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Lezioni di degrado al Polo dell’Annunziata

Vita Universitaria
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La recente ristrutturazione del DICAM ha restituito decoro al polo universitario dell’Annunziata, ma lo stato di abbandono dell’omonimo Viale penalizza l’immagine del Dipartimento. Basta fare qualche passo fuori dal cancello per rendersene conto.

Un’accoglienza poco universitaria

Il quartiere dell’Annunziata non brilla certo per ordine e pulizia. Un torrente scoperto e maleodorante taglia in due la strada, e il caos del parcheggio selvaggio regna sovrano. Aiuole e rotonde sono sommerse da erbacce e sterpaglie, mentre qua e là spuntano mini discariche di rifiuti ingombranti. Non è esattamente ciò che ci si aspetta da una zona universitaria.

Ma se l’intero rione richiederebbe una strutturale quanto complessa riqualificazione da parte del Comune, la prima parte del Viale, quella che conduce al DICAM, potrebbe essere facilmente curata con un minimo di attenzione in più.

Proprio quel tratto di strada che va dalla terza rotonda fino ai cancelli del Dipartimento rappresenta il vero ingresso del Polo universitario. In virtù di ciò, sarebbe lecito attendersi un’area rifinita, che accolga al meglio gli accademici. Al contrario, si presenta trascurata, sporca, quasi respingente.

Da mesi il viale è invaso da alte erbacce che rendono il marciapiede in molti tratti impraticabile. Gli studenti sono spesso costretti a scendere sulla strada, camminando a pochi centimetri dalle auto che sfrecciano. E come se non bastasse, non di rado bisogna schivare anche qualche sacco di spazzatura, abbandonato dai residenti della zona non particolarmente affezionati alla raccolta differenziata.

Fra rifiuti, escrementi di animali e scritte spray, raggiungere la facoltà diventa una piccola odissea. E la situazione non migliora quando si arriva davanti al Dipartimento: lì, alla sinistra dei cancelli, la panchina nera resta incrinata da infinite settimane, a testimonianza dell’incuria generale.

Il lato positivo? Le condizioni pietose del viale sono una motivazione in più per laurearsi in fretta. Non tanto per il traguardo accademico in sé, quanto per fuggire il prima possibile da un quartiere tristemente desolato.

 

UniME, pensaci tu!

Il Comune dovrebbe essere il primo soggetto a intervenire, anche solo per dimostrare un minimo di riguardo verso l’Università, istituzione centrale nella realtà cittadina. Ma, a quanto pare, anche una semplice scerbatura sembra cosa dell’altro mondo.

In questo scenario, l’intervento dell’Università di Messina potrebbe fare davvero la differenza. UniMe ha infatti mezzi, voce e autorevolezza per chiedere al Comune e a Messinaservizi una migliore gestione della zona.

Interventi basilari potrebbero migliorare di molto la situazione attuale: l’installazione di cestini lungo il marciapiede aiuterebbe a combattere l’abbandono di lattine e bottiglie di plastica, mentre collocare dei contenitori per le deiezioni canine sarebbero un forte segnale di civiltà. Ma l’intervento più urgente resta la scerbatura, perché qui le erbacce rischiano davvero di diventare alberi.

Sono accorgimenti minimi, ma con una grande importanza. L’ingresso del DICAM merita un aspetto più dignitoso e accogliente. Per questo anche le associazioni studentesche dovrebbero unirsi e fare fronte comune, chiedendo ai vertici universitari un’azione concreta.

Lo richiede l’immagine di UniMe, così come tutti gli studenti che ogni mattina percorrono quei marciapiedi horror per raggiungere le facoltà. Questo degrado va avanti da troppo tempo, e l’Università non può fare finta di nulla.

 

Giovanni Gentile Patti