Italia, AIFA rende gratuite le pillole anticoncezionale e anti HIV


Solo pochi giorni fa, il Comitato prezzi e rimborsi (cpr) dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) ha approvato la decisione di rendere gratuita la pillola anticoncezionale orale per tutte le donne, senza distinzione di età e di provenienza. Infatti, fino ad oggi, solo alcune Regioni si erano fatte carico autonomamente del rimborso della pillola: tra queste, Emilia-Romagna, Toscana, Puglia, Lazio e Piemonte.

Non solo: anche la pillola PreP, la Profilassi Pre-Esposizione, utile per contrastare l’HIV, sarà rimborsata al 100% da tutte le regioni italiane.

Sede dell’Agenzia italiana del farmaco. Fonte: Ansa

L’anticoncezionale: perché è importante renderlo gratuito

Come si tratta la Covid-19: facciamo il punto

Le ultime buone nuove riguardano non solo l’arrivo imminente del vaccino Johnson&Johnson e l’efficacia del vaccino Pfizer-Biontech contro le varianti del coronavirus, ma ci sono novità anche sulla terapia della Covid-19. In questo ambito, l’inizio dell’utilizzo degli anticorpi monoclonali è un passo avanti per il nostro paese, ma un’ottima notizia viene da una ricerca pubblicata su Cell Death & Disease che mostra come l’inibizione della ligasi HECT-E3 possa essere una potenziale terapia per la Covid-19.
Analizziamo insieme questa scoperta, per poi fare un quadro sulle attuali terapie consigliate in Italia da linee guida.

Cosa sono le ligasi HECT-E3?

Le ligasi per definizione sono degli enzimi che si occupano di catalizzare delle reazioni di legame tra due molecole, spesso accompagnate dall’idrolisi di ATP. Diversi studi in passato hanno dimostrato una relazione tra diversi virus, fra cui Ebola, e le ligasi appartenenti alla famiglia HECT-E3. Queste sono sfruttate dai patogeni per stimolare il rilascio di particelle virali mature e favorirne l’endocitosi tramite ubiquitinazione.

Da ciò è nata l’idea di studiare se questa relazione fosse presente anche con SARS-CoV-2.

Inizialmente gli studiosi hanno analizzato l’espressione di nove proteine della famiglia HECT in 37 pazienti positivi al tampone molecolare con sintomi severi e 25 soggetti negativi. Si è dimostrata così l’over-espressione di questi enzimi nel primo gruppo rispetto al gruppo di controllo.

Da qui l’ipotesi che un inibitore di questi enzimi, I3C (indolo-3-carbinolo), potesse essere utilizzato come farmaco antivirale per il trattamento dei pazienti Covid-19. La conferma positiva è arrivata dagli studi in vitro: in cellule trattate con I3C dopo infezione da SARS-CoV-2 gli effetti citopatici del virus sono ridotti del 60% rispetto a quelle trattate in maniera standard.

Un altro possibile antivirale: la niclosamide

La niclosamide è un farmaco anti-elmintico utilizzato nelle infezioni parassitarie intestinali fin dagli anni ’70. Secondo uno studio congiunto condotto da ricercatori del King College di Londra e dell’Università di Trieste la niclosamide agirebbe come antivirale a più livelli. Inibirebbe l’autofagia, la replicazione virale stessa e l’endocitosi recettore-mediata del virus, come potete vedere dalla seguente immagine.

(a) Struttura di SARS-CoV-2
(b) Meccanismi d’azione plausibili della niclosamide Fonte: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32361588/#&gid=article-figures&pid=fig-1-uid-0

Così è partito uno studio in India per verificare la reale efficacia di questo farmaco nella terapia della Covid-19, ma non ci sono ancora risultati.

Terapia della Covid-19: cosa dice l’AIFA al momento?

La notizia di I3C, per quanto possa essere incoraggiante, va sicuramente presa con le pinze trattandosi di uno studio che ha dimostrato efficacia solo in vitro. Ed anche per la niclosamide ci sarà bisogno di più tempo.

Analizziamo quali sono le linee guida che l’Agenzia Italiana del Farmaco ha approvato per la cura della Covid-19, sia in ambito domiciliare che ospedaliero. Fermo restando che alla notizia di positività la prima cosa da fare è consultare il proprio medico di medicina generale e sarà lui a consigliare se intraprendere una terapia e quali farmaci usare.

Positivo asintomatico

Non fatevi plagiare dalle storie che raccontano i Vip in TV o sui social. Se siete risultati positivi al tampone, ma non avete alcun sintomo, allora non dovete assolutamente intraprendere nessun tipo di terapia.

Caso con sintomi lievi

In questa categoria rientrano pazienti con febbricola e sintomi leggeri attribuibili alla Covid-19 (tosse, congestione nasale, anosmia, mialgie, ecc.). Non devono però mostrare alcun segno di dispnea, disidratazione e alterazione dello stato di coscienza. La terapia è sintomatica: paracetamolo o FANS per la febbre e i dolori artro-muscolari, corretta idratazione ed alimentazione, senza interrompere mai eventuali terapie croniche. L’uso dei corticosteroidi, tanto agognato dagli “esperti” sui social, può essere considerato solo in caso di rapido peggioramento dei sintomi e/o dei valori di saturazione di ossigeno tali da richiedere ossigenoterapia (clicca qui per informazioni più approfondite sul cortisone).

Livelli di evidenza sui farmaci utilizzati a domicilio.
Verde: Farmaci con ruolo definito.
Giallo: utilizzabili in specifiche casistiche.
Rosso: non raccomandati.

Ambiente ospedaliero

I corticosteroidi (desametasone) sono qui il razionale su cui poggia la cura, trattandosi di pazienti che necessitano di ossigenoterapia, con o senza ventilazione meccanica. È possibile associare, sempre come standard di cura, le eparine a basso peso molecolare a dosaggio profilattico per gli eventi trombo-embolici. Questo è consigliato particolarmente nei pazienti allettati e senza controindicazioni. Un eventuale aumento del dosaggio è da considerare nei casi Covid-19 gravi, valutando però sempre il rapporto rischio-beneficio nel singolo paziente.

Il remdesevir è un noto farmaco antivirale appartenente alla classe degli analoghi nucleotidici. Questo agisce interferendo con la replicazione del genoma dei virus a RNA. Un’ancora di salvezza nell’epidemia di Ebola che ha colpito il continente africano negli anni scorsi. Viste le evidenze d’azione anche sul coronavirus, l’AIFA lo ha inserito come farmaco utilizzabile in casi selezionati. E’ indirizzato a soggetti in ossigenoterapia standard (a bassi flussi) con esordio dei sintomi da meno di 10 giorni.

Le terapie immunomodulati, fra queste il Tocilizumab, un anti interleuchina-6, sono state ampiamente provate l’anno scorso in emergenza. Oggi non sono raccomandate, ma possono essere adottate nell’ambito di studi clinici.

Livelli di evidenza sull’uso dei farmaci in ambiente nocosomiale.

Per altri contenuti interessanti sulla lotta al coronavirus continuate a seguirci. Nel frattempo continuiamo a rispettare le regole sul distanziamento e sull’utilizzo delle mascherine, come facciamo da un anno a questa parte. La fine del tunnel pandemico è sempre più vicina.

Antonio Mandolfo

Bibliografia:

https://www.nature.com/articles/s41419-021-03513-1
https://www.aifa.gov.it/aggiornamento-sui-farmaci-utilizzabili-per-il-trattamento-della-malattia-covid19

AstraZeneca: facciamo il punto

AstraZeneca è un vaccino a vettore virale approvato per far fronte alla dilagante pandemia da COVID-19. Assieme agli altri vaccini proposti dalla Comunità Scientifica, si auspica che possa permettere una significativa protezione dell’intera popolazione. Sono stati numerosi i trials clinici che hanno portato alla sua immissione in commercio, confermandone l’alta sicurezza ed efficacia. Tuttavia, di recente, non pochi sono stati gli eventi che hanno suscitato allarme in merito alla somministrazione del vaccino. Di seguito verrà ripercorso l’intero iter subito dal vaccino, dalla sua approvazione all’inatteso ritiro precauzionale, per far luce sugli aspetti chiave emersi nelle ultime settimane.

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La sospensione del vaccino AstraZeneca: perché non dobbiamo avere paura

Una grande ondata di dubbi e incertezze ha travolto l’Italia dopo la decisione, presa ieri dall’Aifa, di sospendere la somministrazione del vaccino AstraZeneca per ragioni esclusivamente precauzionali. La scelta ha seguito il colloquio tra il premier Mario Draghi e il ministro della salute Roberto Speranza che si sono allineati a quanto stabilito, sempre ieri, anche da Spagna, Germania e Francia. L’Ema in queste ore è impegnata in approfondimenti e verifiche, i cui esiti potrebbero essere resi noti già da domani.

Dosi di vaccino AstraZeneca – Fonte: www.ansa.it

I decessi degli ultimi giorni

A suscitare preoccupazione sono state le notizie degli ultimi giorni. Giovedì scorso un militare palermitano di 43 anni è morto per arresto cardiaco il giorno dopo essersi sottoposto alla prima dose del vaccino. Nei giorni precedenti anche un poliziotto cinquantenne in servizio a Catania si era sentito male fino a giungere al decesso, circa 10 giorni dopo la somministrazione del vaccino. Questi due avvenimenti avevano portato alla sospensione di un lotto di Astra-Zeneca. In ogni caso, fino a questo momento, non è stato riscontrato il nesso causa-effetto tra il vaccino e le morti. Ecco quanto dichiarato dall’Aifa:

I casi di decesso verificatisi dopo la somministrazione del vaccino AstraZeneca hanno un legame solo temporale. Nessuna causalità è stata dimostrata tra i due eventi. L’allarme legato alla sicurezza del vaccino AstraZeneca non è giustificato”.

Anche in Piemonte, due giorni fa, in seguito alla morte di un docente a Biella, la somministrazione di Astra-Zeneca era stata momentaneamente sospesa in tutto il territorio regionale dal commissario dell‘Area giuridico-amministrativa dell’Unità di crisi della Regione Piemonte, Antonio Rinaudo.

In questo momento il vaccino è stato sospeso anche da Spagna, Francia, Germania, Danimarca, Norvegia, Bulgaria, Islanda, Irlanda, Paesi Bassi, Indonesia. A preoccupare sono stati i casi di trombosi verificatisi. In Gran Bretagna, invece, la somministrazione di Astra-Zeneca sta procedendo senza ostacoli.

Perché non dobbiamo avere paura

Gli eventi delle ultime ore, senza dubbio, hanno in parte infranto tutte le già precarie certezze degli italiani e confermato le preoccupazioni dei più restii. La decisione dell’Aifa, sebbene precauzionale e temporanea, rischia di mettere in difficoltà la campagna di vaccinazione per il polverone di psicosi e panico che ha sollevato.

Non ci si può dunque esimere da una valutazione razionale della situazione che tenga conto di tutti i fattori in campo.

Guardiamo innanzitutto alla Gran Bretagna, il paese che ha somministrato il maggior numero di dosi AstraZeneca e che procede a gonfie vele con la vaccinazione. Il sistema vigente per valutare gli effetti collaterali del vaccino è quello della yellow card, cioè delle segnalazioni volontarie delle reazioni avverse da parte di chi ha ricevuto la dose. Con questo meccanismo sono stati registrati 275 decessi su 9,7 milioni di dosi di AstraZeneca. La MHRA (Agenzia di regolamentazione dei medicinali e dei prodotti sanitari del Regno Unito), dopo aver analizzato i casi dei decessi, ha concluso che la connessione tra la somministrazione e le morti è temporale, non causale. Si trattava, infatti, per lo più di persone anziane o con patologie pregresse. Rassicurante è anche lo studio condotto sulla popolazione vaccinata in Regno Unito dal professore di Oxford Andrew Pollard, che conferma che non vi è un aumento di casi di trombi sanguigni tra i pazienti che hanno ricevuto il vaccino.

Il professore di Oxford Andrew Pollard – Fonte: www.ross-shirejournal.co.uk

Positivi sono anche i pareri degli esperti. Andrea Crisanti ospite nella trasmissione “L’Aria che tira” ha affermato:

Io mi vaccinerei con AstraZeneca e ho consigliato a persone a me care di vaccinarsi con AstraZeneca. I 2-3 casi di sospetti eventi tromboembolitici dopo questo vaccino sono obiettivamente pochi, perché in Inghilterra hanno vaccinato 10 milioni di persone con AstraZeneca e non hanno evidenziato nessun caso di questa complicazione”.

Lo stesso Silvio Garattini, presidente dell’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri”, invita a mantenere la calma e a guardare alla Gran Bretagna dove su una grande fetta di popolazione vaccinata non sono state registrate particolari reazioni gravi da pensare ad un nesso causa-effetto.

Per quanto riguarda i casi di trombosi, quelli che maggiormente hanno preoccupato i Paesi che hanno stabilito la sospensione, i numeri sono rassicuranti: come riportato da una nota diffusa da Astra-Zeneca, stando a quanto registrato fino all’8 marzo, in Europa e in Regno Unito, su un totale di 17 milioni di soggetti vaccinati con il vaccino anti-Covid di AstraZeneca, ci sono stati 15 eventi di trombosi venosa profonda e 22 eventi di embolia polmonare. AstraZeneca sottolinea che tale numero di eventi

è molto più basso di quanto ci si aspetterebbe che si verifichi naturalmente in una popolazione generale di queste dimensioni ed è simile per altri vaccini Covid-19 autorizzati”.

Tra l’altro, come riportato dalla fondazione Veronesi, la trombosi è la terza più comune malattia cardiovascolare subito dopo l’ischemia miocardica e l’ictus cerebrale. Vi è dunque un’alta probabilità di morire per trombosi anche in casi normali.

Grafico che mostra che all’aumentare dei vaccinati e dei morti attesi in relazione alla mortalità generale, già con 1.000 morti attesi, la probabilità di osservare almeno un vaccinato che muore nel giorno del vaccino è quasi del 95%. – Fonte: www.tpi.it

Siamo continuamente esposti a rischi

Al di là dei dati e dei pareri degli esperti, non possiamo non considerare che ogni intervento medico e/o farmaceutico è un rischio. Se così non fosse, nelle scatole dei medicinali che compriamo ogni giorno, non troveremmo il famoso foglietto illustrativo che mostra tutte le controindicazioni del farmaco. Chiari esempi sono gli antibiotici e l’aspirina. Nel novembre del 2019, in occasione della settimana mondiale per l’uso consapevole degli antibiotici, l’Istituto superiore di sanità ha pubblicato dei dati preoccupanti relativi all’abuso degli antibiotici: ogni anno nei paesi dell’Ue sarebbero avvenuti 33.000 decessi per infezioni causate da batteri resistenti agli antibiotici. Nel 2017 gli scienziati dell’Università di Oxford hanno messo in luce i rischi legati all’abuso di aspirina: in Regno Unito sarebbe stata responsabile di 3000 morti ogni anno e di 20000 casi di sanguinamento gastrointestinale.

Il vaccino, al pari di un qualsiasi di questi farmaci quasi “da banco”, comporta dei rischi. Non è un segreto. Nell’altro piatto della bilancia, tuttavia, ci sono molti benefici: il vaccino è l’unica arma che abbiamo per sconfiggere il Covid, per impedire che faccia ancora altre vittime, per permettere all’economia di risollevarsi, per ricominciare a vivere davvero, per evitare che il distanziamento e le chiusure determinino irreparabili problemi psicologici.

“Nessun farmaco è sicuro al 100%, ma bisogna tenere conto dei vantaggi di vaccinare la popolazione”,

lo ha detto Soumya Swaminathan, scienziato capo dell’Oms.

Se i benefici del vaccino sono superiori ai rischi, se i rischi mettono in pericolo la nostra vita meno di quanto faccia la pandemia, se i rischi non sono maggiori rispetto a quelli che corriamo ogni giorno per l’assunzione di farmaci che dovrebbero proteggere la nostra salute e per la stessa casualità della morte, forse vale la pena rischiare.  Di fronte a questo equilibrio tra rischi e benefici la paura non può non cedere il passo alla ragione.

 Il caso Fluad del 2014

Stando a quanto detto, la decisione dell’Aifa non può farci perdere la fiducia nel vaccino. È stata sicuramente una scelta di cautela, legata da una parte alla volontà di camminare accanto agli altri paesi dell’Ue, dall’altra di garantire sicurezza e certezze ai cittadini. In questi casi la precauzione non è mai troppa.

Vaccino antinfluenzale – Fonte: www.scienzaesalute.blogosfere.it

Una cosa simile successe nel 2014: in occasione della somministrazione del vaccino antinfluenzale Fluad, l’Aifa, in seguito alla segnalazione di tre anziani di 87, 79 e 68 anni morti subito dopo la vaccinazione, decise di ritirare due lotti dei due vaccini antinfluenzali in uso. Subito dopo vennero svolti degli accertamenti che dimostrarono che il vaccino era conforme agli standard di qualità e che non conteneva sostanze tossiche. All’epoca la Siti, la Società italiana di Igiene, calcolò che nel corso dei 2 mesi dedicati alla campagna anti-influenzale, per un fatto puramente casuale, ogni giorno 15-20 persone morivano entro 2 giorni dalla vaccinazione. In quell’occasione, la decisione dell’Aifa compromise la campagna di vaccinazione: seminò il panico e diffuse dei dubbi intorno alla sicurezza del vaccino presenti ancora oggi.

La stessa cosa sta accadendo in questi giorni con il vaccino AstraZeneca. In questo caso, lottare affinché la paura non prevalga sulla ragione è ancora più importante. C’è in gioco la sconfitta di una pandemia che ha ormai messo in ginocchio il mondo intero.

Chiara Vita