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Aspiranti giornalisti, grosse novità in arrivo! Ecco la riforma per la professione

Gabriele Nostro
GABRIELE NOSTRO
Attualità
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Nulla di certo, né di molto sicuro, ma la proposta di riforma per accedere all’Ordine dei Giornalisti potrebbe sconvolgere la realtà di un intero sistema.

Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti afferma chiaramente le sue intenzioni: diventare giornalista dovrà essere sempre più difficile, perché essere giornalista sarà sempre più un ruolo di responsabilità! 

I nuovi giornalisti: verso la specializzazione assoluta

Riporta la informazioni primaonline.it.

Lo scorso 14 giugno, il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti ha approvato unanimemente il contenuto del documento per la prossima riforma dell’ordinamento professionale con particolare attenzione all’accesso.

  • Dunque, per diventare un giornalista professionista: potrebbe essere necessario conseguire una laurea magistrale in giornalismo, alla quale si potrà ovviare con una laurea triennale, cui comunque dovrà far seguito l’accesso e l’esecuzione di corsi specialistici controllati dall’Ordine.
  • Invece, per diventare un giornalista pubblicista: potrà essere richiesta una laurea di primo livello (triennale) come prerequisito per iniziare il biennio di praticantato già necessario per l’iscrizione all’albo, da accompagnare – questa è un’altra novità – a un percorso di formazione.

Dulcis in fundo, potrebbe anche essere rivisto il criterio di esclusività professionale; si sta lavorando per rendere l’attività giornalistica “prevalente” per tutti gli appartenenti all’alveo dei professionisti, piuttosto che “esclusiva” come è al momento.

Comunque, è segnalato che in un eventuale periodo di transizione gli attuali aspiranti potranno fare riferimento alle vigenti modalità d’accesso.

Il documento sarà ora oggetto di rivalutazione da parte del Consiglio nazionale e dei presidenti e vice presidenti regionali, che potranno suggerire ulteriori modifiche. Successivamente, alla Commissione speciale Riforma spetterà il lavoro di “rifinitura” e, infine, il testo sarà messo in votazione alla prossima riunione del Consiglio prevista per la metà di luglio.

Resta, in ultimissima istanza, vincolante il parere del Parlamento, che sarà chiamato a esprimersi in coda a tutti i procedimenti interni all’Ordine.

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Logo dell’Ordine dei giornalisti. Fonte: Ordine dei giornalisti

I punti deboli e il punto forte della riforma

Per combattere l’evoluzione instabile dell’infodemia servono professionisti, e professionisti di altissima levatura, in grado di sguazzare con agilità tra le nuove difficoltà che viziano il discorso pubblico.

In considerazione di ciò, tutto quanto proposto nella riforma dovrebbe suonare eccellente. E sarebbe ottimo se di ogni questione si potesse parlare in termini così ridotti, ma, purtroppo, in questo caso come negli altri, è meglio guardare al contesto e alle rivoluzioni poco comprensive che si promettono di stravolgerne alcuni elementi intoccabili.

Il Foglio definisce la riforma “una mazzata esiziale al pluralismo”. Infatti, pretendendo di irrigidire in tal modo i percorsi di formazione e di pratica degli aspiranti giornalisti si rischia di minacciare seriamente la differenza culturale propria di ognuno.

Ad oggi, giustamente, giornalista può essere chi ha studiato scienze della comunicazione, come chi ha studiato scienze politiche, giurisprudenza, storia o economia. E poi: oggi, giornalista, si può ritenere logico che sia anche chi è un esperto in un campo delle scienze sanitarie, per poter scrivere e argomentare di quello, che ugualmente ad altri è un ambito di interesse della nostra vita.

Di contro, creando professionisti tutti uguali, che siano solo provetti informatori, si ridurrebbe la specificità tematica di chiunque in favore di un’ “unica specificità” (l’espressione sarebbe impropria) indirizzata verso un numero ridotto di competenze.

Inoltre, rendere l’Ordine titolare di cotanti poteri potrebbe essere deleterio per la democrazia della professione stessa. Tutta questa irreggimentazione comporterebbe il rischio di consegnare de facto la facoltà di promozione o negazione a pochi eletti che siedono al vertice: dando struttura a un sistema che pare essere più all’insegna dell’autoritarismo che della benamata democrazia.

Conclusioni

Ciò contestato, benvenga la volontà di arricchire di competenze puramente giornalistiche i nuovi professionisti, ma anziché compiere sovvertimenti così drastici sarebbe forse più opportuno promuovere un’istruzione prettamente giornalistica di durata ridotta, al massimo semestrale, che sia comunque efficiente per stabilire quei requisiti basali imprescindibili.

Distinguere i giornalisti dai non giornalisti diventa fondamentale quando ai primi è dato il compito, e la grande responsabilità, di fare i gatekeepers, cioè di filtrare l’informazione che poi nuota, nel mare magno del web, modificandosi e traslandosi a velocità olimpionica.

Altri scrittori, commentatori del caso ed editorialisti rimangono legittimati a esprimersi, dispensando analisi e opinioni, presso blog e testate giornalistiche varie, ma non avendo le proprietà esatte che un giornalista futuro dovrà avere sarà bene che agiscano sotto il titolo di una diversa figura professionale.

Gabriele Nostro