Ni cummini quantu a Giufà

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In ogni angolo della Sicilia si parla dello sciocco Giufà e delle sue peripezie da credulone.

Un grande personaggio che intratteneva grandi e piccini, prima che il mondo dei cartoni animati e dei social facesse sfumare l’arte del cantastorie e delle tradizioni popolari.

In pochi sanno che Giufà non è soltanto un personaggio popolare della tradizione siciliana, ma anche uno di quella spagnola e soprattutto araba.

L’etimologia del nome 

Si pensa che Giufà provenga dall’arabo, ma a darci qualche informazione in più è l’origine del suo nome.

Una cosa è certa, l’etimologia racchiude le qualità del personaggio.

Dal Nuovo vocabolario siciliano, si evidenzia che comunemente il nome Giufà derivi dal nome Giovanni; tuttavia, a

Nasreddin Khoja Fonte: Wikipedia

 

noi piacciono le storie e siamo andati ad indagare la “vera” etimologia del nome, animati dal desiderio di scovare un significato più goliardico, e così è stato.

Gioieni Giuseppe, nella sua opera interamente dedicata all’etimologia delle parole siciliane, sostiene che il nome derivi dallo spagnolo Ciufà, che indica la burla, lo scherno. Difatti, la tradizione ci tramanda racconti di gesta comiche.

Per altri Giufà non è un personaggio di fantasia inventato dalle mamme per intrattenere i più piccoli, ma in realtà è Nasreddin Khoja, un personaggio storico del XI secolo realmente esistito in Turchia.

 

In letteratura

Se per l’etimologia del suo nome, non vi è alcun dubbio, Giufà è lo sciocco del villaggio, qualche incertezza sussiste circa la sua apparizione letteraria.

Alcuni collocano la sua prima testimonianza scritta nel XVII secolo per mano di due poeti siciliani, Venerandu Ganci e Mamo da Cianciana, che inauguravano un nuovo personaggio da aggiungere alla letteratura umanista tipica di Boccaccio.

Giuseppe Pitrè – Fonte: l’identità di Clio

Altri sostengono che la prima apparizione del personaggio nella letteratura  avvenne grazie allo studioso delle tradizioni popolari, etnologo, medico e scrittore Giuseppe Pitrè intorno al 1845. Calvino, proprio in occasione della trasposizione del personaggio tipico della tradizione orale, disse : «al centro del costume di raccontar fiabe è la persona – eccezionale in ogni villaggio o borgo – della novellatrice o del novellatore, con un suo stile, un suo fascino. Ed è attraverso questa persona che si mutua il sempre rinnovato legame della fiaba atemporale col mondo dei suoi ascoltatori, con la Storia».

È curioso scoprire che diversi scrittori del Novecento hanno trasportato Giufà nelle loro opere.

Italo Calvino, recuperò il nome per soprannominare Gurdulù, lo scemo del villaggio, nella sua opera Il cavaliere inesistente; Leonardo Sciacca intitola un’opera Giufà e il cardinale.

Nelle storie che vedono protagonista Giufà, coesistono l’eroe e l’antieroe, impersonificati in scenari di ironia e beffa, sarcasmo e benevolenza, con temi attuali che invogliano alla critica verso il potere sociale.

Maldestro ma furbo, essere paragonati a Giufà può essere utilizzato in senso positivo, ma anche in senso negativo. Solitamente in Sicilia si usano tra i modi di dire “fari u Giufà” e “ni cummina quantu a Giufà”.

Il personaggio nella tradizione siciliana

Vediamo insieme le sfaccettature di questo personaggio, che si adatta ad ogni contesto culturale.

In Sicilia, il paragone con il personaggio di Giufà serve ad indicare chi è privo di furbizia e in preda ai più disparati malfattori.

Difatti, le storie che ruotano attorno al personaggio di Giufà lo ritraggono vittima di furti avvenuti con estrema facilità.

La trama della storia che fece la sua prima comparsa nell’opera di Pitrè prende spunto da consuetudini bucoliche nella Palermo del tempo, quando briganti e malfattori invogliavano i ragazzi a scambi di prelibatezze, sottratte furtivamente dalle dispense di casa, con promesse mai mantenute.

D’altronde, Giufà è il tipico fanciullo di campagna poco istruito che si esprime in modi di dire, racconti tramandati dalla madre e vive alla giornata in modo ingenuo, cacciandosi sempre nei guai.

Nella tradizione reggina

Nella tradizione reggina troviamo una piccola eccezione al Giufà siciliano, pur rimanendo nel background di un fanciullo sciocco. In questa versione, Giufà, al momento opportuno, si difende dagli attacchi, impersonando i caratteri della tradizione giudaico-spagnola del ragazzetto sciocco ma furbo, che si adatta alla circostanza in cui si trova.

Insieme a Giangurgolo e alle storie di Fata Morgana, diventa un volto amatissimo dal popolo calabrese.

Nella tradizione giudaico-spagnola

Nella tradizione giudaico-spagnola, viene presentato come un personaggio dal carattere ambivalente, passando dal non saper acquistare neanche da mangiare al nutrire chi avesse fame, ed è anche il ribelle che si prende a cuore le questioni sociali.

Il Giufà della tradizione giudaico-spagnola è un cavallo il cui valore si vede a lunga corsa.

Essere Giufà

Giufà è anche il titolo di un ciclo di racconti tragicomici interminabili e autoconclusivi. È sicuramente un personaggio del Novecento pensato come comico ma estremamente riflessivo.

È un personaggio che si ama per le sue sciocchezze e ingenuità, e ci sorprende per le sue risposte secche e furbe. Per questo vogliamo lasciarvi con due brevi storie che racchiudono il senso del “sii nu Giufà”:

Il barbiere maldestro

Giufà andò da un nuovo barbiere per radersi i capelli.

Il barbiere, non avendo molta pratica ed avendo una mano malferma, ad ogni taglio gli procurava una ferita che veniva prontamente saturata con un batuffolo di cotone. Ben presto una prima metà del capo di Giufà fu ricoperta da tanti batuffoli per evitare la fuoriuscita di sangue.

Quando il barbiere prese a radere l’altra metà della testa, Giufà gli chiese sarcasticamente: “Visto che già metà della mia testa l’hai seminata a cotone, cosa pensi di coltivare nell’altra parte?”.

 Giufà e i ceci

Giufà e i tre ceci
Giufà e i tre ceci
Fonte: colapisci.it

Un giorno la madre di Giufà andando a Messa raccomandò al figlio di mettere due ceci in pentola a bollire in modo tale che quando tornava sarebbero stati pronti.

Dopo un poco che la madre era uscita Giufà eseguì l’ordine ricevuto. Quando la madre tornò trovò la pentola che borbottava sul fuoco ma quando alzò il coperchio si accorse che dentro l’acqua i ceci non c’erano.

Infuriata, rimproverò aspramente il figlio per non averla ascoltata ma Giufà si difese dicendo: “Ho fatto più di quanto mi hai detto, ho messo in pentola ben tre ceci invece di due! Poi per controllare la cottura ho assaggiato il primo, per vedere come era di sale ho mangiato il secondo ed infine per vedere se era ancora duro ho mangiato il terzo! Per questo sono finiti!”. La madre, allora, esasperata, cominciò a picchiarlo con un cucchiaio di legno sulle gambe senza aggiungere altro.

 Elena Zappia

Fonti

https://it.wikipedia.org/wiki/Giuf%C3%A0

https://www.treccani.it/enciclopedia/giufa_%28Enciclopedia-Italiana%29/

https://www.tempostretto.it/news/cultura-giuf-eroe-siciliano.html

https://www.e-genius.it/Trinakria/sicilianelcuore.info/tradizioni/index.php?content=giufa

https://www.sololibri.net/Storie-di-Giufa-origine-varianti-riscontri.html

https://www.experiences.it/archives/7324