Kefiah pattern Fonte: https://www.bing.com/images/search?view=detailV2&ccid=KjUxopWw&id=66B11C2422473C62F9712416100CEF7F479361D1&thid=OIP.KjUxopWwtsch9afHWPb_YAHaFs&mediaurl=https%3a%2f%2fimages.freeimages.com%2fimage%2fpreviews%2fc22%2fpalestinian-keffiyeh-pattern-5690599.jpg&cdnurl=https%3a%2f%2fth.bing.com%2fth%2fid%2fR.2a3531a295b0b6c721f5a7c758f6ff60%3frik%3d0WGTR3%252fvDBAWJA%26pid%3dImgRaw%26r%3d0&exph=1000&expw=1300&q=Palestinian+Keffiyeh+Pattern&simid=608054927748447920&FORM=IRPRST&ck=CCEB8FCAD1BE8112945281E24DDDF5BA&selectedIndex=18&itb=0&ajaxhist=0&ajaxserp=0

La Kefiah, un simbolo tra resistenza, radici e tradizioni

Cultura
#radici culturali antropologia decolonizzazione Kefiah medio oriente

La kefiah è il simbolo del popolo palestinese e della lotta per la liberazione della Palestina.

La kefiah è un copricapo tradizionale, diffuso anche tra le altre popolazioni dell’Asia Occidentale, le quali hanno prodotto la propria variante. In Giordania, ad esempio, la kefiah viene chiamata “hatta”. La si può trovare anche in Siria e in Iraq, dove la chiamano “shemagh”. Nei paesi del Golfo Persico, come il Qatar o l’Arabia Saudita, viene chiamata “gutrah”.

La kefiah è un indumento distintivo del mondo arabo, sia storicamente che per l’immaginario collettivo. Essa però non porta con nessun significato religioso. Da sempre è indossata da arabi di fede cristiana e drusa, oltre che da chi professa la fede islamica.

Nel corso dei decenni è divenuto il vessillo non solo del popolo palestinese, ma anche di tutte le donne e uomini liberi nel mondo che si oppongono alle guerre, e all’imperialismo occidentale.

 

Da indumento tradizionale a simbolo di autodeterminazione e resistenza

Tra gli anni 60 e 70 del secolo scorso, con lo scoppio della guerra del Vietnam, negli Stati Uniti e in tutto il mondo occidentale emerse il movimento pacifista. Un’onda internazionale che si mosse dal basso, un movimento che diventò il ”megafono” che rappresentò le istanze di tutti i popoli oppressi del mondo. Dal Vietnam alla Palestina, dall’embargo di Cuba da parte statunitense al colpo di stato fascista in Cile. Dall’Angola al Mozambico che lottavano per l’indipendenza, dal Portogallo fino al Sud Africa dell’apartheid. Il movimento pacifista, tra marce di folle oceaniche e azioni dimostrative, si mostrò come l’impersonificazione della vera opinione pubblica che denunciava le barbarie dei nostri tempi. 

Così la kefiah oltrepassò i confini levantini per divenire un simbolo di solidarietà internazionale. Il simbolo di chi ha a cuore la libertà dei popoli.

Nessuno è libero fino a che non siamo tutti liberi

recitavano i cartelloni tra le mani dei manifestanti.

Nelson Mandela con la kefiah in segno di solidarietà al popolo palestineseFonte: https://www.aljazeera.com/wp-content/uploads/2023/12/afp.com-20060304-PH-PAR-ARP1559147-highres-1701775047-e1701777815420.jpg?resize=770%2C513&quality=80
Nelson Mandela con la kefiah in segno di solidarietà al popolo palestinese

La kefiah fu indossata sia dalle persone comuni che protestavano per la pace sia dai leaders dei popoli in rivolta. Da Fidel Castro a Nelson Mandela In particolare, tutti i leaders di sinistra nel mondo indossarono la kefiah. Indossarla era già di per sè un’azione politica. La chiara espressione del sostegno alla causa palestinese. Nei decenni, anche Che Guevara si recò in visita a Gaza varie volte, prima del suo assassinio.  

 

La forza di un popolo e i suoi simboli  

Originariamente, la kefiah in Palestina non era indossata indistintamente da tutta la comunità palestinese. Storicamente, infatti, indossavano la kefiah coloro che vivevano nelle zone rurali, contadini, e beduini.

Nelle città palestinesi, per via dell’influenza della dominazione ottomana, era diffuso il “tarbouchè ottomano“, un copricapo di forma conica di colore rosso.

Nel 1917, durante la Prima guerra mondiale, con la sconfitta ottomana, la Palestina passò dall’occupazione ottomana a quella britannica, durata fino al 1948.

L’occupazione britannica portò alla grande rivolta araba del 1936, conseguenza della brutalità coloniale che assecondava l’insediamento di coloni sionisti provenienti da tutto il mondo.

Il susseguirsi di attacchi alle comunità palestinesi rurali provocò la rivolta delle classi contadine. Gli insorti erano facilmente identificabili. I partigiani palestinesi, per non farsi identificare, durante le rivolte iniziarono a coprirsi tutto il volto con la kefiah. Di conseguenza, chiunque indossava una kefiah divenne sospetto e passibile di arresto da parte delle autorità coloniali. 

I leaders palestinesi dell’epoca, come risposta, invitarono tutta la popolazione ad abbandonare il tarbouchè ottomano, divenuto “il copricapo dei traditori”.  Esortarono tutta la popolazione a indossare la kefiah.

Questa strategia rese impossibile l’individuazione dei ribelli da parte delle autorità coloniali.

L’apice della kefiah, adottata come simbolo della Palestina per antonomasia, si ebbe però solo nel 1967. Dopo la sconfitta degli Stati Arabi contro il neo Stato sionista nella guerra dei sei giorni, e l’occupazione anche di Gaza e di tutta la Cisgiordania da parte del nuovo stato coloniale.

Il fallimento della repressione e la censura della bandiera della Palestina e i suoi colori

Una delle prime conseguenze della totale occupazione della Palestina fu che la bandiera palestinese venne vietata da una legge varata dall’occupante israeliano.

Nel 1980, Israele varò un’ulteriore legge che vietava le opere d’arte di “significato politico”; altresì vietava le opere d’arte composte dai quattro colori della bandiera palestinese. I palestinesi vennero arrestati per aver esposto tali opere d’arte.

Fu così che la kefiah sostituì la bandiera palestinese, equivalendosi nel suo significato di resistenza al colonialismo.

Oltre alla kefiah, per sfidare la legge imposta dagli israeliani ai palestinesi, iniziò a diffondersi la pratica tra chi protestava di portare  con alle manifestazioni delle angurie, frutto che contiene i quattro colori della bandiera palestinese.

Il divieto di esporre la bandiera della Palestina verrà abolito solo nel 1993, con gli accordi di Oslo firmati dal leader della resistenza palestinese dell’epoca, Yasser Arafat, anch’egli uno dei maggiori sponsor della kefiah. Questi non si è mai mostrato in pubblico senza indossarla.  

 

Anguria simbolo di protesta e diritto all'autodeterminazioneFonte: https://www.bing.com/images/search?view=detailV2&ccid=lMP3TQyP&id=370A6588D30BB16F932B5DF4AC0EC44D9D779096&thid=OIP.lMP3TQyPP-2ZmlmQTejhMwHaE8&mediaurl=https%3a%2f%2fwww.indy100.com%2fmedia-library%2fpalestinian-farmers-in-the-northern-gaza-strip-in-2021.jpg%3fid%3d50420812%26width%3d1200%26height%3d800%26quality%3d85%26coordinates%3d0%252C0%252C0%252C0&cdnurl=https%3a%2f%2fth.bing.com%2fth%2fid%2fR.94c3f74d0c8f3fed999a59904de8e133%3frik%3dlpB3nU3EDqz0XQ%26pid%3dImgRaw%26r%3d0&exph=800&expw=1200&q=watermelon+protest+palestine&simid=608045122402729502&FORM=IRPRST&ck=1B5D1F658A32DC2443C2933507EA3E33&selectedIndex=83&itb=0&ajaxhist=0&ajaxserp=0
Manifestanti palestinesi che hanno reso anche il frutto un simbolo del loro diritto all’autodeterminazione

 

La mercificazione della grande industria della moda ha decostruito il significato di lotta della kefiah

Negli anni 2000, la kefiah ha vissuto un momento di appropriazione e mercificazione da parte del mercato della moda mondiale. Questo, tendendo a spogliarla del suo profondo significato storico, culturale e di lotta, decostruì l’implicazione simbolica di chi la indossava e la trasformò in un indumento comune, l’ennesimo prodotto fashion.

Il mercato fu esondato da svariati tipi di kefiah, che differivano per forma colore e dimensione. Marchi come Balenciaga arrivarono a produrre la propria versione nel 2007, al prezzo di tremila euro al pezzo e anche Chanel e Fendi proposero la loro variante.

Ciò nonostante, la kefiah ha continuato a essere il simbolo della Palestina e della sua lotta per la liberazione.

Svariate celebrità l’hanno indossata come messaggio di solidarietà per il popolo Palestinese, come Roger Water dei Pink Floyd. Tuttavia, nonostante gli accordi di Oslo siano falliti e benchè dal 2007 la striscia di Gaza sia divenuta il piu grande campo di concentramento della storia dell’umanità, la causa palestinese è caduta nell’ombra. Forse, più che cadere, sono stati i riflettori dei media occidentali ad essersi girati dall’altra parte, contribuendo a far cadere nell’oblio la causa palestinese.

 

Nuovamente attorno al collo di milioni di persone in tutto il mondo

Proteste pro PalestinaFonte: https://www.wlrn.org/government-politics/2023-10-13/palestinian-supporters-speak-out-in-south-florida-as-israel-hamas-conflict-rages-in-middle-east
Protesta pro Palestina
Fonte: Al Diaz Adiaz, @Miamiherald.com

Con l’inizio del genocidio a Gaza, iniziato il 7 ottobre 2023 e vergognosamente ancora in corso, il mondo ha preso nuovamente coscienza della causa palestinese e del paradosso dell’unica colonia occidentale esistente ancora al mondo, ovvero lo stato di Israele.

Le cronache del genocidio del popolo Palestinese hanno fatto che la kefiah tornasse attorno al collo di milioni di persone in tutto il mondo, indossata in solidarietà col popolo palestinese. Di conseguenza, è tornata protagonista negli schermi dei media.

Purtroppo, come nel 1967, assistiamo a tentativi da parte di chi sostiene il regime di appartaheid israeliano di criminalizzare questo indumento, tentando in tutti i modi di far associare la kefiah con il terrorismo nell’immaginario collettivo.

Tristemente assistiamo ad atti di repressione e anche arresti da parte della polizia in Stati democratici, come la Germania e l’Austria, nei confronti di attivisti colpevoli di indossare la kefiah. Svariati sono stati anche i casi di persone allontanate da locali pubblici perché indossavano una kefiahanche una semplice spilletta con la bandiera palestinese. Altri hanno perso il proprio impiego per il sol fatto che indossavano sul posto di lavoro tali simboli.

L’atteggiamento repressivo a cui assistiamo anche fuori dalla Palestina ha incoraggiato la protesta in tutto il mondo. Le piazze delle maggiori metropoli del mondo pretendono la fine del genocidio, il cessate il fuoco e la fine dell’occupazione israeliana, perpetrata impunemente  da oltre settantasei anni.

Non è una questione solo politica, è anche e sopratutto una questione etica, alla base dei valori e dei diritti umani su cui si basa la civiltà moderna.

Come scrisse Vittorio Arrigoni, attivista italiano per i diritti umani e giornalista, ucciso a Gaza nel 2011.:

Restiamo umani.

 

Vittorio ArrigoniFonte: https://www.bing.com/images/search?view=detailV2&ccid=9jgtv5D5&id=AA96DD11936B800EE24B5FA85FD0DE9C4763A275&thid=OIP.9jgtv5D5vQR28dw0pBfvVAHaF-&mediaurl=https%3a%2f%2f3.bp.blogspot.com%2f-6nyTzQE8tk8%2fVT3sColrgFI%2fAAAAAAAADQQ%2ff6-VT2yUDYY%2fs1600%2fVittoro-Arrigoni.jpg&cdnurl=https%3a%2f%2fth.bing.com%2fth%2fid%2fR.f6382dbf90f9bd0476f1dc34a417ef54%3frik%3ddaJjR5ze0F%252boXw%26pid%3dImgRaw%26r%3d0&exph=646&expw=800&q=vittorio+arrigoni&simid=608048511106972670&FORM=IRPRST&ck=6C8E8BF42A7AA283ED10C503D3A71EA4&selectedIndex=72&itb=0&ajaxhist=0&ajaxserp=0
Vittorio Arrigoni 

  

Fonti :

https://orientxxi.info/va-comprendre/perche-la-kefiah-e-il-simbolo-della-resistenza-palestinese,7111#:~:text=Uno%20strumento%20della%20Grande%20Rivolta&text=In%20Palestina%2C%20la%20kefiah%20%C3%A8,nero%20che%20circonda%20la%20testa

https://www.middleeasteye.net/discover/palestine-keffiyeh-resistance-traditional-headdress