Canada: depenalizzare le droghe per ridurne il consumo

Redazione Attualità
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Era il 17 Ottobre del 2018, quando, in Canada, entrava in vigore il Cannabis Act, la legge con la quale il Paese diveniva il secondo al mondo a consentire la vendita, il possesso e l’uso a scopo ricreativo dei prodotti a base di cannabis. Ad oggi, dopo più di quattro anni, il governo canadese ha deciso di spingersi ancora oltre e di compiere una mossa tanto rischiosa quanto socialmente progressista: depenalizzare l’uso personale di alcune droghe “pesanti” quali eroina, morfina, cocaina, metanfetamina, ecstasy, e fentanyl.

 

Tre anni di test prima della decisione definitiva

Da oggi 1 Febbraio, nella provincia della British Columbia, sarà possibile possedere al massimo 2,5 grammi di sostanze stupefacenti senza essere puniti.

«Chi verrà trovato in possesso di questa modica quantità di droghe pesanti non sarà arrestato e incarcerato, gli verranno invece offerte informazioni sui programmi sociali e sul trattamento da fare per disintossicarsi, se lo richiederà. Resterà invece illegale e punibile penalmente il traffico di droga, indipendentemente dalla quantità posseduta»

Queste le dichiarazioni del ministro della Salute mentale e delle dipendenze della Columbia Britannica, Jennifer Whiteside.

Alla base di questo provvedimento vi è l’idea di poter contrastare l’uso di determinate sostanze combattendo il giudizio nei confronti di chi ne fa uso perché, citando la stessa Whiteside, la dipendenza è «un problema di salute, non un problema penale». Il governo canadese si è visto quasi costretto a prendere una decisione decisa a fronte di un drastico aumento delle morti per overdose negli ultimi due anni. Si pensi infatti che in una zona di Vancouver, detta Zombieland a causa della presenza massiva di zone di spaccio e di gente che fa uso di stupefacenti, il numero di decessi per overdose (circa 4400) è paragonabile a quello di morti a causa del Covid (circa 5000).

 

Il Cannabis Act del 2018

La strada della depenalizzazione era stata già intrapresa in Canada circa quattro anni fa quando, come detto ad inizio articolo, si era reso legale il consumo di prodotti a base di cannabis. Quella scelta ad oggi sembra aver ripagato lo stato canadese che, contrariamente a quanto si possa pensare, ha visto l’utilizzo abituale delle droghe “leggere” rimanere stabile.

Inoltre, si è alzata l’età media del primo approccio alla sostanza e si è, di conseguenza, abbassato l’uso da parte di persone di età inferiore ai 18 anni. E’ plausibile dunque che sia stato questo quadro positivo a convincere della validità e dell’utilità dell’approccio anti-proibizionista.

Fonte: centromedicomanzanera.com

La situazione in Italia

Nella nostra amata penisola la situazione è ben diversa. Dal 2016, è legale la vendita della cosiddetta “cannabis light“, cannabis con una percentuale di THCtetraidrocannabinolo, da cui dipende l’effetto psicoattivo – che va dallo 0,2% allo 0,5%. La legge in tal senso afferma:

«Non potrà essere punibile, ex art.75, il consumatore trovato in possesso di cannabis light dal momento che si tratta della posizione di un soggetto che fruisce liberamente di un bene lecito, risultando il limite dello 0,5% di THC la soglia sotto la quale la cannabis non ha effetti psicotropi rilevanti giuridicamente ai sensi del DPR 309/1990.»

Per chi invece dovesse essere trovato in possesso di sostanze con una percentuale di THC maggiore la situazione si complica. Tuttavia non viene considerato un reato penale bensì un illecito amministrativo il possesso di tali sostanze se non si supera la soglia massima di quantità consentita, ovvero 500 milligrammi.

Nel nostro paese il dibattito se vogliamo è ancora più acceso se si considera che il mercato illegale degli stupefacenti è parte integrante del business delle organizzazioni criminali. Anche questa evidenza tuttavia non basta a convincere il governo nell’attuare la liberalizzazione quantomeno delle droghe “leggere”. Uno dei rappresentanti più illustri della lotta alla malavita, Roberto Saviano, nel 2017 ha pubblicato un vero e proprio “innoalla legalizzazione:

«Legalizzare non significa invitare tutti al consumo, legalizzare non significa spingere tutti a farsi le canne. Al contrario, regolamentare, sottrarre all’illegalità. Se lo stato imponesse alla cannabis la stessa imposta che impone al tabacco incasserebbe in un anno dai 6 agli 8 miliardi di euro.
Direi agli scettici Legalizzate! Perché legalizzare significa sottrarre un mercato immenso alle organizzazioni criminali, toglieremmo dagli 8 agli 11 miliardi di euro alle organizzazioni. Questo danaro è usato dalle organizzazioni mafiose per corrompere la politica, l’amministrazione pubblica e a far collassare le nostre democrazie; tutto questo significa che ci sottraggono diritti.»

Queste le forti parole, contenute all’interno della traccia “Skit-considerazioni” del rapper Fabri Fibra.

Non tutti però sembrerebbero pensarla allo stesso modo. Il procuratore presso il tribunale di Catanzaro Nicola Gratteri, che da una vita si occupa in prima persona della lotta alle mafie, ha di recente dichiarato in un’intervista nella trasmissione televisiva “Piazza Pulita”:

«Non si devono assolutamente legalizzare le droghe leggere. Bisognerebbe andare nelle comunità per chiedere ai tossicodipendenti se sono favorevoli o no»

E sulla possibilità di ridurre il potere economico della criminalità organizzata:

«Un grammo di cocaina costa mediamente 50 euro, un grammo di marijuana costa mediamente 4 euro. Quale sarebbe il mancato guadagno da parte delle mafie?».

Nicola Gratteri. Fonte: quotidianodelsud.it

Nonostante sia chiaro che la legalizzazione abbia sia lati positivi sia lati negativi appare comunque singolare che ci siano paesi in cui liberalizzare è una possibile soluzione e altri in cui se fai uso di sostanze stupefacenti vieni stigmatizzato ed emarginato dalla società.

Francesco Pullella