Cristina Scorza, la studentessa risultata assegnataria della borsa di studio per la Harvard La School

Cristina Scorza racconta a UVM la sua avventura ad Harvard

Valeria Vella
VALERIA VELLA
Ipse Dixit
BorsadistudioAntoninoGiuffrè dipartimentodigiurisprudenza HarvardLawSchool unime

Quando Cristina ha risposto alla mia chiamata, da lei erano le 11 del mattino. La luce filtrava forte attraverso le vetrate alle sue spalle, oltre le quali riuscivo a intravedere un edificio in mattoni rossi in stile industriale, di come se ne vedono spesso nelle serie tv americane.

Cristina, però, in America ci si trova realmente. E non per un viaggio di piacere: risultata una delle studentesse assegnatarie del contributo erogato dall’Università degli Studi di Messina finalizzato alla redazione della tesi di laurea all’estero. Cristina, infatti, sta sviluppando il suo lavoro nientepopodimeno che all’Harvard Law School, a Boston. Un traguardo notevole, con il quale ultima un percorso di ricerca iniziato già un anno fa, alla Universidad CEU San Pablo di Madrid, dove si trovava per svolgere un tirocinio Erasmus +.

Non mi è servito molto per riuscire ad afferrare, almeno in minima parte, l’essenza della sua persona. Lei stessa si è descritta come “intraprendente”, e non posso che confermarlo ripensando a come, ad intervista nemmeno iniziata, avesse già anticipato ben tre delle domande che intendevo porle.

D’altronde, per realizzare l’enormità in cui lei è riuscita, non si può non esserlo.

Sorvolando sulle mie constatazioni personali, lascio, ora, che siano le sue parole a raccontarvi chi è davvero Cristina Scorza.

L’intervista

Cristina, raccontaci della tua esperienza universitaria. Giurisprudenza è una facoltà risaputa essere complessa. Che cosa ti ha spinta nell’intraprendere questo percorso? Come hai vissuto questi cinque anni?

«Fin da piccola, ho avuto sete di giustizia. Quando ero al quarto o quinto anno di liceo, poi, ho assistito a una simulazione di procedura penale, svolta per studenti. Mi proposero di fare una domanda in sede di giudizio. Ricordo ancora l’ansia che avevo, ma anche l’entusiasmo che mi rimase subito dopo. Quindi, ho pensato: “È questa è la strada che, in realtà, vorrei intraprendere”.

Dal primo anno fino al quinto di Giurisprudenza, qualsiasi materia che ho studiato, mi ha sempre appassionata. Per questo, molto spesso, ho anche cercato di approfondire le materie, con testi in più, appunti o ricercando su Internet questioni un po’ più specifiche.»

Il tuo curriculum conta incredibili risultati. Fra questi, spicca il tuo ruolo all’interno dell’Elsa, la European Law Students’ Association. In cosa consiste? Cosa rappresenta per te?

«La svolta nel mio percorso universitario è arrivata al terzo anno, con ELSA. ELSA è un’associazione apolitica, professionale e apartitica, di studenti di Giurisprudenza e neolaureati. È a livello non soltanto locale, ma anche nazionale e internazionale. È una realtà che mi ha permesso di conoscere tantissime persone e punti di vista diversi, anche a livello giuridico.

Ho iniziato questo percorso elsiano da socia. Ho svolto alcune Summer Law School, come quella di Malta su ‘diritto della navigazione’, e anche una International Conference of ELSA, una conferenza di tre giorni in Svizzera, a Zurigo, su ‘diritto e sostenibilità’. Queste esperienze mi hanno sempre più appassionata: per questo, successivamente, ho scelto di intraprendere un percorso un po’ più all’interno.

Così da Director sono stata nominata Vicepresidente, raggiungendo l’apice della mia carriera nella mia area, che è ‘Seminari e Conferenze’. Proprio tramite questo ruolo sono riuscita a organizzare diversi eventi che sono culminati nella prima International Conference, quella che ti dicevo prima, organizzata in Italia, proprio a Messina.

Venti studenti di tutta Europa sono venuti ad assistere a delle lezioni e a un programma sociale molto fitto, che ha permesso anche di creare un network con tutti i ragazzi dell’Unime, il dipartimento di Giurisprudenza e i miei professori.

È stato bello vedere di esser riuscita a dare un qualcosa alla comunità che, per prima, mi ha sempre dato.

In tema di organizzazione, per agosto è prevista la prima Summer ELSA Law School. Un prolungamento della International Conference che, a differenza di quest’ultima, il cui tema era ‘diritto dei beni culturali’ (Cultural Heritage Law), andrà ad abbracciare anche la tematica del ‘diritto della proprietà intellettuale’. Durerà circa otto giorni.

Abbiamo avuto già centocinquanta application. Tralasciando i dettagli tecnici, ELSA è sempre stata una bellissima esperienza, che mi ha permesso di confrontarmi con relatori con cui non avrei potuto avere un dialogo altrimenti. Mi ha anche consentito di godermi il dipartimento sotto un’altra veste.»

Sei risultata assegnataria di una borsa di studio nel campo della ricerca dell’Harvard Law School di Boston. Innanzitutto, quale è stata la tua reazione alla notizia? Nello specifico, era un qualcosa che ti eri prefissata di fare, un traguardo che intendevi raggiungere, o è stato un – gradevole – fulmine a ciel sereno?

«È un traguardo che, diciamo, mi ha scossa. Lo vedo come un traguardo che mette fine al mio percorso accademico. Ne sono veramente  entusiasta e, per questo, ringrazio Unime, che mi ha concesso l’opportunità di partire per questa esperienza internazionale, molto rara e unica.»

Di cosa ti occupi nella tua ricerca?

«Sto scrivendo di un argomento di diritto commerciale, ‘Fusioni e Acquisizioni di controllo’, che, in inglese, ha il nome di ‘Cross Border Mergers and Acquisitions and Diligence Process’. Attenziono quattro Stati diversi: Italia, per questioni di madrepatria, Spagna, UK e USA.

Ho scelto questi paesi per comparare due Stati di Civil Law e due Stati di Common Law, due Stati che fanno parte dell’Unione Europea e due Stati che, invece, si strutturano su una base giuridica completamente diversa.

Essendo gli Stati Uniti un sistema federale, poi, ho messo a fuoco al suo interno tre altri Stati: California, New York e Delaware. I più importanti dal punto di vista della regolamentazione.»

Com’è vivere Harvard dall’interno?

«Harvard dispone di questa biblioteca che è la più grande biblioteca di Giurisprudenza al mondo. Sono tantissimi gli scaffali, con testi di ogni tipologia, e hai anche accesso a terminali che ti permettono di accedere a dati, fonti, risorse che possono fornirti altri punti di vista.

C’è un grande lavoro mentale e psicologico da fare, soprattutto nel tralasciare testi che, per quanto interessanti, non sono utili alla mia tesi.

Banalmente, è molto stimolante essere circondata dai libri e poter studiare in un ambiente che è entusiasmante in tutti i sensi.

Lo spirito americano si riconosce fin dall’entrata principale, con studenti di tutto il mondo che chiacchierano nelle aree verdi dell’università.

Nel periodo della mia permanenza, ho assistito alle ultime lezioni di “Corporations”, in cui ho notato come la modalità di fare lezione è diversa e più pratica. Inoltre, maggio è il mese delle graduations e vedere quanto sia differente il sistema universitario americano rispetto al nostro, anche sotto questo aspetto, è molto particolare.

Avere un dialogo con studiosi ed esperti del mio settore, poi, al di fuori di Messina, mi ha arricchito e ha contribuito ad aumentare la passione per l’argomento della tesi.»

Biblioteca di HarvardFonte: Cristina Scorza
Biblioteca di Harvard

Qual è il tuo sogno? Dove ti immagini fra dieci anni?

«Non saprei perfettamente dirti dove sarò. Sto valutando più possibilità, perché non vorrei entrare in un percorso che, poi, non mi piace nemmeno in fondo.

So che, tra le mie ispirazioni, c’è quella di fare l’esame di abilitazione di avvocato. Quindi, magari diventerò un avvocato, nel settore di cui mi sto occupando.

Allo stesso tempo, la ricerca che sto svolgendo qui negli USA e che ho svolto a Madrid mi ha fornito un’ulteriore prospettiva sul come è vivere l’università. Non mi dispiacerebbe intraprendere un dottorato, che possa anche accostare alla pratica dell’avvocato un aspetto più accademico.»

Cosa diresti agli studenti che, come te, hanno intenzione di intraprendere questa strada? Un consiglio che ti senti di dar loro?

«È un percorso che ti forma personalmente e professionalmente.

Stare dall’altro lato del mondo, lontani da famiglia e amici, è pesante, soprattutto per questioni di fuso orario. Da questo punto di vista, bisogna essere preparati.

Però non è impossibile e neanche difficile stare qui. Buttarsi in queste esperienze, uscire dalla propria comfort zone, mi ha permesso di conoscere persone, vivere esperienze e un sistema completamente diverso. Sono riuscita in cose che, a Messina, non avrei mai pensato di fare.»

 

Carissima lettori, il nostro viaggio si conclude qui. Non ci resta che fare a Cristina i nostri più sentiti complimenti e augurarle

Good luck!”.