Speak no Evil: un instant ramake in salsa USA che convince

Francesco Pio MagazzÙ
FRANCESCO PIO MAGAZZÙ
Film
film James McAvoy recensioni SpeaknoEvil
CVLT
Remake in salsa Hollywoodiana della pellicola danese Speak no Evil del 2022, Speak no Evil – Non parlare con gli sconosciuti Voto UVM: 4/5

“Speak no Evil – Non parlare con gli sconosciutiè un thriller psicologico con sfumature horror che, in un crescendo di tensione, sprigiona tutta la sua potenza di pari passo alla crescente interpretazione di James McAvoy. Non privo di qualche difetto, l’opera del regista James Watkins convince ma potrebbe far storcere il naso a chi ha apprezzato la versione danese. Voto UVM: 4/5

Speak no Evil: la trama è fedele alla versione danese?

Speak no Evil – Non parlare con gli sconosciuti, condivide buona parte della trama con la versione danese della pellicola. Una famiglia americana in vacanza in Toscana fa la conoscenza di una famiglia inglese molto estroversa. Dopo una gradevole cena e qualche bicchiere di vino, gli inglesi Paddy e Ciara, con a seguito il piccolo Ant, invitano gli americani Ben, Louise e la piccola Agnes a passare un week end nella loro casa immersa nelle campagne inglesi. Dopo un po’ di titubanza, dovuta anche ai loro rapporti familiari ormai logori, la famiglia americana decide di accettare l’invito.

Due famiglie a confronto

Speak no Evil gioca sulle differenze nella costruzione della storia per condurci sempre di più in una spirale di paura. Le due famiglie non potrebbero essere più diverse. Ben, Louise e la figlia Agnes vivono dei rapporti familiari tesi. Tra marito e moglie aleggia l’ombra dell’infedeltà di Louise e dei problemi lavorativi di Ben che li ha costretti a trasferirsi in Inghilterra, il tutto reso ancora più complicato dalle ansie della giovane Agnes. Paddy, Ciara e Ant, bambino con difficoltà comunicative dovute ad una malformazione alla lingua, sono apparentemente la famiglia perfetta. Passione, complicità e lavoro di squadra si mescolano ad alcuni strani comportamenti che con il passare dei minuti fanno capire allo spettatore che in Speak no Evil qualcosa non va.

Frame di “Speak no Evil – Non parlare con gli sconosciuti”. Regia: James Watkins. Distribuzione: Blumhouse Productions.

 Speak no Evil: un gioco tra opposti

É proprio nei suoi protagonisti e nelle loro interazioni che Speak no Evil trova la sua forza. Paddy (James McAvoy) e Ben (Scoot McNairy) sono diametralmente opposti. L’inglese è un padre severo, tutto d’un pezzo e sicuro di sé, mentre Ben è un uomo pavido ed insicuro. Anche Ciara e Louise sono agli antipodi. Louise è la vera guida della sua famiglia, Ciara è la tipica moglie che cerca di fare di tutto per assecondare il marito. Sono proprio l’incrocio e lo scontro tra le diverse personalità dei protagonisti a muovere la storia e, minuto dopo minuto, a farci capire che dietro l’apparente stranezza si cela qualcosa di oscuro.

Speak no Evil dimostra che è meglio non fidarsi degli sconosciuti 

Speak no Evil – Non parlare con gli sconosciuti, svela la sua natura a partire dal secondo atto. Quello che poteva sembrare un semplice weekend tra amici si trasforma presto in incubo per Ben, Louise e Agnes. Ed è proprio dal secondo atto che James McAvoy innalza il livello della sua interpretazione ben al di sopra delle righe di pari passo all’evoluzione del suo personaggio. Paddy si trasforma nel predatore che è sempre stato ed inizia la sua caccia che non risparmia nessuno e che vede in Louise unico baluardo di una famiglia che cade a pezzi ma che necessita di una guida.

Frame di “Speak no Evil – Non parlare con gli sconosciuti”. Regia: James Watkins. Distribuzione: Blumhouse Productions.

Il terzo atto convince ma si allontana dall’originale

Il terzo atto è quello che svela tutte le carte del film e che allontana la pellicola di Watkins da quella danese del 2022. Se la versione danese di Speak no Evil manteneva sempre un ritmo volontariamente compassato, la pellicola con protagonista James McAvoy trova nel terzo atto il suo cambio di registro. Tutto si palesa, tutti i dubbi vengono fugati e inizia la ciaccia spietata tipica del genere a cui Hollywood ci ha già abituati. Ed è proprio questa caccia con il suo finale, per certi aspetti fin troppo buono, che potrebbe far storcere il naso a chi apprezzato la pellicola danese. Chi si aspettava un finale cupo ed incerto come quello del film danese potrebbe rimanere deluso. Ma è proprio questo finale figlio di un terzo atto diverso che dà un senso a questo remake uscito appena due anni dopo la pellicola del 2022.

Una regia solida 

La regia di James Watkins è solida e funziona. I primi piani, ed in particolare quelli su James McAvoy, permettono di cogliere le sfumature emotive e l’evoluzione dei protagonisti. Ogni atto è caratterizzato dalla prevalenza di un certo tipo di scenario, che muta con il proseguo della trama. Dalle grandi campagne inglesi ci ritroviamo catapultati in stretti corridoi e stanze buie dove ogni rumore può fare la differenza tra la vita e la morte. La scrittura convince se non per qualche scena che sottolinea fin troppo l’inettitudine di Ben. Il comparto sonoro fa il suo dovere nel caricare la crescente tensione soprattutto nel terzo atto del film.

 

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               Francesco Pio Magazzù