. I temi rispecchiano la situazione italiana attuale, Salmo prende in considerazione la chiesa, lo stato, il fenomeno dell’immigrazione, l’informazione, nulla sfugge alle rime del cantante. “Prego sedetevi comodi, sta cominciando lo show” recita il ritornello. Di fatto “90MIN” fa parte di uno “show” ancora più grande rappresentato dal nuovo album “Playlist” in uscita il 9 Novembre, atteso con ansia da tutti i fans. In qualunque caso, tenendo in considerazione ciò che finora abbiamo ascoltato non ci resta che dire che i “90 minuti di applausi” sono tutti meritati.

 

Federica Cannavò 

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Fabri Fibra e l’ultimo album “Fenomeno”

Il rapper, classe 1976, nato a Senigallia il 17 Ottobre,  anche questa volta non ha deluso le aspettative. C’è chi lo ricorda da “Applausi per Fibra” nel lontano 2006, chi invece ha scoperto questo “fenomeno” solo recentemente.

Ebbene oltre ad essere un successo divenuto pure doppio disco di platino, l’album ci racconta fondamentalmente due esperienze che hanno caratterizzato la vita di Fabri Fibra: l’evoluzione del rap negli ultimi 10 anni ed il difficile rapporto con la sua famiglia.

Iniziamo subito evidenziando il fatto che Fabri Fibra ha contribuito pienamente a rendere il rap il fenomeno sociale che è adesso; e con questo album risponde anche a tutti quelli che lo credevano finito. Nella seconda traccia, intitolata “Red Carpet”, parla di come una volta fosse molto più difficile raggiungere una certa importanza nell’industria musicale, specie nel rap. A oggi “tutti fanno il rap” e “sognano il red carpet”. 

Quando Fibra entrò all’Universal si portò con sé il fratellino Nesli, già prima dell’approdo in Major, e furono una fantastica coppia soprannominati come i “Fratelli bandiera.” Tra il 2009  e il 2010 però finirono per litigare per dei problemi legati alla musica e sul come farla.

Fibra, oltre ad essere molto conscious, è un abile provocatore nei suoi brani, cosa che in particolar modo Nesli non ha apprezzato. Così facendo, le strade dei fratelli si sono separate. Fibra ha sempre mantenuto il silenzio in merito alla faccenda ma ecco che in “ Nessun Aiuto “,  sedicesima traccia dell’album Fenomeno, tratta il tema del loro rapporto nel corso degli anni in maniera del tutto inedita e senza veli. Se pensiamo che Fibra non possa essere ancora più storyteller ci sbagliamo di grosso con “Ringrazio”. Oltre ad essere uno dei titoli più azzeccati per un outro, il brano espone come il suo difficilissimo rapporto con la madre abbia influito pesantemente nel carattere del rapper:

“Soffro di claustrofobia appena parlo di mia madre”. “Mi sento solo e ringrazio mia madre, la notte sogno che ammazzo mia madre.”

Di certo Fibra non sarà esente da colpe ma si potrebbe mai arrivare al punto di odiare nostra madre – colei che ci ha dato la vita – fino a volerla vedere dentro una bara?

https://www.youtube.com/watch?v=vVuA_ardoxo&app=desktop

Francesco Lui 

Sputnik: Luca Carboni incontra la generazione itpop

Il mondo aspetta una grande festa/ una bomba nucleare./ E noi che ce ne andiamo al mare/ ce ne andiamo al mare

Una navicella spaziale orbita su un pianeta terra occupato da icone pop e dinosauri. L’estate della riviera romagnola si trasferisce in un villaggio vacanze lunare tra ombrelloni, sedie a sdraio, tintarelle ai raggi x e alienazione. La copertina dell’ultima uscita discografica di Luca Carboni (che lui stesso ha disegnato), Sputnik, riproduce le dissonanze contenute nelle nove tracce dell’album. L’immagine rimanda a quella di un LP dei Supertramp del 1975, Crisis? What Crisis?, in cui un ombrellone piantato sul terreno di un paesaggio industriale, nei fumi delle fabbriche, stacca con ironia il piano da una prospettiva edonistica di “grande festa”. Allo stesso modo, in uno spazio di bombe-pop e ristagnanti umori post apocalittici, si apre il disco del cantautore bolognese. Il tema di una giostra perenne e divertimento da cogliere a tutti i costi è cifra caratterizzante di quest’epoca lontana da porti sicuri e incerta sul presente. L’incontro tra il nuovo cantautorato “indie” e il cantore di malinconie anni ’80-‘90 fa di Sputnik un disco che ha l’occhio rivolto all’oggi: la partenza, i figli, l’amore digitale. Ma c’è anche un legame stretto con quel linguaggio che ha attratto le nuove schiere di musicisti che hanno riconosciuto in Luca Carboni l’artista a cui più di tutti gli altri accostarsi.

L’album si presenta quindi come un esperimento collettivo, risultato dalla confluenza di voci diverse del panorama itpop.  Uscito a distanza di tre anni dal precedente Pop Up (2015) e prodotto da Michele Canova Iorfida (che ha collaborato all’intera discografia di Tiziano Ferro, circostanza che emerge qua e là in diversi momenti). Alla stesura dei brani, insieme a Carboni, hanno preso parte Calcutta (Io non voglio), Flavio Pardini, in arte Gazzelle (L’alba), Giorgio Poi (Prima di partire). Ancora più del predecessore, Sputnik va in direzione di un’elettronica trascinante e ballabile che utilizza synth e tastiere. Il titolo è tratto dal nome del satellite russo a forma di CD Sputnik 1 lanciato nel 1957: “sono cresciuto durante la guerra fredda”, ha dichiarato il cantautore, “lo sputnik aveva una forma affascinate. E Yuri Gagarin, primo uomo nello spazio, diceva che la terra vista da lassù era bellissima. Questo disco è la mia vista dall’alto”.  La freschezza della trama sonora è però toccata nei testi da un senso di decisa difficoltà esistenziale.

Lo sguardo è rivolto alla new wave anni ’80 in un’operazione che strizza l’occhio al tormentone estivo con atteggiamento canzonatorio e aperto insieme al nuovo. Luca Carboni, nel suo tredicesimo album in studio, fa a meno degli strumenti privilegiando suoni campionati. La vivace atmosfera di festa godereccia, come risulta dal singolo pubblicato in anteprima, Una grande festa, attraversa punte di malinconia, “parlare della sfiga proprio non si può/ il dolore e l’ingiustizia non brillano neanche un po’”. Alla esplosiva traccia di apertura segue, 2, inno della vita di coppia, con le sue gioie, ma anche coi suoi momenti di dolore “mi dai capricci e miracoli/ mi dai l’amore a modo tuo”. In amore digitale, scritta insieme ad Alessandro Raina, è l’antenna del wi-fi a stemperare la solitudine, “l’amore c’è ma non si vede/ è più veloce”. Tra i pezzi più riusciti del disco Ogni cosa che tu guardi ha una linea melodica pop che si riveste di un refrain corale. I ricordi del muro e di Alexanderplatz (celebri quelli cantati dall’amico Franco Battiato, con cui Carboni ha inciso qualche anno fa una cover di Silvia lo sai) affiorano ne I film d’amore. Di impatto electro L’alba affronta il tema dei figli che viaggiano per cercare un futuro migliore: “ e vanno giù e tornano giù tra le password e i segreti”. La title track posta alla fine del disco recupera pacatezza e tono confidenziale, prolungandosi per 4 minuti di soffusa e intima confessione. Sputnik si muove così a metà strada tra la piena maturazione autoriale e l’avvicinamento a un universo composto di nuovi elementi: l’astronave che sorvola uno spazio pieno di contraddizioni porta a bordo chi negli anni ’80 era appena nato o doveva ancora nascere. E Carboni ancora ci ricorda, con un lavoro che convince, lieve ma riflessivo al contempo, che “gli esseri umani sono tristi per natura, ma il pop è qui per dimostrarci che non è poi così dura” (Una grande festa).

Eulalia Cambria

“Maledette rockstar” dei Maisie. L’intervista alla band cult messinese

Se abbiamo atteso più di tre mesi dall’uscita ufficiale per parlare del nuovo disco doppio dei Maisie la ragione ha anche a che fare con quella disposizione oculata all’ascolto della quale alcune opere, più di altre, necessitano. 

Del resto, la band nata a Messina negli anni ’90, grazie all’estro di Cinzia La Fauci e Alberto Scotti, legati artisticamente fin da quando insieme bazzicavano le aule della facoltà di Lettere, ha lasciato passare un discreto numero di anni prima di presentare finalmente il seguito di Balera Metropolitana (2009).

Maledette rockstar affida alla beffa e alla provocazione una chiave che assume forma palpabile nella sua stessa intelaiatura: 148 minuti di musica diluiti in 31 canzoni infarcite di influenze nate dalla collaborazione con un eclettico collettivo di musicisti (settanta) di estrazione ed esperienze diverse. Le intenzioni appaiono in quest’ottica cristalline: prendersi gioco e osteggiare le abitudini superficiali che oggi infuriano nell’ascoltatore distratto. Al lungo arco di tempo, in pratica quasi decennale, che c’è voluto per trovare la fisionomia definitiva, all’esigenza di smussare, rifinire con perizia ossessiva e rivedere e mettere in discussione ogni dettaglio, alle sottili limature e cesellamenti per arrivare a definire un lavoro ricco e praticamente onnivoro che trasborda, fino all’eccesso, di temi e riferimenti, fa da parallelo l’insofferenza nei confronti della catastrofica eclissi dei modelli di riferimento e delle icone nella moderna società capitalista 2.0 (si vedano “Un programma politico sintetico, inefficace ma divertente”, “Ammazza il corvaccio”, “Folkpolitik”). E così, attraversando l’Italia, ci si ritrova al cospetto di una schiera di bislacchi personaggi caricaturali che mettono in scena asfissianti luoghi comuni, figure del divino stravolte e per finire citazioni e richiami costanti, ovviamente rielaborati, alla musica italiana (basti scorrere i titoli: “Dio è morto” “Vincenzina e il call center” la canzone di Marinella”).

Com’è bello il mondo nuovo che stiamo costruendo (…) Un mondo senza conflitti sociali né noiosi dubbi esistenziali

 

Distribuito da Audioglobe per la storica etichetta indipendente Snowdonia, fondata come fanzine negli anni ’80 e gestita da Cinzia e Alberto, prodotto da La Zona, la title track è accompagnata da un video realizzato dal collettivo messinese La Maladolescenza. Il duo, che è il nucleo fondatore, si è allargato nel corso degli anni fino a comprendere, nella formazione attuale, 15 musicisti oltre a 60 ospiti che hanno collaborato, come si è detto, alle canzoni del disco.

 

Per meglio raccontare l’avventura dei Maisie, nonché la lunga realizzazione di Maledette rockstar, abbiamo domandato alcune cose a Cinzia La Fauci e al produttore Emiliano Rubbi.

 

I Maisie sono una band che non può essere accostata a un retroterra agganciato alla provincia, ma per la complessità e molteplicità di moduli stilistici si collega a una dimensione che va fuori dai limiti angusti di qualsiasi geolocalizzazione, eppure la vostra storia è partita proprio da questa città. Cinzia, ti va di narrarci come e quando ha preso vita l’idea di avviare questa collaborazione con Alberto? Che opportunità offriva Messina a due ragazzi che volevano ritagliarsi uno spazio originale e assolutamente personale nel mondo della musica?

Amo moltissimo la mia città, i paesaggi, il clima, il mare e so che posso dirti che la stessa cosa vale per Alberto. Siamo assolutamente messinesi nell’anima, NEL MODO DI CUCINARE, NEL MODO DI SCHERZARE e anche le caratteristiche del messinese che non ci sono proprie, le conosciamo e, affettuosamente, le riconosciamo come tipiche. Ma, premesso questo, Messina culla per la musica dei Maisie e per la Snowdonia, lo è stata in senso trasversale. Ovvero: probabilmente, se ci fosse stata una grande e bella offerta musicale, culturale e artistica nella nostra città, negli anni novanta, saremmo stati felici di fruirne come utenti/ascoltatori/spettatori e, forse, non avremmo creato la Snowdonia dischi nella cui prima pubblicazione antologica riunimmo tutti i musicisti strani, sperimentali, d’avanguardia allora presenti in Italia e con la quale, insieme a un’etichetta francese, pubblicammo il primo disco dei Maisie.
Il fatto che non ci fosse una cosa che ci soddisfacesse o che ci stimolasse in modo non canonico e originale, ci ha spinto a crearcela e a farla come desideravamo fosse: strana, sperimentale, bizzarra, impavida.
Una cosa simile mi ha detto, una ventina di anni fa, il direttore di una nota rivista musicale: “Se in una città di provincia ci fossero stati molti concerti belli da vedere e luoghi interessanti da frequentare, probabilmente non esisterebbe il mio giornale.”
Ci siamo trovati a condividere questa sensazione: la provincia, rispetto alla metropoli, ha dei lati negativi e dei limiti, ma alla fine, se hai creatività e fermento interiore, questo ti spinge a costruire. Abbiamo uno spirito avventuroso, eravamo e siamo grandi ascoltatori di musica e grandi mangiatori di “menze con panna e brioscia”!

 

Due canzoni in particolare, le differenti versioni di N.79 – Istituto Marino (via Ortopedico) – dove c’è anche la presenza del cantautore Mario Castelnuovo – contenute nell’album Balera Metropolitana, evocano e mostrano anche chiari riferimenti (la linea autobus N.79 che porta a Ganzirri) a scenari dello stretto. Che cosa raccontano?

Il messinese pendolare sui bus ATM, proveniente dalla zona nord di Messina, sa benissimo cosa sia il 79 via ortopedico. È uno dei due bus che ti portano dalla stazione a Ganzirri (l’altro è 79 via pantano). Innanzitutto per me (Cinzia) è sempre stato uno dei tour più belli che potessi far fare agli amici che venivano da fuori: prendere il 79 al duomo, fare tutta la litoranea, godendosi il mare e lo stretto e, finale fantastico, il giro del lago! Insieme alla traghettata, è stato il mio concetto di mini crociera messinese sui mezzi pubblici :-).

La storia narrata nella canzone è quella di un manovale che prende l’autobus 79 non per andare al mare e nemmeno per godersi il paesaggio, ma per andare a lavorare, prendendolo ogni giorno, avanti e indietro, cosa che fanno in tanti a Messina. Ma in verità lui bada con attenzione al paesaggio, alle persone e soffre di non potersi soffermare, di non poterne godere, di non poter sentire davvero l’odore e la lentezza della natura che lo circonda. È un artista che fa il manovale per necessità, perché nella nostra epoca è difficile vivere della propria arte e, dice la canzone, sarebbe bello se gli strumenti ci facessero campare e potessimo cantare di questo mare.

In Maledette rockstar e in dischi precedenti, almeno a partire dal bellissimo Morte a 33 giri, una menzione specialissima va rivolta alla straordinaria versatilità delle voci femminili, uno degli elementi che danno una forte identità all’album. Come si è svolta la tua collaborazione con Carmen D’Onofrio?

È verissimo che le voci sono una delle cose alla quale dedichiamo più tempo, passione e cura. Io e Alberto siamo innamorati della melodia, dei giochi vocali, dei cori, dei controcanti e anche delle belle voci, non solo in senso tecnico ma anche e soprattutto espressivo. E se progetti una struttura complessa, devi poi farla suonare bene e al tempo stesso leggera. Non deve sentirsi “fatica” nel risultato, perché altrimenti poi si avverte nell’ascolto: devono avvertirsi gioia e bellezza. L’entrata di Carmen nel gruppo è stata assolutamente inattesa e gioiosa: eravamo in studio a Napoli per registrare Morte a 33 giri e Carmen era la fidanzata del fonico, all’epoca. Mentre cantavo e preparavo le voci, Carmen, che è molto espansiva, nonché cantante molto brava tecnicamente, si prodigava con gioia a darmi consigli sulle voci e sui cori. A quel punto, visto che, mentre provava, mi piaceva tantissimo come cantava e come venivano le canzoni, immediatamente, io e Alberto, abbiamo pensato di invitarla a cantare con me nel disco. Abbiamo diviso le canzoni, le parti, ed è nata la collaborazione. Poi proseguita davvero con grande entusiasmo e impegno: Carmen, insieme a me ed Alberto, è stata sempre presente, con energia, entusiasmo e impegno, mettendo davvero anima e sangue nei Maisie. Come me, per cantare nei nostri dischi, è partita, ha preso aerei, treni, ha viaggiato tantissime volte e insieme abbiamo lavorato anche 12/15 ore al giorno per finire le canzoni e farle suonare come volevamo che fossero.

Insieme ad Alberto gestite da anni anche un’etichetta, Snowdonia, che oramai da decenni costituisce un punto di riferimento riconosciuto e di spessore per la musica indipendente in Italia. Puoi dirci brevemente la sua storia e quali sono gli artisti che ha ospitato?

Come ti dicevo prima, Snowdonia è nata anche grazie a Messina 🙂
Volevamo uno luogo dove poter ospitare le diverse energie belle che circolavano in Italia, le nostre e quelle di tanti ottimi gruppi italiani: in quel periodo tanti dicevano che in Italia non succedeva nulla e noi, ascoltatori attenti nonché giovani esploratori, sapevamo che non era veramente così.
Si dovevano solo unire i puntini tra le diverse realtà sparse per la penisola, perché l’uno conoscesse l’altro!! Allora nel 1997, contattammo una ventina di gruppi d’avanguardia, free jazz, sperimentali, bislacchi, elettronici che conoscevamo per vie traverse, e mandammo agli uni la cassetta degli altri, facendoli conoscere e, infine chiedemmo ad ognuno un brano inedito, che pubblicammo in un’antologia, “Orchestre meccaniche italiane”.
Era l’attestazione di esistenza di una scena e poi divenne l’atto di nascita e rinascita di una nuova scena italiana. Mandai, con grandissima faccia di suola, la compilation a grandissimi musicisti internazionali, tra cui John Zorn, nonchè ai migliori giornali di musica: Rockerilla, Rumore, Mucchio Selvaggio e il neo nato Blow up. Non volevo una recensione partigiana sulla Gazzetta del Sud o qualcuno che dicesse “bravi e giovani artisti emergenti”, volevo un serio giudizio sulla musica da chi si intendeva davvero di musica. Anche una stroncatura, ma da chi davvero ascoltava musica. Non sapevamo come sarebbe andata, ma le risposte furono, fin dal primo disco, entusiastiche.
Pensa che John Zorn mi telefonò a casa da New York per farci i complimenti e per proporci la produzione di uno dei musicisti della nostra compilation, Sprut. Di fatto, è storia: il primo musicista italiano mai pubblicato per la prestigiosa Tzadik di New York è proprio Sprut!
I musicisti con cui abbiamo collaborato negli anni sono numerosissimi e di diversissime estrazioni musicali e nazionalità: Arto Lindsay, Otomo Yoshihide, Trumans Water, Nick Didowsky, Roy Paci, Gianni Gebbia, Fred Casadei, Stefania Pedretti, Bugo, Bruno Dorella, Flavio Giurato, Amy Denio, Mario Castelnuovo, Franck Chicken, Giovanni Lindo Ferretti… già solo nel disco dei Maisie appena uscito abbiamo collaborato con ben 70 musicisti, tra i quali: Alvaro Fella (Jumbo), Claudio Lugo (Picchio dal pozzo), Maurizio Di Tollo (Finisterre, Distillerie di Malto, Moongarden, Maschera di Cera, Hostsonaten), Stefano Agnini (la Coscienza di Zeno, La curva di Lesmo, Il cerchio medianico), Marco Bertoni e Lucio Ardito (Confusional Quartet), Piotta, Simon Balestrazzi (T.A.C.), Antonio Gramentieri (Sacri Cuori), Ausonio Calò (Le Masque), Vittorio Nistri (Deadburger), Claudio Milano (NichelOdeon), Diego Palazzo (Egokid), Dario D’Alessandro (Homunculus res), Domenico Salamone (Airfish), Dino Draghen e Prete Criminale (Klippa Kloppa), Manitù Rossi (Le Forbici di Manitù), Andrea Lovito (Ance), Zap Zappis (3chevedonoilrE) e tanti, tanti altri. Che non si dica però che non suoniamo con i messinesi: in questo disco suona con noi anche un musicista nostro concittadino, Massimiliano Raffa (Johann Sebastian Punk).

 

Emiliano, come ha preso avvio la tua collaborazione con Alberto e Cinzia? Cosa ti ha spinto a finire nelle maglie un’operazione discografica articolata e folle come quella dei Maisie?

Allora, è andata così: Alberto scrisse su Facebook che cercava qualcuno che gli mixasse il disco. Io lo seguivo da tempo e apprezzavo molto i Maisie, così mi sono proposto. Poi, diciamo, non mi sono limitato ai mix, mi sono allargato un po’, e la nostra collaborazione è partita da lì. Per quanto riguarda cosa mi ha spinto, direi le loro canzoni. Li ho sempre trovati geniali, brillanti, mi faceva piacere essere parte del loro nuovo album. E Alberto e Cinzia sono persone splendide, collaborare con loro è stato divertente e stimolante da tutti i punti di vista.

 

Image credits:

 

  1. Illustrazione di Manfredi Criminale ispirata alla “Donna Pesce”, una delle canzoni del disco, contenuta nel libretto di 56 pagine
  2. Disegno di Sonia La Fauci realizzato per l’album Bacharach for president, Bruno Maderna Superstar! (2003) dei Maisie

 

Eulalia Cambria