L'Amore

L’amore è diventato imbarazzante? Anatomia di un paradosso contemporaneo

Gaetano Aspa
GAETANO ASPA
Attualità
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C’è qualcosa di rivelatore nel modo in cui oggi pronunciamo la parola relazione, tra un misto di ironia, sospetto e, a volte, vergogna. C’è qualcosa di ironico nel nostro tempo che celebra la fluidità del tutto: più ci professiamo liberi, più sembriamo spaventati da tutto ciò che ci lega, che richiede impegno, costanza e, soprattutto, vulnerabilità.

L’articolo di Vogue “Perché avere un fidanzato è diventato imbarazzante?, fotografa questa inversione con acutezza sociologica, ma manca della profondità filosofica che la questione merita. Perché ciò che viene chiamato “imbarazzo”, non riguarda esclusivamente la coppia, ma è forse il sintomo di una crisi più ampia, quella del rapporto tra libertà e legame.

Il paradosso della libertà e del legame

L’articolo interpreta il rifiuto di mostrare il partner come espressione di una maggiore autonomia femminile. Non posso che essere d’accordo! In un mondo in cui il legame è stato storicamente associato all’annullamento della donna (pensiamo al modello di casa-matrimonio-figli), la reticenza sociale a “mettersi con qualcuno” può essere letta come un gesto di liberazione. Tuttavia, il salto che viene fatto, ovvero che avere un partner equivalga quasi in automatico a “essere imbarazzanti”,  mi pare troppo generalizzato. Se Simone de Beauvoir scriveva ne Il secondo sesso dell’“altro” della donna nella relazione, è vero che la relazione può implicare annullamento e subordinazione. Ma non tutte le relazioni etero-romantiche incarnano questo modello: esistono – e numerosi – legami egualitari, dove l’autonomia non viene sacrificata. Il fatto che l’articolo non dia spazio a questo tipo di relazione è un limite.

Se prima era colpevole chi non amava, ora lo è chi ama troppo, chi “si lega”, chi rinuncia alla prestazione di sé come soggetto autonomo, produttivo, desiderabile. In entrambi i casi, l’amore è sorvegliato. Cambiano i custodi, non la gabbia. La vera emancipazione, forse, non è la fuga da ogni legame, ma la capacità di restare liberi dentro il legame,  di amare senza scomparire, come scriveva Beauvoir stessa quando parlava di un amore “tra due libertà”.

La retorica del “singolo cool”

L’articolo afferma che essere single è diventato più desiderabile, più “cool”. Questo rispecchia sicuramente un frammento del discorso sociale contemporaneo.  Ma attenzione, qui scatta una contraddizione potenziale che l’articolo non esplora a fondo.

Da un lato, la libertà del single viene idealizzata, resa alla nuova morale dell’autonomia obbligatoria. Ma dall’altro, la rappresentazione social del single è spesso selettiva, estetizzata, ed esposta a narrazioni che non considerano la solitudine, l’insicurezza, i vincoli economici/affettivi che possono derivare dal non avere un partner stabile. C’è un po’ di romanticizzazione dell’assenza di legame, come se il “legame” fosse a priori qualcosa di negativo. In questa prospettiva, l’amore è scandalo ontologico: afferma che l’Io non basta a se stesso. Il punto è: perché? E a chi giova questa narrazione?

Relazione ≠ sottomissione: occorre maggiore nuance

L’articolo sostiene che “la codipendenza affettiva” rende la relazione un vincolo e cita che in molti casi far parte di una coppia equivale a “sparire” dietro l’ombra del partner.

Certo, ma questa equazione rischia di mettere in ombra la complessità della vita affettiva. La relazione può essere anche trasformativa, emancipatrice, crescita reciproca. Pensiamo a Jean‑Paul Sartre che in L’Essere e il Nulla parla del “sguardo dell’altro” e del rischio della reificazione dell’individuo nella relazione (“divento oggetto per l’altro”). Ma anche Sartre riconosce la possibilità di una relazione autentica, non semplicemente come sottomissione.  Nel regime dei social media, dove ciascuno è insieme autore e spettatore del proprio io, la relazione introduce un elemento di disordine narrativo. L’altro non obbedisce al copione dell’autopresentazione.
Il fidanzato, il volto altrui, la sua goffaggine o la sua autenticità, minacciano la coerenza del “brand personale”. Inoltre, l’articolo non prende in considerazione che il problema non è sempre la relazione, ma come essa è vissuta, con quali valori, con quali pratiche.

Il ruolo dei social e l’ipocrisia del “mostrami ma non troppo”

Uno dei punti più efficaci dell’articolo è la pressione social-mediale che spinge molte donne a oscurare volti del partner o ad evitare di postare la relazione, per paura di perdite di appeal, di follower, di libertà percepita.

Qui si innesta un pensiero molto contemporaneo che tocca,  forse inconsapevolmente, un nodo foucaultiano. Non è il sentimento in sé a essere regolato, ma la sua rappresentazione. Cosi, la relazione, diventa contenuto, brand, estetica. E lo spettro di TikTok e Instagram domina la rappresentazione: non è solo essere in una relazione, ma doverla performare.

Qui l’articolo colpisce nel segno,  la relazione non è solo affettiva, ma anche mediata, ossia soggetta a sguardi esterni, algoritmi, valutazione sociale. Però manca un’analisi filosofica più profonda di cosa significhi “essere soggetto” nell’epoca dei social, di cosa voglia dire “Io” quando l’Altro (il partner) è anche “contenuto”.

Un triste epilogo

L’articolo di Vogue coglie una verità: la relazione, oggi, è sospetta perché costringe a mostrarsi vulnerabili in un mondo che esige indipendenza ostentata. Ma la risposta non può essere l’imbarazzo.
Avere un fidanzato non è un fallimento né un’eresia, così come non lo è essere single. L’unica vera sconfitta è lasciarsi dettare da altri la misura della propria libertà.

È l’apparire – e non il vivere – che rende imbarazzante la relazione.
Quando l’amore diventa contenuto, quando la tenerezza deve passare per il filtro estetico, quando il legame smette di essere un atto di coraggio e diventa una strategia comunicativa, allora sì che il fidanzato diventa imbarazzante.
Non perché c’è, ma perché non si sa più come esserci insieme.

Gaetano Aspa

https://universome.unime.it/2025/05/02/lamore-nell-epoca-della-fluidita/