Folgorite e quasicristalli, la nuova rarissima specie chimica

Scienza & Salute
chmica Folgore Folgorite fulmine Luca Bindi

La folgorite, come suggerisce il nome stesso, è un ammasso vetroso generato da una folgore. È un fenomeno incredibilmente affascinante che modella delle vere e proprie sculture similari a dei fulmini. Non a caso, è chiamata anche fulmine pietrificato. Già di per sé, la formazione della folgorite è un evento sporadico, ma negli scavi eseguiti nelle Nebraska Sandhills, negli Stati Uniti, è stato recuperato un campione di composizione anomala, ancora più singolare della folgorite “comune”. Il suo ritrovamento ha portato alla luce uno dei materiali più rari al mondo.

Indice dei contenuti

  1. Cos’è e come si forma la folgorite
  2. Gli scavi delle Nebraska Sandhills
  3. Il nuovo quasicristallo

Cos’è e come si forma la folgorite

La formazione della folgorite avviene grazie all’elevatissima temperatura sviluppata dai fulmini (circa 30000°C), che permette di fondere il quarzo (SiO2) presente nella sabbia. La scarica elettrica altera lo stato molecolare del minerale colpito, fornendo una massa vetrosa con un assetto differente. Tale massa è classificata come  Lechatelierite, un mineraloide. Essendo un mineraloide, la sua struttura non è ordinata come quella di un solido cristallino. È amorfo, molecole e atomi sono distribuiti in modo disordinato.

La sua lunghezza va da qualche centimetro a diversi metri, è tubolare ed è cava all’interno.  Il fulmine compie il percorso a minor resistenza elettrica, fornendo la tipica struttura a folgore. Il colore, solitamente grigiastro, è dovuto alle impurità presenti nella sabbia.

La folgorite si forma maggiormente nei deserti e nelle dune costiere, a causa della bassa coesione della silice presente in questi terreni. Avendo una bassa coesione, ha anche una scarsa capacità di resistere alla rottura, favorendo la penetrazione dei fulmini nel sottosuolo.

Folgorite? No, non proprio – Query Online
Queryonline.it Folgorite

Scavi delle Nebraska Sandhills

Un gruppo di ricerca dell’Università di Princeton, guidato dal geologo Luca Bindi, docente di mineralogia e cristallografia presso l’Università di Firenze, nel 2008 entra in possesso di un frammento estremamente singolare di folgorite. Viene ritrovato durante gli scavi nelle Nebraska Sandhills, negli Stati Uniti. La sua genesi, non essendo stata osservata da nessuno, è incerta. Si pensa che possa essere dovuta ad un fulmine o alla scarica di una linea elettrica. Il frammento è di 2 metri e 8 centimetri e si è formato ad una temperatura di 1700°C circa. Tale frammento è così speciale perché nasconde al suo interno un quasicristallo  estremamente raro.

Wikipedia.org Luca Bindi

Il nuovo quasicristallo

A differenza dei solidi cristallini, che presentano una struttura ordinata e ripetitiva, i quasi cristalli dimostrano un certo ordine, ma senza nessun tipo di ripetizione. Questo pattern così raro è dovuto alla loro particolare simmetria. Vengono scoperti nel 1984 da Dan Shechtman, vincitore del Premio Nobel per la chimica nel 2011. Le ricerche vengono proseguite da Luca Bindi. «Quindici anni fa fui io a scoprire che tale materiale esisteva anche in natura, grazie all’individuazione del quasicristallo in un campione di meteorite conservato nel Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze. Dopo quello, abbiamo scoperto altri quasicristalli di natura extraterrestre e il primo di natura antropica, formatosi nel processo di detonazione del primo test nucleare condotto dagli Usa nel 1945: tutti prodotti in condizioni di pressioni e temperature estreme in nano-secondi».

Wikipedia.org Modello atomico di un quasi cristallo

 

Pressioni e temperature, raggiungibili con una scarica elettrica. La genesi del quasicristallo ritrovato negli scavi effettuati negli Stati Uniti è infatti similare. La sua formula molecolare è Mn72,3Si15,6Cr9,7Al1,8Ni0,6  e ha un’insolita simmetria a 12 (rispetto alla maggior parte dei quasicristalli che hanno una simmetria a 5). La sua composizione, per essere originato da una folgore, è anomala. Oltre alla silice sono presenti tracce di metalli. Luca Bindi e il suo gruppo, riconducono questa anomalia alla presenza di una linea elettrica nelle vicinanze, che può aver partecipato al processo. In particolare, i metalli derivanti dalla linea elettrica sono il manganese, il cromo, l’alluminio e il nichel.

La scoperta di questa specie così rara, è un prezioso traguardo per la ricerca inerente ai quasicristalli, parte integrante dei processi industriali per la produzione di utensili di tutti i giorni.

Asia Arezzio

 

 

Bibliografia

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