Al via la prima indagine indipendente sugli abusi interni alla Chiesa italiana

Il cardinale Matteo Zuppi, da poco Presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), ha dichiarato aperta la prima indagine sugli abusi sessuali e pedofilia all’interno della Chiesa italiana. Una svolta storica, considerando che tale provvedimento, fino a poco tempo fa, non era nemmeno preso in considerazione tra le alte cariche dell’ambiente clericale.

Un concreto passo in avanti

Nel recente passato qualcosa si era mosso. Si intuiva che la Chiesa avesse iniziato ad osservare ed analizzare in maniera seria il problema degli abusi e della pedofilia. Non molto tempo fa Papa Francesco si era espresso sull’argomento:

«L’abuso sui minori è una sorta di ‘omicidio psicologico’ e in tanti casi una cancellazione dell’infanzia. Lottiamo contro l’abitudine di coprire gli abusi sui minori, Anche oggi vediamo quante volte, nelle famiglie, la prima reazione è coprire tutto: anche nelle altre istituzioni, nella Chiesa, dobbiamo lottare con questa abitudine vecchia di coprire».

Per quanto possa apparire “naturale” che il pontefice esprima tale opinione questa presa di posizione non è scontata. Basti pensare che solo nel 2010, l’allora presidente della CEI Giuseppe Betori parlava della pedofilia all’interno dell’istituzione Chiesa come di un «fenomeno estremamente limitato».

In molti sostengono che sia stato proprio l’insediamento di Jorge Bergoglio (Papa Francesco) a mobilitare l’istituzione ecclesiastica verso una nuova frontiera. In realtà, in questo caso specifico, sembra sia stato determinante il ruolo del nuovo “capo” dei vescovi italiani, il già citato Matteo Zuppi che sin da quando ha avuto possibilità di esprimere la sua opinione è sempre sembrato favorevole ad una visione “relativamente” progressista riguardo alla Chiesa.

Il cardinale Matteo Maria Zuppi. Fonte: ilcapoluogo.it

I cinque punti per contrastare il fenomeno della pedofilia e degli abusi

I vescovi hanno reso pubblico un documento in cui sono esposte cinque linee guida atte a contrastare e ridurre sensibilmente il fenomeno degli abusi e della pedofilia. Tra gli elementi più rilevanti si evidenzia l’istituzione di nuovi percorsi formativi per gli operatori pastorali di ogni tipo. I vescovi hanno inoltre dichiarato che saranno resi pubblici, a cadenza annuale, dei report delle attività di prevenzione e formazione in merito all’argomento. Hanno garantito che i dati della già citata indagine, una volta conclusasi, saranno custoditi dalla Congregazione per la Dottrina della Fede e saranno analizzabili qualitativamente e quantitativamente. Un punto dei cinque evidenzia l’impegno della CEI a partecipare in qualità di invitato permanente all’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile.

Particolare attenzione all’interno del documento è stata dedicata all’implemento di ulteriori centri di ascolto all’interno delle diocesi dedicati alle vittime di abusi, assumendo professionisti del settore (medici, psicologi e forze dell’ordine) a coordinarli. Tali centri sono attualmente attivi, da quanto dichiarato, nel 70% delle diocesi nazionali.

Logo della Conferenza episcopale italiana. Fonte: pagina Facebook della CEI

Le perplessità riguardanti l’indagine

Matteo Zuppi in conferenza stampa è apparso serio e diretto, deciso a compiere la scelta di indagare. Lo dimostra il fatto che alcuni soggetti vicini agli ambienti vaticani davano per scontato che si sarebbe optato per un’indagine condotta da membri interni alla Chiesa. In realtà come dichiarato dallo stesso Zuppi:

«Stanno lavorando all’indagine due istituti universitari di criminologia e vittimologia».

Permangono però dei dubbi riguardanti il processo investigativo. Perplessità che derivano non tanto dalle dichiarazioni del cardinale quanto da ciò che non è stato detto. Si tratta ad esempio degli istituti impegnati nell’indagine di cui non è stato pronunciato il nome, a detta di Zuppi, «per questioni amministrative».

La diffidenza è però soprattutto legata al lasso di tempo su cui gli istituti effettueranno l’inchiesta. Infatti si indagherà sui presunti abusi che sono avvenuti dal 2000 al 2021. Sull’assenza di indagini circa il periodo precedente il Presidente della CEI ha dichiarato:

«Non mi sembra corretto giudicare con criteri di oggi cose di ottant’anni fa».

In conclusione, non è in dubbio il cambio di prospettiva e il passo avanti. Il desiderio resta quello di far luce su vicende che fino ad oggi sono state oscurate, nella speranza che l’indagine si dimostri concreta e si riesca ad anteporre la giustizia a qualsiasi ordine religioso.

Francesco Pullella

 

Russia, la denuncia dell’ONG: diffuse foto di torture e stupri nelle carceri russe

In Russia la fuga di notizie per la diffusione di foto e video contenenti atti violenti, ha generato il terrore provocando forti reazioni da parte dell’opinione pubblica internazionale. Ad intervenire per primo è stato il Comitato Investigativo russo che ha avviato un’inchiesta, insieme all’indagine condotta dal Servizio Federale delle Prigioni (FSIN).

Le vittime di stupro nelle carceri –Fonte:internazionale.it

La Gulagu.net, un’importante ONG russa, afferma di aver ottenuto migliaia di video che mostrano maltrattamenti verso i detenuti. Trapelano scenari di tortura e stupro, adoperate da diverse guardie carceriere di altrettanti vari istituti di detenzione del Paese. Il fondatore dell’ONG, Vladimir Osečkin, ha dichiarato di possedere più di 40 gigabyte di immagini video che mostrano le crudeltà.

Il contenuto dei file

Le foto ritraggono carcerati picchiati, con mani e piedi legati, trascinati nudi tra i corridoi dei penitenziari e sodomizzati con dei bastoni, o violentati dagli agenti. Queste pratiche venivano effettuate presso l’OTB-1, ospedale del carcere di Saratov nella regione del Volga (Russia).

La denuncia da parte del Gulagu ad inizio di quest’anno è avvenuta sia grazie all’autenticazione delle fotografie, sia per il racconto di altri prigionieri che hanno riportato di aver subito gli stessi episodi.

Stupri e torture contro i detenuti –Fonte:ilfattoquotidiano.it

Sarebbe stato girato il 18 febbraio del 2020 un video in cui figurava un uomo ammanettato e messo ai piedi di un letto mentre era vittima di uno stupro. La diffusione poi dall’ONG attraverso un canale Telegram, rappresenta solo un esempio delle migliaia di video che essa vanta di possedere e che provengono da un ex detenuto che si trovava proprio a Saratov.

La denuncia dei video

Gulagu.net –Fonte:chernayakobra.ru

La circolazione clandestina dei video dagli archivi del servizio carcerario russo è stata raccontata dallo stesso Osečkin, in un’intervista nel corso del podcast “Cosa è successo” del giornale online Meduza. Egli afferma che i dati sono stati forniti da un giovane programmatore bielorusso di nome Sergej che dal 2016 al 2021 ha lavorato all’OTB-1 di Saratov, facente parte del sistema carcerario russo (FSIN).

Una volta libero lo “snowden bielorusso” ha consegnato una copia del materiale agli attivisti di Gulagu.net, ed ha chiesto asilo politico in Francia.

L’organizzazione ha così fatto circolare online alcuni frammenti di video, sollecitando contemporaneamente le autorità della necessità di attuare riforme.

Chi è Sergej?

Nel 2013 Sergej viene arrestato da due agenti dell’FSB (Servizi segreti interni), a seguito del ritrovamento nella sua vettura di sei chili di stupefacenti e condannato a nove anni di carcere duro.

Nel 2015 viene quindi trasferito alla IK-10 di Saratov temporaneamente e dopo pochi giorni, l’amministrazione carceraria essendo a conoscenza delle sue abilità informatiche, lo trasferisce nell’OTB-1 di Saratov. Questa era una struttura che ospitava malati di tubercolosi e così seguendo un meccanismo ben rodato, i medici del carcere IK-10 dichiarano che Sergej è potenzialmente malato di tubercolosi e dispongono il suo trasferimento verso il malfamato OTB-1.

Sergej –Fonte:france24.com

Per cinque anni si occupa delle videoregistrazioni delle torture, facendo copie da consegnare ai membri dei servizi segreti e dell’amministrazione carceraria e per sfuggire alle torture fisiche, decide di subire incommensurabili supplizi psicologici, entrando in contatto ogni giorno con video aventi ad oggetto ogni genere di violenza.

Fu interrogato dallo stesso Vladimir Osečkin sul perché, a fine pena, abbia deciso di collaborare con Gulagu.net per portare alla luce questi fatti. Egli dichiarò che a parer suo, questa si presenta come l’unica associazione che non ha paura di enunciare la verità, presentandosi come la sola a poter portare il necessario peso alla riforma del sistema carcerario.

La sistematicità delle torture

La sistematicità di tali azioni all’interno dell’intero sistema carcerario, dalla Russia centrale all’estremo oriente, ha perciò ricevuto una risonanza mediatica sempre più ampia, provando forti reazioni internazionali.

L’apertura di sette indagini da parte del Comitato Investigativo, a seguito della violazione degli articoli 132  “Azioni violente di carattere sessuale” e 286 “Abuso di potere tramite la violenza o minaccia di violenza” del Codice Penale, mostrano come fine essenziale quello di condannare gli esecutori dei supplizi e che prevedevano estorsioni e ricatti attraverso le videoregistrazioni delle violenze.

Torture nelle carceri –Fonte:amnesty.it

Il difensore dei diritti umani e politico, Andrej Babuškin, ha poi affermato in una diretta al canale televisivo Dožd, che lo sviluppo di tale sistema è stato possibile grazie all’inadeguata formazione dell’amministrazione carceraria. Ciò si è manifestato a seguito del clima di repressione diffuso nel paese, ed a un usuale odio verso i criminali. Il sistema di supervisione affidato alle Commissioni Pubbliche di Sorveglianza, prevede una composizione interna costituita da non specialisti, che andrebbe perciò modificato, dando un ruolo centrale alle associazioni per la difesa dei diritti umani e in particolare dei prigionieri.

Le accuse alle autorità russe

Secondo alcune testimonianze traspare l’ipocrisia delle autorità, le quali attuano una presa di distanza dalle atrocità create dai generali FSIN e FSB, usate per piegare la volontà dei detenuti. Nei video si vedono questi agenti attuare stupri e altre violenze per promuovere la cooperazione e l’acquiescenza dei detenuti.

L’organizzazione per le comunicazioni ed emittente radiofonica fondata dal Congresso degli Stati Uniti, la RFE/RL, fa comprendere come gli stessi carcerati diventano vittime della macchina della tortura se firmano false testimonianze preparate dagli investigatori.

Video delle torture in Russia –Fonte:bbc.com

Si legge dunque tra le righe la grave assenza dell’intervento del Governo, che non sta facendo abbastanza per condurre un’indagine efficace.

Le sei carceri nel mirino

Secondo l’ONG le violenze, gli stupri e le intimidazioni provengono da sei regioni russe situate nelle regioni di Saratov, Vladimir, Irkutsk, Belgorod, TransBaikal e Kamchatka.

Queste saranno altresì notificate alle Nazioni Unite e al Consiglio d’Europa (CdE), cioè a quell’organizzazione internazionale il cui scopo è promuovere la democrazia, i diritti umani, l’identità culturale europea e la ricerca di soluzioni ai problemi sociali in Europa.

Consiglio d’Europa –Fonte:coe.int

Nell’intervento apportato dal portavoce di Putin, Dmitry Peskov, si afferma che

“Se l’autenticità di questi materiali è confermata, sarà motivo per avviare una seria indagine. È necessario risolverlo rapidamente ma con calma e stabilire l’autenticità.”

Si comprende pertanto la necessaria urgenza di svecchiamento dell’intero sistema carcerario e di quei servizi segreti, quali l’FSB, affinché l’azione delle stesse sia compatibile con il rispetto dei diritti fondamentali dell’individuo.

Giovanna Sgarlata