Coda, un ponte fra la cultura sorda e quella udente sordionline.com/wp-content/uploads/2022/06/udito-2022.jpg

Figli del silenzio, voci del mondo: alla scoperta dei CODA

Cultura
coda lingua dei segni sordità

Immaginate una vita, anzi un’infanzia che inizia con gesti eloquenti, dove la lingua principale non suona, ma danza nell’aria. Un mondo in cui le mani narrano emozioni, storie e costruiscono un rapporto, quello naturale e speciale, tra genitori e figli.

Questo è il mondo in cui nascono e crescono i CODA (Children of Deaf Adults), acronimo che rappresenta una categoria unica e affascinante, quella della cultura sorda. Sono i figli udenti di genitori sordi, che crescono in un ambiente in cui coesistono la lingua dei segni e la lingua vocale, la cultura sorda e quella udente. Non solo semplicemente degli interpreti precoci. I CODA appartengono al crocevia di due mondi linguistici e sociali, che forgia un’identità a sé stante, ricca e sfaccettata.

Spesso bilingue, i CODA hanno una doppia appartenenza, che offre opportunità straordinarie. Non mancano le sfide complesse, che li rendono un tema di studio sempre più rilevante nei campi della linguistica, della sociologia e dell’educazione.

La nascita di un’identità

Il termine è stato introdotto nel 1983 da Millie Brother, lei stessa una CODA e fondatrice dell’organizzazione CODA International.

L’acronimo, che abbraccia una cultura sempre in bilico fra due lingue e due mondi, nasce dalla necessità della Brother di adottare un termine che riconoscesse un’esperienza unica.

Nel luglio del 2019, in occasione della conferenza annuale e internazionale dei CODA provenienti da ogni parte del mondo, l’associazione CODA Italia ha avuto l’opportunità di intervistare la fondatrice, che ha spiegato come la scelta dell’acronimo “CODA” non fu casuale.

“Quando ero piccola mi piaceva suonare il violino, mia madre mi sosteneva tantissimo e mi spronava a studiare musica. Studiando e osservando i simboli della musica mi sono accorta che da una battuta musicale ad un’altra c’erano dei simboli che univano le due battute. Riflettendo su questi simboli di unione ho pensato che noi eravamo come quei simboli, un’unione tra i due mondi. Da quel pensiero è nato l’acronimo CODA”.

Una metafora che si rivelò particolarmente azzeccata: individui che crescono all’interno della “melodia” della cultura sorda, ma che, essendo udenti, hanno anche un ruolo distinto e una prospettiva unica nel “brano” della società più ampia.

 

La fondazione CODA International

La fondazione di CODA International segnò un momento cruciale. Per la prima volta, esisteva un’organizzazione dedicata specificamente ai loro bisogni e alle loro esperienze.

I primi anni furono dedicati alla creazione di una rete di supporto, all’organizzazione di conferenze annuali che divennero un importante punto di incontro per i CODA di tutto il mondo, e alla sensibilizzazione sull’esistenza e sulle peculiarità di questa comunità.

Con la sua ricerca,  condotta alla Gallaudet University, Millie Brother dimostrò che circa il 90% dei figli nati da genitori sordi erano udenti.

Oggi CODA International conta tantissimi iscritti, costruendo una rete di conoscenze in giro per il mondo con le varie sedi (tra cui quella italiana, a Roma) e, soprattutto, creando quello che poi è diventato un legame familiare e globale, un posto dove sentirsi sempre a casa.

Di seguito, l’obiettivo dell’organizzazione esplicitato sul loro sito:

«CODA celebrates the unique heritage and multicultural identities of adult hearing individuals
with deaf parent(s)»

(CODA celebra il patrimonio unico e le identità multiculturali di persone udenti con genitori sordi)
CODA International

 

L’infanzia dei CODA tra due mondi

Sebbene non tutti i CODA abbiano esperienze identiche, convivono alcuni tratti distintivi, tra cui un bilinguismo naturale e una doppia identità culturale.

Ci sono bambini che si ritrovano a spiegare le dinamiche del mondo udente ai genitori e viceversa, talvolta traducendo argomenti tipici degli adulti.

Questa responsabilità precoce come mediatori culturali può portare a una maturità anticipata e a una profonda comprensione di diverse prospettive. Ciò può anche generare un senso di peso e la necessità di trovare un equilibrio tra il desiderio di aiutare e il bisogno di vivere la propria infanzia.

Essere CODA significa spesso sentirsi parte di due mondi, ma a volte non completamente integrati in nessuno dei due. Possono sentirsi troppo udenti nella comunità sorda e troppo legati al silenzio nel mondo udente.

Proprio da questa peculiare posizione emerge spesso un forte senso di appartenenza alla comunità CODA. Condividere esperienze simili porta alla formazione di una vera e propria terza cultura, un’identità ibrida che celebra la ricchezza di entrambi i mondi e sviluppa norme, valori e un umorismo propri.

 

La famiglia Bélier e il silenzio della musica

Nel 2014, ha incantato il grande schermo francese e non solo, raccontando la sordità nel modo più dolce e diretto possibile.

La famiglia Bélier ha per protagonista una famiglia in cui mamma, papà e fratello sono sordi. Paula, adolescente, è l’unica udente, punto di riferimento della sua famiglia, quindi una CODA. La trama si snoda attraverso le sue responsabilità quotidiane di interprete, le dinamiche affettuose ma a volte complesse con i genitori e il fratello, e il suo desiderio di inseguire la passione per la musica, che la allontana dal suo ruolo familiare.

Paula, con la sua voce, riuscirà a toccare il cuore e il silenzio della sua famiglia.

Il film cattura con sensibilità il peso delle aspettative, il senso di lealtà e il conflitto interiore tra il desiderio di autonomia e l’amore per la propria famiglia. Attraverso le interpretazioni toccanti e le scene che mostrano la comunicazione in Lingua dei Segni, lo spettatore è condotto a percepire sia la bellezza che le frustrazioni di questo singolare contesto familiare, suscitando riflessioni sul ruolo della comunicazione, sull’importanza del sostegno e sulla difficile ricerca del proprio posto nel mondo, pur rimanendo legati alle proprie radici.

In conclusione, i CODA sono molto più che semplici figli di sordi. Essi incarnano una cultura ricca e sfaccettata, nata dall’incontro tra il mondo del silenzio e quello del suono.

Se La famiglia Bélier ha acceso una luce su una parte della loro esperienza, è fondamentale andare oltre per apprezzare appieno la complessità, la resilienza e la preziosa prospettiva che i CODA apportano al tessuto multiculturale della nostra società.

Riconoscere e valorizzare questa cultura significa celebrare una forma unica di identità e la straordinaria capacità umana di comunicare e connettersi in modi diversi e profondi.

Fonti:

CODA – Chi sono e che cosa significa vivere in una famiglia di sordi

https://evodeaf.com/glossario/figli-di-adulti-sordi-codas/

Cos’è la “CULTURA CODA” e come si relaziona con la cultura dei sordi?

Intervista a Millie Brother

Elisa Guarnera