Quando muore davvero un eroe?

Matteo Mangano
MATTEO MANGANO
Arte & Cultura Pop
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Quasi ogni eroe che sia mai apparso sulle pagine di un fumetto ha incontrato il suo fato ultimo. Che sia per il decorso di una malattia, o per la lotta contro un acerrimo nemico, o per un eroico sacrificio. Ma qual è davvero il significato di queste morti? Perché alcune restano ancora nella storia della letteratura a fumetti e molte altre vengono spesso derise dai lettori? Cercando una risposta a questa domanda, riguardiamo assieme come è nato il concetto di morte nei fumetti supereroistici e perché siamo oggi qui a parlarne.

Tavola dal fumetto “The night Gwen Stacy died” edito da Marvel Comics.

Una delle prime morti a fumetti è quella di Gwen Stacy, compagna in pianta stabile di Spider Man. Negli anni settanta non si riteneva ancora possibile fare fuori un personaggio così importante, e farlo con la fidanzata di Peter Parker ha rappresentato una mossa inaspettata. Arrivare ad ucciderla fu, davvero, una mossa epocale, tanto che il Gwen Stacy è tra i pochi personaggi a cui viene dato, ancora oggi, un trattamento speciale, essendo rimasta morta dagli anni ’70.

Ed arriviamo qui ad uno dei punti centrali delle morti fumettistiche, ovvero il fatto che durano poco!

Morte e resurrezione

Nel 1992 fu scritta la prima vera morte utilizzata come pretesto di marketing, quella di Super Man.
L’editore DC Comics preannunciò questo arco narrativo con largo anticipo per ottenere più buzz mediatico possibile. Secondo alcuni fu questo il momento in cui la morte di un eroe cominciò a perdere di significato.

Utilizzata solo per creare trambusto tra i lettori e togliersi di mezzo scomode dinamiche che non permettono totale libertà creativa. Un esempio perfetto è la “morte” di Peter Parker, precedente alla nascita dell’uomo ragno superiore: il Dottor. Octopus ruba il corpo del tessiragnatele e ne prende il ruolo diventando un antieroe con molte poche remore. Il ragno originale non ci ha messo molto a tornare e ciò, essendo scontato per tutti, ha tolto davvero qualunque elemento di sorpresa al lettore, eliminando il peso emotivo della perdita.

È questo il motivo che spinge molti a non essere più colpiti da questi eventi, ormai considerabili davvero, solo un espediente per aumentare le vendite.

Tavola dal fumetto “La morte di Superman” edito da DC Comics. Fonte

Può essere solo banalità?

Lo abbiamo detto anche prima, esistono delle morti iconiche ancora oggi ben ricordate. Chiediamoci allora il perché. Nel momento in cui perdiamo un eroe sappiamo già che tornerà, allora, cosa ci rimane per emozionarci?

Molto banalmente, le cause dell’evento in sé: come ha incontrato la morte il nostro eroe, per mano di chi, quali erano i moventi, a cosa ha portato, qual è stata la reazione di chi aveva attorno e anche quali sono stati gli effetti sulla storia andando avanti. In una serie a fumetti del 2018 sull’incredibile Hulk ad opera di Al Ewing si affronta il tema dell’immortalità, mostrando quello che è possibile fare con un personaggio.

Facendo un esempio fuori dal fumetto ma rimanendo in casa, parliamo del film Logan – The Wolverine (2017): una pellicola straziante che ci pone davanti ad un eroe decadente e alla sua avventura accanto ad un personaggio che assume il ruolo di figlia. Si tratta di un esempio perfetto di “addio” ad un supereroe: emotivo e con un importante impatto sui personaggi e sulla storia a lui successiva.

Affrontare le conseguenze narrative e drammatiche della fine di una vita è qualcosa di molto delicato; fare fuori un personaggio può spesso risultare banale ed è per questo che ci auguriamo spesso che il mietitore di anime non lavori mai troppo in questi mondi immaginari.

Tavola del fumetto “Hulk l’immortale” edito in da Marvel comics. Fonte

Più di uno strumento di marketing

La morte è sempre più spesso un evento creato apposta per riavvicinare fan del fumetto ai negozi. Ma può in realtà rivelarsi una grande occasione per sviscerare aspetti di quel personaggio mai affrontati. Molte persone hanno sollevato lo scudo di Capitan America, ma solo dopo che questo veniva gettato da Steve Rogers e Bruce Wayne, come ben sappiamo, non è stato l’unico Batman mai esistito.

È irrealistico pensare che uno strumento narrativo così efficacie non venga più utilizzato solo perché banale. Ci auguriamo solo che non diventi ancora di più una moda e sia usato con parsimonia!

 

Matteo Mangano