Tedua

La Divina Commedia di Tedua: l’attesa ne è valsa la pena?

Redazione Recensioni
REDAZIONE RECENSIONI
Musica
la divina commedia musica rap Rap recensione tedua
Tedua ritorna sulla scena mostrandosi più maturo, superando la prova a metà. Voto UVM: 4/5

 

Nell’era digitale, considerando la concezione accelerata del tempo e del consumo sfrenato, se non si produce costantemente un prodotto (in questo caso un album musicale) si rischia di finire nel dimenticatoio, e nella dimensione dei meme.

Questo è il caso di Tedua, rapper genovese al secolo Mario Molinari (1994) che è tornato sulla scena rap italiana con il nuovo album La Divina Commedia, il cui titolo è un chiaro omaggio all’opera di Dante Alighieri.

Anticipato nel 2020 con un freestyle pubblicato su YouTube, sarebbe dovuto uscire nel 2021 dopo aver rilasciato Vita Vera Mixtape, anch’esso un progetto anticipatorio. Sono passati, dunque, tre anni, dove però lo vediamo più maturo, intento ad allargare i suoi orizzonti musicali senza rinunciare a una narrazione evocativa, come ha già fatto in Mowgli (2018).

La discesa negli inferi

Tedua
Tedua nel video de “Intro La Divina Commedia”. Fonte: youtube.it

“In questo disco attraverso Inferno e Purgatorio, quindi la parte di sofferenza e poi di espiazione della stessa. C’è tanta autocritica e tanto esame di coscienza perché è quello che il Purgatorio richiede. Quindi nel disco non c’è ancora quel senso di appagamento e soddisfazione”. (Tedua in un’intervista per “GQ Italia”)

Il disco è composto da 16 tracce e tutte seguono un filo conduttore: il percorso di Tedua verso la redenzione.
Il Paradiso, però, non viene rappresentato del tutto. Lo si evince anche dalla copertina (realizzata da David LaChapelle) liberamente ispirata da Vortice degli amanti di William Blake. Tuttavia, le prime 8 tracce mostrano la faccia “dannata” per così dire del rapper.

Intro La Divina Commedia ripercorre gli esordi musicali e la difficile vita passata a metà tra la strada e gli assistenti sociali. Paradiso Artificiale ft. Baby Gang e Kid Yugi che cita quasi tutto l’Inferno dantesco e Hoe ft. Sfera Ebbasta (la canzone è stata scritta anche da Ghali), sono le hit più aggressive che probabilmente rappresentano la lussuria. Malamente oltre a rappresentare la seconda parte di Sangue Misto contenuta in Mowgli, affronta le ferite e la bufera mentale in cui si è ritrovato.

Nella foga, però, c’è spazio anche per l’introspezione in Angelo all’Inferno (con Salmo e Federica Abbate) e Mancanze Affettive (con Geolier), dove Tedua riflette sul passato e su quanto sia paradossale una vita fatta di soli eccessi e di quanto sia noiosa la vita da borghese.

La vida loca o ti insegna o è un’insegna per il Paese dei balocchi
Torni con le orecchie d’asino come chi ci è rimasto sotto con i cartoni 

Tentativo di redenzione

Nella seconda metà del disco i toni cambiano: Tedua mostra il suo lato più umano e nostalgico, rimanendo sempre fedele alla sua tecnica sia stilistica, sia di introspezione. Tra le più incidenti citiamo Diluvio A Luglio (con Marracash, featuring di diamante del disco), Soffierà, Lo-fI For U, Bagagli (Improvvisazione) e Outro (Purgatorio). 

Eravamo già abituati a sentire la malinconia nelle sue canzoni (basti pensare a Pensa se piove rmx in Orange County California (2017), Acqua in Mowgli, Polvere, Purple e Sailor Moon in Vita Vera Mixtape (2020), ma in questo disco vediamo un giovane ragazzo che, riprendendo il concept del secondo disco, si è fatto uomo e durante il percorso, ha incontrato una serie di ostacoli.

Nonostante tutto, decide di mettersi a nudo non semplicemente per riprendersi la scena o per smentire le voci di chi, una volta, lo accusava di andare fuori tempo. Si tratta della sua voglia irrefrenabile di redimersi, abbandonare il passato per abbracciare il presente che, forse, lo porterà verso la luce del Paradiso.

Ok il concept…ma è convincente?

Tedua
Cover di “Inferno”, rivelata il 22 maggio 2023 sul profilo Instagram del rapper e opera di David LaChapelle.

C’è da dire, però, che alcuni si aspettavano un disco decisamente diverso. Certamente Tedua non è come tutti gli altri rapper e guai a chi lo definisce tale. La sua scrittura, fatta di continui incastri complessi e rime intercambiabili tra di loro, è probabilmente un fenomeno unico nella scena rap attuale. Egli è rimasto fedele alla sua concezione della musica, al punto tale da invocare il perdono per averla tralasciata durante il lockdown:

E mi son fatto il sangue marcio per la tecnica, la metrica, l’America
La verità è che mi sentivo affranto
Mettendo le mie debolezze in vendita
Stavo dimenticando il metodo, la pancia
Il figlio di puttana quale sono

Pur ammettendo le proprie fragilità e anticipando una probabile deluxe del disco nell’ultima traccia, al primo ascolto l’album risulta inconcludente e alcune tracce, forse, si potevano anche scartare.

Non presenta riferimenti espliciti all’opera dantesca, è pieno di hit radiofoniche e per i club, non va più fuori tempo!

Insomma, è un disco accettabile? Probabilmente la risposta rimane un po’ a metà, eppure ciò che si potrebbe dire è che con il suo stile non è passato inosservato. Tedua non piace a tutti perché non è di nicchia, però chi sa guardare oltre il personaggio e va anche oltre le parole dei testi, può sentire quanta passione mette in quello che fa.

Il mio Inferno è stato diventare famoso con il conseguente scontro fra le esigenze dell’industria e la mia creatività libera. Il Purgatorio è l’oggi, è l’essere passato dal vivere in strada al potermi permettere un’esistenza diversa grazie alla musica. Il Paradiso sarà un nuovo stato di consapevolezza. (Tedua in un’intervista per “Il Secolo XIX”)

L’inferno delle incertezze e della lussuria è stato lasciato alle spalle, il purgatorio è adesso, il paradiso è il futuro da conquistare. Con questo disco, probabilmente non finisce qui. Speriamo solo che non ci faccia aspettare ancora!

 

Federico Ferrara