Far cry: una saga che unisce sparatutto a strategia ambientale

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La serie Far Cry nasce come progetto degli sviluppatori di Crytek, per il loro nuovo motore di sviluppo “Cry Engine”.

Il primo capitolo fu solo un esperimento: creato come sparatutto in terza persona, ambientato su un’isola tropicale, metteva il giocatore davanti una vasta mappa da esplorare e in cui attaccare le varie basi nemiche. Il progetto fu presentato ad Ubisoft che divenne l’altra parte in ballo nella sua creazione.

Come vedremo sarà quest’ultima a partire dal secondo capitolo ad occuparsi dello sviluppo della serie, creando una versione propria e modificata del Cry Engine.

Nel tempo la serie diverrà una delle uscite di punta della software house, accanto ad Assassin’s Creed, vendendo decine di milioni di copie. Accanto a questo grande successo però, negli ultimi anni si è vista una grande flessione nell’attrattiva che Far Cry ha verso il pubblico: sempre più le lamentale sulla ripetitività, sempre più quelle sulla mancanza di idee e sul riciclo delle stesse. Molti ricordano ancora Far Cry 3 del 2012 come l’apice della serie, sia in termini di trama che di gioco.

Ripercorriamo allora assieme la storia dell’intera serie, guardando alle caratteristiche di ogni suo capitolo.

Far Cry 1 e Far Cry 2: le fondamenta di uno sparatutto unico

Il primo capitolo tratta di uno sparatutto in prima persona ambientato in un vasto arcipelago dal clima pluviale, una mappa abbastanza grande da superare gli standard di quel tempo.

Questo mondo di gioco ci permette di poter attaccare le basi nemiche da vari angolazioni: in questo capitolo le possibilità strategiche si riducono all’osso, ci è possibile marchiare i nemici con uno speciale binocolo e nascondendoci o strisciando a terra possiamo attaccare di soppiatto. Per lo meno l’equipaggiamento e i veicoli a disposizione erano molti. Le dinamiche di gioco si concentrano sostanzialmente nella pulizia di alcuni punti della mappa indicateci secondo lo svolgimento della trama, in più vi sono alcune fasi che si svolgono al chiuso.

Per quanto riguarda la storia è molto semplice e funzionale (forse un po’ troppo dalle tinte fantascientifiche) infatti tra i capitoli principali sarà l’unico ad avvicinarsi a questo genere narrativo. Mentre il diretto successore, Far Cry 2, ambientato in Africa proponeva dinamiche di gioco più affinate e una mappa più fitta di avamposti nemici. Qui viene proposto per la prima volta l’inceppo delle armi e la loro usura.

Inoltre viene preso da Crytek (non più sviluppatrice ma collaboratrice) una tecnologia per sviluppare delle fiamme “vive” capaci di propagarsi in maniera naturale in mezzo alle erbacce e agli alberi, sfruttabili strategicamente. Altra meccanica introdotta in questo capitolo era la possibilità di scegliere a quale fazione di guerriglieri affiancarsi: non solo ciò modificava il finale della trama, ma rendeva più o meno pericolose le incursioni in alcuni luoghi urbani della mappa.

La flora e la fauna in questo capitolo vengono rappresentati in maniera più fedele alla realtà, variando tra deserto, savana e giungla (caratteristica persa nei capitoli successivi), e gli animali diventano anche una minaccia per la nostra vita. I cicli di giorno/notte si mostrano un vantaggio/svantaggio per le nostre strategie d’attacco: il buio, infatti, ci aiuterà nelle fasi di pulizia degli avamposti da mercenari assumendo un basso profilo; ciò non toglie che si possa fare di giorno ma ovviamente sarà più facile farsi scoprire. Infine, avremo anche il supporto di alleati che verranno a salvarci la vita quando rischieremo di rimanere senza energia sotto il fuoco nemico, oltre che aiutarci negli scontri mentre ci cureremo le pesanti ferite. La trama di questo capitolo aprirà la pista ad una narrazione fatta di critica sociale e politica verso le super potenze, mostrandoci gli aspetti più cruenti dagli occhi delle vittime. Il leit motiv per continuare questo secondo titolo della saga non saranno tanto la trama, ma l’esplorazione e le meccaniche di gioco.

Frame del gioco di Far Cry 2. Fonte: Wikipedia

Far Cry 3:

Far cry 3 rappresenta ancora oggi, per molti, un’esperienza memorabile su cui tornare col pensiero (ma anche col controller) anche dopo anni. Uscito inizialmente durante l’era Playstation 3, è stato uno dei migliori esempi grafici di quell’epoca: la nuova simulazione dell’acqua e delle superfici bagnate rendeva l’intera esperienza molto più immersiva, e aiutava a sentire molto di più la giungla ed il mare dell’arcipelago in cui era ambientato, assieme ad una strabiliante animazione dei volti e dei corpi dei personaggi che trasmettevano benissimo empatia al giocatore (in un epoca in cui la recitazione nei videogiochi era ancora acerba). Pirati, narcotrafficanti, prostituzione, bidonville e i pericoli di un turismo sconsiderato: erano questi i temi che aiutavano a rendere l’intera esperienza indimenticabile.

Frame del gioco di Far Cry 3. Fonte: nerdsrevenge.it

Per quanto riguarda il gioco in sé, era una esperienza ancora legata al passato ma l’interazione con l’ambiente avevo lasciato spazio ad una maggiore resa grafica. Di conseguenza, la varietà rimaneva ma l’esperienza cominciava ad essere già omologata alle altre produzioni della software house: torri da scalare per svelare varie porzioni della mappa, avamposti nemici da liberare, missioni secondarie in cui uccidere un bersaglio o recuperare le pelli di un animale raro. Questo per, bene o male, tutta la durata del titolo.
Ma era ancora il periodo in cui questa formula non aveva stancato il pubblico, e in cui veniva ancora implementata in maniera intelligente ma parte di coloro che l’avevano inventata.

Ha anche cominciato quella consuetudine di inserire un villain carismatico che diventa anche protagonista visivo dell’intera opera.
Vaas viene ancora citato come uno dei migliori antagonisti di sempre, e ricordato da molti per la sua follia e sconsideratezza.

Il suo “seguito” Blood Dragon, era un’esperienza opposta. Vogliamo citarlo perché sebbene fosse un progetto secondario, aveva tanto coraggio. Una esperienza fantascientifica pura, con un’estetica anni 80 molto convincente. Era quasi lo stesso gioco, ma si prendeva molte più libertà creative per creare qualcosa di completamente fuori di testa.

Far Cry 4 e Far Cry 5: l’innovazione rimedia al danno

Se nel terzo capitolo l’ambientazione era la giungla, nel quarto capitolo ci troviamo in un ambiente più “pacifico”, la montagna. Il termine messo tra virgolette rappresenta una doppia faccia poiché, anche qui ci troviamo in un contesto di guerriglia e oppressione. La trama si svolge nel Kyrat, un immaginario paese situato nell’Himalaya.

Far Cry 4 è stato accolto dalla critica per lo più positivamente. I critici hanno elogiato l’ambientazione, la grafica, la colonna sonora e i personaggi, nonché le nuove aggiunte al gameplay e la ricchezza di contenuti. Tuttavia, la trama non spicca in originalità (escluso il finale) e le dinamiche di gioco sono le stesse del precedente capitolo. Oltretutto, il carisma dell’antagonista non è stato sviluppato come il precedente Vaas Montenegro che aveva una personalità contorta, ma ben articolata ai fini della trama. Diverso è stato il caso di Far Cry 5, considerato dai più come il migliore della saga.

Far cry 5 comincia con un breve filmato introduttivo che registra il paesaggio ambientale del Montana, per poi soffermarsi su una chiesa circondata da uomini armati, comandati dal principale villain Joseph Seed, capo di una setta religiosa. Una volta entrati nella chiesa, il protagonista arresta e cerca di scortare Joseph Seed, ma la situazione degenera e l’elicottero finisce con lo schiantarsi. Burke viene rapito dagli edeniti, mentre il protagonista è soccorso da Dutch, un abitante della contea che vive in un bunker. Da qui comincia la vera e propria avventura del protagonista: egli dovrà esplorare l’intera contea, organizzando e formando una vera e propria resistenza, per cercare di fermare l’oppressione di Joseph e dei suoi fratelli John, Jacob e Faith.

Il gameplay presenta delle innovazioni non indifferenti. Si può creare il proprio personaggio e modificare a piacimento il suo aspetto. Il giocatore avrà una serie di armi a distanza, esplosive e da mischia per combattere contro i nemici.

Una particolarità è stata descritta dal direttore creativo Dan Hay, il quale ha dichiarato che il design della mappa open world è stato elaborato basandosi sugli avamposti dei titoli precedenti della serie Far Cry. Questi avamposti rappresentano una piccola parte della mappa e sono occupati dalle forze nemicheː il giocatore è incaricato per liberare gli avamposti neutralizzando la presenza nemica. Il giocatore viene lasciato a sé nel mondo di gioco con poche direzioni, obiettivi e contesto; è necessario esplorare il mondo da soli. Il gioco include anche un sistema di reclutamento, con il quale il giocatore può reclutare persone della contea per combattere al suo fianco.

Il giocatore può anche domare gli animali selvatici. La fauna addomesticata aiuterà il giocatore in combattimento e seguirà i suoi ordini. Diversi animali avranno diversi schemi di combattimento. 

Frame del gioco Far Cry 5. Fonte: hwupgrade

Far cry 6: Ubisoft rimescola le carte prendendo da altre saghe

La saga di Far Cry si è rivelata molto longeva e nonostante ciò ha sempre mantenuto i suoi elementi caratterizzanti, senza mai cambiare di genere (vedasi il caso opposto di Assassin’s Creed).

In quest’ultimo caso la Ubisoft ha voluto riprendere elementi del secondo capitolo (i cicli giorno/notte, la possibilità di rinfoderare l’arma per mostrarsi pacifici) e riproporre le formule già scoperte dagli scorsi capitoli.

Forse questo è il capitolo più debole della saga, poiché è evidente quanto l’azienda abbia puntato solamente su un gioco con una mappa vastissima e sul boss, interpretato da un magistrale Giancarlo Esposito (famoso per la sua interpretazione di Gus Fring nella serie di Breaking Bad).

 

Salvatore Donato,
Federico Ferrara,
Matteo Mangano