La Traviata à Paris di Andrea Andermann

Francesca Rodolico
FRANCESCA RODOLICO
Attualità
film MOFF opera uvm

Andrea Andermann, il visionario che ha trasformato l’opera in cinema dal vivo

“L’eccesso è la mia misura”, ama dire Andrea Andermann, regista, produttore e autentico pioniere del melodramma in diretta mondiale. È lui l’ospite d’onore dell’edizione 2025 del Messina Opera Film Festival, dove una sezione speciale sarà dedicata ai suoi celebri film in diretta.

Di origini mitteleuropee — padre ebreo, madre viennese — Andermann trascorre l’infanzia in Puglia e studia dai Gesuiti a Lecce, prima di approdare alla Sorbona per laurearsi in Lettere con specializzazione in teatro. Il suo primo incontro con la lirica avviene accanto a Franco Zeffirelli, assistendolo nella Tosca con Maria Callas all’Opéra di Parigi. Seguono collaborazioni con Anna Magnani (La lupa), documentari con Moravia e Flaiano, e persino musiche firmate da un giovane Leonard Cohen.

Dopo il restauro del Napoléon di Abel Gance nel 1981, Andermann dà vita a una formula unica: opere liriche trasmesse in mondovisione e girate nei luoghi reali dove i loro autori le avevano ambientate. Nascono così eventi globali come Callas!, Tosca a Roma (1992), La Traviata à Paris (2000), Rigoletto a Mantova (2010) e La Cenerentola (2012), con artisti del calibro di Placido Domingo, Zubin Mehta e Carlo Verdone.

Con oltre un miliardo e mezzo di spettatori in 150 Paesi, Andermann ha saputo unire cinema, televisione, teatro e lirica in un linguaggio nuovo e universale. “Ha dato una forma all’arte musicale come la CNN l’ha data all’informazione televisiva”, scrisse il New York Times dopo Tosca a Roma.

Visionario senza confini, ha trasformato il sogno dell’opera in un’esperienza globale, portando la magia del “c’era una volta” nel presente condiviso dello schermo.

La Traviata à Paris: quando Verdi incontra la modernità del sogno

Ispirata a La Dame aux camélias di Alexandre Dumas figlio, La Traviata di Giuseppe Verdi rappresenta, insieme a Rigoletto e Il trovatore, il terzo capitolo della celebre “trilogia popolare”. All’epoca della sua prima rappresentazione, l’opera scandalizzò per la novità della sua ambientazione contemporanea e per la scelta di un soggetto borghese: la storia di una cortigiana, Violetta Valéry, che nella frivola società parigina trova la redenzione attraverso l’amore, per poi essere travolta dall’ipocrisia morale del suo tempo.

In La Traviata, Verdi abbandona le convenzioni del melodramma ottocentesco per costruire un dramma di straordinaria intimità. La musica diventa voce interiore, specchio delle emozioni più segrete dei personaggi e, in particolare, della protagonista: una donna fragile e sincera, condannata dal pregiudizio ma capace, nell’ora estrema, di ritrovare una dignità assoluta.

Quell’intimità emotiva e universale è al centro anche di La Traviata à Paris, l’ambiziosa produzione ideata e prodotta da Andermann, con la regia di Giuseppe Patroni Griffi e la direzione d’orchestra di Zubin Mehta. Trasposta dal palcoscenico ai luoghi reali dell’azione — l’Hôtel Boisgelin, l’Hameau de la Reine a Versailles, il Petit Palais e l’Île Saint-Louis — e trasmessa in mondovisione in 125 Paesi, l’opera diventa un’esperienza globale che unisce lirica, cinema e televisione.

Grazie alla fotografia di Vittorio Storaro, la Parigi romantica e contraddittoria di Dumas rivive sullo schermo con la sua maestosità e le sue ombre, restituendo al pubblico la magia di una città che fu scenario reale della vita di Alphonsine Duplessis, la donna che ispirò il personaggio di Violetta.

In questa “opera in diretta”, Andermann compie un gesto di radicale innovazione: elimina la distanza fra teatro e spettatore per tradurre “in concreta realtà il sogno”, trasformando il linguaggio televisivo in strumento poetico e riportando l’opera al suo pubblico naturale, quello universale.

La Traviata à Paris non è solo una straordinaria impresa tecnica: è la prova che, anche nel mondo delle immagini, la musica di Verdi può continuare a parlare all’intimo dell’animo umano, rendendo eterna l’emozione di Violetta e la sua struggente libertà.