I rap-conti della buonanotte del professor Murubutu

Da oggi si dorme un’ora in più; mettere indietro di 60 minuti l’orologio renderà la notte più lunga e il nostro risveglio con la luce.

Ed è proprio la notte, spaventosa e affascinante che da sempre fa da ispiratrice ai grandi artisti; ai giorni nostri nessuno meglio del Rapper-Prof Alessio Mariani, in arte Murubutu ne capisce l’essenza e ce la sa descrivere.

Il suo disco Tenebra è la notte ed altri racconti di buio e crepuscoli, racchiude con delicatezza e realismo tutto ciò che notte rappresenta. Da solo o con dei featuring d’eccezione, il professore riuscirà a pieno nel suo intento; noi abbiamo scelto solo cinque delle sue canzoni-poesie, il resto sta a voi.

1) Eh, qua è tutto uguale, per questo è perfetto – La notte di San Lorenzo

La notte di San Lorenzo è un brano che racconta una storia d’amore finita; ma, dietro questa apparente banalità, riesce ad incastrare magistralmente i temi del desiderio, della meraviglia e della nostalgia. 

La capacità di meravigliarsi, di provare un sentimento stupore inatteso e straordinario è senza dubbio fondamentale per essere felici.  Questa capacità così importante viene appresa durante l’infanzia; sono proprio le esperienze precoci e l’amore dei genitori a permetterci di diventare adulti capaci di meravigliarsi.

In questa canzone, Murubutu ci fa viaggiare attraverso il cielo stellato di una notte estiva in Sila vista proprio dagli occhi di un bambino. Cosi un « grappolo di case appese sul tirreno» diventa «un mondo intero» dove i protagonisti crescono felici.

Fonte: pagina Facebook Ernesto Anderle – la notte e la spensieratezza

Io sto ancora qui scalzo, felice come in quei giorni
Fra i monti, io ho sempre quella stessa età

con questo verso si conclude l’ultima strofa; e il protagonista – divenuto ormai adulto – guarda il mondo con occhi diversi ma conservando ancora intatta quella capacita così intima di sentire la magia della vita.

2) Uno scrittore accende il lume e inizia la bugia – Occhiali da luna

Occhiali da luna ci trasporta in un’atmosfera cittadina notturna in cui tutti intorno dormono e uno scrittore trova la propria dimensione esistenziale. Così l’artista, libero dalle pressioni e dalle costrizioni che la vita in società impone, si «gode questo limbo in cui non serviranno trucchi».

Di notte riesce ad entrare in contatto con se stesso, con le proprie emozioni ed è cosi che il buio diventa una guida perché «Quando c’è buio vedo tutto più chiaro».

Fonte: pagina Facebook Ernesto Anderle – Lo scrittore durante la notte 

Questo pezzo è quasi un’autobiografia; Murubutu ha affermato di  riuscire a scrivere tra le due e le tre del mattino e tramite questo brano riesce a spiegarci come il suo problema nel prendere sonno viene convertito in arte.

3) Per sentirla vicina, occorre averne un poco dentro – Wordsworth

Wordsworth è una poesia dedicata alla luna. Lei «regina del firmamento», che con la sua luce ha illuminato le notti dell’umanità ben prima dell’invenzione delle lampadine o della scoperta del fuoco, diventa musa di Murubutu e di Caparezza.

Il titolo del pezzo fa riferimento a William Wordsworth, poeta ottocentesco inglese che ha dedicato diverse poesie alla luna (tra cui la famosa Paesaggio Lunare). In realtà non si rifà semplicemente all’autore ma all’intero periodo romantico, richiamandone diverse tematiche trattate anche da altri scrittori come Leopardi o Foscolo ma anche da pittori come Friederich o dai filosofi Schelling e Fichte, tutti citati nella canzone.

Fonte: pagina Facebook Ernesto Anderle – vari autori del passato e del presente (tra i quali Caparezza a destra)

I temi chiave del brano sono: la meraviglia davanti all’infinito, la sensazione di piccolezza nei confronti della grandezza della natura, la contrapposizione tra io finito e natura, non solo come opposti ma come parti dello stesso infinito. La canzone si dirama tra citazioni passate ed immagini nuove, in un brano che diventa un ottimo connubio tra sonorità moderne e temi letterari intramontabili.

4) Il sole non c’è, là fuori è notte e il buio impera – La vita dopo la notte

In La vita dopo la notte, Murubutu racconta una storia d’amore senza tempo e senza fine.

Con la sua capacità di storytelling ci porta ad immaginare una giovane coppia che dopo la grande guerra si innamora e prova a costruire – in modo molto tradizionale – la propria vita: «lui con le sue mani, ne eresse le basi poi i piani, le travi» per la sua «sposa vestita a festa; radiosa, pudica e fresca».

Fonte: pagina Facebook Ernesto Anderle – Vittorio e Donata in via Pascal

La loro vita diventerà poesia, di cui il professore riuscirà a cogliere i dettagli più belli così come quelli più cupi e in soli quattro minuti ci farà rivivere l’amore dei nonni, il calore del loro abbraccio e il freddo del loro abbandono.

Sai non temo anche se tremo
Sai che credo che staremo sempre insieme senza avere età

5) Maremoto sensoriale – Le notti bianche

Citando Dostoevskij e rappando con Claver Gold, il Prof riesce ad esprimere la superiorità del sogno rispetto alla realtà.

Le notti bianche – così come il celebre e omonimo libro russo – racchiude l’ebrezza del sogno e sottolinea come questo sia il motore delle nostre emozioni e delle nostre azioni durante il giorno.

Racconta la storia di un incontro; il desiderio si veste da donna e il sognatore non è altro che un uomo che la cerca e se ne innamora senza mai averla vista. Lui, come tutti noi,  ha il pensiero fisso di conoscere ciò che c’è di più nascosto e sconosciuto.

Con la consapevolezza che «sarebbe rimasto d’incanto dopo tanta ricerca», l’uomo sceglie la luce della luna per cercarla e «dopo averla cercata tutte le notti, dopo quel giorno» si accorge che «non esiste realtà che resti all’altezza del sogno».

Tutto d’un tratto le sensazioni vengono interrotte
Più che svanite direi lenite o del tutto ridotte

 

Quindi, qualunque sia il nostro modo di vivere la notte, Murubutu riesce a descriverlo e lo rende poesia. Storie in versi che ci sembra di aver vissuto o di aver immaginato almeno una volta e, per quanto possa fare paura, un’ora in più del 2020 non sarà tanto brutta; soprattutto se trascorsa ad ascoltare questo disco.

Che dire Prof, ci ha insegnato la realtà e lo ha fatto con grande stile.

Barbara Granata e Lorenzo La Scala

Ma 2020, ci sei o ci fai?

Sapete, questo è il mio primo editoriale. E un po’ come per tutte le prime volte, l’ansia e il voler fare bene ci portano spesso ad assumere colori e forme che sul momento potrebbero non rispecchiare ciò che vogliamo dire (o magari rispecchiarlo troppo bene). Mi sono domandata di cosa mai avrei potuto parlarvi e le idee (almeno quelle) pullulavano nella mia testa; alcune le appuntavo dove prima capitava, altre speravo mi rimanessero in mente, aggrappate ai neuroni con unghie e denti. A volte è capitato e a volte no.
Poi avevo finalmente deciso, ah ma la vita è imprevedibile… ti capitano cose e cambi idea, nonostante tutti i tuoi appunti e le tue bozze. E allora perché non parlare di questo? Dell’imprevedibilità.

In fondo, se non vogliamo definirlo “catastrofico”, almeno imprevedibile possiamo dirlo a questo 2020.

Buoni propositi

Ogni anno che termina speriamo che il nuovo sia migliore, riponiamo tante aspettative in un qualcosa che di certo non ci dà nulla. Eppure siamo lì a fare il conto alla rovescia, con i calici in mano, sintonizzati su RAI 1 con gli immancabili Albano e Romina che cantano “Felicità” e tutti convinti cominciamo:

10, 9, 8

Apriamo il pandoro, ci alziamo tutti in piedi.

7, 6, 5

Ci prepariamo a fare gli auguri su whatsapp a chi, per un motivo o per un altro, non è con noi allo scoccare della mezzanotte.

4, 3, 2

Scartiamo lo spumante.

1

Baci, abbracci, urla e fuochi d’artificio. E poi?

Per un anno che comincia con la minaccia di una Terza Guerra Mondiale, beh, altro che botti di capodanno!

Eppure si è aperto così: Trump -o chi per lui- uccide il generale Soilemani e ne “firma” con orgoglio l’assassinio sui social, mentre l’Iran promette vendetta.

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Fortunatamente –si spera per sempre- dopo qualche screzio senza ulteriori vittime, sembrano essersi apparentemente calmate le acque.

Ma sì, 2020, l’importante è che ci sia la salute.

Insomma, largo ai buoni propositi: quest’anno studio per tempo, non mi ridurrò all’ultimo. Farò quel viaggio che rimando da tempo. Poi la laurea: “Ah devo chiedere la tesi”, “ma il tailleur meglio rosso o nero?”.

Quanto tempo passiamo ad organizzare la nostra vita, quando in realtà è lei che organizza noi? È Lei che ci detta i tempi, le condizioni in cui viviamo spesso ci limitano e ci indirizzano. Facciamo programmi, sì, ma poi arriva il guastafeste di turno.

Come quando stai per uscire e a casa arrivano quei parenti che non sapevi nemmeno di avere. Come quando hai un giorno libero e vuoi andare al mare, ma tuoni e tempesta te lo impediscono. Come quando non ti iscrivi ad un esame perché ti servirebbe qualche giorno in più e poi scopri che li posticipano di una settimana (qui oltre al danno anche la beffa). Come quando vuoi partire, vuoi esplorare e scoprire, hai i biglietti della semifinale di Coppa per Juventus-Milan, ma un virus dalla Cina, giusto per qualche peccato di gola, arriva e ti catapulta in una prigione. Prigione d’oro (per i più fortunati), per carità, protetti dalle nostre abitazioni e con l’unico problema di dover scegliere cosa dover guardare su Netflix, ma pur sempre prigione. Protetti sì, ma limitati.

Wuhan in emergenza coronavirus. Fonte: ilmessaggero.it

Si ferma la vita, la frenesia, si fermano gli orologi e cominci a dare un senso nuovo al termine di “quotidianità”. Riscopri cose perse, probabilmente sì, ma a che prezzo?

In fondo questo fantomatico Coronavirus è in Cina, non arriverà mai qui. Eppure.

Repubblica – 23 febbraio 2020

Ma come, 2020, non c’era la salute?

Ora capisco il detto “Anno bisesto, anno funesto”. Come se già 365 giorni di sfiga non bastassero e ne servisse uno in più.

Cominci allora a sperare nel futuro (che poi è lo stesso principio dei buoni propositi). “No, ma questo periodo passerà. Ora trovano il vaccino” (a meno che non siate no-vax, in quel caso la tragedia è un’altra).

E quant’è bella la speranza? Io penso sinceramente che sia un po’ il motore di tutto.

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Non è un’utopia e chi lo pensa, pensa male. Perché utopico sarebbe auspicare in un mondo che rispecchi il nostro modo di pensare, fatto da persone che vedono allo stesso modo nostro, pur avendo occhi diversi. Questa è illusione. Ma dobbiamo essere convinti e consapevoli che l’imprevedibile può succedere, dire il contrario sarebbe negare l’assurdo presente, che, nonostante fosse stato già preannunciato dai Simpson, non era sicuramente immaginabile. Lo ha detto anche mio nonno, che di storia ne ha vissuta.

I Simpson – Fonte: repubblica.it

Potreste dirmi: “Chi di speranza vive, disperato muore” , verissimo! Bisogna anche darsi da fare.

Ma secondo me è chi uccide la speranza, che uccide l’uomo.

In fondo l’imprevedibilità è anche dietro l’angolo del futuro e se riusciamo ad affrontarlo è perché speriamo sia migliore. Che poi il futuro è un po’ uno scudo.
Quanti prima di un esame – dai più credenti ai più atei – invocano miracoli, recitano incantesimi e promettono: “la prossima volta studierò di più e non mi ridurrò all’ultimo”.
“Non rimandare al domani quello che puoi fare oggi”, “Meglio un uovo oggi, che una gallina domani”.
Ma chi li ha inventati questi proverbi? Chi mi conosce sa che io no di certo.
Il punto è che sono tutti veri per carità e tutti consiglieremmo questo a persone a noi care, ma quanto lo facciamo noi? Quanto affrontiamo le cose?
Oh beh, se non studi oggi 40 pagine (continuo con questo esempio che per noi universitari è caro ed odiato, ma ahimè, tanto comprensibile), domani ne avrai 80. Quindi che fai? Ma ovviamente nulla, rimandi. Mica è un tuo problema oggi! Ma il domani è presente. Il futuro è convenzione.

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Conoscete la legge di Murphy? «Se qualcosa può andar male, lo farà.»

Ad una prima analisi potremmo dire che si abbina perfettamente al 2020, eppure l’intento della stessa è quello di analizzare in chiave ironica tutto il negativo che il presente ci propina.

È tutto un grande assioma, ma in fondo è quello che cercavo di dire prima con l’imprevedibilità. Per quanto sia improbabile che un evento si verifichi, entro un numero elevato di occasioni, questo finirà per verificarsi con molta probabilità. Improbabile non vuol dire impossibile (non lo dico io, ma la Scienza).

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Capite perché – non la sto chiamando- dico che questo 2020 si può sempre risollevare? E se vi piacciono le figure geometriche potrebbe chiudersi il cerchio così come si è aperto: a novembre ci saranno le elezioni presidenziali in America, Trump vuole il secondo mandato… few words to the wise.

2020, io da buona ottimista, ripongo ancora fiducia in te.

Lungi da me, infatti, voler tirare le somme a poco più di metà anno, questo lo farò un minuto prima della mezzanotte del 31 dicembre; un minuto dopo avrò invece tutti i buoni propositi per il 2021.

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Claudia Di Mento